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REGGIO: IL PREMIO NELLO VINCELLI AL RETTORE BERLINGÓ

30 luglio – È giunto alla XXVIII edizione il premio dedicato a Nello Vincelli, un indimenticato politico calabrese che spese ogni energia a favorire la crescita e lo sviluppo sociale della sua terra. Stasera la cerimonia di premiazione al Castello Aragonese di Reggio Calabria, del Premio Solidarietà Nello Vincelli che sarà consegnato al prof. Salvatore Berlingò, rettore dell’Università per Stranieri “Dante Alighieri”. Questa la motivazione del prestigioso riconoscimento a Belirmgò: “per lo stile di vito solidale, prodromo dell’interculturalità, attraverso l’impegno universitario ho dato compiutezza alla formazione integrale dell’uomo e nel contempo ha rilanciato la vocazione mediterranea della nostra amata Città. Per l’energie profuse a promuovere la cultura della solidarietà, della gratuità, del dialogo tra i popoli e le religioni“.
Il Premio Vincelli è stato creato dall’Associazione Nuova Solidarietà nel 1991, quale riconoscimento ad una personalità calabrese che si sia distinta in Italia e nel mondo, non solo per qualità professionali, ma soprattutto per quelle morali e per gesti concreti di solidarietà. È realizzato con il patrocinio e la collaborazione della Fondazione Bonino-Pulejo, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, della Presidenza della Regione Calabria, della Presidenza del Consiglio Regionale della Calabria, della e della Città Metropolitana di Reggio Calabria,
La serata sarà condotta dal giornalista Francesco Scopelliti, e vedrà la partecipazione dell’Associazione del Dialetto Calabrese “Il Grifo” e proporrà lo spettacolo Musica & Cabaret con Mimmo Palermo e Giancarlo Pagano. (rrc)

 

Un ricordo di Nello VIncelli
Così Franco Calabrò ricordò il senatore reggino sulla Gazzetta del Sud, il giorno della sua scomparsa:

Dal ’52 la “Gazzetta” è nelle edicole, il fondatore, Uberto Bonino, col piglio del pioniere, decide che è il momento di tentare l’avventura in Calabria, secondo l’antica tradizione che vede Messina e la regione dirimpettaia impegnate in una sorta di scambio sinergico, in fatto d’informazione.
A Reggio affida la redazione, due stanzette in via Logoteta, a pochi passi da piazza Italia, al vulcanico Ciccio Liconti, assicuratore col pallino del giornalismo. Con lui lavorano alcuni giovani di belle speranze: Nello Vincelli, vicino al mondo cattolico, dirigente nazionale dei giovani Dc, Renato Turano, che in seguito sceglierà di fare il bancario, Umberto Paladino, reporter di razza, che, passato alla concorrente “Tribuna del Mezzogiorno,” abbandonerà poi anche lui la professione. Vincelli resta al giornale per un paio d’anni, ma si capisce che il suo destino è già scritto.
Grazie a uno sponsor che si chiama Amintore Fanfani, questo giovane mite, umile, che piace alla gente semplice, viene eletto, a neppure 27 anni, deputato, con più di quarantamila preferenze.
Reggio porta a Montecitorio, oltre a lui, Peppino Reale, austero professore di lettere, che vivrà anni dopo una breve parentesi da sindaco, e un chirurgo di fama, Antonino Spinelli, anche lui di Catona, il rione dove Nello Vincelli, nato in Sicilia (a Melilli, in provincia di Siracusa) ma reggino d’adozione, è venuto a vivere quando il padre, maresciallo dei carabinieri, vi si è trasferito.
Inizia per Sebastiano Vincelli, che continuerà a farsi chiamare Nello, una lunga carriera politica, ricca di soddisfazioni, ma anche costellata da qualche delusione.
Lui, nei momenti difficili, non s’è mai perso d’animo e ha continuato a vivere la sua vita per la politica, la politica come vita.
Deputato fino al ’76, poi senatore dal ’79 all’83, più volte sottosegretario, sempre presente nei vertici dello scudo crociato, amico dei più prestigiosi leader ma, sino alla fine, vicino a Fanfani, una fedeltà che in politica lo faceva apparire quasi come un marziano.
Nello Vincelli ha legato il suo nome a più di quarant’anni di vita politica in Calabria e a Reggio, la città che ha amato profondamente, il rione dove tornava sempre, nella casa a pochi passi dal mare dove ha atteso la morte con grande serenità, col conforto della Fede, l’assistenza delle due sorelle, del fratello, dei carissimi nipoti, rivolgendo per l’ultima volta lo sguardo al cielo azzurrissimo mentre davanti agli occhi calava inesorabile una nuvola nera.
Per lui la politica era tutto, ma la “Gazzetta” era il suo più grande amore. Le ultime energie le ha spese per l’associazione Anassilaos, che presiedeva, sempre prodigo di consigli, sempre disponibile al sacrificio.
Era, sin dalla costituzione dell’ente morale, consigliere della Fondazione Bonino-Pulejo. Un paio di mesi prima della morte, già provato dal male, parlammo a lungo, al telefono, aveva appena un filo di voce, ma era felice, perché poteva parlare della “sua” Gazzetta e per un attimo dimenticò l’appuntamento che la signora con in mano la falce “che pareggia tutte le erbe del prato”gli aveva fissato.
E parlammo anche di come prepararsi all’altra vita, lui che era cattolico osservante mi chiese cosa sarebbe stato opportuno leggere, oltre alle sacre Scritture, per affrontare il distacco.
Sussurrai due nomi: Manzoni e Bernanos, la conversione dell’Innominato e il “diario d’un curato di campagna”. Ho saputo che, negli ultimi tempi, erano la sua lettura preferita.
Se n’è andato così come era vissuto, in punta di piedi, al giudizio divino si è presentato con l’animo puro, di uomo sensibile e fermo nei suoi principi, politico capace e onesto, che sapeva dire le cose, senza alzare i toni.
Era ancora capace di farsi ascoltare, soprattutto dai giovani, in cui credeva, riuscendo a conservare quella freschezza di pensiero che è propria delle menti nobili.