Marco Siclari: ho iniziato a 18 anni in politica con Berlusconi

di  MARCO SICLARI  – Speravo di non dover mai scrivere questo addio… ma anche in queste circostanze la vita ci mette alla prova. Dall’età di 18 anni, sempre al tuo fianco per l’Italia. 

Ero uno studente universitario, quando ti ho incontrato di persona la prima volta ed avevo poco più di 18 anni. Allora decisi di fare politica universitaria, con il mio impegno, ho conquistato la tua fiducia a tal punto che all’età di 25 anni, mi hai voluto nella tua Segreteria Particolare di Presidente del Consiglio a Palazzo Chigi, per poi responsabilizzarmi con incarichi importanti di partito che ho sempre onorato a Roma, nel Lazio e nel Paese fino a scegliermi, senza alcun ripensamento, al Senato della Repubblica come più giovane candidato. 

Ti ringrazio per avermi trasmesso quella passione politica nata per seguire il sogno di un grande uomo, il tuo sogno, il sogno degli italiani… quello di fare grande l’Italia! I libri ti ricorderanno come l’italiano più capace della storia moderna, colui ha saputo mostrare i lati positivi dell’Italia all’estero, dall’impresa alla politica internazionale fino alla stretta di mano tra il presidente americano George W. Bush e il presidente russo Putin a Pratica a Pratica di Mare che, 20 anni fa, che pose fine a più di cinquant’anni di guerra fredda grazie proprio a te. 

Presidente sei stato lottato e perseguitato, ma hai dato grande prova all’Italia, perché forte degli ideali e dei valori che colorano la nostra bandiera italiana, della quale sei stato sempre orgoglioso e per la quale hai sempre lavorato per la democrazia, la Liberta e la Giustizia vera, hai dimostrato sempre di confidare nella Giustizia vera fatta da magistrati giusti ed eroi dello Stato. Hai insegnato quanto è importante amare il nostro Paese perché solo amando l’Italia si può diventare un imprenditore di successo; hai dato lustro all’Italia con le tue aziende e con il nostro partito, ma anche come sportivo mostrando doti naturali anche nel calcio ottenendo il record delle vittorie sportive con il tuo amato Milan e adesso con il Monza in serie A. 

Un amore puro che ti ha spinto a far vivere per 30 anni Forza Italia, grazie ai dirigenti da te scelti e grazie al consenso sempre conquistato dei nostri elettori. Il nostro è il partito della libertà, per ben 30 anni sempre al servizio del nostro Paese e degli italiani. Hai fondato quel Centrodestra che da 30 anni è fortemente saldato ai suoi valori di Liberta, democrazia e Giustizia. 

Mancherai a tutti caro Presidente….mancherai all’Italia, agli italiani che ti amano e quelli che ti hanno saputo conoscere e apprezzare perché sei stato sempre garanzia di alternanza democratica contro ogni regime e sempre a tutela del Paese, degli italiani tutti, dei pensionati, dei lavoratori, delle mamme che non hanno un lavoro, dei giovani, dell’imprese ecc. Mancheranno le tue battute, la tua autoironia, la tua presenza sempre confortante per gli italiani anche nei momenti più difficili per l’Italia. 

Mancherai Silvio, mancherai a tutti, ma lasci il tuo ricordo vivo dentro di noi. Lasci i tuoi preziosi insegnamenti come italiano di successo, come politico, come imprenditore e che vivranno con noi e con il nostro partito; una ricca e forte eredità che lasci al servizio di tutto il Paese, come garanzia politica per Italia, l’Europa e le future generazioni.Grazie Presidente per aver sempre tutelato gli italiani. Grazie Presidente per tutto ciò che di prezioso lasci al nostro Paese, al mondo e a tutti gli italiani.  (ms)    

(ex senatore di Forza Italia)

Le felicitazioni dei calabresi al presidente Mattarella per la rielezione

Coro quasi unanime di felicitazioni da parte della Calabria e dei calabresi al Presidente Mattarella per la rielezione. Il presidente della Regione Roberto Occhiuto ha inviato un messaggio stringato ma abbastanza eloquente: «Nessun giro di parole: i gruppi dirigenti dei partiti hanno dimostrato tutti i loro limiti, e sono dovuti tornare al punto di partenza. Allo stesso tempo, per fortuna, le Istituzioni sono in buone mani: il presidente Sergio Mattarella è un grande esempio, per senso dello Stato e per equilibrio. Grazie e buon lavoro, presidente».

Un augurio di «sincero buon lavoro al Presidente della Repubblica» è stato indirizzato dal Presidente del Consiglio regionale calabrese Filippo Mancuso. Da lui – ha detto Mancuso – «auspichiamo, in questa fase di crisi ma anche di straordinarie opportunità, una speciale attenzione alle esigenze dei giovani, delle donne e dei cittadini meridionali e, in particolare, la sua autorevole vigilanza sui meccanismi del Pnrr attivati per abbattere gli squilibri territoriali, di genere e generazionali Nord e Sud».

La sottosegretaria per il Sud e la Coesione sociale Dalila Nesci ha sottolineato che «Con un gesto di immensa generosità istituzionale, il Presidente Sergio Mattarella ha accolto l’appello del Parlamento alla sua rielezione: è la soluzione migliore per il Paese, che in questa fase ha bisogno di una guida salda e sicura per proseguire il percorso di ripresa già avviato. L’Italia può continuare a contare sull’autorevolezza, l’equilibrio e la saggezza di Mattarella che, ancora una volta, dimostra di essere un grande statista. Ora spetta alla politica essere alla sua altezza, lavorando unicamente per il bene dei cittadini». Secondo la Nesci «Il larghissimo consenso che Mattarella ha raccolto in Parlamento dimostra quanto il suo ruolo sia stato prezioso e quanto sia ancora indispensabile per il Paese. La sua permanenza al Quirinale è una garanzia per tutti i cittadini, per le istituzioni e per il sistema Paese all’insegna della stabilità. Anche l’azione del Governo Draghi potrà proseguire in un clima più sereno, concentrandosi sul lavoro che abbiamo di fronte per attuare il PNRR e superare la pandemia. Sono stati giorni segnati da continue contrapposizioni e fughe in avanti che rischiavano di bloccare il Paese, per questo siamo ancora più grati al Presidente Mattarella che ha anteposto a tutto gli interessi nazionali. La convergenza delle forze politiche sul suo profilo deve segnare anche una fase di rinnovata responsabilità. Il nostro dovere – conclude Nesci – è quello di lavorare subito ai tanti provvedimenti che il Paese attende, è il modo migliore di ringraziare il Presidente Mattarella».

Il sen. Marco Siclari (FI) ha voluto ringraziare «il Presidente Mattarella per la disponibilità data a ricoprire il secondo mandato presidenziale. L’accordo raggiunto dopo la riunione della maggioranza di governo di ieri sera conclama che Sergio Mattarella ha ottimamente svolto il proprio ruolo e merita la riconferma in questo momento così problematico per il Paese, non ancora fuori dalla crisi pandemica e da quella economica. Forza Italia ha sostenuto Sergio Mattarella per la sua rielezione. Un Presidente che unisce da sette anni gli italiani e le parti politiche,  a cui va la nostra gratitudine per aver accettato di svolgere un secondo mandato».

Il sen. Giuseppe Auddino (M5S) che già lo scorso 13 gennaio aveva auspicato la riconferma a Mattarella ha detto di essere «molto contento che la scelta sia ricaduta sul secondo mandato del Presidente Mattarella, come da me auspicato più di due settimane fa. Prima dell’inizio della settimana delle elezioni avevo infatti sottolineato come la soluzione migliore per tutti sarebbe stata quella di mantenere l’assetto cosi come era con Mattarella al Colle e Draghi a Chigi. Ciò in
ragione di alcune valutazioni sul momento storico che stiamo vivendo. È evidente che non si può affrontare la discussione sull’elezione del Capo dello Stato senza tenere conto di quello che sta succedendo nel Paese. Siamo in un delicatissimo momento di crisi sanitaria e di grave difficoltà economica: quando si è in piena bufera non si cambia il comandante né l’equipaggio. La scelta del Mattarella bis dimostra sicuramente un senso di responsabilità del Parlamento nei confronti dei
cittadini. Qualunque altra scelta avrebbe alterato gli equilibri precari di questo momento. Il Presidente Mattarella è sicuramente la figura migliore per garantire la continuità dell’azione governativa e parlamentare a partire dalla gestione della pandemia e dal Pnrr. Al Presidente Mattarella va un sentito grazie per la sua disponibilità verso gli italiani ed i miei migliori auguri di buon lavoro nell’alto incarico a cui è stato richiamato».

Il segretario regionale PD Nicola Irto in una nota ha affermato che «La conferma di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica è la migliore soluzione possibile, considerata la difficoltà che la politica e i partiti hanno incontrato nell’individuare una figura in grado di ricoprire il delicato ruolo. L’esperienza e l’equilibrio di Mattarella saranno un punto di riferimento saldo per i prossimi sette anni e consentiranno a Mario Draghi di proseguire nell’azione di governo in una fase in cui l’Italia non poteva permettersi una crisi. Non può, però, essere ignorata la debolezza dell’attuale quadro politico e la cocente sconfitta del centrodestra e dei suoi leader che, a colpi di maggioranza, hanno tenuto ostaggio il Parlamento per questa lunghissima settimana. Un quadro preoccupante che dovrà chiamare tutti ad assumere un diverso senso responsabilità anche in vista di riforme di sistema che, a questo punto, sembrano indispensabili. Il Pd, che con la sua unità e con l’impegno del segretario Letta, ha contribuito a risolvere la crisi, dovrà trainare adesso il confronto politico per evitare che situazioni di questo tipo possano ripetersi».

Il commissario regionale della Lega avv. Giacomo Francesco Saccomanno ha dichiarato che «Dopo giorni di incertezze, finalmente l’Italia ha un “nuovo” presidente della Repubblica di altissimo profilo professionale, etico e morale. Una figura che ha dato tantissimo alla Nazione nella sua attività incessante e che oggi la rappresenterà ulteriormente e degnamente e saprà, certamente, condurla a quella crescita sociale, politica ed economica che potrà, finalmente, creare momenti di importanti sviluppi e di normalità. Tale risultato è stato raggiunto grazie alla determinazione del leader nazionale Matteo Salvini che ha cercato, in tutti i modi, di arrivare ad una elezione condivisa e con l’individuazione di persone di altissimo prestigio, anche internazionale. Ma, tra franchi tiratori o meglio ancora tanti traditori, nessuna indicazione è stata accettata! Una attività lenta, certosina, paziente, aperta, fondamentale, che ha consentito di raggiungere un risultato ragguardevole e che molti pensavano irrealizzabile. Un sentito ringraziamento al Presidente Sergio Mattarella che è riuscito, con calma e senza esasperazioni, a portare l’Italia quasi fuori dal Covid ed ha voluto e sostenuto un Governo con ampia maggioranza, che sta riuscendo a far riprendere alla Nazione un percorso virtuoso. Grandi uomini che, nel momento del bisogno e delle difficoltà immani, sono riusciti ad assumere decisioni fondamentali per la ripresa di una normalità quasi inimmaginabile».

Su Facebook il sen. Ernesto Magorno, sindaco di Diamante, ha scritto che «Sergio Mattarella rappresenta una garanzia assoluta per tutti i cittadini italiani. Con lui Presidente della Repubblica e Draghi Premier, l’Italia potrà affrontare in serenità quest’anno cruciale e proiettarsi con fiducia al futuro».

Di tutt’altro tenore il commento della deputata Wanda Ferro (Fratelli d’Italia): «La rielezione di Mattarella è il fallimento della politica, ma anche l’ennesima prova di un sistema istituzionale inadeguato, non al passo con i tempi, che rende le sorti della Nazione ostaggio dei più piccoli interessi di parte. Il centrodestra – ha detto la Ferro – ha perso la grande occasione di far sentire finalmente rappresentati decine di milioni di italiani, anziché accettare che solo la sinistra possa esprimere personalità degne di ricoprire la massima carica dello Stato. La rielezione di Mattarella rappresenta un’anomalia istituzionale, ed ancor più grave e irriguardoso è stato eleggerlo all’ottavo scrutinio, quasi fosse il frutto di un compromesso al ribasso. Si è scelto di congelare il Paese perché politici che non hanno più il consenso della gente possano continuare a conservare il potere e le poltrone ancora per qualche mese. Milioni di Italiani sono nauseati dai giochi di palazzo a cui abbiamo assistito in questi giorni, e che diventeranno la regola se si realizzeranno le ipotesi di ritorno al passato con il sistema elettorale proporzionale, al quale ci opporremo con forza. Fratelli d’Italia – ha concluso la deputata calabrese – conta di tornare al più presto al voto, perché i cittadini possano finalmente scegliere da chi essere governati e, in futuro, possano eleggere direttamente il Capo dello Stato».  (rp)

Sconcerto per la condanna (senza prove?) del sen. Marco Siclari

Lascia sconcertati la condanna a 5 anni e 4 mesi comminata ieri a Reggio Calabria al sen. Marco Siclari per il reato di “scambio elettorale politico-mafioso”, ipotizzato dalla Direzione distrettuale antimafia guidata da Giovanni Bombardieri. Le sentenze non si commentano e si rispettano, è, però, possibile manifestare un qualche sgomento quando ci si trova davanti a una palese interpretazione distorta dei fatti.

Abbiamo letto fino in fondo le molte migliaia di pagine della richiesta di arresto per tutti gli imputati (per il sen. Siclari il Senato non ha mai autorizzato il provvedimento restrittivo) dell’inchiesta Eyphemos, nonché la requisitoria del pm Giulia Pantano (che aveva chiesto 4 anni) e non siamo riusciti a individuare in alcuna riga un’intercettazione diretta tra il politico reggino e qualcuno dei presunti mafiosi che oggi risultano condannati a pene che arrivano anche a 17 anni e 9 mesi di carcere. C’è il riferimento a una presunta “raccomandazione” per un trasferimento alle Poste di cui non esiste traccia e mai avvenuto. L’unico elemento è la “visita” di 40 minuti durante la campagna elettorale alla segreteria elettorale (aperta al pubblico e affollata di sostenitori, curiosi e simpatizzanti) del senatore di Forza Italia di un sospettato di legami mafiosi (all’epoca non pregiudicato) documentata da una fotografia. Tutto qui.

Basta questo per definire “mafioso” un rappresentante delle istituzioni? Qualche dubbio, ci sia consentito, pur nel rispetto pieno della sentenza, ci sembra plausibile. L’appello dirà se ci sono stati errori (con la dignità di una persona per bene messa sotto le scarpe) o se ci troviamo di fronte a un dr Jeckyll-Mr Hyde che ha convinto migliaia di elettori (anche grazie alla lunga storia di legalità e onestà che contraddistingue la sua famiglia) ma non ha ingannato il collegio giudicante. Ma, in questo caso,  chi lo ripagherà – se errore sarà accertato – della penitenza di 578 giorni e della gogna mediatica – infame – che certamente oggi molta stampa infliggerà al più giovane senatore della Repubblica? Sorge il dubbio che l’essere nato in Calabria, o peggio a Reggio, costituisca un pregiudizio vergognoso (inevitabilmente mafiosi tutti i calabresi?) per giustificare una sentenza di colpevolezza. (s)

Il sen. Marco Siclari ha postato un lungo sfogo su Facebook, che riportiamo integralmente. Le sentente non si commentano, sia chiaro, ma dev’essere permesso a chi ritiene di aver subito un grave torto dalla giustizia di esprimere la sua amarezza.

«La dignità e la verità valgono più di una  sentenza.
Condannato per “NON aver commesso il fatto”.
Per dovere istituzionale e per trasparenza verso gli elettori ed il Senato della Repubblica, interrompo il rispettoso silenzio per le notizie totalmente fuorvianti che sono riportate su alcuni articoli dell’ultima ora.

Io non racconto una “mia storia”, ma rendo giustizia alla verità pubblicando sul MIO SITO l’ordinanza del GIP e la difesa (provata) per ogni opportuna valutazione dei cittadini.
Non ho nulla da nascondere.

Ho provato sulla mia pelle ciò che non credevo, cioè come si potesse nel nostro Paese condannare un cittadino onesto ed totalmente estraneo ai fatti contestati, in questo caso anche espressione della democrazia rappresentativa, membro della più alta camera della Repubblica Italiana, senza ALCUNA prova e senza alcun indizio come dimostrano le 1054 pagine di indagini della stessa Procura effettuate #dopo la firma dell’ordinanza (le 1054 pagine saranno pubblicate nei prossimi giorni).

Il PM nell’ordinanza, mi accusa di aver #vinto l’unico collegio del Sud, come centrodestra, contro il candidato del Movimento Cinque Stelle, cosa che non poteva non accadere, secondo l’accusa, se non per il tramite dei voti mafiosi considerando che siamo a Reggio Cal (!).
Ma, cosa molto grave, e che il pm non tiene conto che il candidato del M5S è stato ESPULSO dal movimento stesso 18 giorni prima del voto (espulso il 15 febbraio 2018 per non aver dichiarato di aver fatto parte della massoneria come riporta la stampa nazionale).

Ho atteso in prima persona, in un aula del tribunale dove non ero mai entrato prima d’ora, la sentenza del giudice.

Mi chiedo ogni giorno da 578 giorni perché mai avrei dovuto “sperare” in un giudizio positivo sapendo di non aver commesso il fatto, sapendo che la Procura ha commesso un grave errore di valutazione elettorale, sapendo che le CELLE dei cellulari come dalle indagini della stessa Procura non si sono mai incrociati tra me e l’indagato, sapendo come accertato dalla CTU effettuata dalla stessa Procura di Reggio Cal sul cellulare e sul tablet sequestrato dell’indagato, che NON HO MAI avuto alcun contatto, ne diretto ne indiretto, con un “soggetto” fino ad OGGI “NON MAFIOSO” e del quale mi contestano che un giorno è entrato nella segreteria elettorale (4 giorni prima del voto, 28 febbraio 2018) accompagnato dal Presidente del Sindacato dei Medici di Medicina Generale di Reggio Calabria e nel quale incontro (NON PROVATO) secondo il pm, avrei fatto un patto mafioso perché quei due signori (fino ad oggi NON MAFIOSI) sono rimasti dentro la segreteria per un tempo pari a 40 minuti.

L’accusa sostiene che quel “soggetto”, segretario dell’Udeur prima e dell’UDC dopo a Sant’Eufemia d’Aspromonte (come scrive il Giudice del Tribunale di Palmi), avrebbe portato “per deduzione” i voti di un clan.
Dalle intercettazioni, invece, risulta che quel “soggetto” avrebbe chiesto UN SOLO VOTO per Forza Italia ad un’altra donna, sua amica e proprietaria di un bar.
Io non ero NEMMENO candidato in Forza Italia, ma ero espressione di tutti i partiti della coalizione.

Il VANTAGGIO, secondo l’accusa, che avrei apportato al clan (potentissimo secondo il pm) sarebbe il TRASFERIMENTO di una dipendente di Poste Italiane. TRASFERIMENTO SMENTITO dagli stessi dirigenti e funzionari di Poste Italiane, che sono stati oggetto di indagine come provato dalle SIT e dalle intercettazioni effettuati dalla stessa Procura

Andrò avanti fino alla fine per aver una sentenza giusta. In attesa delle motivazioni, mi dispiace intanto prendere atto, da Uomo dello Stato, che il dispositivo della sentenza non rispecchia quello che emerge evidentemente dagli atti. Sono certo che il grado di Appello renderà giustizia e rispetterà le evidenze probatorie circa la mia estraneità dai fatti contestati

Andrò avanti a testa alta più di prima, perché so di non aver agito MAI nell’illegalità.
Il mio pensiero, in questo momento va alla sofferenza dei miei cari e della mia famiglia.

Ai miei concittadini dico: “Un’ingiustizia fatta in un luogo è un’ingiustizia fatta in ogni luogo” e tocca ciascuno di noi nella nostra onesta e integrità. Ho scelto l’abbreviato perché credevo in uno Stato di Diritto

Vi abbraccio con tutto me stesso e ringrazio tutti dal profondo del mio cuore per la vicinanza che mi state dimostrando». (rrc)

Oggi a Villa San Giovanni tanti esperti a confronto sul Ponte sullo Stretto

Un convegno che mette a confronto esperti, politici e progettisti sul Ponte: un’iniziativa del sen. Marco Siclari che a Villa San Giovanni è di casa e che nella città dello Stretto ha voluto convogliare competenza e autorevolezza per fare il punto della situazione.

L’appuntamento è stamattina a partire dalle 10.30 dalla Sala Consiliare del Comune di Villa San Giovanni saranno presenti i Parlamentari di tutte le forze politiche in collegamento web con le Associazione di Categoria, ordini professionali ed i massimi esperti tecnici italiani per discutere dei “Progetti per il Sud e Ponte sullo Stretto”.

Interverranno i Parlamentari di Calabria e Sicilia: Marco Siclari, Gabriella Giammanco, Matilde Siracusano, Francesco Cannizzaro, Urania Papatheu, Stefania Prestigiacomo con il Capogruppo alla Camera dei Deputati per Forza Italia Roberto Occhiuto; Silvia Vono, Valeria Sudano, Francesco Scoma e Ernesto Magorno di Italia Viva; Filippo Maria Drago e Carmela Bucalo di Fratelli d’Italia; Domenico Furgiuele e Nino Germanà della Lega; Enza Bruno Bossio e Pietro Navarra del Partito Democratico; Giorgio Trizzino del MoVimento Cinque Stelle; Sarà presente il Presidente facente funzioni della Regione Calabria, Nino Spirlì, il Vicepresidente della Regione Sicilia Gaetano Armao, il Presidente dell’ Associazione dei Sindaci dell’Area dello Stretto Sandro Repaci ed il Sindaco f.f. Di Villa San Giovanni Maria Grazia Richichi.

Sono previsti interventi, via web, dei vertici nazionali di partito. Parteciperanno via web il Pres. Federalberghi Calabria: Fabrizio D’Agostino, il Presidente dell’Ordine degli Architetti: Salvatore Vermiglio, il Presidente dell’Ordine degli Ingegneri: Domenico Condelli, il Presidente della Camera di Commercio di Reggio dott. Ninni Tramontana, il Presidente degli Industriali reggini di Confindustria ing. Domenico Vecchio, il Presidente Unindustria Calabria dott. Aldo Ferrara, il Presidente della Rete Civica per le Infrastrutture nel Mezzogiorno Fernando Rizzo.

Interverranno tecnici di indiscusso profilo internazionale: il prof. Pietro Busetta già Professore Ordinario di Statistica economica Università degli Studi di Palermo, componente del Consiglio di Amministrazione della Svimez, il prof. Alberto Zasso Ordinario di Ingegneria Meccanica Applicata al Politecnico di Milano, il prof Enzo Siviero Ordinario di Ingegneria Statica e Tecnica delle Costruzioni presso l’Università IUAV di Venezia, la prof. Francesca Moraci Ordinario di Urbanistica all’Università degli Studi di Reggio Calabria, già Consigliere di Amministrazione di Anas, è oggi Consigliere di Amministrazione di FFSS, l’ing. Giovanni Mollica già consulente di Stretto di Messina S.p.A., il prof. Alberto Prestininzi già Professore Ordinario di Geologia presso l’Università di Roma “Sapienza” e Membro del Comitato Tecnico Scientifico per il Ponte sullo Stretto di Messina dal 2001 sino al 30 giugno 2012, il prof. Fabio Brancaleoni Professore Ordinario di Scienza delle Costruzioni presso l’Università La Sapienza di Roma e Socio di E.D.IN. Srl., l’ing. Ercole Incalza già capo della Struttura Tecnica di Missione del Ministero delle Infrastrutture che ha programmato dal 2008 in avanti e sino al 2014 la rete ad alta velocità del paese è stato Amministratore Delegato della TAV.

Dice il sen. Siclari: «Rimaniamo fiduciosi della serietà e dell’esperienza del Presidente del Consiglio Mario Draghi». (rrc)

L’evento potrà essere seguito in diretta sulla pagina facebook del “CITTÀ DI VILLA SAN GIOVANNI”, sulle pagine dei parlamentari e di “MARCO SICLARI SENATO”.

DECRETO SANITÀ APPROVATO DAL SENATO
CALABRIA COMMISSARIATA PER DUE ANNI

Con 149 voti favorevoli e 117 contrari, il Decreto Calabria è diventato legge. Questo significa che la Calabria sarà commissariata per altri due anni, sotto la ‘guida’ del Commissario ad acta Guido Longo, che sarà affiancato da sub-commissari. Non è un bel giorno per la Calabria, anche se, grazie all’emendamento dell’on. Roberto Occhiuto, il debito della sanità calabrese potrà essere spalmato in trent’anni, consentendo nuove spese e soprattutto nuovi investimenti e assunzioni di personale medico e paramedico prima impediti dalla criticità della situazione economica e finanziaria,

Diversi i commenti prima, durante e dopo l’approvazione. Il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri nel corso della seduta al Senato ha rimarcato che: «La Calabria ha bisogno di normalità». Il che significa – ha detto Sileri – «trovare un ospedale vicino casa aperto, non chiuso, come purtroppo si vede in molte parti d’Italia e soprattutto in Calabria; significa trovare un medico vicino; significa trovare qualcuno che ti ascolta. I calabresi hanno bisogno di questa normalità, che tutti auspichiamo».

«Il provvedimento che ci apprestiamo a votare oggi – ha detto ancora Sileri – rappresenta il mezzo verso questa normalità che, ognuno di noi deve volere, perché siamo italiani, ma siamo anche tutti calabresi. Trovo francamente ingiusto per due motivi, il fatto che una persona calabrese e la sua famiglia debbano spostarsi dalla Calabria verso Napoli, Roma o Milano, perché non riescono a trovare una cura. In primo luogo, perché democrazia significa poter avere cure adeguate ovunque, anche vicino casa. In secondo luogo, è un’ingiustizia anche per il personale sanitario che vive, lavora e si sacrifica in Calabria. Vi garantisco che, avendo visitato diverse strutture in Calabria, la qualità sanitaria c’è. Il provvedimento che ci apprestiamo a votare deve anche rappresentare il mezzo per dare fiducia ai calabresi per quello che hanno nel loro territorio».

Tra gli interventi dei senatori contrari al Dl Calabria, ci sono quelli di Marco Siclari di Forza Italia, che ha ricordato al Governo nazionale «in Calabria lo Stato ha fallito per 11 anni per il tramite dei suoi commissari. Ho anche aggiunto – ha scritto su Facebook – che con l’approvazione di questo decreto, lo Stato certifica che i calabresi vengono considerati figli di un Dio minore. Al governo è mancato persino l’amore per la parte più debole del Paese, e lo dimostra questa scelta del Governo che ripropone di commissariare, di altri due anni, la sanità dopo aver riconosciuto i fallimenti registrati in 11 anni».

«Fallimenti – ha continuato Siclari – che hanno comportato, persino, la zona rossa alla Calabria per l’impossibilità della sanità calabrese di curare i malati di Covid, frutto dell’incapacità del Commissario di migliorare, in questi ultimi due anni, il Decreto Calabria, l’assistenza sanitaria».

«Ho concluso – ha detto Siclari – invitando il Governo, che ha certificato un’assistenza sanitaria inadeguata per la Calabria, di dare priorità ai calabresi nel piano vaccinale».

La senatrice forzista Fulvia Michela Caligiuri, nel corso della seduta, ha illustrato la proposta di non passare all’esame degli articoli del dl Calabria che prevede la proroga del commissariamento della Sanità calabrese. «Il decreto – ha spiegato – che proroga il commissariamento della Sanità calabrese, per ulteriori due anni viola apertamente diversi principi costituzionali, in primo luogo quello che prevede la leale collaborazione tra enti territoriali e lo Stato e la sussidarietà. La Regione, invece, viene privata di svolgere la sua funzione ed i suoi legittimi poteri. Inoltre, il commissariamento è finalizzato al mero rientro del debito, senza tenere in alcun conto la necessità di garantire le cure, ed una sanità all’altezza ai calabresi sul loro territorio. Dopo i fallimenti di ben undici anni di commissariamento – ha aggiunto la sen. Caligiuri – l’unico provvedimento da fare d’intesa con tutte le forze politiche era la restituzione della gestione della sanità alla Regione».

Anche Ernesto Magorno, senatore di Italia Viva, ha dichiarato il suo ‘no’ al Dl Calabria: «Non posso che sentirmi mortificato e deluso da un Governo che, di fatto, sembra aver dimenticato e abbandonato la Calabria. Una Calabria considerata sempre di più Cenerentola d’Italia. Noi sindaci – ha aggiunto Magorno – misuriamo, con piccoli e grandi problemi della nostra gente, ascoltiamo la loro disperazione, cerchiamo di rielaborarla in soluzioni e, soprattutto, non ci voltiamo mai dall’altra parte. Era questo il senso e il motivo del mio emendamento al Decreto Calabria, in cui proponevo di istituire, all’interno della struttura commissariale della sanità, un organo formato dai sindaci, con poteri di controllo e di proposta. Ma, allo stato dei fatti, quell’emendamento, non solo mio ma dei sindaci della Calabria e stato stravolto».

Tra i favorevoli, invece, la sen.  Bianca Laura Granato del Movimento 5 Stelle, che ha ricordato che «da oltre tre 10 anni, la Calabria è sottoposta a piano di rientro sanitario. Tanti cittadini non riescono ad usufruire del diritto costituzionale alla cura, e sono costretti alla migrazione sanitaria. La vigilanza dello Stato sui sistemi sanitari regionali è indispensabile così come è importante che le dirigenze sanitarie vengano assunte non dalla politica ma in base a concorso pubblico in base a criteri meritocratici e non di affiliazione politica».

«Fondamentale – ha aggiunto – è anche rivedere i parametri di assegnazione dei fondi per il finanziamento dei servizi sanitari regionali, sulla base non della popolazione pesata ma anche in funzione delle co-morbilità che, sicuramente, comportano costi di gestione più elevati».

«Non tutti sapranno – ha proseguito – che i bilanci di 4 anni dell’Asp di Reggio Calabria sono spariti, e sono stati sostituiti da bilanci orali, non tutti sapranno che il commissariamento governativo ha riguardato solo l’aspetto economico-finanziario, ma quello gestionale è sempre rimasto nelle mani della Regione Calabria, i cui governatori che si sono susseguiti hanno sempre confermato le stesse persone alla guida delle Asp e hanno confermato sempre premialità per tutti i dirigenti che dopo numerosi anni di questa gestione hanno portato l’indice dei Lea a 136, ovvero ben 24 punti al di sotto delle soglie di accettabilità. Quali sono le principali cause del dissesto? Il rapporto “malato” pubblico-privato, per il quale si faceva ricorso a continui sforamenti del budget destinato alle strutture private convenzionate, con conseguente contenzioso e nuovi oneri per il bilancio delle Asp, le forniture spesso inutili o obsolete pagate fuori dai listini di mercato liquidate, anche più volte, assunzioni clientelari da parte dei politici di turno. Tutto ciò ha subìto una inevitabile battuta di arresto con il commissariamento governativo, ma ha anche comportato delle restrizioni non indifferenti sul diritto alla cura dei calabresi che si sono visti improvvisamente aumentare il costo delle prestazioni, della diagnostica, imporre limitazioni nelle prescrizioni, ma è fondamentale sempre distinguere le cause dagli effetti: le cause sono riconducibili alla cattiva gestione della sanità da parte della regione Calabria».

«Oggi, per la seconda volta – ha detto ancora – votiamo un decreto per la sanità calabrese. Abbiamo reso la struttura commissariale più incisiva anche nel merito della gestione del servizio sanitario calabrese, grazie ad un suo potenziamento sotto il profilo amministrativo e sanitario. Le precedenti strutture commissariali hanno sempre operato in una sorta di deserto istituzionale, private di qualsiasi supporto da parte del dipartimento della salute della Regione Calabria, pertanto un solo commissario, anche quando, col precedente decreto Calabria supportato tecnicamente da un sub Commissario, non è mai stato sufficiente a portare soccorso al disastrato sistema sanitario calabrese anche perché ci si deve muovere nel perimetro costituzionale modificato a favore delle autonomie regionali attraverso la riforma del Titolo V realizzata nel 2001».

«Per il piano di rientro sono stati stanziati altri altri 180 milioni per i debiti certificati – ha aggiunto la senatrice Granato –. Non sappiamo a quanto ammonti il debito non certificato proprio per i bilanci di anni mancanti. Speriamo che l’attuale struttura possa venire a capo di questo groviglio che appare inestricabile. È fondamentale, che il sistema sanitario nazionale possa essere sostenuto attraverso l’impiego di strutture pubbliche a copertura di tutto il fabbisogno. Le strutture private che hanno gestito male le risorse, che rischiano la chiusura, perché hanno operato gonfiando le spese a carico del servizio sanitario regionale, se attualmente indispensabili a garantire la continuità del servizio per alcune prestazioni sanitarie devono essere pubblicizzate».

«È questa – ha concluso – la ricetta per uscire dalla drammatica situazione in cui oggi si trova la sanità calabrese e quella di tutte le regioni d’Italia». (rrm)

Le lacrime di Marco Siclari: la Calabria fallisce per colpa del Governo

Non ha saputo trattenere la commozione e le lacrime, il sen. Marco Siclari durante il suo intervento in Senato sulla situazione del Covid in Calabria. «A nulla sono servite – ha detto Siclari – le reiterate denunce che ho fatto da due anni a questa parte per attirare l’attenzione del governo sul disastro in cui si dibatte la snaità calabrese. A nulla è valsa la denuncia più volte ripetuta sul fallimento di 12 ani di commissariamento della sanità. 12 anni vergognosamente perduti.

«In 12 anni di inefficienze il sistema commissariale della sanità calabrese ha creato danni alla salute dei cittadini, oggi hanno determinato l’inserimento della Calabria nella fascia rossa ai fini delle restrizioni covid, mortificando le aziende e le famiglie. Lo Stato, direttamente responsabile della gestione commissariale, ha causato non solo un danno diretto a tutti gli ammalati calabresi, alcuni morti o rimasti invalidi per la scarsa o inesistente assistenza sanitaria, ma ha prodotto danni economici enormi non solo alla Regione Calabria costretta a pagare in costi, centinaia di milioni all’anno, dell’emigrazione sanitaria dei calabresi costretti a curarsi in altre regioni, ma anche alle famiglie calabresi obbligate a sopportare i costi, pari a svariate centinaia di milioni di euro, dell’accompagnamento e dell’assistenza ai malati fuori sede, oltre a subire i danni all’attività lavorativa, alle attività economiche e produttive, alla vita sociale e si relazione che la diaspora sanitaria impone e determina.

«Finalmente, con colpevolissimo ritardo, nel decreto legge Covid, oggi in sede di conversione al Senato, ritroviamo le proposte di Forza Italia avanzata da oltre otto mesi. Fin dai primi annunci della possibilità che l’allora epidemia, poi classificata pandemia, abbiamo proposto l’obbligatorietà dell’uso della mascherina anche all’aperto, l’utilizzo dei tamponi veloci, l’acquisto delle prestazioni sanitarie dalle strutture privata fuori budget, un piano straordinario di assunzioni del personale sanitario, medici e paramedici, carente nel sistema sanitario regionale calabrese, un piano straordinario di acquisizione di immobili da adibire ad ospedali covid e non covid, edificando nuove strutture ospedaliere modulari come quello di Milano e Napoli oppure ristrutturando e riconvertendo strutture sanitarie pubbliche e private dismesse o in disuso, accesso ai fondi del MES per migliorare l’assistenza sanitarie elevando i Livelli Essenziali di Assistenza sanitaria e tante altre. Meglio tardi che mai, rimane il rammarico per il tempo perso, per le vittime della pandemia che potevano essere salvate ed invece sono morte di covid per la mancanza di programmazione degli interventi e la cieca volontà del Governo e della maggioranza che lo sostiene di non accettare la collaborazione dell’opposizione nella gestione dell’emergenza».
Il senatore Siclari ha inoltre annunciato la mobilitazione di tutti i primi cittadini calabresi: «Il prossimo 19 novembre, davanti a Palazzo Chigi manifesteranno contro il commissariamento della sanità calabrese e per dotare la Calabria di un’assistenza sanitaria adeguata e dignitosa, i sindaci della regione, ultima in Italia per livello dei LEA, decretata “zona rossa” proprio per la grave carenza degli indicatori di efficienza e funzionalità del SSR. Alla manifestazione parteciperò anch’io come calabrese, come medico e come esponente di Forza Italia assieme ai colleghi parlamentari di tutto il centrodestra che hanno accolto il mio invito a fare fronte comune per il diritto alla salute di ciascun calabrese. Attendo in piazza anche i parlamentari del centrosinistra e del movimento cinquestelle che so condividere la battaglia, ma che finora stanno privilegiando l’appartenenza politica e partitica, non esponendosi contro le scelte governative. Invito il Governo a dare risposte serie, impegnative e risolutive alla protesta che è il grido di dolore di tutto il popolo calabrese offeso nella dignità di cittadinanza, leso per la mancanza ed inefficienza dell’assistenza sanitaria erogata e tradito nelle fiducia malriposta nelle forze che sostengono l’azione governativa che insiste nell’imporre il commissariamento solo come misure di rientro dal debito e non come procedura per migliorare l’erogazione delle prestazioni sanitarie ai cittadini italiani residenti in Calabria». (rp)

Siclari scrive ai parlamentari calabresi: lavoriamo uniti per difendere diritto alla salute dei calabresi

Il senatore di Forza ItaliaMarco Siclari, ha scritto una lettera indirizzata a tutti i parlamentari eletti in Calabria, rappresentanti di tutti i partiti, per «invitarli a condividere un percorso istituzionale, fuori ed al di là degli schieramenti politici, per affrontare e risolvere l’emergenza sanitaria in Calabria che ha raggiunto livelli di massima allerta».

«Di fronte ad una politica nazionale – ha spiegato il senatore Siclari – che non ha saputo o voluto risolvere i problemi della sanità calabrese, occorre uno scatto di orgoglio e di dignità che deve partire proprio dai massimi rappresentanti elettivi del territorio. In particolare, mi sono rivolto ai 19 Parlamentari del Movimento Cinquestelle che sommano il 61,29% della rappresentanza complessiva della regione. Si è veramente toccato il fondo, per quanto riguarda i diritti dei calabresi».

«Non possiamo seguire strade diverse – ha aggiunto – per ragioni di schieramento o di partito, in particolar modo, di fronte al diritto fondamentale alla salute, oggi, “cancellato” in Calabria per diverse ragioni. L’emergenza sanitaria in Calabria dura da decenni ormai, è certificata dal commissariamento, dal piano di rientro ed oggi è aggravata dalla pandemia Covid, un’emergenza nell’emergenza».

Il senatore forzista, dunque, ha proposto lo sto al commissariamento della Sanità in Calabria «da giugno 2021 indipendentemente da chi vince le prossime elezioni regionali» e la nomina condivisa di un nuovo commissario, «che abbia esperienza dimostrata sul campo delle emergenze nazionali e che guidi la sanità calabrese nel periodo Covid-19 e fino all’uscita dal commissariamento (giugno 2021)».

«L’obiettivo primario – ha spiegato Siclari – è il diritto alla salute e dare risposte ai calabresi, piccoli e grandi. Oggi, più di prima, tutti i politici devono, portare al petto, un’unica spilla che è quella della ‘speranza dei calabresi’, e lavorare per i loro diritti. Hanno condiviso il mio invito tutti i parlamentari di centrodestra, i senatori Giuseppe MangialavoriFulvia Michela Caligiuri ed i deputati Roberto Occhiuto, Maria Tripodi, Wanda Ferro, Domenico Furgiele, Francesco Cannizzaro e Sergio Torromino».

«Spero – ha auspicato Siclari – che anche i Parlamentari calabresi, che sostengono la maggioranza di governo, condividano il percorso proposto e, stando anche alle dichiarazioni pubbliche di alcuni esponenti del Movimento Cinquestelle, nutro molte speranze che sulla sanità in Calabria si posa fare fronte comune».

«Mi attendo – ha proseguito il senatore – una telefonata dai parlamentari calabresi rappresentanti dei partiti di maggioranza per organizzare un incontro, e verificare  se ci sono le condizioni per discutere insieme del diritto alla salute che manca da oltre un decennio ai calabresi, bambini e adulti che siano».

«Sarà una grande dimostrazione di amore e di senso di appartenenza – ha sottolineato Siclari – verso il nostro territorio e di attenzione verso l’appello più volte fatto dal Colle che chiede il dialogo tra le diverse componenti politiche».

«Se riusciremo a confrontarci su questo importante tema – ha concluso – la Calabria riuscirà a dimostrare, per la prima volta nella storia, a tutto il Paese, che siamo i primi a compattarci di fronte alla necessità di un’intera popolazione e dei più bisognosi».

La lettera

Cari Colleghi,

ritengo opportuno e doveroso scrivere, a ciascuno di Voi, in questo momento drammatico che sta attraversando la nostra regione e tutti i cittadini calabresi. Vi invito a condividere un percorso istituzionale, fuori ed al di là degli schieramenti politici: la nostra terra è stata penalizzata per decenni dalla stessa classe politica calabrese che, nella maggioranza dei casi, ha peccato per scarso peso politico nazionale o peggio per una visione personale, egoistica e clientelare che ha sacrificato il”merito”ed il”bene comune”delle famiglie, degli anziani e dei adolescenti nostri conterranei; ma, oggi, è evidente a tutti che è stata abbandonata, anche da uno Stato, incapace di “considerare i calabresi figli della stessa Nazione”. Uno Stato che non ha voluto, attraverso i propri uomini, dare fiducia ai nostri territori e programmare il rilancio e lo sviluppo della Calabria e, purtroppo, dobbiamo ammetterlo con dolore, spesse volte, anche privo della reale volontà politica di far uscire dal pregiudizio negativo verso la Calabria e i calabresi.

Oggi siamo chiamati ad uno scatto di orgoglio e di dignità, per primi noi che siamo i massimi rappresentanti elettivi dei cittadini calabresi che ci hanno votato per una giusta voglia di rinnovamento, preferendo, rispetto ad una “vecchia” e consolidata classe politica i giovani ed alla prima esperienza, rispetto ai partiti storici e tradizioni le forze nuove. In particolare

mi rivolgo a ciascun collega del Movimento Cinquestelle che siete la stragrande maggioranza ben 19 Parlamentari, 7 Senatori e 12 Deputati e il 61,29% della rappresentanza complessiva della regione.

Seguo, come ciascuno di Voi, da vicino le sorti della regione più bisognosa in Europa, e approfondisco in modo attento le dinamiche sanitarie legate alla difficile pandemia in quanto medico specializzato in questa materia, me ne occupo politicamente da Capogruppo in Commissione Salute in Senato per il mio partito eletto, oltretutto, in un collegio dove l’assistenza sanitaria, come risaputo, peggiora di anno in anno nonostante i notevoli e preziosi sforzi da parte dei colleghi medici e operatori e tecnici sanitari.

So bene che la Costituzione ci vuole rappresentanti di tutta la Nazione, una ed indivisibile e che dobbiamo esercitare il nostro mandato senza alcun vincolo territoriale, politico, partitico, ma oggi non possiamo neanche più finta di niente. Si è veramente toccato il fondo per quanto riguarda i diritti dei calabresi. Non possiamo seguire strade diverse, per ragioni di schieramento o di partito, in particolar modo, di fronte al diritto fondamentale alla salute, oggi, “cancellato”in Calabria per diverse ragioni. L’emergenza sanitaria in Calabria dura da decenni ormai, è certificata dal commissariamento, dal piano di rientro ed oggi è aggravata dalla pandemia COVID, un’emergenza nell’emergenza.

Il mio invito è quello di percorrere, nell’interesse della Calabria e dei Calabresi e solo al fine di poter guardare in faccia ciascuno dei nostri corregionali e dei nostri elettori, avendo la coscienza serena di aver fatto di tutto per garantire cure ed assistenza di livello decoroso ed idoneo a tutelare il bene primario della salute.

Vi chiedo, quindi, di condividere un percorso istituzionale e parlamentare che contempli:1) lo Stop al commissariamento della sanità in Calabria da giugno 2021, indipendentemente da chi vince le prossime elezioni regionali o si trovi a governare l’Italia.

2) la nomina condivisa di un nuovo commissario, che ha esperienza dimostrata sul campo delle emergenze nazionali, per guidare la sanità calabrese, insieme alla triade commissariale, da oggi fino a giugno 2021, periodo dell’emergenza sanitaria Covid-19.

3) l’obiettivo primario di dare risposte ai calabresi per il diritto alla salute.

Premetto che non sarò il candidato a governatore in Calabria, e questo mio invito, accorato e disperato, nasce dalla considerazione che questo sforzo “politico e istituzionale” che dobbiamo ai nostri concittadini meno fortunati, alla memoria dei sacrifici di generazioni e generazioni che hanno lavorato ogni giorno rafforzando la nostra Nazione ed il nostro territorio, a chi oggi si sente solo ed abbandonato dallo Stato, a chi oggi non sogna più, a chi oggi non crede più in se stesso, a chi ama profondamente la propria famiglia ed oggi teme di non riuscire più a trasmettere serenità, a quei genitori che oggi guardano i loro piccoli con timore per un futuro incerto.

Oggi, più di prima, tutti i politici devono, portare al petto, un’unica spilla che è quella della “speranza dei calabresi”e lavorare per i loro diritti.

Lo Stato, nei prossimi due anni, deve fare straordinari sacrifici economici e finanziari per dare respiro al nostro Paese e a tutti gli italiani, consapevole che è l’unico modo per trasmettere alle famiglie la forza necessaria per rialzarsi e tornare a guardare con occhi di speranza il futuro dei nostri figli.

Grazie per avermi prestato attenzione. (rrm)

IL SÌ AL REFERENDUM PENALIZZERÀ IL SUD
LA CALABRIA CON MENO RAPPRESENTANTI

di SANTO STRATI – C’è un grande problema di rappresentatività nella frettolosa riforma costituzionale sul taglio lineare dei parlamentari. Nel nuovo riparto previsto dalla legge le regioni meno popolose perdono  un quarto dei parlamentari e gli italiani all’estero vengono rappresentati da un esiguo numero di deputati e senatori, lasciando grandi comunità senza quella già minima rappresentanza prevista dalla legge Tremaglia del 2001 (12 senatori e sei deputati).

Secondo la legge costitituzionale approvata lo scorso ottobre e per la quale è stato richiesto il referendom confermativo che si terrà il 20 e 21 settembre, il nuovo Parlamento sarà costituito da 400 deputati (sono attualmente 630) e da 200 senatori (sono adesso 315). Restano fuori dal taglio i senatori a vita.

È una riforma votata sulla spinta di un antiparlamentarismo bieco e sfacciato, in nome dell’antipolitica portata avanti dal Movimento Cinque Stelle che, comunque la si voglia vedere, sono riusciti a far passare un’idea di parlamentari sfaccendati, fannulloni e inoperosi, superpagati e poco efficienti. E soprattutto – secondo il vangelo grillino – troppi. Un’idea che, in realtà si scontra con quanti lavorano, con convinzione e dedizione, per il bene del Paese. E, credeteci, sono tanti. Non bastano le miserevoli ruberie di chi ha preso il bonus covid o le miserie umane di qualche parlamentare per delegittimare la politica, quella con la P maiuscola, quella che ci hanno insegnato a rispettare De Gasperi, Moro, Terracini, Nenni e tantisismi altri padri costituenti che hanno fatto crescere il Paese.

Sull’onda dell’anti-casta, in nome di un risibile risparmio annuo (l’equivalente di un caffè per ogni italiano) i pentastellati sono riusciti  nell’intento di offendere gli italiani e allontanarli dalla politica, senza però offrire qualcosa di concreto in cambio, qualcosa che non facesse rimpiangere la “vecchia” politica. La cosa più assurda è che alla spinta populista e antiparlamentare dei grillini, al tempo della votazione della legge costituzionale, i dem, una forza politica che ha una storia importante alle spalle e personaggi che hanno fatto grande l’Italia, ha accettato supinamente di votare la legge, senza neanche un colpo di tosse. E contemporaneamente si è accontentata della promessa dei marinai grillini di una veloce legge di riforma elettorale di cui, come tutti possiamo vedere, non c’è traccia. Come si può pensare di riformare, di tagliare il numero dei deputati e dei senatori, senza prima aver provveduto a riformare la legge elettorale che è la madre della inevitabile ingovernabilità del nostro Paese? Eppure, in un Governo e un Parlamento dove la definizione più generosa è quella di “dilettanti allo sbaraglio” cosa ci si poteva aspettare di più?

Purtroppo, i cittadini che andranno a votare per il referendum (che non richiede quorum, vince la risposta SÌ/NO che prende più voti indipendentemente dal numero dei votanti) non sono stati adeguatamente informati, nè lo sono in queste settimane che precedono il ricorso alle urne delle conseguenze che la loro scelta avrà sul futuro del Paese.

Una cosa è certa e ben definita: il Sud, la Calabria, le regioni meno popolose sono quelle che pagheranno di più in termini di rappresentanza parlamentare. E con l’attuale sistema elettorale è fin troppo evidente che il prossimo Parlamento rischia di diventare una sorta di oligarchia non di eletti (dal popolo) da di prescelti dalle segreterie dei partiti. Cosa che già, in parte avviene, si obietterà, ma la minore rappresentatività in Parlamento non è una cosa buona per la democrazia: è la strada che può portare a un governo che risponde più agli interessi di pochi che a quello del bene comune.

La scelta populista di dire sì alla legge di riforma non porterà alcun beneficio ai cittadini e sarebbe opportuno che ci venisse evitato il ritornello dei risparmi col taglio di 330 parlamentari: se veramente si voleva intervenire in termini di economia, sarebbe bastato ridurre gli stipendi o alzare le tasse a deputati e senatori. Invece, l’obiettivo – destabilizzante – di Grillo & Company è quello di delegittimare il voto popolare e, di conseguenza, le forze politiche e il Parlamento, come istituzione.

Come possono gli italiani che ragionano accettare questo orribile mix di populismo e delegittimazione di qualcosa che i padri costituenti hanno costruito con fatica sulle macerie di una guerra disastrosa, con l’unico obiettivo di dare stabilità e forza a un Paese che voleva rinascere. Se i padri costituenti hanno indicato 630 deputati e 315 senatori ci sarà stata una ragione che non può essere strattonata o buttata giù solo per mostrare di essere (apparentemente) “padroni” della volontà popolare.

Orbene, nonostante ci siano un milione di motivi per dire NO, i partiti tradizionali mostrano un’arrendevolezza che qualifica l’incapacità dei loro rappresentanti, dei loro esponenti che sono alla guida.

Secondo il sen. Marco Siclari (Forza Italia) che è tra i 71 parlamentari che hanno firmato per chiedere il referendum (sennò la riforma sarebbe passata tout court), «il taglio del numero dei parlamentari così come fatto non soltanto non rappresenta un taglio ai costi della politica, ma non migliora neanche la funzionalità delle due Camere».

Facendo i conti in tasca alla riforma, Siclari fa notare che il risparmio ottenuto corrisponde a 1,50 euro per italiano all’anno, quando per il debito pubblico ogni italiano “paga” circa mille euro l’anno per gli interessi.

«Per quanto riguarda il numero dei parlamentari – afferma il sen. Siclari – saranno penalizzate le regioni con meno abitanti come la Calabria che avranno meno rappresentanti rispetto, ad esempio, la Lombardia. In pratica aumenta l’oligarchia del Nord a sfavore di tutto il Sud e molte regioni non conteranno più nulla quando si dovrà decidere dove far affluire i fondi nazionali per il rilancio del Sud, del turismo, della sanità e delle grandi opere. Il SÌ rimarrà un voto di pancia e creerà ancora più problemi alla regioni del Sud».

«L’antipolitica – dice ancora il sen. Siclari – non può essere una guerra alla sacralità della democrazia, bensì deve rappresentare un’azione rivolta a selezionare, sin dalla candidatura, cittadini di qualità che hanno un curriculum lavorativo, culturale o professionale in gardo di dare un contributo agli italiani e al Paese, apportando idee, soluzioni, disegni di legge, etc, nel lavoro che si svolge nelle Commissioni o nelle aule parlamentari».

Dicevamo della rappresentanza estera. L’on. Nicola Carè (ex pd, oggi Italia Viva) eletto nella circoscrizione estera Africa, Asia, Oceania Antartide), sta facendo un gran lavoro di informazione presso gli italiani che vivono fuori dell’Italia.

«Il referendum del 20 e 21 settembre sulla riduzione del numero dei parlamentari – dice l’on. Carè –  impone di sottoporre all’opinione pubblica alcune riflessioni che portano ragionevolmente a sostenere le ragioni del ‘no’. Innanzitutto – spiega il deputato – non reputo corretto far credere ai cittadini, in maniera riduttiva e semplicistica, che con la vittoria del ‘sì’ l’Italia si allineerebbe ai Paesi dell’UE e scenderebbe al quinto posto per numero di parlamentari. Quest’analisi è monca, superficiale e alquanto approssimativa in quanto, se è vero che l’Italia scenderebbe al quinto posto per numero di eletti nelle due Camere, è altrettanto vero che scivolerebbe molto giù per quanto riguarda la rappresentanza. Un vulnus inaccettabile. È quest’ultimo il dato che fa seriamente riflettere. Il nostro Paese è, infatti, attualmente al 24esimo posto nella graduatoria delle Camere Basse con un deputato ogni 100mila abitanti. Oggi ogni deputato viene scelto esattamente da 96.006 cittadini, ogni senatore da 189.424. Con la riduzione dei parlamentari ogni deputato rappresenterebbe 150mila italiani, un senatore 300mila; proporzione ben più alta rispetto alla media europea. Senza tralasciare che il taglio dei parlamentari lascerebbe immutate le problematiche relative al bicameralismo perfetto».

«In caso di vittoria del ‘sì’, quindi, risulterebbe pregiudicata – aggiunge l’on. Carè – non solo la rappresentanza democratica per i cittadini che vivono nei confini nazionali, ma anche e soprattutto quella dei tantissimi italiani che vivono all’estero (oltre sei milioni). Questi ultimi, infatti, sarebbero pressoché privati di una loro rappresentanza, non potrebbero far sentire la loro voce e l’Italia rinuncerebbe all’apporto imprescindibile di suoi connazionali di seconda, terza e quarta generazione e di numerose istituzioni e centri di cultura che hanno dato un prezioso contributo in questi anni alla crescita del Paese.

«Votare ‘no’ significa invece impedire – precisa l’on. Carè – l’impoverimento delle istituzioni repubblicane e delle nostre libertà fondamentali e aprire la strada all’attuazione delle riforme, quelle vere, che sono necessarie alla crescita del Paese. Basta demagogia e populismo, occorrono scelte concrete che possono aiutare le famiglie italiane e le imprese e rilanciare l’Italia nel panorama internazionale».

Il deputato calabrese spiega con i numeri il senso del suo ragionamento: «I numeri sono inoppugnabili e certificano una realtà oggettiva e sotto gli occhi di tutti. Negli ultimi quindici anni, infatti, gli italiani all’estero sono passati da 3 milioni a 6,2 milioni (dati Anagrafe Consolare). Questi dati ribadiscono la necessità di votare ‘no’ al taglio dei parlamentari. Se dovesse prevalere il ‘sì’ la rappresentanza parlamentare degli italiani all’estero sarebbe risibile e assolutamente insufficiente. Allora è lecito domandarsi: perché non dare voce ai numerosissimi italiani all’estero e non beneficiare del loro apporto in termini sociali, culturali e di immagine? Perché recidere un rapporto che potrebbe dare un contributo significativo alla crescita del Paese? Rinunciare, inoltre, al contributo di associazioni che si prodigano nella promozione della cultura, dell’educazione, della salute, come ad esempio la ‘Nomit’, che supporta la crescita della nuova comunità italiana a Melbourne, priverebbe l’Italia di preziose risorse e importanti sinergie. Per tali ragioni – osserva l’On. Carè – rappresenterebbe una scelta sicuramente autolesionistica ridurre il numero dei deputati da 12 a 8 ed il numero dei senatori da 6 a 4. Gli eletti nella circoscrizione estero, 8 deputati e 4 senatori, non potrebbero rappresentare adeguatamente gli oltre 6 milioni di italiani che vivono oltre confine».

Il  sondaggio di Nando Pagnoncelli per il Corriere della Sera dice che al referendum andrà a votare il 52% degli aventi diritto al voto e di questi il 71% è orientato a votare per il sì. Il dato più rilevante è che l’81% degli italiani è a conoscenza del referendum.

Non si comprende l’incredibile assordante silenzio dei partiti sulla vicenda referendum. A parte le chiarissime posizioni anticasta di chi ha costruito la propria fortuna su questa filosofia, crediamo che gli italiani abbiano diritto di avere un quadro onesto e pulito sul voto referendario.  La maggioranza degli elettori dei principali partiti sembra siaa favore della riduzione dei parlamentari, ma siamo certi che sono state fornite loro le informazioni utili su cosa effettivamente cambierà in caso di vittoria del sì? Permetteci qualche ragionevole dubbio.     (s)

Piccoli sussulti sul Ponte e lo Stretto strategico.
I partiti del «No» mostrano di volerci ripensare

È bastato un piccolo accenno nell’intervista di ieri del ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini sul Corriere della Sera e si sono riaccesi subito le lampadine nelle teste pensanti dei partiti che avevano opposto un irrinunciabile «No» al progetto del Ponte sullo Stretto. Nell’intervista a Monica Guerzoni, ieri Franceschini aveva parlato di alta velocità e piano per i borghi, quali mosse per il turismo al Sud e quando la giornalista gli ha fatto notare che «le strade del Sud sono lastricate di belle promesse», il ministro ha ribattuto con le sue tre priorità: il fondo strategico per il turismo, previsto nel decreto Rilancio, un piano di recupero e rilancio dei borghi, e infine, la più importante, le infrastrutture. «Io penso – ha dichiarato Franceschini – a un grande investimento sulla mobilità. Non è possibile e giusto che l’alta velocità si fermi a Salerno. Sulla traccia di quello che la ministra De Micheli ha iniziato a fare, ora che le risorse ci sono bisogna avere il coraggio di immaginare due grandi scelte. Da un lato l’alta velocità che arriva in Sicilia, fino a Catania e Palermo… – la giornalista lo ferma con una domanda: “Il suo progetto prevede il Ponte?” –  Beh – replica Franceschini –, i treni ad alta velocità dovranno pur attraversare lo Stretto. Ma andranno visti costi e benefici di tutte le soluzioni alternative».

Fin qui il ministro. Anche Matteo Renzi, nel suo nuovo libro La mossa del cavallo è tornato a parlare del ponte non più in senso negativo: «Per vincere la sfida della povertà serve più il ponte sullo Stretto che il reddito di emergenza» – ha scritto l’ex premier. Nel 2012 quando era sindaco di Firenze Renzi si era opposto alla realizzazione del Ponte: “otto miliardi? meglio darli alle scuole per renderle più moderne e sicure”, poi cambiare di nuovo opinione da presidente del Consiglio “il Ponte utile per tornare ad avere una Sicilia più vicina e raggiungibile e per togliere la Calabria dall’isolamento”, scontrandosi però con buona parte del centrosinistra che si dichiarava contrario all’opera. A sostegno del progetto, ora, il suo capogruppo alla Camera Ettore Rosato (Italia Viva) ha parlato del Ponte come di un’opera «che in altri Paesi sarebbe stata già realizzata. Abbiamo la necessità di rendere le imprese del Sud competitive, per questo l’opera va pensata insieme al riammodernamento della rete viaria e ferroviaria. Crescita economica è riformismo, riformismo è coraggio. Ci vuole il coraggio delle scelte politiche». C’è quindi un nuovo atteggiamento, quasi un ripensamento da parte del centrosinistra e dei partiti che hanno osteggiato a spada tratta qualsiasi ipotesi di collegamento fisso tra Calabria e Sicilia. Certo, sono piccoli sussulti, non è il “terremoto” che servirebbe a rivoluzionare tutti i progetti strategici intorno all’area dello Stretto, ma è significativo questo mutamento nell’atteggiamento intransigente di chi aveva detto risolutivamente «No». Le grandi risorse da destinare alle infrastrutture del Sud sono decisamente un’opportunità che Governo e partiti non dovrebbero lasciarsi scappare e in tale contesto il progetto del Ponte è il presupposto per lasciare immaginare un cambiamento di strategia.

La presidente Jole Santelli ha dichiarato di star seguendo «con grande attenzione il dibattito nazionale sulla eventuale realizzazione del Ponte sullo Stretto. La mia posizione non è mai cambiata nel corso degli anni: sono favorevole alla costruzione di una straordinaria infrastruttura pubblica, che – oltre a dimostrare al mondo le grandi capacità progettuali e ingegneristiche del nostro Paese e a collegare, finalmente in modo efficiente, la Calabria e la Sicilia – avrebbe il merito di ridare fiato all’economia nazionale in un momento di grave crisi e di creare migliaia di nuovi posti di lavoro. La domanda che tutti dobbiamo porci non è se realizzare o meno il Ponte sullo Stretto, ma questa: se non ora, quando?»

Mostra soddisfazione e contentezza il sen. Marco Siclari (FI): «Dopo che è stata completata la Salerno Reggio Calabria, – ha detto – che sono iniziati i lavori del macro lotto della SS 106, manca la più importante opera strategica per il rilancio del Sud: il Ponte sullo Stretto. Oggi, per la prima volta nella storia, abbiamo oltre al centrodestra, importanti esponenti della maggioranza di Governo che, negli ultimi giorni, si sono dichiarati favorevoli: sia il Ministro Franceschini che Matteo Renzi così come i sindaci delle due sponde interessate al progetto ed i governatori delle due regioni Calabria e Sicilia. Si tratta di un’occasione politica storica che non può essere persa soprattutto in vista dei fondi europei».

Siclari ha evidenziato come «L’opera strategica, pensata dal centrodestra, serve a collegare il Mediterraneo e le regioni del Sud Italia, con l’Europa e può rappresentare un volano economico di sviluppo, del territorio e del turismo, per tutto il Sud oltre all’indotto che si crea in tutte le aree interessate per la sua realizzazione ed il grande potenziale occupazionale che serve ai cittadini del sud. Per queste ragioni il DL Rilancio deve prevedere, anche, il Ponte sullo Stretto perché con esso nascerà anche l’alta capacità ferroviaria che collegherà tutti i porti della Sicilia, della Calabria, della Campania e della Puglia ecc. con il resto dell’Europa. Anche il Porto di Gioia Tauro potrà sviluppare tutto il suo enorme potenziale che oggi, nonostante gli sforzi, non può utilizzare. Sono convinto che per rilanciare il Paese, soprattuto in una fase di profonda crisi occupazionale ed economica è necessaria una visione strategica unitaria a prescinderete dai colori politici». (s)

L’allarme inascoltato di Siclari del 31 gennaio
Il senatore: «Persi 90 giorni contro il Covid-19»

di SANTO STRATI – Era il 31 gennaio, giorno di audizione in Senato del ministro della Salute Roberto Speranza. Cinque giorni prima, Marco Siclari, giovane senatore calabrese di Forza Italia aveva lanciato un appello inascoltato (vedi calabria.live del 25 febbraio) sui rischi della pandemia da Coronavirus. Già si erano persi quattro giorni dal suo appassionato intervento in Senato e ancora nessuno immaginava quello che sarebbe capitato da lì a poco. Il 31, con molta discrezione, il Governo lanciava uno stato di emergenza di sei mesi, a fini precauzionali, ma nessuno era stato adeguatamente informato. Dopo la relazione del ministro, l’intervento del senatore Siclari, medico e dirigente sanitario, era stato ancora più intenso e vibrante di quello di pochi giorni prima. Siclari aveva intuito la gravità della situazione e ne aveva tracciato gli scenari, senza descrizioni apocalittiche, ma non per questo meno allarmanti.

«Parliamo di sanità pubblica – aveva detto Siclari –. Parliamo della tutela della salute e della vita dei nostri cittadini, soprattutto dei più deboli». Siclari si rivolge al ministro Speranza: «Abbiamo ascoltato con estrema attenzione la sua relazione che condividiamo, ma non basta. Non basta perché non riferisce provvedimenti concreti ed efficaci per prevenire nell’immediato il contagio di ciò che potrebbe rappresentare una gravissima pandemia, forse la più grave degli ultimi cent’anni. E per recuperare tempo prezioso, soprattutto prima che si diffonda in Italia, così com’è accaduto in due mesi in Cina, in soltanto due mesi, da novembre ad oggi. Ministro, abbiamo ascoltato anche le dichiarazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha ammesso che il rischio globale derivante dal coronavirus cinese è elevato. Sia per la sua aggressività sia per la sua pericolosità e soprattutto per la facilità con cui si trasmette tra le persone. Si trasmette come un virus influenzale: ciò vuol dire che fra tre mesi avremo picchi massimi, entro aprile, forse maggio. Dalla sua relazione si evidenzia che non abbiamo dati certi, non conosciamo il numero degli ammalati, non abbiamo certezza di quante persone siano guarite. Non sappiamo dove sono finiti i cittadini che hanno lasciato Wuhan e sono arrivati in Italia nell’ultimo mese, duemila e quattrocento persone».

«Lei ha dichiarato – ha proseguito Siclari nel suo intervento del 31 gennaio – che in Italia abbiamo i controlli più alti e ha chiesto una riunione internazionale di tutti i ministri della Salute dell’Unione Europea per capire come affrontare la situazione. Ministro, io le consiglio di andare in Europa e di portare quelle che sono le nostre indicazioni. Noi abbiamo i migliori scienziati al mondo, la migliore ricerca al mondo, e non dobbiamo aspettare che gli altri ci dicano, gli altri ministri degli altri Paesi europei come dobbiamo intervenire».

Siclari chiedeva al ministro di diffondere un messaggio per comunicare «come contenere la trasmissione del contagio nell’immediato, cosa che oggi non è accaduto. Contatti l’ambasciata cinese, signor ministro, e faccia contattare dall’ambasciatore tutti i cinesi che sono arrivati nell’ultimo mese in Italia. Facciamo degli esami clinici per vedere se ci sono portatori sani di questo virus, perché non lo sappiamo, e consigliamo a tutti di indossare le mascherine: negli aeroporti, nei treni, nei centri commerciali, nei punti affollati. Non dobbiamo vergognarci, non dobbiamo aspettare magari di dirlo tra una settimana quando sarà già tardi». Era il 31 gennaio, il senatore Siclari, cui non vogliamo attribuire il ruolo di Cassandra, aveva messo in guardia il ministro della Salute, l’intera aula del Senato. Aveva lanciato un allarme preciso e circostanziato, da uomo di medicina. Non è stato ascoltato. Anche se poi il suo documento di prevenzione da epidemia (un accurato decalogo delle cose da fare) è stato perfino apprezzato al livello europeo

Sono stati persi 90 giorni, non sappiamo quanto avrebbe potuto essere circoscritto e limitato il contagio: il 21 febbraio è scoppiato il caso Codogno, il giorno d’inizio di questa disgraziata guerra contro il nemico invisibile che ancora non si è riusciti a domare. Sono seguiti i provvedimenti di chiusura (fa fine dire lockdown, attenua la gravità dell’isolamento forzato in casa), a cascata, in modo generico, imponendo restrizioni, cambiando continuamente le misure, nel disperato tentativo di non sbagliare. Eppure, quando tutto questo sarà finito – perché dovrà pur avere una fine – bisognerà chiedersi degli errori, delle incapacità, delle lampanti incompetenze che hanno guidato la strategia del fronte antivirus.

Non è rimasto solo Siclari, inascoltato, come è avvenuto per il dott. Salvatore Spagnolo (calabrese di Simeri Crichi, chirurgo a Rapallo) che suggeriva con convinzione l’uso dell’eparina per bloccare le morti da embolia polmonare che il coronavirus continuava a provocare in misura crescente (vedi calabria.live del 26 aprile). Due medici, due calabresi. Appassionati del loro lavoro, nel credo d’Ippocrate, e calabresi “emigrati” come tante altre centinaia di teste pensanti, eccellenti risorse nel campo della scienza, della tecnica, della cultura, costretti a lasciare la propria terra per assenza di opportunità.

Per troppo tempo abbiamo permesso a chi ci governa di decidere per i nostri giovani, ovvero non decidere ignorando colpevolmente le loro capacità e competenze, rubando letteralmente il futuro a migliaia e migliaia di laureati e ricercatori. Un impegno che la nuova Giunta ha promesso di prendere seriamente a cuore. Noi ci saremo, non solo come rigorosi giornalisti testimoni della realtà regionale, ma soprattutto come calabresi che hanno a cuore questa terra e il futuro delle nuove generazioni. Servono risorse (e ci sono, l’Europa ce le dà, i passati governanti sono stati capaci di restituire milioni di euro non utilizzati!), ma serve l’intelligenza di aprirsi al confronto, ascoltare anche l’avversario politico, se il fine ultimo è il bene comune. Il nuovo governo regionale sta mostrando una inaspettata vitalità, una grande voglia di determinazione e di risultato. L’opposizione, per favore, smetta di fare polemiche montate sul nulla e presenti progetti, proposte, idee e dialetticamente si confronti: l’assemblea regionale deve diventare protagonista di questa voglia di cambiamento che tutti i calabresi chiedono a gran voce. È finito il tempo delle manovre di Palazzo e delle clientele: insieme si possono vincere tutte le sfide, anche le più grandi. E quando si sarà sconfitto il nemico di oggi bisognerà essere già pronti a costruire il domani che oggi, in piena emergenza, non bisogna assolutamente smettere di progettare. Non è solo un auspicio, è una drammatica necessità a cui tutti sono chiamati, ognuno per la sua capacità e la propria competenza, dovrà dare il meglio, pensando ai ragazzini smarriti di oggi di fronte al misterioso virus che li ha tolti da scuola e li trattiene a casa. Questi ragazzini si ricorderanno di questi terribili giorni, capiranno quanto ha pesato il sacrificio di medici, infermieri, operatori sanitari morti per assistere e salvare altre vite, e apprezzeranno quello che oggi scienziati, imprenditori politici hanno saputo progettare e costruire, per restituire un futuro che non potrà più essere rubato. (s)