Successo a Verzino (KR) per Francesca Prestìa canta Otello Profazio

Uno spettacolo che si propone di onorare la memoria di Otello Profazio, È questo l’obiettivo dello spettacolo Donne del Sud. Francesca Prestìa canta Otello Profazio, andato in scena nei giorni scorsi nella Chiesa Madre di Verzino (KR).

Ad accompagnare la cantastorie, Saverio Viglianisi, storico chitarrista di Otello. I due hanno interpretato le sue migliori canzoni, tra cui Melissa, Lingua e dialettu, Qua si campa d’aria, ripercorrendo i tratti salienti della vita del compositore e il grande lavoro portato avanti nella sua lunga carriera. Un lavoro che ha dato lustro all’intera Calabria. Otello Profazio ha saputo raccontare la nostra terra, le nostre tradizioni, la nostra cultura. Con la musica folk ha donato emozioni e riflessioni, anche fuori dal territorio regionale. Ha cantato la vita, con la giusta attenzione rivolta al sociale e senza mai dimenticare i più deboli.

«L’emozione è stata davvero tanta – ha dichiarato Francesca Prestìa, ideatrice dello spettacolo –. Il pubblico ha partecipato con grande interesse, lasciandosi appassionare dalle canzoni di Otello Profazio. Le ha cantate insieme a me e Otello ne sarebbe stato felicissimo. “I paesi cantano”, avrebbe chiosato lui. Quella di Verzino è la prima tappa di un tour che porterà in tutta Italia la meraviglia della sua arte».

Anche il parroco di Verzino, don Pietro Paletta, ha dichiarato grande soddisfazione.

«Questo concerto ci ha permesso di entrare con sorriso amaro nelle storie di noi calabresi, anche con un po’ profonda ironia. Storie di noi gente del Sud che rimangono sempre nell’anticamera della storia come un’appendice che non sa lanciarsi nel proscenio; soggetti attivi che non sanno prendere in mano il proprio cammino di rinascita. Il canto dolce e incisivo di Francesca ha lenito quelle ferite aperte che ancora non riusciamo a guarire. Un canto vero. A noi, sempre, il compito storico di sapere risorgere». (rkr)

Reggio – Successo per il primo Memorial Otello Profazio

Si è svolto, al Museo del Bergamotto di Reggio Calabria, il Primo Memorial Otello Profazio, manifestazione organizzata e voluta dal Polo del Bergamotto e dall’Associazione Auser Soccorso Reggio Calabria, per ricordare il compianto cantastorie e già priore della Confraternita del Bergamotto di Reggio Calabria e Tabacchiera d’oro 17°  BergaFest 2017 e Ambasciatore per l’Accademia Internazionale del Bergamotto di Reggio Calabria.

All’interno dell’evento, inoltre, è stato consegnato il Premio Mastru Canturi, ai giovanissimi Candido MarcoImmacolata Iervasi, due giovani talenti, cantanti e musicisti  della tradizione calabrese.

Una serata, dunque, in cui si è ricordato, far conoscere e ripercorso le canzoni di Otello Profazio. L’evento si è concluso con la degustazione preparata dalla Confraternita del Bergamotto e del Cibo di Reggio Calabria. (rrc)

Il 6 ottobre il primo Memorial Otello Profazio

Venerdì 6 ottobre, al Museo Nazionale del Bergamotto di Reggio Calabria, si terrà il primo Memorial Otello Profazio.

L’iniziativa è stata organizzata dal Museo del Bergamotto in collaborazione con l’Auser Soccorso di Reggio Calabria. Nel corso dell’evento, inoltre, sarà conferito il primo premio Mastru CanturiCandido Marco Immacolata Iervasi, giovanissimi musicisti folk.

Una serata, dunque, per ricordare, far conoscere e ripercorrere le storie e le canzoni di Otello Profazio, già Priore della Confraternita del Bergamotto di Reggio Calabria,  Tabacchiera d’oro al 17esimo BergaFest 2017 e Ambasciatore per l’Accademia Internazionale del Bergamotto di Reggio Calabria.

Un atto dovuto, «un dovere della nostra comunità reggina – si legge in una nota – e calabrese tutta».

Importante, poi, la presenza di Angelo Laganà, noto artista molto apprezzato e amico di Profazio. La serata si concluderà con una degustazione preparata dalla confraternita del Bergamottoe del Cibo di Reggio Calabria. (rrc)

ADDIO A PROFAZIO, “MASTRO” CANTATURI
OTELLO ERA LA CALABRIA, LA SUA ANIMA

di PINO NANODa oggi in cielo brilla una nuova stella, è quella di Otello Profazio, che ha scelto uno dei giorni più caldi e più afosi dell’anno per andarsene via per sempre.
Anche lui, in silenzio, senza avvertire nessuno, forse anche per non creare ulteriore disturbo.

Il grande artista è morto ieri in ospedale a Reggio Calabria, dove era stato ricoverato per problemi vari e complessi.

Etnomusicologo, cantautore, cantastorie, dottore in lettere classiche all’Università di Roma, memoria storica ormai della vita di interi paesi del Sud, romanzo vivente di intere generazioni di uomini, menestrello erudito e moderno, poeta filosofo storico e antropologo insieme, dentro di lui ci siamo tutti noi, e c’è la vita di ognuno di noi.

Otello Profazio era la Calabria, era la sua anima, era il suo respiro. Lo amavo disperatamente perché era un uomo libero, senza pregiudizi ma anche senza freni inibitori, padrone della sua libertà da sempre, senza se e senza ma, altezzoso, presuntuoso, irascibile, padrone del mondo in tutti i sensi, mai schiavo e mai sotto ricatto.
Ogni suo concerto era una magia, era un pezzo di storia locale, era un affresco di battaglie sociali e civili che nessuno aveva mai saputo raccontare meglio di lui, perché quello che sapeva dire la sua musica non sapevo dirlo nessun altro.

Otello era il Sud, Otello era la musica popolare italiana, Otello era il mago della chitarra, Otello era il re dei cantastorie di tutti i tempi, Otello era Otello Profazio, una leggenda vivente, una sorta di icona della nostra musica country, e di lui parleranno per sempre i libri di storia della musica. Perché la storia dell’antropologia e della sociologia meridionale passano anche attraverso la sua vita, attraversano le sue canzoni, grazie alle sue ricerche, ai suoi studi, ai suoi saggi, e ritornano al cuore del mondo per via del soul che segnava, e segna oggi più di ieri, la sua musica.

Affascinante, scontroso, estroverso, eclettico, sofisticato, strafottente e irritante, iroso e avvolgente, ammaliante e superstizioso, Otello era tutto questo insieme, era la Calabria in tutte le sue fattezze, antica e moderna, pregi e virtù, vizi e privilegi, storia di soprusi sopraffazioni violenze diritti negati, poche certezze, immensa solitudine, sconfinate praterie di delusioni e di attese di speranze inutili e di sogni impossibili, sull’altare di una libertà mai reale e mai esistita.

Otello era la voce della protesta, Otello era l’angelo dei disperati, Otello era il cantore dei poveri.

Di più, Otello era l’amico dei derelitti, poeta di chi partiva per sempre, Otello era esaltazione sogno depressione vita e morte insieme.

Otello era così anche nei momenti più difficili della sua vita e della sua carriera, quando anche il ricatto poteva far parte della sua vita e della storia della sua crescita professionale e artistica di cantante e di cantautore.

Arrivava nei paesi più lontani e più sperduti e diventata come d’incanto il vero re della piazza, poeta di strada, amato coccolato invidiato e ammirato per il modo come raccontava la storia di uomini e donne che per secoli non avevano avuto voce.

So bene che un cronista non dovrebbe mai lasciarsi a confessioni private, ma il mio primo incontro con Otello Profazio data forse sessant’anni fa, io appena ragazzo, per la mano con mio padre, nella piccola grande piazza di Sant’Onofrio, il mio meraviglioso paese di origine, e lui Otello su una panca sistemata accanto alla fontana del paese con alle spalle un grande cartellone animato, quasi una scacchiera di disegni, ogni quadrato una storia, ogni storia un personaggio, e lui al centro di tutto con la sua chitarra e soprattutto la sua voce.

Una voce possente, melodiosa, protagonista quanto la sua musica, un fiume in piena, una ballata dietro l’altra, musica e parole che parlavano di briganti e di storie di violenza, di fuitine e di tradimenti, di paure e di partenze, e fu allora che per la prima volta capii cosa fosse la disperazione di chi partiva in cerca di fortuna e di lavoro, le Americhe, l’Argentina, “U Canadà”, Toronto Montreal e via dicendo.

Una notte magica per me quella sera, e quando mio padre provò a tirarmi via dal concerto prima che finisse lui capì immediatamente, dalla mia stretta di mano, resistente a lasciare la piazza, che qualcosa quella notte aveva colpito la mia immaginazione più di quanto lui stesso, straordinario intellettuale di quei tempi, non avesse percepito.

E rimase con me, e con mio fratello Ottavio, anche lui fino alla fine, in piedi come tutti gli altri, a seguire le smorfie i tic e i movimenti di questo strano uomo da circo, pesante nel fisico già allora, e sgraziato nei movimenti, ma leggiadro e straordinariamente gioioso nel suo modo di cantare.

L’avevo sentito qualche mese fa, volevo chiedergli della sua salute e con il suo solito ghigno sarcastico mi aveva risposto: “Cosa vuoi che ti dica? I vecchi nei nostri paesi dicono ancora oggi che l’ età è una infermità, e ti ho detto tutto”.

Spero che un giorno una delle grandi Università Italiane – magari lo facesse l’Unical! – accetti la sfida di analizzare le sue meravigliose “cantate”, queste sue immense serenate d’amore, questi suoi canti di rabbia e di lutto, e forse solo allora capiremo tutti, davvero fino in fondo, cosa è stato Otello Profazio per la storia del Sud. (pn)

IL RICORDO / Franco Cimino: Otello Profazio, il rivoluzionario che canta l’amore

di FRANCO CIMINO – “E mo’ Calabria sua bella, comu fai? Cu parrà chiù e tia? Cui lotta chiù pe’tia? Cui ti canta e cui ti cunta i doluri toi. Cui ti caccia i curtedri da schiena e t’imbita a la lotta e alla ribelliona? Cui ti dicia chiù “Azati e camina, c’a vittoria è vicina”. E cui ti parrà chiù d’amuri e poesia?».

Sono le prime parole che mi vengono alla notizia della morte di Otello Profazio, il cantore di ogni bellezza della sua Calabria. Una bellezza in cui c’è tutto, anche il dolore e l’umiliazione, perché da essi più forti e belli si diventa se si prende coscienza, come singoli calabresi prima e come popolo dopo, di essere belli e forti già. Da sempre, perché il calabrese è bello di suo. Come la terra in cui nasce. Pochi “indigeni” al mondo possiedono la qualità innata, la più straordinaria, di essere pienamente simili alla propria terra. Davvero in questo caso madre e figli si è.

Somiglianti in tutto. Come la Calabria, il calabrese è aspro e dolce. Duro e gentile. Cafone( nel significato originario, etimologico) e nobile. Ingenuo e furbo. Genio e sregolato. Ostinato e comprensivo. Emozionale e razionale. Istinto e ragione. Cuore e mente. Braccia e libro, anche quelli non letti, ma scritti col sudore della fatica e le lacrime del dolore. Come la terra, il calabrese è disperazione e ottimismo. Pensiero e sentimento. Cercatore d’oro e pigrizia. Come la Calabria, è amore allo stato puro. È, quindi, romantico. Pur senza sguardi languidi.

È sognatore, pur se messianico. Ribelle, pur se vittimistico. Disciplinato, pur se disobbediente. Rivoltoso, pur se calmo. Dominato e liberatore. Come la Calabria, il calabrese è mare e monti. Mare e monti a distanza di un solo abbraccio. Vicinissimi, quindi, però “lontanissimi”. Mare e monti, che si guardano ma non si “incontrano”. Mare, che si ribella, e monti che si sfarinano. Come protesta, ambedue, per i maltrattamenti subiti. Mare, anzi mari, e monti, sotto un cielo bellissimo. Il cielo di Calabria, quasi sempre celeste, per quei venti calabresi che lo puliscono rimuovendo le nuvole, dopo averle fatte piovere quel che una volta bastava. E per donargli l’aria buona. Quella sana, che altre regioni non hanno. Sì, quella aria del “cà si campa d’aria”, che è fresca e riposante. Quei venti belli e buoni, che scompigliano i capelli delle donne, tutte bellissime le calabresi. Quei venti che fanno i riccioli al mare. E i pensieri muovono. Fino a farli volare. Volare veramente. Ma non per perdersi come i palloncini dei bambini.

Al contrario, per innalzarsi verso la purezza e discendere, come forza travolgente, nella lotta per il riscatto dei calabresi. Riscatto che si compone di un elemento imprescindibile, la Libertà. La Libertà come liberazione da ogni forma di oppressione e da ogni dominazione. Dall’ignoranza. Dalla sudditanza, che l’ignoranza favorisce. Dalla pigrizia, che la dominazione consente. Dall’egoismo, che le divisioni, arma migliore del nemico, procurano. I calabresi sono come la loro terra, anche in questo. Terra divisa, rotta in più parti, fisicamente intesa. Ma terra paradossalmente unica, compatta, per quella sua caratteristica di avere ogni elemento complementare all’altro. Ogni qualità naturale dipendente dall’altra. Come i monti e il mare, di cui dicevo. Pochi territori hanno quella bellezza, di scendere, i primi, direttamente e armoniosamente sull’immensa discesa azzurra.

La sua Calabria, perché di Calabria davvero ce ne sono due. Una è quella dominata e che ancora si lascia dominare, quella che vuol restare indietro perché non vuole avanzare. Quella ingenua, che crede ancora, per volerlo credere ora, che arriverà sempre un buon papà, che quest’altra volta manterrà le promesse, che i cento padri di prima hanno disatteso. La Calabria, che non vuol sognare, forse perché anche stanca di aspettare. E pigra perché non vuole muoversi oltre il proprio cortile, quello scomparso cinquant’anni fa. Come le viuzze dei borghi antichi. Come i rioni di mille anni fa, cancellati da una bugiarda modernità.

E, poi, c’è la Calabria di Otello Profazio, quella che il grande narratore ci ha descritto in centinaia di canzoni. Tutte belle. Struggenti. Memorabili, di cui tante sono autentici capolavori della musica mondiale. Questa Calabria è la Calabria bellissima. Quella dei contrasti naturali che stanno insieme armoniosamente. Quel bianco e nero, che non sono l’uno il contrario dell’altro, ma il completamento di quell’unità straordinaria che fa unica la nostra terra. La Calabria di Profazio è la casa dei calabresi, che finalmente diventeranno popolo. Popolo, che si riconosce e che in quanto popolo riconosce e “serve” ciascun calabrese. Popolo che vuole riappropriarsi del bene della propria terra, quale bene non per sé ma per tutti. Di quelli che c’erano nei tempi passati. E di quelli che verranno nei tempi futuri. È la Calabria, quella di Otello, che lotta e sogna. Sogna e lotta. E i sogni realizza. La Calabria del coraggio che sconfigge disperazione e rassegnazione. Che va incontro al futuro vivendo il presente. È la Calabria dell’Amore.

Quello universale. Oserei dire politico, nel significato che ne ha dato e nuovamente ne darebbe lui, il maestro. Amore per la giustizia e per l’eguaglianza. Per la Pace. Amore per la Libertà, che tutti questi valori comprende. Otello Profazio, che molti correnti politiche e artistiche hanno cercato di catalogare, talune appropriandosene, per la robustezza della sua intelligenza, la profondità del suo pensiero, la genialità della sua forma artistica (nessuno come lui in Calabria, pochi come lui in Sicilia, pochissimi come lui nel mondo) sfugge a qualsiasi definizione. Non è di destra. Non è di sinistra. Non è un cantautore, non è un cantastorie, non è un teatrante, non è un musicista, non è un attore. Ovvero, è tutto questo insieme in una figura artistica direi unica. Irripetibile. Se potessi agevolmente dire, ma me ne guaderei bene, mi piacerebbe definirlo Poeta. Un poeta grandissimo, perché ha accostato alla poesia delle parole( straordinari i suoi testi) la poesia delle note( le sue musiche potrebbero anche da sole essere musicate).

L’armonia che ne è venuta fuori, faranno per sempre parte della storia della letteratura e della musica mondiale. Da studiare nelle scuole di tutto il Paese. Poeta della Bellezza, è Otello. Non altro. Per questo non lascia eredi. Ma solo allievi, che potranno onorarlo nel modo migliore se ne seguiranno le tracce artistiche e quelle politiche, nella narrazione di una Calabria diversa. La Calabria di Otello Profazio. Quella che si ribella per Amore. E con l’Amore vince. Quella di una canzone tra le sue meno note. E che fa così, nella sua penna di oppositore del potere e dei potenti di qualsiasi natura e colore: “cunnuti cà serviti lu guvernu c’u i giacchi russi (si riferiva simbolicamente ai soldati del re Borbone) e li robbì di pannu, si voli Diu ma cangi lu guvernu li robbì vi li tagghiu parmu a parmu”. Grazia Otello di farci restare sempre con te. (fc)

«QUA SI CAMPA D’ARIA», PERÒ È PULITA
E LEGAMBIENTE PUNTA A EMISSIONI ZERO

Parafrasando Otello Profazio, con la sua conosciutissima ballata Qua si campa d’aria, si può dire che però, almeno, è aria di ottima qualità. Lo certifica Legambiente secondo la quale in Calabria la qualità dell’aria è buona. L’Associazione, infatti, ha pubblicato i risultati del report Mal’Aria di città. Cambio di passo cercasi, evidenziando che nella nostra regione non ci sono criticità importanti, o quasi.

I dati, infatti, sono parziali perché aggiornati solo fino a giugno 2022 per indisponibilità degli ulteriori dati ufficiali non presenti sul sito di Arpacal. Nonostante questo, quello che merge da Mal’Aria di città è che a differenza di molte città del Nord e del Centro del Paese in cui le concentrazioni di sostanze inquinanti mettono a rischio il benessere e la salute dei cittadini, per l’anno 2022 i capoluoghi calabresi rispettano i limiti di legge sia per le polveri sottili (PM10 e PM2.5) che per  il biossido di Azoto (NO2).

Tuttavia alcuni valori (PM2.5 a Cosenza e PM10 e NO2 a Crotone) risultano superiori ai nuovi obiettivi  europei al 2030 così come l’NO2 in tutte le città ed in particolare in diverse città che risultano superiori a quanto stabilito dall’OMS. Si tratta di situazioni che necessitano di attento monitoraggio e di interventi di riduzione delle emissioni (in particolare su Crotone e Cosenza).

Per la Calabria in particolare, i parametri delle PM2.5, molto pericolose per la salute umana, vedono tra le città virtuose Vibo Valentia, Reggio Calabria, Catanzaro e Crotone (4 μg/mc) che si trovano già tutte sotto il limite di 10 μg/mc stabilito per il 2030. Catanzaro e Crotone, si trovano anche in linea con i limiti raccomandati dall’OMS (5 μg/mc).

Per quanto riguarda, invece, l’NO2 dai dati emerge che tutte le città calabresi sono sopra i limiti dell’OMS anche se tra le poche città italiane che si avvicinano, in positivo, al limite OMS (concentrazione di NO2 minore o uguale a 10 μg/mc) ci sono Catanzaro (13 μg/mc), Reggio Calabria e Vibo Valentia (12 μg/mc), mentre Crotone risulta sopra i limiti previsti per il 2030.

«Il report Mal’aria 2023 – ha dichiarato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria – ci consegna dati tendenzialmente positivi per la nostra Regione, grazie anche ad un complesso di fattori tra cui le caratteristiche naturali dei territori e la carenza storica di un tessuto industriale inquinante, rilevando nelle nostre città capoluogo, una qualità dell’aria, meno preoccupante per la salute rispetto ai dati nazionali».

«Tuttavia costituisce un segnale allarmante – ha evidenziato – soprattutto a fronte dei dati sul biossido di azoto che dipende dal traffico veicolare, la circostanza che i dati ufficiali si fermino al mese di giugno 2022 quando dovrebbe esserne garantita la fruibilità e rese trasparenti le notizie sull’effettivo funzionamento delle centraline di monitoraggio, per come previsto dalla normativa vigente».

«Appare evidente – ha rilanciato – come tutti i soggetti coinvolti, a partire dalla Regione Calabria, debbano attivarsi per  risolvere la problematica  nell’interesse della collettività calabrese, al fine di ripristinare strumenti di analisi efficaci e capillari sulla salubrità dell’ambiente ed evitare eventuali infrazioni comunitarie».

«Altrettanto evidente – ha concluso –  appare la necessità di mettere in atto, anche nelle città calabresi, per renderle più vivibili e sicure, le proposte avanzate da Legambiente nel report, per contrastare l’inquinamento atmosferico e per migliorare la qualità della vita delle persone».

Che fare, allora? È la stessa Legambiente a rispondere, proponendo una serie di interventi «a misura di città»:  Col passaggio dalle Ztl (zone a traffico limitato) alle Zez (Zone a zero emissioni), per esempio. «Come dimostra l’esperienza di Milano (con l’area B) e, soprattutto, dell’ultra Low Emission Zone londinese – ha spiegato Legambiente – le limitazioni alla circolazione dei veicoli più inquinanti riducono le emissioni da traffico del 30% e del 40%».

«Serve un grande piano di riqualificazione energetica dell’edilizia pubblica e privata – ha ribadito Legambiente – e incentivare una drastica riconversione delle abitazioni ad emissioni zero grazie alla capillare diffusione di misure strutturali, come il Superbonus, opportunamente corretto dagli errori del passato come gli incentivi alla sostituzione delle caldaie a gas». Per questo, propone di utilizzare le low emission zone – zone a basse emissioni anche per il riscaldamento.

Altra azione necessaria, per l’Associazione, è il potenziamento del trasporto pubblico e trasporto rapido di massa attraverso  la quadruplicazione dell’offerta di linea e la promozione di abbonamenti integrati, come fece la Germania nell’estate del 2022. Per aiutare ulteriormente l’ambiente si potrebbe incentivare la mobilità elettrica condivisa (auto, micro, bici, van e cargo bike) e realizzare ulteriori 16.000 km di percorsi ciclabili.

Ancora, sarebbe opportuno «ridisegnare lo spazio pubblico urbano a misura d’uomo, “città dei 15 minuti”, sicurezza stradale verso la “Vision Zero”, “città 30” all’ora seguendo l’esempio di Cesena, Torino, Bologna e Milano», ha sottolineato Legambiente, ribadendo la necessità di rendere tutto elettrico anche prima del 2035. Un obiettivo che si può raggiungere «grazie – viene spiegato –  alla progressiva estensione delle Zez alla triplicazione dell’immatricolazione di autobus elettrici e l’istituzione dei distretti ZED (Zero Emissions Distribution)».

Soluzioni necessarie, soprattutto se «l’inquinamento atmosferico causa, ogni anno, in Italia più di 50 mila morti, oltre a contribuire a indebolire irrimediabilmente la salute dei cittadini», ha spiegato l’Associazione.

«Respirare aria pulita è un diritto fondamentale, ma in molte città italiane, l’emergenza smog è ancora una realtà» si legge sul sito della petizione online lanciata da Legambiente, dal titolo Ci siamo rotti i polmoni. No allo smog!

«È tempo di pretendere città più pulite e più vivibili». (rrm)

Otello Profazio incanta e commuove l’Auditorium della Musica di Roma

di PINO NANOUn vero e proprio trionfo ieri sera a Roma, all’Auditorium Parco della Musica Ennio Moricone, per il grande concerto di Otello Profazio, giornalista, scrittore, poeta, Disco d’oro e Premio Tenco 2016. 

Otello Profazio, grandissimo interprete, musicista raro. Dopo averlo sentito ieri sera all’Auditorium di Roma mi verrebbe quasi voglia di rimettermi a lavoro, per fare della sua vita e della sua storia un docufilm, perché gli ingredienti per farne un documentario storico di grande impatto mediatico ci sono davvero tutti. Che errore non averci pensato prima. Ottantotto anni, etnomusicologo, cantautore, cantastorie, dottore in lettere classiche, memoria storica ormai della vita di interi paesi del Sud, romanzo vivente di intere generazioni di uomini, menestrello erudito e moderno, poeta filosofo storico e antropologo insieme, dentro di lui ci siamo noi e c’è la vita di ognuno di noi. 

Il concerto all’Auditorium del Parco della Musica rimarrà un evento senza precedenti, che ripropone sul palcoscenico più prestigioso d’Italia la vita e la storia di uno dei più grandi interpreti della musica folk Italiana, e cristallizza una volta per tutte nel grande album della musica internazionale il peso il valore la classe la tradizione e la bellezza delle opere di questo cantautore calabrese che ha girato il mondo, almeno 80 volte di seguito in tutta la sua vita, e che del made in Italy è oggi una delle icone viventi più reali di tutti i tempi. 

Otello è stato ancora più grande del solito. Prima chiama sul palco il suo amico Giancarlo Governi, pietra miliare della storia della RAI, per ricordare i suoi inizi e i suoi esordi televisivi, poi presenta il suo nuovo chitarrista, è suo figlio Ermanno, musicista per caso, nella vita di ogni giorno ingegnere elettronico della Eriksson a Stoccolma, e che ieri sera lo ha preso per mano evitando che suo padre dimenticasse i dettagli più importanti della sua lunga esperienza artistica, un duo commovente, a tratti tenerissimo, che riempie di musica e di parole il grande auditorium di Roma.

In prima fila c’è questa volta, forse per la loro prima volta insieme, la grande famiglia di Otello, la moglie, i figli al completo, i nipoti, in prima fila la nipotina più piccola, gli amici degli amici, un tourbillon di affetti e di emozioni che Roma rispetta e accoglie in maniera trionfale. Applausi a scena aperta e standing ovation per il vecchio grande Otello che avverte ormai il peso dell’età e gli affanni della vita. Un concerto storico questo di ieri sera, che rimarrà negli annali della storia del più prestigioso palcoscenico di Roma capitale. Una sola citazione Otello riserva alla Calabria, è quando fa il nome di Nicola Gratteri, sud e speranza insieme, e la sala esplode in un applaluso generale.

Lo si voglia o no, Otello Profazio è la Calabria, Otello è la storia di Carlo Levi, Otello è Nino Scopelliti il magistrato ucciso dalla mafia e che al liceo di Reggio Calabria era stato suo compagno di banco, Otello è quella che gli americani mi hanno insegnato a chiamare Omsic”, la malattia del distacco, della lontananza, dell’aria che ti manca quando ti allontani per sempre dal tuo paese natale, Otello è la forza della musica d’autore, che con lui si fa vangelo e documento iconografico, Otello è il ritorno alla stalla, alle nostre origini, al profumo dell’incenso dei nostri cimiteri. Otello è il passato, il presente e forse anche il futuro.  

Il concerto dell’Auditorium si chiude sulle note di Qua si campa d’aria”, il vero straordinario e bellissimo manifesto del Sud che Otello non ha mai smesso di cantare. Un milione di copie vendute, un record assoluto per una canzone dialettale come questa e per quegli anni e che ieri sera all’Auditorium gli è valsa l’ennesima interminabile e indimenticabile standing ovation. (pn)

All’Auditorium della Musica la “lectio magistralis” del cantastorie Otello Profazio

Stasera, sabato 14 maggio,, all’Auditorium della Musica di Roma, è in programma lo spettacolo “lectio magistralis” del “mastro cantatore” calabrese Otello Profazio, il principe dei cantastorie, il re del folk.

Prodotto nell’ambito del circuito Calabria Sona, il recital-concerto racconterà una storia artistica che ha visto Profazio ritagliarsi il ruolo di apripista nella ricerca del patrimonio folk del meridione. Già vincitore del Premio Tenco alla carriera nel 2016, con la sua chitarra ha reso celebri brani, poemi e leggende della tradizione popolare. Ironia e dolore che si fondono, con un sottile equilibrio, tra versi da cui emerge un amore smisurato per la propria amata terra.  Profazio arriva a Roma con due importanti novità nel cassetto: l’uscita di un nuovo disco di inediti, previsto per il prossimo settembre, e un libro “multimediale” con 100 e 1 “profaziate” da leggere e da “guardare”, edito da Italysona e LocalGenius.

In occasione della serata nella Capitale, regalerà al pubblico curiosità e aneddoti sulla sua vita, la sua musica, i suoi tanti incontri artistici. Non mancheranno le tante storie comuni della gente più vera e sincera della nostra penisola che in tanti anni ha ascoltato, raccolto e reso fonte di ispirazione per dipingere l’Italia dal dopoguerra ad oggi, attraverso la più autentica tradizione della canzone popolare.

Le prevendite sono ancora disponibili al seguente link: https://www.ticketone.it/eventseries/otello-profazio-3037590/. (rrm)

Al cantastorie Otello Profazio il Premio Cultura d’onore al “Li Ucci Festival” in Salento

Prestigioso riconoscimento per Otello Profazio, il “papà dei cantastorie” calabrese, che ha ricevuto il Premio Riconoscimento Cultura d’Onore nel cuore del Salento, in occasione dell’undicesima edizione del festival musicale e culturale Li Ucci di Cutrofiano (Lecce).

Canti e tradizioni popolari del territorio sono stati al centro di un evento in occasione del quale, tra i diversi protagonisti, è salito sul palco anche uno degli interpreti che ha saputo meglio raccontare l’anima del Sud italiano con fantasia, ironia e amarezza. In Puglia, Profazio ha tenuto la prima del suo nuovo spettacolo dal titolo “Lectio magistralis” – prodotto nell’ambito del circuito Calabria Sona diretto da Giuseppe Marasco – in cui il cantautore racconta al pubblico oltre sessant’anni di una storia artistica che l’ha visto ritagliarsi il ruolo di apripista nella ricerca del patrimonio folk del meridione.
Già vincitore del Premio Tenco alla carriera nel 2016, Profazio ha deliziato il pubblico di Cutrofiano con la sua chitarra ha reso celebri brani, poemi e leggende della tradizione popolare. Ironia e dolore si fondono nei suoi testi da cui emerge un sottile equilibrio tra denuncia graffiante e amore smisurato per la propria amata terra. Un riconoscimento, quello del festival “Li Ucci” – consegnato anche a Luigi Chiriatti, ricercatore di tradizione orale -, che si aggiunge ad un ricco palmares di premi che l’etnomusicologo calabrese ha conseguito lungo il suo percorso artistico, volto alla riproposizione dei temi e degli stilemi della canzone popolare.
«Io canto con lo stomaco, mi consumo quando canto e questo credo arrivi perfettamente a chi mi ascolta»: è questo il manifesto artistico di Otello Profazio che, grazie all’impegno di Calabria Sona, si appresta a vivere, dopo un periodo difficile segnato dall’emergenza covid, una nuova esperienza dal vivo non solo sui palchi nazionali ed internazionali, ma anche in altri luoghi della cultura e di incontro, per raccontare, specialmente ai giovani, il folk italiano e l’autentica tradizione del nostro popolo. (rrm)

Una giornata storica: finalmente Reggio beve l’acqua del Menta

Il sito celebrativo della Diga del Menta

Come funziona l’impianto ?

I discorsi dell’inaugurazione

28 ottobre 2018 – La giornata di oggi resterà nella memoria storia della Città di Reggio, ma anche di tutta la Calabria: l’apertura della Diga del Menta che, dopo trent’anni di attesa, rifornirà di acqua potabile Reggio rappresenta sicuramente un segnale che, se c’è la volontà politica, le cose si possono fare. Per questo oggi a Reggio si festeggia: la città per lunghissimi anni – soprattutto d’estate – ha sofferto una crisi idrica senza precedenti, con acqua non solo scarsa ma addirittura “sporca”, ovvero imbevibile.
I lavori della Diga del Menta, che ricade nel comune di Roccaforte del Greco, sembra non avrebbero mai trovato fine. Bisogna dare atto alla Regione e al suo presidente Mario Oliverio di un impegno concreto, in tandem con il sindaco della Città Metropolitana Giuseppe Falcomatà che, in quest’occasione, ha mostrato la determinazione necessaria per portare a termine il progetto. Un’opera di alta ingegneria – una delle più imponenti di tutto il Meridione, la più grande opera pubblica nell’ambito dell’acqua mai realizzata negli ultimi 40 anni in Calabria – che sarà in grado di trattare 1250 litri d’acqua al secondo, con 17,9 milioni di metri cubi d’acqa alla massima regolazione. Finalmente cesserà la sete di Reggio?
Occorre ricordare che i lavori sospesi da tempo erano ripresi nel 2015 e in appena tre anni l’opera è arrivata al traguardo dell’operatività completa.


«Un fondamentale impegno, assunto con i cittadini di Reggio Calabria fin dal mio insediamento, è stato onorato – ha detto il Presidente Mario Oliverio. La vicenda della Diga del Menta è uno delle metafore, forse la più significativa, della mia esperienza di governo regionale. Ho ereditato la sfascio, un cantiere fermo e vandalizzato, ho programmato le risorse e seguito la redazione dei progetti e dei lavori. Sono stato più volte sui cantieri. Un lavoro spesso nascosto, che oggi produce fatti. Sono tante le situazioni di opere incompiute o abbandonate che sono state recuperate e riattivate come, per citare le più significative, l’apertura della cardiochirurgia, i cantieri di adeguamento sismico delle scuole, la strada Gallico-Gambarie, il finanziamento della metropolitana, i finanziamenti sul rischio idrogeologico e così via. Per questi motivi il 28 ottobre sarà una data storica e un’occasione di festa per la città di Reggio Calabria».
Il sindaco Falcomatà ha annunciato la fine della grande sete di Reggio: «Con l’apertura del nuovo sistema idrico della Diga sul Menta finalmente si risolve in maniera definitiva un problema che esiste da sempre nella nostra Città. Siamo davvero di fronte ad un passaggio epocale, una sorta di “rivoluzione copernicana” che inciderà in maniera determinante nella vita quotidiana dei reggini che, finalmente, avranno la possibilità di utilizzare l’acqua in casa secondo i propri bisogni domestici senza dover “sperare” che non manchi. Quando ci siamo insediati il cantiere della diga risultava fermo e vandalizzato. Sono serviti anni di duro lavoro, costante e silenzioso, nella proficua sinergia attivata con il Presidente Oliverio e con Sorical, per arrivare a questo punto. Nulla di tutto ciò era scontato, ma oggi possiamo finalmente affermare che l’acqua della Diga non è più un miraggio».


Per dovere di cronaca bisogna riferire di un allarme lanciato dai deputati pentastellati Paolo Parentela e Luigi D’Ippolito relativo a una discarica vicina alla diga che conterrebbe pericolosi inquinanti su cui la Sorical ha chiesto interventi di bonifica. Circostanza smentita dal commissario liquidatore della Sorical, Luigi Incarnato: «Indagini, analisi e approfondimenti fatti per tempo dagli organi competenti – ha detto Incarnato – hanno escluso ogni collegamento tra la problematica sollevata dai rappresentanti del Movimento 5 Stelle e l’utilizzazione dell’acqua della Diga del Menta. La fornitura idrica è garantita, tra l’altro, da un impianto di potabilizzazione tra i più avanzati d’Italia, soprattutto nel campo del monitoraggio, controllo e sicurezza». (rrm)

Il programma degli eventi celebrativi di oggi: alle 11 ad Armo di Gallina la benedizione degli impianti da parte dell’arcivescovo di reggio Giuseppe Giorini Morosini e avvio della fornitura idrica, con la partecipazione del presidente della Regione Mario Oliverio, del sindaco Giuseppe Falcomatà e del commissario Sorical Luigi Incarnato.

Alle 16 riattivazione della fonte delle Tre Fontane, alimentata dall’acqua che proviene dalla Diga del Menta. Don Giacomo D’Anna, parroco della Chiesa di San Paolo, ha benedetto il complesso. E’ la prima fontana pubblica di Reggio Calabria che viene alimentata direttamente con l’acqua della Diga del Menta. I tantissimi cittadini presenti, nonostante l’inclemenza del tempo, muniti di borracce appositamente prodotte per l’evento, hanno potuto e voluto constatare personalmente, insieme agli amministratori e ai rappresentanti istituzionali, l’alta qualità e la bontà del prezioso liquido. Inutile aggiungere che è stato un momento di grande partecipazione e gioia collettiva a cui hanno partecipato, con suoni di clacson, anche gli automobilisti che in quel momento si sono trovati a transitare per la zona. Grande soddisfazione hanno espresso con i loro volti e attraverso gli abbracci soprattutto gli anziani, molti dei quali mai avrebbero creduto di poter vedere riattivata questa antica e storica fontana.

Alle 17.30 il convegno a Palazzo San Giorgio “Dalla Diga del Menta al sistema idrico integrato dell’acqua a Reggio Calabria” con la partecipazione del sindaco Falcomatà, del presidente Oliverio, di Luigi Incarnato, Paolo Brunetti, Domenico Penna (sindaco di Roccaforte del Greco) e Domenico Creazzo (presidente f.f. del Parco d’Aspromonte).
Le manifestazione si sono chiuse con un concerto al Teatro Cilea diretto dal m° Alessandro Tirotta con l’Orchestra e il Coro del Teatro Cilea (quest’ultimo diretto da Bruno Tirotta). Lo spettacolo previsto in piazza Italia di Otello Profazio e Francesca Prestia è stato rinviato per maltempo. (rrc)