Il romanzo “Due verità svelate” del reggino Giovanni Suraci al Premio Campiello

C’è anche la Calabria alla 59esima edizione del Premio Campiello, con il libro Due verità svelate di Giovanni Suraci, nativo di Santo Stefano in Aspromonte e reggino d’adozione.

Il libro, edito da Città del Sole Edizioni, è ambientato tra la Calabria e la Lombardia, ed è collocato nel periodo storico della fine degli anni ’60. La storia racconta il Sud e l’Aspromonte, con caratteri diversi ed originali rispetto ad una narrazione ormai tristemente diffusa e convenzionale. Esce con forza dagli stereotipi che identificano il Mezzogiorno d’Italia esclusivamente per gli aspetti negativi, disfattisti ed autolesionisti e rappresenta un Nord post-miracolo economico, in rigogliosa espansione, ma assoggettato a dei nascenti cinici interessi slegati dai fermenti positivi che avevano caratterizzato la rinascita dell’Italia nel secondo dopoguerra. Il racconto non nega i limiti e l’arretratezza di visioni e approcci, ma audacemente esplora anche la forza e la bellezza della gente e di una terra più sfruttata che amata, che seppure in una situazione di disagio sociale ed economico è ricca di dignità e di orgoglio.

Nel romanzo i territori del Mezzogiorno assurgono a simbolo dell’idea che la speranza di restare è coraggiosa, mentre quella di partire è ardentemente necessaria. In questo contesto emergono ritratti familiari in cui la piccola e la grande Storia si intrecciano e da questo articolato intarsio affiorano paure, sentimenti, emozioni, legami tra le persone e i luoghi: emerge in modo spontaneo e disarmante tutto ciò che rende ogni comunità “affamata di vita”.

Il protagonista è figlio di una generazione, che aveva lo sguardo rivolto verso i grandi ideali, ma era disattenta o addirittura pavida nel combattere il cancro di una criminalità che stava diffondendosi a macchia d’olio.

Il giovane Franco, personaggio chiave del racconto, dotato di un notevole bagaglio morale e culturale, per evitare di cadere nei tentacoli del malaffare, con determinazione e forza di volontà, si trasferisce in Lombardia, dove è accolto a braccia aperte dalla famiglia Riboldi.

In questo nuovo ambito trovano spazio anche i sogni e le speranze, le amicizie e i legami, la solidarietà e la nostalgia, l’identità e la diffidenza, lo sradicamento e il fiorire di una storia d’amore: tutto si mescola nella vita di persone e luoghi, nel mosaico di tradizioni e retaggi, di colori e spettacolari scenari che animano il romanzo e uniscono per la loro straordinaria bellezza le variegate regioni della penisola italiana.

Il protagonista rimane affascinato e sorpreso dai luoghi incantevoli che offre quel territorio: con i suoi attraenti laghi, che gli ricordano lo Stretto di Messina, e le protettive montagne dell’arco alpino, che gli richiamano i paesaggi incontaminati del suo amato Aspromonte. Scopre, grazie all’amabile compagnia della giovane Sveva Riboldi e della sua affiatata comitiva che l’Italia di quel periodo storico aveva un’identica “bulimia di vita”, frutto di un risveglio successivo ai drammatici anni del secondo conflitto mondiale e alla lacerante guerra di liberazione.

In questo ambito ricco di vitale inquietudine scopre, con profondo sgomento, un’amara realtà che lo sconvolge. Ma, mentre nella sua terra d’origine non aveva avuto la forza di ribellarsi e combattere il contesto corruttivo emergente, quando, nella importante multinazionale dove aveva trovato lavoro, gli propongono di fare da tramite con la Calabria per lo smaltimento di rifiuti tossici, si fa coraggio, rifiutando le immorali proposte e con vigore si ribella. Quindi decide impulsivamente di denunciare i loschi affari che, suo malgrado, aveva avuto modo di scoprire. L’audacia del protagonista viene messa a tacere con una fine tragica e alquanto sospetta che avviene a Marghera, dove il porto commerciale si affaccia con disarmonica aggressività “sull’inconsapevole” mare Adriatico.

Franco, in questi luoghi che aveva incominciato ad amare per la loro straordinaria e, sino allora a lui sconosciuta bellezza, non si capacita della devastazione che l’imponente espansione dei deturpanti insediamenti petroliferi stava producendo. Un territorio così lontano dalla sua terra d’origine, ma nello stesso tempo così seducente, nel quale il giovane idealista aveva riposto le aspettative e le speranze per un percorso di vita migliore rispetto a quello sino allora vissuto nel suo amato Sud.

Il romanzo, più che mai attuale per le tematiche trattate, con il suo epilogo drammatico, rispecchia le contraddizioni di una Italia meravigliosa in tutti i suoi contesti, ma che già cominciava ad essere vittima, da Nord a Sud, di un soffocante destino telecomandato da un crescente e sprezzante cinico profitto, in pieno contrasto con la voglia di vivere di uno straordinario popolo provato da tante, ancora vive, immeritate e laceranti ferite.

La Calabria e il Sud hanno necessità di essere narrati con amore e, soprattutto, con un taglio diverso rispetto a dei luoghi comuni che fanno moda, ma dai quali, con estremo coraggio, bisogna uscire per generare un percorso di speranza ad una popolazione che vuole chiudere con un passato fallimentare.

Due verità svelate riesce in pieno nell’obiettivo di presentare, con uno sguardo diverso, la complessa realtà che, ancora oggi, vede una contrapposizione irrealistica tra il Nord e il Sud della nostra amata Italia. (rrc)

ALLA SCRITTICE REGGINA ROSELLA POSTORINO IL PREMIO CAMPIELLO

16 settembre – È un grande motivo d’orgolio per tutta la Calabria. la scrittrice reggina Rosella Postorino col suo libro “Le assaggiatrici” ha vinto il Premio Campiello 2018. Anzi, ha stravinto, raccogliendo 278 dei 300 voti dei lettori per poi ricevere 167 voti nella votazione finale al Teatro La Fenice di Venezia. originaria di Reggio calabria, Rosella Postorino è cresciuta in Liguria e da17 anni vive a Roma.
Il suo libro “Le assaggiatrici” (Feltrinelli) racconta la singolare storia di un gruppo di donne chiamate ad un compito insolito e terribile: assaggiare il cibo destinato a Hitler. «Un privilegio e una condanna» dice la scrittrice. Che ha espresso con un largo sorriso la sua soddisfazione: «Sono felicissima. Voglio ringraziare tutti quelli che mi sono stati vicino mentre scrivevo questo libro. Grazie al Campiello che mi ha fatto fare un’esperienza bellissima».
Alla serata finale del Campiello hanno preso parte la Presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati, e il ministro dei Beni Culturali Alberto Bonisoli. Se per la Casellati il Campiello è «una scommessa abbondantemente vinta» per il prestigio del Premio e la sua autorevolezza nel mondo della cultura, il ministro Bonisoli ha sottolineato che bisogna «lavorare insieme per la diffusione della scrittura e della letteratura tra i giovani. Abbiamo – ha detto il ministro – un problema enorme in questo Paese. Siamo sull’orlo di un distacco tra generazioni. Ai giovani basta cercare di far venire la fame di cultura. Siamo in un momento di cambiamento della storia in cui nessuno sa con precisione dove stiamo andando. La cultura è una soluzione per trovare la nostra strada».
Rosella Postorino per il suo libro si è liberamente ispirata alla storia vera di Margot Wolk che a 96 anni ha raccontato l’esperienza di “assaggiatrice” del Führer alla caserma di Karusendorf. Un libro straordinario e avvincente, scritto con mano sicura, capace di rapire il lettore e costringerlo a riflettere anche sugli aspetti meno conosciuti del nazismo e le sue brutalità anche a livello psicologico nella scommessa sulla sopravvivenza cui costringeva le sue vittime.
La scrittrice è stata introdotta da Gad Lerner che nel sottolineare le sue origini ha esaltato le virtù del libro: «Che cosa c’entra una giovane donna calabrese con la Germania 1943? Ho iniziato questo libro con diffidenza e poi lo ho divorato». La Postorino sarà festeggiata a Montecarlo il 12 ottobre ospite dell’Ambasciata d’Italia, e come da tardizione per il vincitore del Campiello mercoledì 19 presenzierà a PordenoneLegge.
È importante sottolineare come sia un momento particolarmente felice per la narrativa calabrese: la Postorino, a buon diritto, diventa la portabandiera della forte capacità degli scrittori calabresi (Gioacchino Criaco, Mimmo Gangemi, Domenico Dara, solo per citarne alcuni) che stanno conquistando un posto di rilievo nel panorama non solo nazionale (di Criaco è stato appena pubblicata la traduzione di “Anime Nere” negli USA). Un motivo di orgoglio e l’ulteriore dimostrazione, ma non ce n’è bisogno, che questa terra ha tante ricchezze in casa, ma spesso non se ne accorge nemmeno. (rrm)