ROSSANO (CS) – Celebrata l’assemblea sinodale diocesana per l’avvio del 3° cantiere di Betania

“Il segno delle chiese vuote!”, “Pomeriggio del cristianesimo”, “Apateismo” nei confronti della fede e della religione, sono le parole e i concetti con cui la prof.ssa Rosanna Virgili, ha esordito durante l’assemblea sinodale diocesana che si è svolta, sabato 6 maggio, nella parrocchia Santa Maria ad Nives in Schiavonea, davanti a una platea di più di 400 persone, tra cui contavano i membri eletti degli organismi di partecipazione ecclesiale, numerosi operatori pastorali e tanti fedeli laici.

Concetti non facili da esporre, ma che hanno trovato subito eco nei cuori e nelle menti dei partecipanti risuonando come parole interpretative del momento storico socio-ecclesiale che stiamo vivendo.

“Il segno delle chiese vuote” senza liturgia comunitaria, sono tra le immagini più inquietanti del tempo di pandemia che abbiamo vissuto. Esse evocavano e ancora ci parlano del senso oscuro della fine di un mondo, di un’epoca, di una forma di cristianesimo.

Allo stesso modo la parola apateismo come nuovo termine teologico coniato dagli storici della religione, ci interpreta e ci interpella. Si riferisce alle persone che non mostrano alcun interesse, specialmente quando si tratta di Dio. E se ci riflettiamo, non sono neanche pochi. Tra esse ci siamo anche noi.

Ma è con il concetto di “pomeriggio del cristianesimo” che il nostro cuore ha cominciato a risollevarsi e a intravedere, dietro l’imbrunire e il tramonto della chiesa, una possibilità di rinascita, di un nuovo inizio come avviene con la preghiera vespertina, già preludio di un giorno nuovo secondo il mondo monastico, o come è successo nel giardino dell’Eden dove con un ritmo cadenzato scandito dal consueto “e fu sera e fu mattina”, non si chiudeva definitivamente il giorno, ma si annunciava, contemporaneamente, la nascita del giorno o meglio di un tempo nuovo.

Tramonto e aurora ci ricordano continuamente che, nel momento in cui qualcosa muore, c’è sempre un segno di rinascita, proprio come morire e rinascere sono il vero mistero della fede cristiana.

Così quello che stiamo vivendo non sarebbe forse – secondo la biblista – il tempo della fine, il tardo pomeriggio o la notte del cristianesimo ma il segno di un’alba nuova quella che il Sinodo voluto da Papa Francesco ci propone.
Ne sono una conferma i volti delle persone che con entusiasmo e con senso di responsabilità hanno aderito al cammino sinodale che in questo pomeriggio ha inaugurato il 3° cantiere di Betania, quello della formazione spirituale e della diaconie, che prevedeva una tappa formativa a livello diocesano.

Una tappa che, come ha ricordato l’arcivescovo mons. Maurizio Aloise, in apertura di assemblea, colmasse quel “debito di formazione”, lamentato da molti durante i cantieri precedenti, e registrato sin dalle prime tappe del cammino iniziato lo scorso anno.

Passare “da evento a processo”, “dall’io al noi” ricordandoci che “il tutto è superiore alla parte” è il compito che ci aspetta per imparare, sempre più a camminare insieme, per dare forma a quella circolarità e comunione inaugurate dal Concilio e ripresentato da Papa Francesco sotto forma di un “meraviglioso poliedro” che rispetta la diversità e sottolinea le differenze mantenendo quella “distanza di sicurezza” necessaria all’amore, come ha scritto Levinas. Siamo tutti pari ma non uguali. Tutti figli e fratelli tra di noi. «La chiesa nasce per fare giustizia» ci ha ricordato la prof.ssa Virgili. Tutti adulti in essa, da tutti si può imparare qualcosa.

Chi fosse passato da Schiavonea quel giorno non avrebbe certo avuto l’impressione di trovarsi in una chiesa vuota o in un pomeriggio della Chiesa, piuttosto in un nuovo mattino caratterizzato da una “Chiesa gremita” dove dall’arcivescovo è risuonato lo stesso invito rivolto da Gesù, agli operai seduti oziosi sul fare di un giorno fortunato per loro “Andate nella mia vigna!”. Invito risuonato anche alle 9 del mattino, e a mezzogiorno e persino alle 5 del pomeriggio, tale è la gioia del padrone di poter dare a tutti la gioia della ricompensa per il lavoro svolto, per il ruolo assunto nella Chiesa, per la musica della sinodalità accolta e fatta divenire stile.

Proprio come in una danza che tutti ci fa entrare nello stesso movimento, dietro al “primo ballerino”, al “presule”, parola nel cui significato si nasconde il sostantivo “Sul” che starebbe ad indicare danza, movimento e che non permette a nessuno di ritenersi escluso, o fuori dalle danze, esule appunto nella chiesa, che sogniamo e che con senso di responsabilità ci stiamo impegnando a costruire.

È questo il senso del mandato ai membri degli organismi di partecipazione parrocchiale, consegnato da mons. Aloise al termine dell’assemblea, accogliendo il loro “sì alla diaconia nella Chiesa” e inviandoli, confermati nell’entusiasmo e nel senso di responsabilità dimostrato, aderendo all’invito a farsi collaboratori attivi dei loro “presuli”, dei loro sacerdoti chiamati ad aprire la danza della sinodalità che lo Spirito Santo sta già suonando in questo nuovo mattino della Chiesa. (rcs)

Il nuovo Arcivescovo Maurizio Aloise ha preso possesso della Diocesi di Rossano-Cariati

Da sabato mons. Maurizio Aloise è il nuovo Arcivescovo della Diocesi di Rossano-Cariati. Il presule era stato accolto in mattinata in diverse realtà pastorali e sociali: nel campo dì concentramento di Ferramonti di Tarsia, nella parrocchia dei Ss. Pietro e Paolo sempre nello stesso comune. A seguire la sosta in preghiera nel Santuario di Santa Maria delle Grazie in Spezzano Albanese, fino ad arrivare nella Cattedrale di Maria Santissima Achiropita per l’insediamento ufficiale.
Ad accogliere Mons. Aloise, l’Arcivescovo Metropolita di Bari-Bitonto, Mons. Giuseppe Satriano, Amministratore Apostolico di Rossano-Cariati, l’Arcivescovo Metropolita di Catanzaro-Squillace, Mons. Vincenzo Bertolone, presidente della Cec, il Vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, Mons. Luigi Renzo, e il Vescovo di Oppido M. – Palmi, Mons. Francesco Milito. Presenti numerosi presbiteri, fedeli laici e autorità istituzionali, che, assieme al sindaco di Corigliano Rossano, hanno dato il benvenuto a Mons. Aloise.
Mons. Aloise ha salutato nella sua omelia i fedeli e quanti lo hanno accolto.  «Eccellenze reverendissime – ha detto–; carissimo mons. Giuseppe Satriano, che per sei anni hai servito nell’amore il cammino di Chiesa di questa bella realtà arcidiocesana; carissimi presbiteri, diaconi e seminaristi; carissime persone di vita consacrata; sorelle e fratelli carissimi…carissime autorità civili e militari. Si sta concludendo il giorno della festa del cuore Immacolato di Maria, per aprirci al giorno della memoria liturgica del dottore della Chiesa sant’Antonio di Padova. Nella cerniera tra questi due eventi liturgici, con le Letture della domenica undicesima del Tempo ordinario, s’incastona questo giorno solenne della festa di nozze tra il nuovo Pastore e la sua Chiesa particolare di Rossano-Cariati: «Esulterà il mio cuore nella tua salvezza,/ canterò al Signore,/ che mi ha beneficato» (Sal 12, 6). Con le medesime parole esultanti del Salmista, utilizzate nell’Antifona della Memoria del cuore Immacolato di Maria, saluto oggi te, santa Chiesa di Dio che è in Rossano-Cariati, Sposa che mi è stata preparata dal Padre per questo tempo opportuno di nuova seminagione del Vangelo della misericordia, del perdono e della prossimità. Io ti amo, Chiesa di Rossano-Cariati, imitando Giuseppe il giusto, che i Vangeli ci presentano come amministratore dei misteri di Dio, come sovrintendente e custode del santuario, che è la sua sposa-Maria e del Logos che è in lei! Davvero sia san Giuseppe per me l’immagine ideale del Vescovo, uomo sacro a cui oggi viene affidata questa sposa di Rossano-Cariati: ella non è a mia disposizione, ma sono io a completa, totale, generosa e fedele disposizione di te, mia santa Chiesa! Io ti amo, o mia Chiesa particolare, imitando, per quanto mi è possibile, la stessa intensità affettiva con cui ti ama il cuore Immacolato di Maria, donna che custodiva la parola di Dio, meditandola nel suo cuore (Cfr. Lc 2,19). Ti chiedo oggi, in questa festa di nozze dell’Agnello della Pasqua eterna, o mia Chiesa-Sposa, di ricambiarmi il tuo amore gioioso, accompagnato dalla preghiera allo Spirito Santo perché ispiri questa mia prima Omelia episcopale in quest’amato territorio diocesano. Amate il vostro Pastore, sorelle e fratelli carissimi della Chiesa di Rossano-Cariati: presbiteri, diaconi, seminaristi, consacrati, fedeli cristiani laici! Amatemi con lo stesso ardore che infiammava il cuore di sant’Antonio di Padova, tanto venerato nella chiesa di Terranova da Sibari, fondata nel 1542 dai Minori Osservanti col titolo, a me molto caro, di Santa Maria delle Grazie! Amiamo, a nostra volta, con cuore sincero, da Terranova a Terravecchia, tutti coloro che, non potendo essere qui presenti per l’uno o per l’altro motivo, ci sentono e ci vedono da remoto, e attendono comunque da noi dei segni efficaci e concreti di amore, prossimità, affetto, solidarietà agapica, tenerezza. Insieme esaltiamo tutti eAltoglorifichiamo la santissima Trinità: la comune preghiera, intesa come ascesa spirituale e mistica a Dio Uno e Trino, magnifichi Dio Uno e Trino come il suo unico Pastore! Esorto perciò voi, ascoltatori e fedeli tutti, a pregare con me, per ottenermi, sotto lo scudo della Beata Vergine Maria, l’aiuto speciale della Grazia divina, a cui chiedo di assistermi nell’esortarvi alla giusta comprensione delle letture di oggi. Esse segneranno non soltanto la giornata odierna, ma l’intero cammino del mio servizio episcopale tra voi e per voi. Due brevi pensieri vi affido perciò, carissimi, ognuno collegato alle Letture oggi proclamate: (1) il primo pensiero riguarda la forza propulsiva della Parola di Dio, ribadita dall’oracolo di Ezechiele sul ramoscello di cedro (il quale metterà rami e farà frutti/ e diventerà un cedro magnifico), e ripresa nelle due parabole evangeliche del seme e del granello di senape; (2) il secondo pensiero ci apre tutti all’istanza escatologica, ovvero alle cose ultime della vita cristiana ed ecclesiale: Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo!».
Il seme gettato nel terreno. 
«Il significativo brano del vangelo secondo Marco, proclamato oggi, riprende l’oracolo di Ezechiele sulla crescita rigogliosa di un seme di cedro. Originario della Cina e India meridionale, il cedro è stato introdotto nell’area mediterranea molto prima dell’era cristiana ed era già coltivato anche nella Giudea, anzi è stato il primo agrume a essere coltivato in Israele, utilizzato in occasione della Festa dei Tabernacoli. Esso simboleggia l’albero della conoscenza, come nel racconto biblico delle origini. La bellissima immagine vegetale del profeta Ezechiele viene ripresa e rilanciata oggi dalle parabole evangeliche del piccolo seme e del granello di senape. Il granello di senape, piccolissimo come la punta di uno spillo, è caratterizzato da estrema piccolezza ma da grande dinamismo vitale, in quanto cresce e, quasi sfuggendo al controllo del contadino, raggiunge anche i tre metri di altezza: «Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami» (cfr. Mt. 13,32). Per questa forza vitale, il granello di senape, è simbolo del Regno di Dio, il cui dinamismo sfugge a ogni umano controllo. Del resto, le parabole del seme nel quarto capitolo del Vangelo di Marco hanno il compito di far “esplodere” davanti ai nostri cuori il senso del Regno di Dio. Dall’evangelista l’immagine agricola viene piegata a dire qualcosa che non è più semplicemente naturale: il mistero di una Chiesa, piccolo arbusto che diventa capace di accogliere tutti i popoli della terra! Grandiosa efficacia della narrazione di Marco! Tutto ciò non suscita immediatamente nel nostro cuore, carissimi, il ricordo del ritratto di Marco, l’unica figura di evangelista rimasta in un codice greco dei Vangeli, anteriore al X secolo, qual è appunto il nostro prezioso Codex purpureus rossanensis? Questa testimonianza emblematica della Rossano bizantina, insieme con l’icona molto venerata dell’Achiropita e con le chiesette bizantine di San Marco e della Panaghia, così come l’abbazia di Santa Mari del Patire, ci ricorda il dovere primario dell’evangelizzazione nuova, a cui siamo chiamati in questo nostro tempo di reset globale, di rinascita e rinnovamento dopo la buia stagione della pandemia, che ancora affligge il mondo. Dobbiamo diffondere il piccolo seme della Parola di Dio. Il Codex, quest’insigne evangeliario, ci ha comunque risparmiato la perdita del Vangelo di Matteo e di quasi tutto quello di Marco. Delle 14 miniature conservate nel codice, di cui dodici raffigurano eventi della vita di Cristo, l’ultima è, come tutti sappiamo, il ritratto di Marco, che occupa l’intera pagina. Alla miniatura di Marco voglio oggi con voi guardare particolarmente: l’evangelista viene raffigurato mentre scrive sul rotolo pergamenaceo il suo Vangelo, lasciandosi ispirare da una donna – presumibilmente la Sapienza stessa di Dio, ma perché non vedervi la Vergine Santa –, che gli indica i punti su cui indugiare. Indugiamo oggi sulla potenza del piccolo seme della Parola di Dio: animato dallo Spirito Santo, questo seme possiede in proprio il potere di fruttificare; ma domanda di essere annunciato e seminato da noi sul buon terreno. Facilitiamo la diffusione di questo seme di origine divina, carissimi, lasciamolo germogliare e crescere, seminandolo nelle intelligenze e nei cuori di tutti. Il terreno che lo accoglie produrrà spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto sarà maturo, subito il Coltivatore manderà la falce, perché è arrivata la mietitura. Potenza, primato e forza della Parola di Dio, anche indipendentemente dai suoi annunciatori, presbiteri, predicatori e catechisti! Mettiamoci volentieri al servizio di quest’annuncio, carissimi! Diventiamo una comunità generativa e feconda, diffondendo la Parola fatta carne in Gesù Cristo! Alcuni vorrebbero vedere nel Vangelo di Marco un itinerario di fede specifico per i catecumeni (coloro che ricevono l’insegnamento orale, che ascoltano dalla viva voce). Nelle nostre terre, anche i battezzati sono, talvolta, come dei catecumeni, in quanto devono da capo ricevere abbondantemente il seme della Parola di Dio. Come il Marco raffigurato nel nostro Codice, lasciamoci guidare dalla mano di Cristo, Sapienza incarnata. Cristo è la concretizzazione personale del Regno di Dio, la cui forza di attuazione è dirompente. Non vi sembra questa, carissimi, una chiarissima indicazione di percorso per la nostra Arcidiocesi? Non vorremo noi porre al primo posto la riscoperta del primato della Parola di Dio? Se adesso questo nostro mondo è ancora governato dalla potenza del denaro, dell’inganno e della forza (la potenza di Satana), ci viene oggi ricordato che si fa vicino un diverso momento, in cui Dio stesso prenderà nelle sue mani il potere. Si va instaurando la sovranità della Parola di Dio che significa giustizia, concordia, pace, pienezza di vita. Il regno di Dio è già presente nella persona di Gesù, nelle sue Parole: comunichiamolo alle folle e al mondo, a partire dai presbiteri e dai catechisti, fino all’ultimo dei fedeli: «Siete stati rigenerati non da un seme corruttibile, ma immortale, cioè dalla parola di Dio viva ed eterna» (1Pt 1,23). Perché la Parola produca frutto, carissimi, basta seminarla, assecondando il Vangelo sine glossa: tutto il resto viene da sé. Forse che il contadino, dopo la semina, si ferma nel campo per ricordare al seme che deve germogliare? Il seme non ha bisogno di lui, è autosufficiente: ha in sé tutto il necessario per crescere e diventare spiga matura. Oggi, sorelle e fratelli tutti, abbiamo ascoltato dall’evangelista Marco come tutta la grandezza del regno celeste è paragonata a un granello di senape. E come mai una similitudine così piccola, una similitudine così minima, anzi minima tra le minime, comprende un così grande potere? Questa è tutta la speranza dei credenti, questa è l’attesa più grande di noi fedeli. Questa è la felicità delle vergini, acquistata con le lunghe prove della castità. Questa è la gloria dei martiri, guadagnata con lo spargimento di tutto il sangue. Questo è ciò che occhio non vide né orecchio udì né mai entrò nel cuore di essere umano; questo è ciò che l’apostolo assicura che è stato preparato con un mistero ineffabile per coloro che amano: noi, sorelle e fratelli carissimi, ne siamo gli umili servitori!
« Tutti – ha concluso il presule – infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo. La seconda Lettera di Paolo ai cristiani di Corinto ci presenta oggi il chiaro annuncio del mondo che sta per venire. È l’annuncio del tempo delle cose ultime, che si manifesteranno per ciascuno di noi al momento del transito (credo la resurrezione dei morti) e, per tutti noi, al momento della resurrezione finale (e la vita del mondo che verrà). Pensiamo agli ultimi tempi, carissimi, proprio mentre viviamo nella contingenza e nel frattempo! Pensiamoci quando il dolore si fa più forte, quando le inimicizie, le vendette e i tradimenti ci abbattono, quando sembra che all’orizzonte non ci sia nulla di buono e di promettente… È un invito al senso della precarietà, ma anche della speranza in Dio; un appello a non crederci infiniti, eterni e onnipotenti. È una lezione che abbiamo ricevuto a lungo, in questi mesi, anche dal virus coronato e dai suoi deprecabili effetti nella vita di tanti, che ne sono stati colpiti e abbattuti; abbiamo imparato il significato della precarietà del nostro stare al mondo. Cosa ne deriva per la nostra esistenza quotidiana? Ascoltiamo tutti, a partire dai presbiteri, un’ammonizione di san Policarpo di Smirne: «Anche i presbiteri abbiano viscere di compassione e siano misericordiosi verso tutti, cercando di ricondurre gli sviati, visitando tutti gli infermi, senza trascurare né la vedova, né l’orfano, né il povero; ma sempre solleciti di fare il bene al cospetto di Dio e degli uomini; astenendosi da ogni ira, parzialità, giudizio ingiusto; stando lontani da ogni cupidigia di denaro; non troppo facili a prestare fede alle calunnie contro alcuno, né troppo severi nei giudizi, sapendo che tutti siamo debitori per i nostri peccati» (6, 1). Di qui un analogo appello dello stesso Policarpo a tutti i battezzati: «Se dunque noi preghiamo il Signore di perdonarci, dobbiamo anche noi perdonare; poiché siamo sotto gli occhi del Signore e di Dio e tutti dovremo presentarci al tribunale di Cristo e ciascuno dovrà rendere conto di sé. Serviamolo dunque con timore e con ogni riverenza, come ci fu comandato da Lui e dagli Apostoli, che ci predicarono il Vangelo, e dai profeti che ci preannunciarono la venuta del Signore nostro; siamo zelanti per il bene, evitando quelli che danno scandalo, i falsi fratelli e coloro che, portando ipocritamente il nome del Signore, trascinano nell’errore gli uomini vuoti» (6.2,3).
La Preghiera
O MARONNA E RA CARUPITA, TU M’AIUT E MI SCAVIT, E MI POZZ LIBERAR E TERREMOTI E PESTE E DE GUERRA… O Santa Vergine Achiropita, nostra Madre e Sorella dolcissima, poniamo oggi sotto il tuo rifugio e patrocinio tutti i presbiteri, i diaconi, le persone di vita consacrata, i fedeli laici e tutte le persone di buona volontà di questa Chiesa diocesana! O nostra Amata Patrona, concedi ai presbiteri di procedere sempre d’accordo con la mente del vescovo, come già fanno. Il vostro presbiterato, carissimi, ben reputato degno di Dio, sia molto unito al Vescovo come le corde alla cetra! O nostra Madre benedetta, concedi ai consacrati e ai laici unità e amore concorde, per cantare tutti al tuo Figlio Gesù Cristo: ciascuno diventi un coro, affinché nell’armonia del vostro accordo, prendendo nell’unità il tono di Dio, cantiamo ad una sola voce per Gesù Cristo al Padre, perché ci ascolti e ci riconosca, per le buone opere! Guidaci con la tua mano santa, o Madre, a scrivere nella nostra esistenza quanto la Parola di Dio vuole da noi! Ottienici, o Madre, di trovarci nella inseparabile unità per essere sempre partecipi di Dio e concedici di non ascoltare nessuno che non ci parli di Gesù Cristo nella verità, nell’amore e nella pace. Amen, Amen!

Mons. Maurizio Aloise il nuovo arcivescovo di Rossano-Cariati

Il Papa insieme con l’Arcivescovo Metropolita di Reggio Calabria-Bova mons. Fortunato Morrone, del clero di Crotone-Santa Severina, ha nominato mons. Maurizio Aloise, del clero dell’Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro-Squillace, Arcivescovo di Rossano Cariati.

Mons. Aloise è nato il 20 aprile 1969 a Catanzaro, nell’Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro-Squillace. Ha conseguito il diploma di scuola superiore presso l’Istituto d’Arte di Squillace ed è entrato nel Seminario Diocesano. Ha svolto gli studi di Teologia presso l’Istituto Teologico Calabro di Catanzaro, ottenendo il Baccellierato.
Dopo l’ordinazione sacerdotale ha approfondito gli studi di Morale Sociale e ha studiato Mariologia alla Pontificia Facoltà Teologica Marianum di Roma. Ordinato presbitero per l’Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro-Squillace il 18 novembre 1995, ha svolto attività pastorale come Amministratore Parrocchiale di San Nicola Vescovo a Gagliato e come Viceparroco di Santa Maria della Pietra a Chiaravalle Centrale.
Nella Parrocchia di Gagliato, nel 1997, collaborando con i volontari delle Caritas parrocchiali e con le organizzazioni civili coinvolte, ha coordinato l’accoglienza dei profughi curdi sbarcati sulle coste di Soverato; dal 1999 è stato Co-Parroco moderatore di Santa Maria delle Nevi a Girifalco e Direttore dell’Ufficio Vocazioni Diocesano. In seguito è stato Amministratore Parrocchiale di Santa Maria Assunta a Zagarise e di San Nicola di Bari a Cardinale. Da un anno è Vicepresidente della Fondazione Betania Onlus di Catanzaro. Finora è stato Parroco di Santa Domenica V.M. e Rettore del Santuario Diocesano Santa Maria delle Grazie a Torre di Ruggiero e dal 2011 Pro-Vicario Generale. È stato Membro di diversi organismi Diocesani. (rcs)
La prima lettera ai fedeli (del 20 marzo 2021)
Sorelle e fratelli carissimi!
1.  Ringraziamo il Tuo nome santo. In attesa di poterlo fare di persona con ciascuno di voi, laici, presbiteri, diaconi e persone di vita consacrata, per ora permettetemi di raggiungervi con questo mio saluto: «”Ecco un bellissimo segreto per sognare e rendere la nostra vita una bella avventura. Nessuno può affrontare la vita in modo isolato […]. C’è bisogno di una comunità che ci sostenga, che ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti. Com’è importante sognare insieme! […] Da soli si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi quello che non c’è; i sogni si costruiscono insieme”. Sogniamo come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!»[1]. Sì, sorelle e fratelli tutti, venendo tra voi, come viandante, sono sicuro di trovare una comunità che mi sosterrà e nella quale ci aiuteremo a vicenda per continuare ad andare avanti, soprattutto in questo tempo di pandemia, che sta fiaccando la nostra resistenza! La Chiesa, fiduciosa in Dio onnipotente che ha inviato per noi il Figlio Salvatore, «non aspira a competere per poteri terreni, bensì ad offrirsi come “una famiglia tra le famiglie – questo è la Chiesa –, aperta a testimoniare […] al mondo odierno la fede, la speranza e l’amore verso il Signore e verso coloro che Egli ama con predilezione. Una casa con le porte aperte. La Chiesa è una casa con le porte aperte, perché è madre”. E come Maria, la Madre di Gesù, “vogliamo essere una Chiesa che serve, che esce di casa, che esce dai suoi templi, dalle sue sacrestie, per accompagnare la vita, sostenere la speranza, essere segno di unità […] per gettare ponti, abbattere muri, seminare riconciliazione”»[2].
2.  Per voi vescovo, con voi cristiano. Per questa vostra Chiesa particolare e gloriosa – la Chiesa di Rossano-Cariati – il santo Padre Francesco mi ha eletto Vescovo e Pastore. Sarò Vescovo per voi, con voi fratello: «Da quando è stato posto questo carico sulle mie spalle…, la preoccupazione della mia dignità mi tiene veramente in ansia continua; … Che io abbia perciò l’aiuto delle vostre preghiere così che si degni di portare con me il mio peso colui che non disdegna di portare me stesso. Quando chiedete questo nella preghiera, pregate anche per noi: infatti, questo mio peso di cui vi sto parlando che altro è se non voi stessi? Chiedetene per me le forze, così come io prego che voi non siate affaticati. In verità il Signore Gesù non direbbe “mio peso” se non lo sostenesse con chi lo porta. Sorreggetemi però anche voi in modo che, secondo il precetto dell’Apostolo, portiamo l’un l’altro i nostri pesi e così adempiamo la legge di Cristo. Se egli non condivide il nostro peso, ne restiamo schiacciati; se egli non porta noi, finiamo per morire. Nel momento in cui mi dà timore l’essere per voi, mi consola il fatto di essere con voi. Per voi infatti sono vescovo, con voi sono cristiano. …Infine, quasi trovandoci in alto mare, siamo sballottati dalla tempesta di quell’attività: ma ricordandoci che siamo stati redenti dal sangue di lui, con la serenità di questo pensiero, entriamo nel porto della sicurezza; e, nella grazia che ci è comune, troviamo riposo dall’affaticarci in questo personale ufficio»[3]. Appena ordinato, ponendomi nella linea della successione apostolica, sarò chiamato ad annunciare con cuore di padre a ciascuna e ciascuno di voi che Gesù è il Cristo!
3. Grazie. Ringrazio, perciò, il Vescovo di Roma, papa Francesco, per aver voluto guardare al mio territorio arci-diocesano di provenienza, e per avermi affidato significativamente a voi come padre e pastore, nel mese dedicato a san Giuseppe. Il custode della famiglia di Nazaret e della famiglia delle famiglie qual è la vostra, la nostra, Chiesa particolare c’insegni la tenerezza. La tenerezza scaccia ogni tentazione e ogni pericolo: «Il Maligno ci fa guardare con giudizio negativo la nostra fragilità, lo Spirito invece la porta alla luce con tenerezza. È la tenerezza la maniera migliore per toccare ciò che è fragile in noi. Il dito puntato e il giudizio che usiamo nei confronti degli altri molto spesso sono segno dell’incapacità di accogliere dentro di noi la nostra stessa debolezza, la nostra stessa fragilità. Solo la tenerezza ci salverà dall’opera dell’Accusatore (cfr Ap 12,10)»[4]. Dite insieme con me, carissimi: «Salvaci, Dio della nostra salvezza,/ radunaci e liberaci dalle genti,/ perché ringraziamo il tuo nome santo:/ lodarti sarà la nostra gloria» (1Cr 16,35).
4. Già mi sento in mezzo a voi. Mentre lascio il Collegio presbiterale di Catanzaro-Squillace per innestarmi, con affetto paterno e fraterno, a quello della Chiesa particolare di Rossano-Cariati, rivolgo un pensiero e un saluto particolare a tutti i presbiteri che – in questa mia sposa, che è la vostra, la nostra, Chiesa particolare -, consentiranno al nuovo Vescovo di essere presente in ogni porzione parrocchiale del territorio. Il mio pensiero va sia ai presbiteri che sono avanzati in età e, come “nonni” di esperienza e impegno, attendono di poterci donare tutto il loro bagaglio di fede in quest’avventura che è la vita sacerdotale; sia a coloro che sono più giovani e che, generosamente dedicandosi al ministero, cercano sostegno nei loro dubbi, incoraggiamento nei loro ideali, prossimità nell’azione evangelizzante, liturgica e pastorale. Sono per voi padre, con voi fratello, carissimi presbiteri, che servite un territorio diocesano che oggi comprende ben 18 comuni con una superficie di 1415 Kmq, con una popolazione di circa 140 mila abitanti aggregati in 56 parrocchie. Voi siete le mani, gli occhi, i piedi… del Vescovo in mezzo alla gente, in mezzo al popolo, che da noi attende il coraggio creativo che riesce a sperare contro ogni speranza: «Il Dio della speranza vi riempia, nel credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo» (Rm 15,13).
5.  Portare a tutti il lieto annuncio. In mezzo al popolo di Dio, noi ministri ordinati siamo funzionali al progresso spirituale e umano dei fedeli cristiani laici, donne e uomini, molti dei quali sono aggregati in gruppi, associazioni e movimenti. Vi saluto uno a uno e una a una, carissimi fedeli cristiani laici, a partire dai più piccoli e più giovani fino ai più avanzati negli anni e nell’esperienza! Abbiamo tutti la fortuna provvidenziale di abitare una terra assai rinomata sul piano storico, culturale e religioso, anche a motivo del “Codex Purpureus”, Evangelario greco miniato del sec. VI, conservato nel Museo Diocesano, che è un mirabile “monumento” di sintesi dei due polmoni, orientale e occidentale, della Chiesa cattolica. I testi evangelici ci ricordino che il nostro obiettivo è quello stesso del Signore Gesù: «Lo Spirito del Signore è sopra di me;/ per questo mi ha consacrato con l’unzione/ e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,/ a proclamare ai prigionieri la liberazione/ e ai ciechi la vista;/ a rimettere in libertà gli oppressi» (Lc 4,18). Il Battesimo consacra ogni laico in vista di questo compito di annuncio gioioso, che destinato in primo luogo ai poveri (quanti in mezzo a noi, anche a motivo degli effetti perversi della pandemia sociale!) e agli oppressi dai prepotenti, dai criminali, dalla zizzania mafiosa e disperante.
6. Cristo è vivo! Il colore purpureo dell’Evangeliario rossanense ci richiami costantemente alla nostra testimonianza cristiana, che è compito instancabile di fedeltà a Cristo, disponibili a versare per lui il sangue, se occorresse. Il suo contenuto con il ciclo di miniature relative alla vita di Cristo secondo i racconti evangelici, ci solleciti a tenere sempre davanti agli occhi l’unico Centro vivente della nostra comune fede cristiana: «Se Egli vive, questo è una garanzia che il bene può farsi strada nella nostra vita, e che le nostre fatiche serviranno a qualcosa. Allora possiamo smettere di lamentarci e guardare avanti, perché con Lui si può sempre guardare avanti. Questa è la sicurezza che abbiamo. Gesù è l’eterno vivente. Aggrappati a Lui, vivremo e attraverseremo indenni tutte le forme di morte e di violenza che si nascondono lungo il cammino»[5].
7. Ogni potere è per il servizio. Tutti, preti e laici, guarderemo con fiducia e speranza alle persone di vita consacrata, che operano e pregano nella nostra arcidiocesi. Per la potenza dello Spirito Santo, siano per noi l’indicazione costante a guardare al mondo che verrà, nel quale non ci saranno più differenze sociali, economiche, di ruolo. Come ci ricordano i loro voti di povertà, castità e obbedienza, viene, infatti, il tempo in cui non ci saranno più ricchi e scartati, potenti e schiavizzati, uomini e donne: «Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito» (1Co 12,12-13). I consacrati ricordano a chi ha compiti di responsabilità amministrativa, politica, sociale, economia e finanziaria, che ogni potere è per il servizio.
8. Progettiamo insieme il lavoro pastorale. Carissime e carissimi, la nostra arcidiocesi di Rossano-Cariati è, per la sua storia, aperta ad ampie prospettive nel contesto di una rilanciata esigenza di dialogo ecumenico col mondo ortodosso-bizantino, come sta sollecitando Papa Francesco. Una collaborazione, in questo senso, con la confinante Eparchia greca di Lungro, perla bizantina in Calabria, potrà significare certamente per noi un’ottima spinta anche in questa prospettiva del dialogo ecumenico. I tradizionali valori di buon vicinato, di dialogo e amicizia della nostra gente, favoriranno la dimensione umana del nostro comune agire e consentiranno un lavoro pastorale personalizzato, incisivo e fecondo. Anche il numero e la qualità dei presbiteri diocesani offrono buone premesse per continuare con nuovo impulso ed entusiasmo quanto già è stato avviato dai precedenti Pastori e, ultimo, da Mons. Satriano che saluto affettuosamente augurandogli pronta guarigione, sul piano della carità, della formazione degli operatori pastorali, della valorizzazione dei laici. Il vostro nuovo Pastore, carissimi, intende mantenere e curare un rapporto di paternità con tutti voi; con i presbiteri, in particolare, e con il mondo laicale in generale, la cui collaborazione è fondamentale per un progetto pastorale rispondente alle nuove esigenze della storia e della cultura di oggi. Camminiamo insieme, continuando a far fronte in modo positivo a eventi traumatici, sapendoci riorganizzare per raggiungere nuovi traguardi! Per me vi chiedo di continuare a pregare e con me a collaborare. Raduniamoci idealmente insieme davanti all’antica Icona bizantina dell’Achiropita, risalente all’VIII secolo, a cui la città e l’arcidiocesi sono particolarmente legate da plurimillenaria devozione. Secondo la tradizione l’affresco non sarebbe opera di un uomo, ma opera stessa della Madre di Dio. Il dito di Dio è in mezzo noi, in mezzo alle nostre sofferenze e speranze, alle nostre cadute e rinascite, alle nostre difficoltà e speranza: O dolce Madre, o Santa Vergine Achiropita, in questo tempo di prova e di gioia, siamo qui ai tuoi piedi come figli smarriti, bisognosi di aiuto, ma anche spinti dalla gratitudine. Sotto il tuo manto di luce trovammo rifugio, Maria Santissima, quando ci usasti misericordia, nelle tremende vicende della storia, conservandoci la vita. Oggi torniamo a te con il cuore gioioso per il nuovo Pastore e, insieme, con il cuore contrito per ogni occasione perduta nel vivere secondo la volontà del Figlio tuo. Aiutaci, indirizzaci, proteggici, guidaci al tuo Figlio, nostra Speranza! Vi benedico tutti. Pregate per me.  Amen.
+ Maurizio Aloise
Vescovo eletto dell’Arcidiocesi di Rossano-Cariati
[courtesy calabria.ecclesia.org]
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[1] Francesco, Lettera enciclica Fratelli tutti sulla fraternità e amicizia sociale (3.10.2020), n. 8.
[2] Ivi, n. 276.
[3] Sant’Agostino, Discorso 340, nell’anniversario della sua ordinazione, n. 1.
[4] Francesco, Lettera apostolica Patris corde in occasione del CL anniversario della dichiarazione di san Giuseppe Patrono della Chiesa universale (8.12.2020), n. 2.
[5] Christus vivit. Esortazione apostolica del santo Padre Francesco ai giovani e a tutto il popolo di Dio (25.3.2019), n. 127.
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CORIGLIANO ROSSANO – Il libro “Il tempo era adesso”

Questo pomeriggio, a Rossano, alle 19.00, presso il Museo Diocesano e del Codex, la presentazione del libro Il tempo era adesso di Erica Mastrociani.

L’evento rientra nell’ambito de Gli appuntamenti al Museo, organizzati dall’Associazione Insieme per Camminare, ente gestore del Museo in collaborazione con il Circolo ACLI Rossano.

Introduce e coordina Cecilia Perri, vicedirettore Museo Diocesano e del Codex. Si parte con i saluti istituzionali di Don Giuseppe Straface, vicario generale Arcidiocesi Rossano-Cariati, Donatella Novelis, Assessore alla città della Cultura e della Solidarietà, e Cinzia Mazzuca, presidente Circolo Acli Rossano.

Discute con l’autrice Maria Toscano, psicologa dello sviluppo e del Codex.

Il libro, edito da Scatole Parlanti, è un testo ambientato nei caldi anni Settanta che affronta la tematica giovanile, attraverso gli aspetti della partecipazione, appartenenza, femminismo, impegno politico e delinea un quadro delle speranze, vittorie e sconfitte dei giovani protagonisti. (rcs)

CORIGLIANO ROSSANO – Domenica il libro “Terra Bruciata”

Domenica 30 giugno, a Rossano, alle 19.00, presso la sede del Circolo Culturale Rossanese, la presentazione del libro Terra Bruciata di Giuseppe Santoro.

L’evento è stato organizzato dal Circolo Culturale Rossanese.

Intervengono Antonio Guarasci, presidente del Circolo Culturale, Elisabetta Salatino, direttivo del Circolo Culturale Rossanese, Alfonso Benevento, sindaco di Bocchigliero, l’autore, e Francesco Filareto, storico e saggista.

Modera Ciccio Ratti, MiCiLab.

L’evento, inoltre, sarà arricchito da musiche tradizionali a cura di Salvatore PuglieseDomenico Berardi.

Il libro, edito da Gagliano Edizioni, è un romanzo di pura fantasia ma ambientato in un contesto storico reale. Il contesto è quello del brigantaggio calabrese nel periodo post-unificazione d’Italia. Il protagonista è Masino, un fabbro diventato brigante per necessità sua e del popolo. Il romanzo è una storia di pura fantasia così come i nomi dei protagonisti ma narra di situazioni reali di quel periodo storico. (rcs)

Al Presidente Mattarella una copia del Codex di Rossano

Al Quirinale il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto Giuseppe Satriano, Arcivescovo di Rossano – Cariati Alberto Bonisoli, Ministro per i Beni e le Attività Culturali, che gli hanno consegnato una copia del Codex Purpureus Rossanensis.

Il Presidente Mattarella ha espresso particolare apprezzamento per il Codex Purpureus Rossanensis, definendolo un vero gioiello di straordinaria bellezza, le cui pagine sono, tutte, un capolavoro. Il Capo dello Stato ha ringraziato l’arcivescovo, mons. Satriano, per la bella occasione che, ancora una volta, il patrimonio culturale del nostro Paese ha creato con questo incontro, complimentandosi anche per l’azione di valorizzazione che l’arcidiocesi sta costruendo attorno all’evangeliario. Il Presidente ha usato, infine, parole di apprezzamento per l’iniziativa editoriale e si è congratulato per la straordinaria bellezza della copia facsimile.

Durante la cerimonia il Ministro Bonisoli, che nel gennaio scorso si è recato a Rossano per prendere visione del prezioso e antico Codice nel Museo rossanense, ha parlato del Codex Rossanensis quale patrimonio  UNESCO e capolavoro assoluto di arte antica, ma, soprattutto, testimonianza di straordinario valore culturale, storico e religioso.

Sua Eccellenza, il Vescovo Satriano, ha ringraziato il Presidente della Repubblica per le sue parole di apprezzamento e ha voluto sottolineare i valori del Codex Purpureus Rossanensis, a partire dalla sua preziosità ed unicità. Il Codice di Rossano, giunto dal vicino Oriente, con la sua storia millenaria, rappresenta quei valori culturali e di bellezza che da sempre l’Italia ha espresso rivestendo nell’aerea del mediterraneo il ruolo significativo di casa dell’umanità.

«Il prezioso evangeliario – ha dichiarato il vescovo Satriano – giunto dai primi secoli del cristianesimo, è testimonianza forte della centralità dell’incarnazione del Cristo, per la storia di quel tempo. Anche oggi, intorno ad esso, andiamo realizzando, come piccola Chiesa locale, un autentico percorso d’incarnazione nei confronti di quelle fatiche e speranze che vive la nostra gente. La valorizzazione del Codex ci sta aiutando in un significativo percorso di umanizzazione, consapevoli dell’essere ambasciatori di storia millenaria e di religiosità viva che hanno attestato il nostro popolo nella capacità di essere accogliente e inclusivo. Anche a livello sociale, il Codex ci ha richiamato alla centralità della persona, cogliendo ogni opportunità per sostenere e valorizzare la crescita del territorio e  nuovi spazi di lavoro per i nostri giovani».

Inoltre, Mons. Satriano ha invitato il Presidente Mattarella a visitare la Diocesi di Rossano-Cariati per vedere da vicino il Codex e le ricche testimonianze monumentali bizantine della Chiesa locale, fra le più belle e suggestive d’Italia.

Alla cerimonia hanno preso parte, per il MiBAC, il Segretario Generale, dott. Giovanni Panebianco, il Capo di Gabinetto, dott.ssa Tiziana Coccoluto, il Capo Ufficio Stampa del Ministro, dott. Giorgio Giorgi. Per la Diocesi di Rossano-Cariati, il Vicario Generale e Direttore del Museo Diocesano e del Codex, mons. Giuseppe Straface, il Commissario Prefettizio del Comune di Corigliano Rossano, dott. Domenico Bagnato, il già Sindaco di Rossano, dott. Stefano Mascaro, il Responsabile dell’Ufficio Diocesano Beni Culturali, don Nando Ciliberti, il Segretario dell’Arcivescovo, don Domenico Simari, la Vice Direttrice del Museo Diocesano e del Codex e Responsabile di “Insieme per camminare” ente gestore del Museo, dott.ssa Cecilia Perri, il Consigliere delegato del Gruppo editoriale “Franco Cosimo Panini” che ha realizzato il facsimile, dott.ssa Lucia Panini, e la signora Rosi Fontana, curatrice della comunicazione per il Codex Purpureus Rossanensis.

Il Codex, infatti, nel 2015 è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità, ed è uno tra i più antichi codici del mondo, custodito da secoli a Rossano ed esposto, oggi, al Museo Diocesano di Rossano.

Inoltre, il Codex è stato riprodotto in facsimile in sole cinque copie da Franco Cosimo Panini Editore. Una impresa straordinaria, in quanto si è dovuta riprodurre l’intesa bellezza della pergamena purpurea che compone e contraddistingue le pagine del Codex. (rrm)

ROSSANO – Alla scrittrice Giusy Staropoli Calafati il Premio “Città del Sole”

«Orgoglio e soddisfazione immensi nel ricevere questa sera il Premio Città del Sole, presso palazzo San Bernardino a Rossano, ed essere stata premiata come unica donna, e soprattutto rappresentante della sez. Letteratura in Calabria, ad unanimità dai Rotary calabresi» scrive su Facebook la scrittrice Giusy Staropoli Calafati, annunciando il prestigioso riconoscimento che le è stato conferito.

Il Premio, giunto alla 22esima edizione, è stato istituito dall’Associazione Rotary “La Città del Sole”, costituita da 19 Club Rotary della Calabria, e viene assegnato ad undici calabresi che che si sono distinti nel settore dell’agricoltura, imprenditoria, letteratura, magistratura, medicina musica, professionalità, ricerca, spettacolo e sport.

Oltre alla scrittrice Giusy Staropoli Calafati, che ha ricevuto il premio per la letteratura, sono stati premiati per la sezione agricoltura Pierluigi Taccone, per l’imprenditoria Francesco Stillitani, per la magistratura Nicola Gratteri, per la medicina Franco Iuliano. Per la musica Lorenzo Stasi, per la sezione professionalità, il premio alla memoria, Filippo Zena, per la sezione ricerca Team spin-off TfQlab (Unical) Riccardo Albano e Pasquale Alfano. Sezione spettacolo Federico Veltri, allo Sport Luca Valentini, premio speciale ad Antonino De Lorenzo. (rcs)

Il discorso della scrittrice al momento della premiazione

CORIGLIANO ROSSANO – La Via Crucis Vivente

Oggi a Rossano, alle 16.30, nel centro storico, prenderà il via La Via Crucis Vivente a cura della Parrocchia di San Bartolomeo.

L’evento è stato organizzato in occasione della Settimana Santa di Pasqua, e vedrà la rappresentazione partire dal Chiostro di Palazzo San Bernardino, e proseguire fino alla Chiesa di San Bernardino, dove si darà vita a l’Ultima Cena. Il corteo, poi, attraverserà Piazza Steri, Corso Garibaldi, Piazza San Bartolomeo, Via Vallone del Grano, Via San Nilo e rientro al Traforo in cui, dinanzi alla Parrocchia di San Bartolomeo, ci sarà la Crocefissione. (rcs)

 

ROSSANO – I detenuti portano in scena “Natale in casa Cupiello”

Oggi a Rossano, nella Casa di Reclusione, i detenuti porteranno in scena lo spettacolo teatrale Natale in casa Cupiello di Eduardo De Filippo.

Lo spettacolo è l’evento finale del progetto Teatro in Carcere,  che coinvolge i volontari Nicola Anastasi, nel ruolo di regista, e Adriana Caruso come coordinatrice.

«Il teatro – si legge in una nota della Casa di reclusione rossanese – fra le diverse attività “trattamentali”, svolge un ruolo importante nell’ottica del reinserimento sociale dei detenuti, attribuendo ad esso non solo un valore trattamentale, ma anche un’importante funzione di cololegamento con la società». (rcs)

Valeria Fortuna, 27 anni di Pizzo. Premiata alla Camera con altri tre laureati calabresi

Ha solo 27 anni e si è laureata a Messina nella magistrale di Consulenza e professione. Valeria Fortuna, giovane promessa calabrese di Pizzo, ha ricevuto alla Camera dei Deputati il prestigioso riconoscimento della Fondazione Italia-Usa, in collaborazione con il Centro Studi Comunicare l’impresa, che la qualifica presso la fondazione e le permetterà di seguire gratuitamente il Master di Marketing, Comunicazione e Made in Italy. Un premio riservato ai neolaureati (Valeria ha conseguito il titolo col massimo dei voti) che si sono distinti nel corso degli studi universitari. La provincia di Vibo Valentia può vantare altri due neolaureati che hanno ricevuto il medesimo riconoscimento: Domenico De Nisi, 26 anni, di Filadelfia, laureatosi in Economia Aziendale e Management all’Unical e Simone Giuseppe Ceravolo, 23 anni di Soriano, anch’egli laureato all’Unical in Economia Aziendale, e lo stesso attestato è stato assegnato a un terzo calabrese, Antonio Virardi, 24 anni, di Rossano, laureatosi in Economia Aziendale all’Unical con 110 e lode

Antonio Virardi, Domenico De Nisi e Simone GIuseppe Ceravolo
Antonio Virardi, Domenico De Nisi e Simone GIuseppe Ceravolo

Tre giovani che si faranno valere e di cui la Calabria, sin d’ora , può essere orgogliosa. L’Amministrazione comunale di Pizzo, attraverso la delegata alle Politiche Giovanili Sharon Fanello ha voluto esprimere il proprio compiacimento e il meritato plauso alla giovane napitina: «Vogliamo complimentarci con Valeria pe rl’importante riconoscimento ottenuto. Questi traguardi sono segnali importanti per tutta la città perché valorizzano e portano agli onori della cronaca le eccellenze che qui vivono e che con impegno studiano e si affermano. Speriamo che Valeria, insieme agli altri ragazzi e ragazze dalla carriera accademica brillante, possano contribuire alla crescita collettiva della nostra comunità».