D’IPPOLITO GIUSEPPE (M5S)

Avvocato civilista e amministrativista
Eletto alla Camera il 4/3/2018 (Uninominale Calabria 04)
Nato a Catanzaro il 31/7/1958

Gruppo MoVimento 5 Stelle, dal 27 marzo 2018

Comonente della VIII Commissione (Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici) dal 21 giugno 2018

  1. Proposte di Legge presentate come primo firmatario
  2. Proposte di Legge presentate come cofirmatario
  3. Proposte di Inchiesta parlamentare
  4. Interventi in Assemblea
  5. Attività in Commissione
  6. Interrogazioni e interpellanze
  7. Ordini del giorno
  8. Altre attività

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1. PROPOSTE DI LEGGE PRESENTATE COME PRIMO FIRMATARIO

11 settembre 2018 – PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE D’IPPOLITO e LIUZZI: “Introduzione dell’articolo 34-bis della Costituzione, in materia di riconoscimento del diritto sociale di accesso alla rete internet” (1136)
(presentata il 4 settembre 2018, annunziata l’11 settembre 2018)

4 luglio 2018 – D’IPPOLITO ed altri: “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sullo smaltimento illecito di rifiuti mediante affondamento di navi e sulle connesse attività di organizzazioni criminali” (831)
(presentata il 29 giugno 2018, annunziata il 4 luglio 2018)

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PROPOSTE DI LEGGE PRESENTATE COME COFIRMATARIO

12 dicembre 2018 – ILARIA FONTANA ed altri: “Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, concernenti il controllo delle emissioni di sostanze emananti odore”(1440)
(presentata l’11 dicembre 2018, annunziata il 12 dicembre 2018)

11 ottobre 2018 – ROSPI ed altri: “Modifica all’articolo 36 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, concernente l’inserimento del golfo di Taranto tra le aree di reperimento per l’istituzione di parchi o riserve marine” (1254)
(presentata il 10 ottobre 2018, annunziata l’11 ottobre 2018)

13 settembre 2018 – VIANELLO ed altri: “Modifiche all’articolo 38 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, all’articolo 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e altre disposizioni in materia di pianificazione delle aree e di estensione dei divieti relativi allo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e di deposito sotterraneo di gas naturale, nonché di valutazione dell’impatto sanitario dei progetti” (1155)
(presentata il 12 settembre 2018, annunziata il 13 settembre 2018)

7 agosto 2018 – VIGNAROLI ed altri: “Disposizioni per la disciplina dell’economia dei beni usati e la promozione del settore del riutilizzo, nonché istituzione del Tavolo di lavoro permanente sul riutilizzo” (1065)
(presentata il 6 agosto 2018, annunziata il 7 agosto 2018)

17 aprile 2018 – NESCI ed altri: “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere” (513)
(presentata il 16 aprile 2018, annunziata il 17 aprile 2018)
Legge 7 agosto 2018, n. 99
Gazzetta Ufficiale n. 192 del 20 agosto 2018

20 agosto 2018 – VIGNAROLI ed altri: “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati” (85)
(presentata e annunziata il 23 marzo 2018)
Legge 7 agosto 2018, n. 100
Gazzetta Ufficiale n. 192 del 20 agosto 2018

23 marzo 2018 – TERZONI ed altri: “Limiti all’impiego di sostanze diserbanti chimiche” (77)
(presentata e annunziata il 23 marzo 2018)

23 marzo 2018 – TERZONI ed altri: “Legge quadro in materia di tutela, protezione e valorizzazione del patrimonio geologico e speleologico” (67)
(presentata e annunziata il 23 marzo 2018)

23 marzo 2018 – TERZONI ed altri: “Modifica all’articolo 10 della legge 21 novembre 2000, n. 353, in materia di obbligo di aggiornamento del catasto dei soprassuoli percorsi dal fuoco” (66)
(presentata e annunziata il 23 marzo 2018)

23 marzo 2018 – VIGNAROLI ed altri: “Disposizioni per la disciplina e la promozione dell’attività di compravendita di beni usati, istituzione del Consorzio nazionale del riuso, nonché disposizioni per la formazione degli operatori del settore” (56)
(presentata e annunziata il 23 marzo 2018)

23 marzo 2018 – DAGA ed altri: “Disposizioni in materia di gestione pubblica e partecipativa del ciclo integrale delle acque” (52)
(presentata e annunziata il 23 marzo 2018)

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3. PROPOSTE DI INCHIESTA PARLAMENTARE PRESENTATE COME COFIRMATARIO

7 agosto 2018 – ROSPI ed altri: “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività di prospezione, ricerca, coltivazione, estrazione, stoccaggio e raffinazione di idrocarburi in mare e in terraferma e su eventuali illeciti ambientali ad esse correlati” (Doc XXII, n. 33) (Doc. XXII, n.33) [ PDF ] (presentata il 7 agosto 2018)

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4. INTERVENTI IN ASSEMBLEA

Iniziative di competenza volte alla tutela e alla salvaguardia dell’ambiente, della salute e della sicurezza delle popolazioni con riferimento alla centrale a biomasse dell’Enel sita all’interno del Parco nazionale del Pollino – n. 2-00045 Parentela (Urgente)

 13 luglio 2018 – GIUSEPPE D’IPPOLITO (M5S). Grazie, Presidente. Voglio dire subito che ringrazio il Ministro dell’ambiente, il sottosegretario che ha, qui, risposto e l’intero Governo per l’immediata, anzi, fulminea attenzione alle nostre istanze sulla centrale a biomasse del Mercure, ubicata nel Parco nazionale del Pollino, che rappresenta un grosso problema per la regione Calabria e per la regione Basilicata.

Il collega Parentela vi ha appena illustrato con dovizia di particolari la vicenda che, per certo, costituisce uno di quei paradossi italiani talmente evidenti da non aver suscitato, prima che arrivasse il Governo del cambiamento, sdegno morale e politico nella maggioranza della precedente legislatura, troppo impegnata a foraggiare banche della morte e a favorire gruppi imprenditoriali spregiudicati.

Il MoVimento 5 Stelle, come riassunto nell’illustrazione dell’odierna interpellanza, ha denunciato lo scandalo del Mercure a più riprese, utilizzando tutti gli strumenti disponibili, parlamentari, civili e politici.

Ma non solo, nello specifico, il MoVimento 5 Stelle, che sulla produzione di energia elettrica ha una posizione chiara e coerente, ha rilanciato l’urlo d’allarme e aiuto dei territori interessati, degli enti e delle associazioni che per anni si sono opposti, in modo esemplare, all’azione di violenza, sopraffazione e per molti versi di illegalità subita da poteri economici pubblici e istituzionali.

La storia della centrale a biomasse del Mercure grida vendetta, perché, in nome del dio degli affari, un’area protetta ha già subito danni e ferite; ne risponderanno in primo luogo i responsabili politici e i burocrati dell’operazione.

Per troppo tempo, nei palazzi romani non ha destato meraviglia né orrore il fatto che una centrale a biomasse potesse trovarsi dentro un parco nazionale, né hanno provocato sconcerto e riprovazione del potere pubblico le notizie su fornitori dell’impianto accusati di collusione con la ‘ndrangheta, sugli allucinogeni della compensazione promossa dal precedente Ministero dello sviluppo economico e sull’Osservatorio Ambientale foraggiato da Enel, socio della Fondazione che ha licenziato uno studio rassicurante sui danni alla salute umana delle popolazioni locali.

Non c’era bisogno di questa centrale, perché la Calabria ha un surplus di energia elettrica e perché il 60 e passa per cento dei proventi ricavati da Enel e dall’attività dell’impianto, che produce inquinamento e polveri dannose per l’uomo e l’ecosistema, proviene dagli incentivi agli impianti di produzione di energia assimilabile all’energia rinnovabile.

Noi abbiamo piena fiducia nel Ministro dell’ambiente e nell’intero Governo che, sono sicuro, finalmente andranno a fondo in questa vicenda clamorosa, quanto indicativa del fatto che i vecchi partiti hanno sempre considerato il Sud la pattumiera d’Italia, dove si può guadagnare molto a discapito di un popolo sempre bollato come incapace di capire e di reagire.

In un altro intervento in quest’Aula, ho citato una fonte autorevole, il capo della Protezione civile calabrese, il dottor Tansi, che ha ipotizzato la connessione tra le migliaia di roghi di boschi calabresi e l’approvvigionamento illecito di combustibili per gli impianti di biomasse, tra cui quello del Mercure. Di recente, lo accennava il collega Parentela, e qui introduciamo un elemento di novità, anche se di competenza di altro dicastero, Enel ha venduto al Fondo F2i, alla modica cifra di 335 milioni di euro, l’intero impianto del Mercure. Una vendita strana nei tempi e nei luoghi: è avvenuta pochi giorni fa ed è avvenuta alla vigilia di una sentenza del consiglio di Stato che potrebbe decretare la chiusura del Mercure per l’assenza delle necessarie autorizzazioni. Ma c’è un ulteriore elemento; è mia personale opinione – e questa la porterò all’attenzione del mio gruppo – che sia giunto il momento perché il Parlamento avvii un’approfondita riflessione sul concetto di fonti energetiche rinnovabili, nelle quali, oggi, sono ricomprese e incentivate con fondi pubblici anche produzioni di energia che non provengono dallo sfruttamento di fonti idealmente rinnovabili in natura, ma, come nel caso del Mercure, dalla combustione, e che sono inquinanti, dannose e nocive per l’ecosistema e per l’uomo. Per questo, temo certamente la criminalità ‘ndranghetista, le cosiddette ecomafie, ma, consentitemi, temo, altrettanto, anche l’affarismo spregiudicato in campo ambientale. Il collega Parentela vi rilevava che il fondo F2i è partecipato, oltre che da due fondazioni bancarie, anche dalla Cassa depositi e prestiti, cioè dallo Stato italiano, i cui vertici, peraltro, sono ormai scaduti, e nel dirvi questo la mia indignazione aumenta a dismisura.

Oggi, però – e concludo -, il Ministro dell’ambiente e il Governo ci hanno dato prova che inizia una nuova fase, di pulizia, rigore, rispetto delle regole e delle comunità.

Caro sottosegretario, ne siamo felici, perché in un Paese normale lo Stato non può lucrare sulla salute dei propri cittadini, ma, come insegna la Costituzione, la deve salvaguardare di fronte a tutto, di fronte a tutti.

Questo è un segnale per l’intero Mezzogiorno che voi date e che i Governi precedenti, invece, avevano marginalizzato per i loro interessi e calcoli elettorali. È un segnale forte, che si aggiunge all’incontro che il Ministro dello sviluppo economico ha di recente avuto con l’imprenditore calabrese anti ‘ndrangheta e anti-banche, Antonino De Masi.

Oggi sappiamo che il Governo del cambiamento è vicino al Meridione, per questo confermo la mia disponibilità più ampia e piena, quale componente della Commissione ambiente e deputato della Calabria, a collaborare con il massimo impegno, insieme al collega Parentela e agli altri parlamentari Cinquestelle della Calabria e della Basilicata, affinché il processo di cambiamento avviato dal Governo sia il più netto e incisivo possibile, partendo dal miglioramento della qualità della vita dei singoli e dalla necessità di ripristinare il rispetto delle regole (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

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 Proposta di legge: Vignaroli ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (A.C.85-A); e delle abbinate proposte di legge: Braga ed altri; Muroni; Cortelazzo ed altri (A.C.103414785)

9 luglio 2018 – GIUSEPPE D’IPPOLITO (M5S). Grazie Presidente, rappresentante del Governo, colleghi deputati, è indispensabile l’istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e sugli illeciti ambientali ad esse correlato. La Commissione d’inchiesta della scorsa legislatura è valsa a costruire, in stretta collaborazione con le procure italiane, un efficace sistema di contrasto delle attività di associazioni criminali, anche straniere, operanti nel settore ambientale e sempre più invasive e capillari. È, dunque, fondamentale che sia istituita pure per la corrente legislatura la Commissione parlamentare d’inchiesta ad hoc, anche per cooperare col Ministro dell’ambiente, al fine di garantire a ciascuno una vita migliore in un ambiente sano in cui non ci si ammali per cause legate alla gestione criminale dei rifiuti. La salute è un bene primario fondamentale e collettivo, per questo il lavoro della Commissione è essenziale e può servire a rafforzare oltremodo la convergenza delle istituzioni a presidio dei territori e della tutela della natura e della vita umana. Ma la necessità di costruire anche nella corrente legislatura la Commissione speciale di inchiesta deriva anche da più attuali e pregnanti esigenze: innanzitutto quelle che nascono dalla necessità di portare a compimento le attività ancora non esaurite dall’omologa Commissione speciale nella precedente legislatura.

Penso al capitolo ancora aperto in ordine agli incendi negli impianti di trattamento e smaltimento rifiuti. L’istituenda Commissione dovrebbe definitivamente fare luce sulle reali cause, anche di sistema, che vi stanno dietro, anche in relazione all’esportazione dei rifiuti all’estero, a partire dal blocco dell’export di alcune tipologie di rifiuti plastici verso la Cina. Vanno studiate anche le diverse cause interne a tale problematica e andrebbe peraltro indagata la commissione di alcuni specifici reati, anche diversi dal rogo dei rifiuti, nei siti di stoccaggio o negli altri impianti. E questo ce lo racconta, purtroppo, la cronaca di questi giorni, anzi di queste ore: abbiamo visto ieri il rogo in uno stabilimento a Milano, nei giorni scorsi nelle Marche e ancora in Lombardia, ma nessuna regione d’Italia ne è esente, si ipotizzano circa cento roghi di rifiuti al mese.

E penso ancora, tra le cose da portare a compimento, all’attuazione della legge 22 maggio 2015, n. 68, in materia di reati contro l’ambiente. Certo, proprio stamattina sentivamo dire, nel convegno di Legambiente, tutto il bene su questa legge, è sicuramente un’ottima legge, però in questi tre anni di applicazione abbiamo dovuto anche registrare delle divergenze interpretative da parte della magistratura su alcune definizioni, per esempio sulla definizione del reato di omessa bonifica, quindi occorre rivisitare completamente questa normativa per verificare se siano necessari aggiustamenti o addirittura lo stanziamento di ulteriori risorse. Così come va, poi, appurato se il sistema sanzionatorio contenuto nel decreto legislativo n. 152 del 2006 debba essere nuovamente novellato.

E non posso poi omettere di citare la mai chiusa vicenda, nonostante le ripetute indagini nelle precedenti legislature, delle navi dei veleni, o navi a perdere, volontariamente affondate nel nostro mar Tirreno, cariche di rifiuti tossici e radioattivi. Occorre programmare una riapertura del dossier frettolosamente archiviato e probabilmente formare una nuova Commissione bicamerale d’inchiesta, per la quale ho già presentato una specifica proposta di legge, ma questo lo valuteremo all’interno del nostro gruppo parlamentare. Ma occorre guardare ad ampio raggio all’interno delle pieghe di tali accadimenti e anche a come i poteri dello Stato l’abbiano o meno contrastati: troppe contraddizioni, troppi punti rimasti senza convincente risposta, rilievi della Marina militare contrastanti con le indagini delle procure della Repubblica, indagini giornalistiche conclusesi in senso opposto alle versioni ufficiali del Ministero dell’ambiente, e intanto le navi sono ancora lì da qualche parte nel Mar Tirreno e disperdono ancora il loro carico di veleno e di morte.

Questi sono solo degli esempi dei dossier che l’istituenda Commissione eredita dalle precedenti, dossier da riaprire e da portare a definitiva conclusione, ma nel frattempo la criminalità ambientale ci propone nuovi e, se possibile, ancora più scottanti temi di indagine. Essendo io un parlamentare del Sud, quel Sud dove nel 2017 si sono registrati il 44 per cento dei reati in materia ambientale, quel Sud troppo spesso abbandonato, nel passato recente e remoto, al triste destino di essere la discarica di veleni e pertanto luogo di affarismo e morte, non posso dimenticare che i boschi calabresi, quelli della Sila in particolare ma non solo, sono in mano alle mafie da decenni; le varie operazioni della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro lo hanno ampiamente dimostrato. Addirittura, i rifiuti tossici provenienti dall’Ilva di Taranto, per quanto emerso dalle ricostruzioni della magistratura, sarebbero stati smaltiti illecitamente in Calabria. A tal riguardo, è più che opportuna un’interlocuzione diretta con i territori, con le forze dell’ordine, le procure e le prefetture per approfondire questo specifico capitolo.

Non posso qui non ricordare un’altra recentissima vicenda ancora molto dubbia: l’uccisione del giovane Soumaila Sacko, cioè il caso dell’ex fornace in località Tranquilla di San Calogero. Anche lì, indagini della magistratura hanno rivelato la presenza in quel cimitero industriale di circa 130 mila tonnellate di rifiuti tossici e pericolosi provenienti dall’Enel di Brindisi, di Priolo, di Termini Imerese. E sottolineo ancora l’esigenza di andare a fondo anche sullo smaltimento di 350 mila tonnellate di rifiuti tossici che sarebbero stati utilizzati come materiale edile altamente cancerogeno per la costruzione di scuole, palazzine popolari, centri commerciali, villette a schiera, strade, banchine del porto e finanche la questura di Crotone. I dati che vi cito sono proprio tratti dalle indagini della Procura di quel capoluogo.

L’elencazione potrebbe continuare per ore, ma ora voglio chiudere non sottacendo l’allarme lanciato la scorsa estate dal capo della Protezione civile calabrese, Carlo Tansi, che ha ipotizzato una connessione tra le migliaia di roghi di boschi calabresi e l’approvvigionamento illecito di combustibili per gli impianti di biomasse e, tra questi, l’impianto a biomasse del Mercure, già proprietà dell’Enel, ubicato in un parco nazionale. Sì, avete capito bene: ubicato in un parco nazionale, al confine tra la Calabria e la Basilicata. Questa centrale, già di proprietà dell’Enel – ho detto già di proprietà! – è stata la scorsa settimana ceduta ad un fondo, il Fondo F2i, composto da Cassa depositi e prestiti e da due fondazioni bancarie, Banca Intesa e Credito Italiano.

PRESIDENTE. Dovrebbe concludere, deputato.

GIUSEPPE D’IPPOLITO (M5S). Concludo dicendo che questa Commissione ha la necessità di smascherare non solo la criminalità ‘ndranghetista legata ai reati ambientali, ma anche l’affarismo spregiudicato. Le ultime parole che voglio dire veramente in conclusione sono di Giovanni Falcone, che ricordava sempre: la mafia è un fenomeno umano e, come tutti i fenomeni umani, ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine. E noi siamo convinti che anche le ecomafie, oggi purtroppo nella loro fase d’evoluzione, col contributo di tutte le istituzioni e dei cittadini di buona volontà avranno presto una loro fine (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

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Iniziative, anche normative, volte alla bonifica dei siti inquinati, con particolare attenzione agli interventi relativi alla “Terra dei fuochi” n. 3-00026

20 giugno 2018 – GIUSEPPE D’IPPOLITO (M5S). Grazie, Presidente; stimato Ministro, come è noto il nostro Paese si è dotato di una specifica legislazione ambientale, con notevole ritardo rispetto alle prime sollecitazioni normative provenienti dall’Unione Europea. Registriamo, però e purtroppo, che le organizzazioni criminali si sono specializzate, specialmente in certe aree d’Italia, nel fornire a imprenditori senza scrupoli comode scorciatoie per disfarsi dei rifiuti, ampliando la corruzione, inquinando terreni e territori, acque ed economie, creando morte e luoghi di morte silenziosa. Così come non possiamo dimenticare che su tutto il territorio nazionale vi sono numerose altre zone ad alta compromissione ambientale, zone con discariche abusive, percolazioni, roghi, fumi tossici, contaminazioni delle falde acquifere che mettono in pericolo la salute dei cittadini, la qualità dell’ambiente e la fiducia della comunità verso lo Stato.

Le chiediamo, allora, se tra le sue priorità vi sia la prosecuzione degli interventi in favore della Terra dei fuochi e delle altre aree egualmente compromesse, nonché come voglia agevolare le bonifiche dei siti inquinati e la salvaguardia della qualità delle acque (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

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5. ATTIVITÀ IN COMMISSIONE

VIII COMMISSIONE (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI)

29 gennaio 2019 – Indagine conoscitiva sui rapporti convenzionali tra il Consorzio nazionale imballaggi (CONAI) e l’ANCI, alla luce della nuova normativa in materia di raccolta e gestione dei rifiuti da imballaggio. Audizione di Franco Grisan, presidente del Consorzio Recupero Vetro (COREVE).

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Sede consultiva
Ratifica ed esecuzione dell’Accordo di dialogo politico e di cooperazione tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Cuba, dall’altra, fatto a Bruxelles il 12 dicembre 2016. C.1332 Grande (Parere alla III Commissione)

20 febbraio 2019 – Giuseppe D’IPPOLITO (M5S)relatore, presenta una proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).

19 febbraio 2019 – Giuseppe D’IPPOLITO(M5S)relatore, evidenzia che si tratta del primo accordo bilaterale tra l’Unione europea e Cuba volto ad instaurare un quadro stabile per le relazioni tra le Parti, ai fini di una maggiore cooperazione e dell’intensificazione del dialogo su un’ampia gamma di settori strategici comuni, tra i quali lo sviluppo sostenibile.
In particolare, per quanto attiene alle competenze della Commissione, sottolinea il Titolo V della Parte III dell’Accordo (articoli 47-49), avente ad oggetto la cooperazione nel settore dell’ambiente, della gestione del rischio di catastrofi e di cambiamenti climatici.
In particolare, l’articolo 47 dell’Accordo prevede che le politiche di cooperazione in materia di ambiente e cambiamenti climatici, volte a conseguire uno sviluppo sostenibile, vertano sui seguenti aspetti: conservazione e gestione sostenibile delle risorse naturali, della biodiversità e degli ecosistemi; lotta contro l’inquinamento delle acque, dell’aria e del suolo, anche attraverso una sana gestione dei rifiuti, delle acque reflue, delle sostanze chimiche e di altre sostanze e materiali pericolosi; questioni globali come i cambiamenti climatici, la riduzione dello strato di ozono, la desertificazione e la siccità, la deforestazione, la protezione delle zone costiere, la conservazione della biodiversità e la biosicurezza.
Le misure da adottare saranno intese, tra l’altro, a promuovere scambi di informazioni ed esperienze in materia di legislazione ambientale, a trasferire e utilizzare tecnologie pulite sostenibili e il relativo know-how, a favorire modelli sostenibili di produzione e consumo nonché a promuovere la sensibilizzazione e l’educazione ambientale.
Quanto alla gestione del rischio di catastrofi, l’articolo 48 dell’Accordo prevede un impegno comune per migliorare le misure di prevenzione, attenuazione, preparazione, reazione e recupero, finalizzando la cooperazione alla riduzione della vulnerabilità e dei rischi, attraverso il potenziamento delle capacità di sorveglianza e di allarme rapido.
Con l’articolo 49 le Parti riconoscono la necessità di garantire la disponibilità e la gestione sostenibile dell’approvvigionamento idrico e di servizi igienico-sanitari per tutti, con l’obiettivo di una gestione efficiente delle reti, dell’ammodernamento della tecnologia connessa alla qualità dell’acqua e di una sensibilizzazione riguardo alla necessità di conservazione, impiego razionale e gestione integrata delle risorse idriche.
Infine, per quanto non di stretta competenza, richiama il contenuto dell’articolo 77, avente ad oggetto «Commercio e sviluppo sostenibile», che prevede una cooperazione delle Parti volta, tra l’altro, all’elaborazione di programmi e azioni riguardanti l’attuazione e l’applicazione degli aspetti commerciali degli accordi multilaterali sull’ambiente e della legislazione ambientale nonché alla promozione di scambi di prodotti ottenuti da risorse naturali gestite in modo sostenibile, anche grazie a misure efficaci riguardanti la conservazione e la gestione sostenibile della fauna selvatica, delle risorse ittiche e delle foreste, anche elaborando misure volte a contrastare il commercio illegale avente ripercussioni sull’ambiente.
In conclusione, qualora dal dibattito non emergano criticità, preannuncia la proposta di parere favorevole sul provvedimento.

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16 gennaio 2019 – Indagine conoscitiva sui rapporti convenzionali tra il Consorzio nazionale imballaggi (CONAI) e l’ANCI, alla luce della nuova normativa in materia di raccolta e gestione dei rifiuti da imballaggio. Audizione di Giorgio Quagliulo, Presidente del CONAI.

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Sede consultiva
Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici. C.1189 Governo (Parere alle Commissioni riunite I e II)

13 novembre 2018 – Giuseppe D’IPPOLITO (M5S), relatore, presenta una proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).

7 novembre 2018 – Giuseppe D’IPPOLITO (M5S), relatore, riferisce alla Commissione, ai fini del prescritto parere alle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia, sul disegno di legge recante «Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici».
Fa presente che la relazione illustrativa del provvedimento in esame evidenzia la finalità di combattere la corruzione e gli altri reati contro la pubblica amministrazione, che si traducono in un fenomeno endemico, che alimenta mercati illegali, distorce la concorrenza, costa alla collettività un prezzo elevatissimo, in termini sia economici, sia sociali, risultandone danneggiate complessivamente l’economia, la crescita culturale e sociale del Paese, l’immagine della pubblica amministrazione e la fiducia stessa dei cittadini nell’azione amministrativa.
Il disegno di legge si compone di due Capi, il Capo I, composto dagli articoli da 1 a 6, modifica il codice penale, il codice di procedura penale, il codice civile, l’ordinamento penitenziario e alcune leggi speciali, con l’obiettivo di potenziare l’attività di prevenzione, accertamento e repressione dei reati contro la pubblica amministrazione; il Capo II (articoli 7-12) introduce nuove norme in materia di trasparenza e controllo dei partiti e movimenti politici.
Per i profili di interesse della Commissione, viene in primo luogo in rilievo la nuova disciplina, volta a rendere più rigorosa ed effettiva la sanzione accessoria della incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione. Si interviene, al riguardo, sia sui presupposti applicativi e l’entità delle sanzioni, sia sulla disciplina degli effetti della sospensione condizionale della pena e della riabilitazione.
In particolare, la lettera c) dell’articolo 1 sostituisce il secondo comma dell’articolo 32-ter del codice penale, che attualmente prevede che l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione non può avere durata inferiore ad un anno né superiore a 5 anni.
La novella stabilisce, in relazione alla condanna per taluni reati ivi elencati, una durata tra 5 e 7 anni dell’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, per condanne fino a 2 anni di reclusione e il divieto in perpetuo di contrattare con la pubblica amministrazione – salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio – per condanne superiori a due anni di reclusione.
La lettera d), riformulando l’articolo 32-quater del codice penale, integra il catalogo dei reati commessi in danno o a vantaggio di un’attività imprenditoriale (o comunque in relazione ad essa) alla cui condanna consegue l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione. Ai reati già previsti dall’articolo 32-quater sono aggiunti: il peculato, escluso quello d’uso; la corruzione in atti giudiziari; l’abuso d’ufficio aggravato; il traffico di influenze illecite.
La lettera f) modifica l’articolo 166 del codice penale relativo agli effetti della sospensione condizionale della pena, che reca la regola generale secondo cui l’applicazione della sospensione condizionale determina la sospensione anche delle pene accessorie. La norma in commento introduce una deroga, escludendo che la sospensione condizionale abbia effetti anche per la incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, con riguardo alle fattispecie di reato ivi previste.
Analogamente, la lettera g) esclude gli effetti della riabilitazione con riguardo all’incapacità perpetua a contrattare con la pubblica amministrazione e prevede la dichiarazione di estinzione della pena accessoria solo quando sia decorso un termine di 12 anni e il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta.
Sempre con riguardo a talune fattispecie di reato riguardanti i contratti con la pubblica amministrazione – tra i quali, ad esempio, i delitti di turbata libertà degli incanti (articolo 353) e del procedimento di scelta del contraente (articolo 353-bis) – la lettera n) inserisce il nuovo articolo 323-ter, con il quale si introduce una causa speciale di non punibilità, in presenza di collaborazione.
In particolare, non è punibile colui che li denuncia volontariamente; fornisce indicazioni utili per assicurare la prova del reato e per individuare gli altri responsabili, purché l’autodenuncia avvenga tempestivamente e non sia premeditata rispetto alla commissione del reato denunciato.
La lettera b), n. 2) dell’articolo 2 – con un nuovo comma 1-ter dell’articolo 445 c.p.p. – intende affidare alla discrezionalità del giudice l’applicazione delle pene accessorie dell’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione e dell’interdizione dai pubblici uffici nel caso di pena patteggiata.
L’articolo 5 è volto ad estendere la disciplina delle operazioni di polizia sotto copertura al contrasto di alcuni reati contro la pubblica amministrazione. Accanto all’ampliamento del catalogo dei delitti, la disposizione amplia il novero delle condotte scriminate.
Nel rinviare alla documentazione degli uffici per l’illustrazione degli ulteriori contenuti del provvedimento, si riserva di formulare una proposta di parere anche alla luce delle considerazioni che dovessero emergere dal dibattito.

Giuseppe D’IPPOLITO (M5S), relatore, sottolinea che il complesso degli articoli riguarda i reati contro la Pubblica amministrazione, ossia reati di interesse generale che riguardano anche chi è portatore di interessi specifici in materia ambientale e che dovrebbero essere considerati con attenzione da chi ha a cuore l’ambiente. Quanto al peculato d’uso, precisa che si tratta dell’appropriazione temporanea di un bene da parte di un incaricato di pubblico servizio o di un pubblico ufficiale. Demanda in ogni caso al rappresentante del Governo gli ulteriori chiarimenti che si rendessero necessari.

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5-00882 D’Ippolito: Reiterazione, da parte della giunta regionale calabrese, di ordinanze contingibili e urgenti per la gestione dei rifiuti in deroga alla normativa vigente

6 novembre 2018 – Giuseppe D’IPPOLITO (M5S) illustra l’interrogazione in titolo, richiamando l’attenzione sulla possibile emanazione in un futuro prossimo, di una ulteriore ordinanza da parte del presidente della regione, che rappresenterebbe l’ulteriore ennesima immotivata deroga al piano ordinario regionale di gestione dei rifiuti.

Giuseppe D’IPPOLITO (M5S), replicando, ringrazia il sottosegretario Micillo per la risposta che finalmente squarcia il velo di silenzio della Calabria e conferma l’illegittimità di una prassi derogatoria non più consentita e non autorizzabile. Sottolinea come i danni di questa gestione siano sotto gli occhi di tutti e, a titolo di esempio, cita la mancanza di impianti di trattamento e l’assenza di pratiche di conferimento porta a porta.
Con riguardo ai risultati positivi nella gestione della raccolta differenziata richiamati dal sottosegretario nella risposta, peraltro contestati da alcune importanti società scientifiche, evidenzia che, pur registrandosi un miglioramento in termini assoluti, i livelli di raccolta differenziata della regione si collocano molto al di sotto della media nazionale. A seguito della dissennata gestione regionale, le città calabresi si sono trasformate in discariche a cielo aperto ed è cronaca degli ultimi giorni che, a seguito delle intense precipitazioni, le strade sono state invase da sacchetti di rifiuti che galleggiavano lungo le strade con evidenti rischi ambientali e di salute. A tale riguardo la procura di Lamezia Terme ha messo sotto indagine per il reato di interruzione di pubblico servizio i responsabili delle società di raccolta e conferimento dei rifiuti.
Lamentando ancora una volta la mancata realizzazione degli impegni presenti nel piano regionale di gestione dei rifiuti, accoglie le parole del sottosegretario come un impegno del Governo verso la Calabria volto a non consentire più deroghe e a ripartire dalla raccolta differenziata e dalla necessità di superare il trattamento dei rifiuti attraverso inceneritori.

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5-00381 D’Ippolito: Adozione di iniziative legislative in materia di trattamento dei rifiuti.5-00382 Trancassini: Adozione di iniziative legislative in materia di trattamento dei rifiuti

6 settembre 2018 – Giuseppe D’IPPOLITO (M5S) si dichiara pienamente soddisfatto della risposta resa dal sottosegretario che, senza addentrarsi in complicate questioni di conformità della normativa nazionale a quella comunitaria, fa riferimento al cuore della questione, ovvero al superamento dell’incenerimento dei rifiuti e alla creazione di una raccolta differenziata di qualità, attraverso il riutilizzo e il riciclaggio, nell’ambito dell’economia circolare. Al riguardo, auspica che siano intraprese iniziative legislative tempestive, di natura parlamentare o governativa, tra le quali ultime ritiene fondamentale l’abrogazione del DPCM del 2016, attuativo dell’articolo 35 del decreto-legge «sblocca-Italia», che costituirebbe un primo importante segnale nella direzione indicata dal Governo.

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5-00185 D’Ippolito: Completamento della procedura di valutazione ambientale strategica del piano del Parco nazionale della Sila

19 luglio 2018 – Giuseppe D’IPPOLITO (M5S) illustra l’interrogazione in titolo.

Giuseppe D’IPPOLITO (M5S), replicando, ringrazia il sottosegretario per la risposta che evidenzia le gravi inadempienze della regione Calabria, considerato che il completamento della procedure di valutazione ambientale strategica del piano del Parco nazionale della Sila dovrebbe avvenire alla fine del mese di luglio, dopo oltre sette mesi dal loro avvio. Manifestando la propria soddisfazione per l’intenzione di favorire il superamento dell’attuale fase commissariale dell’Ente Parco, auspica che il Ministero prosegua nella sua azione di vigilanza nei confronti della regione.

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 6. INTERROGAZIONI E INTERPELLANZE

18 febbraio 2019 – Interrogazione a risposta scritta 4-02287

presentata da D’IPPOLITO Giuseppe

Lunedì 18 febbraio 2019, seduta n. 128

D’IPPOLITO e PARENTELA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell’economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

in un articolo pubblicato sulla testata giornalistica on line «LaCnews24» il 13 febbraio 2019, si legge di una nota firmata dal segretario regionale di Uil Calabria e dall’omologo sindacale di UilTecCalabria, a proposito della società partecipata dalla regione Calabria Sorical, al momento gestore del servizio idrico calabrese, nella quale si auspica «una convocazione urgente da parte del presidente della giunta regionale», invitato «a confrontarsi con il sindacato»;

nella stessa nota viene attribuita all’attuale gestione di Sorical, posta in liquidazione dal 2012, l’incapacità di «realizzare» gli «obiettivi di riorganizzazione e di efficientamento del sistema, funzionali ad un rilancio dell’azienda», che, prosegue la nota dei suddetti sindacati, «nelle ultime ore» «pare abbia chiamato, senza procedura concorsuale, decine di nuovi dipendenti»;

secondo gli stessi sindacati, «Sorical – si legge nella riferita nota – in assenza di investimenti strutturali e di una programmazione manageriale capace, rischia di essere risucchiata dai tanti problemi gestionali che attaccano la tenuta societaria»;

le riferite criticità, precisano i due sindacati, «venute fuori nella riunione tenutasi» nella sede della giunta regionale della Calabria «il 31 luglio», «adesso si sono addirittura aggravate»;

nel documento relativo al bilancio d’esercizio al 31 dicembre 2016, il più recente a disposizione nella sezione dedicata alla trasparenza sul sito internet di Sorical, si legge che al 31 dicembre 2016 la partecipata ha un organico di 251 unità e, in pari data, un indebitamento finanziario di 111.746.659 euro;

in un articolo pubblicato sulla testata on line «Corriere della Calabria» il 1° febbraio 2018, si legge che «oltre 6 anni di commissariamento» della stessa partecipata «non sono bastati ad» azzerarne «il deficit», secondo i sindacati Filctem Cgil e Femca Cisl;

l’articolo 19 del decreto legislativo n. 175 del 2016, per come modificato e integrato dal decreto legislativo n. 100 del 2017, prevede che le società a controllo pubblico stabiliscono con propri provvedimenti criteri e modalità per il reclutamento del personale nel rispetto dei princìpi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità e di quelli di cui all’articolo 35, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

lo stesso articolo 19 stabilisce che le «amministrazioni pubbliche socie fissano, con propri provvedimenti, obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento, ivi comprese quelle per il personale, tenendo conto del settore in cui ciascun soggetto opera, delle società controllate, anche attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale e tenuto conto di quanto stabilito all’articolo 25, ovvero delle eventuali disposizioni che stabiliscono, a loro carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale»;

l’articolo in predicato contempla, poi, che le «società a controllo pubblico garantiscono il concreto perseguimento degli obiettivi di cui al comma 5 tramite propri provvedimenti da recepire, ove possibile, nel caso del contenimento degli oneri contrattuali, in sede di contrattazione di secondo livello»;

secondo l’articolo 22 del decreto legislativo n. 175 del 2016, che all’articolo 25 prevede norme specifiche anche in tema di personale eccedente, le «società a controllo pubblico assicurano il massimo livello di trasparenza sull’uso delle proprie risorse e sui risultati ottenuti, secondo le previsioni del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33» –:

di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se intenda adottare iniziative normative, alla luce delle vicende sopra richiamate, per garantire una maggiore efficienza ed economicità nell’amministrazione delle società e degli enti a partecipazione pubblica, anche locale, e assicurare il rispetto di tutti gli obblighi di trasparenza, pubblicità e imparzialità, con particolare riferimento ai profili riguardanti il reclutamento e la gestione del personale.
(4-02287)

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12 febbraio 2019 – Interpellanza urgente 2-00268

presentata da D’IPPOLITO Giuseppe
testo presentato Martedì 12 febbraio 2019
modificato Giovedì 14 febbraio 2019, seduta n. 126

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

di recente il dipartimento della regione Calabria ambiente e territorio ha scritto ai comuni e ai gestori dei servizi relativi al ciclo dei rifiuti, ricordando loro il subentro all’ente regione, ai sensi della legge regionale 11 agosto 2014, n. 14, e a decorrere dal 1° gennaio 2019, degli stessi comuni (più precisamente degli ambiti territoriali ottimali (ato) nei rapporti contrattuali con essi gestori;

nella stessa nota si legge della richiesta del suddetto dipartimento ai riferiti gestori di continuare a erogare i servizi malgrado manchino i contratti, indispensabili, che a parere degli interpellanti non si sa ancora se, come e quando i comuni potranno stipulare, per loro diffuse difficoltà sia finanziarie che di carattere strettamente amministrativo;

il rischio che ne deriva è, ad avviso degli interpellanti, che in Calabria la «filiera » dei rifiuti possa presto bloccarsi completamente, con ogni intuibile conseguenza d’ordine sanitario e d’ordine pubblico, per comprensibili riserve dei suddetti gestori a proseguire le attività in mancanza delle garanzie contrattuali; a ciò si aggiunga che in Calabria non sono più in esercizio impianti pubblici di trattamento dei rifiuti e discariche in gestione pubblica e/o privata;

quanto al problema del trasferimento delle competenze ai comuni riuniti in ato, la stessa regione ha pensato ad adottare una soluzione temporanea di affiancamento dei comuni, che tuttavia non sembra superare le prescrizioni delle norme vigenti in materia di ambiti territoriali e, infatti, il consiglio regionale della Calabria ha promulgato la legge regionale 25 gennaio 2019, n. 5, con la quale il trasferimento delle funzioni amministrative in materia di rifiuti da regione a comuni-ato (contenuto nella legge regionale n. 14 del 2014, in attuazione del principio di cui agli articoli 198 e 200 e successivi del decreto legislativo n. 152 del 2006) viene di fatto completamente eluso, attraverso la previsione di accordi attraverso i quali i comuni «possono delegare alla Regione Calabria le funzioni amministrative relative alla gestione del servizio di trattamento»;

evidenti sono i problemi di coerenza sistematica e di rispetto di gerarchia delle fonti nel raffronto con il testo unico ambientale (articoli 198, 200, 203), nel provvedimento citato; ad essi si aggiungono altrettanto evidenti problemi di conformità normativa, in quanto i gestori continuano – e, probabilmente, continueranno – ad essere privi di qualunque disciplina contrattuale (articolo 203 del Tua) dei loro rapporti nonché di regolarità contabile, avendo la legge regionale in parola stanziato, con variazione del bilancio regionale, la cifra di 87.363.000,00 di euro, per la cui copertura vengono ipotizzati degli improbabili versamenti comunali, nonostante che, invece, gli obbligati siano gli ambiti territoriali ottimali (Ato) e non i singoli enti locali;

quanto alla carenza di impianti pubblici di trattamento e smaltimento, la regione Calabria, nel mese di gennaio 2019, ha visto andare deserta, per la seconda volta, la gara europea per il trasferimento transnazionale dei rifiuti, nel mentre si preannuncia la predisposizione di una terza gara, con notevole aumento dei prezzi offerti che, ove trovasse partecipanti, eroderebbe tutte le risorse finanziarie delle quali beneficerebbero, in tariffa, i cittadini che seguono la prassi della raccolta differenziata che, pertanto, verrebbe presto abbandonata; inoltre, la regione è orientata solo a favorire la realizzazione di future mega-discariche private, spesso in spregio di norme di tutela ambientale e storico-paesaggistica, con grave nocumento degli interessi della collettività;

ancora, si aggiunga, che nel tempo, in Calabria, regione – secondo Ispra – penultima in Italia quanto a percentuale di raccolta differenziata, il suo presidente, Mario Oliverio, in merito al ciclo dei rifiuti ha gestito il regime ordinario con ricorso sistematico a ordinanze in deroga, ben dodici in quattro anni, prassi nello specifico non consentita dalla norme in vigore per come già chiarito dal competente Sottosegretario per l’ambiente e la tutela del territorio e del mare all’interpellante in sede di risposta all’interrogazione a risposta immediata in Commissione, il quale anche a mezzo stampa ha rilevato gravi criticità nella regione Calabria in relazione alla carenza di impianti di trattamento, alla percentuale della raccolta differenziata al di sotto degli obiettivi minimi previsti dalla legge e alle difficoltà esistenti in ordine al recupero e al riuso dei rifiuti –:

se il Governo non ritenga, per ripristinare il rispetto della gerarchia delle fonti, di promuovere la questione di legittimità costituzionale, ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione, in relazione alla legge regionale 25 gennaio 2019, n. 5, recante «Disposizioni transitorie per la gestione del servizio di trattamento dei rifiuti urbani», per conflitto con gli articoli 199-200-203 del decreto legislativo n. 152 del 2006, assumendo nel contempo urgenti iniziative di competenza per la gestione dei rifiuti nel territorio calabrese, anche prendendo in considerazione l’ipotesi di deliberare lo stato di emergenza e procedere, conseguentemente, alla nomina di un commissario governativo con riferimento alla situazione della regione Calabria.
(2-00268) «D’Ippolito, Daga, Deiana, Federico, Ilaria Fontana, Licatini, Alberto Manca, Maraia, Ricciardi, Rospi, Terzoni, Traversi, Varrica, Vianello, Vignaroli, Zolezzi, Acunzo, Adelizzi, Davide Aiello, Piera Aiello, Alaimo, Alemanno, Amitrano, Angiola, Aresta, Ascari, Azzolina, Baldino, Barbuto, Massimo Enrico Baroni, Acquaroli, Nesci».

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5 novembre 2018 – Interrogazione a risposta immediata in commissione 5-00882

presentata da D’IPPOLITO Giuseppe

Lunedì 5 novembre 2018, seduta n. 76

D’IPPOLITO, PARENTELA, VIGNAROLI, DAGA, DEIANA, FEDERICO, ILARIA FONTANA, LICATINI, ALBERTO MANCA, MARAIA, RICCIARDI, ROSPI, TERZONI, TRAVERSI, VARRICA, VIANELLO e ZOLEZZI. — Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

dall’insediamento del presidente della giunta regionale calabrese Mario Oliverio sono state fino ad oggi, undici ordinanze contingibili e urgenti, ai sensi dell’articolo 191 del decreto legislativo n. 152 del 2006 per il conferimento dei rifiuti solidi urbani;

il Piano regionale di gestione dei rifiuti approvato con deliberazione n. 156 del 19 dicembre 2016, evidenzia la «necessità di incidere significativamente sull’adeguamento dell’attuale sistema impiantistico regionale in maniera tale che lo stesso sia orientato a quelle necessarie attività di supporto alla raccolta differenziata e, attraverso l’impiego di tecnologie di recupero spinto, possa ulteriormente incidere sul recupero di quelle materie riciclabili ancora contenute nei rifiuti urbani indifferenziati a valle della raccolta differenziata», nell’ottica di ridurre drasticamente la dipendenza del sistema regionale dalle discariche o dalla combustione;

le ordinanze contingibili e urgenti, ai sensi del già richiamato articolo 191 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in base, al comma 1, possono essere emesse — qualora si verifichino situazioni di eccezionale e urgente necessità — per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti anche in deroga alle disposizioni vigenti nel rispetto comunque delle disposizioni contenute nelle direttive dell’Unione europea e hanno efficacia per un periodo non superiore a sei mesi;

il potere di ordinanza presenta numerose problematicità legate soprattutto all’adozione di provvedimenti che, a giudizio degli interroganti, si pongono in contrasto con il principio di legalità in senso sostanziale. In tale ambito il diritto ambientale è intriso di norme — nella forma di regole ovvero di princìpi — di origine comunitaria, la cui derogabilità da parte di un atto amministrativo è difficilmente ammissibile, e anzi dovrebbe essere esclusa;

a tal proposito, la norma introduce, accanto al presupposto della «eccezionale ed urgente necessità» di tutela della salute e dell’ambiente, la precisazione che ai provvedimenti derogatori è possibile ricorrere solo qualora «non si possa altrimenti provvedere», introducendo un termine massimo di sei mesi all’efficacia dei provvedimenti ed un limite alla possibilità di reiterazione;

la riformulazione attuata con il decreto-legge n. 80 del 2008, a modifica del comma 4 dell’articolo 191, ha eliminato ogni possibile incertezza interpretativa, perché specifica inequivocabilmente che nessuna forma speciale di gestione dei rifiuti può legittimamente protrarsi per più di 18 mesi, salvo intesa con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare –:

quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda adottare per evitare la reiterazione delle ordinanze contingibili e urgenti nonché per far fronte all’emergenza riguardante la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti in Calabria.
(5-00882)

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26 ottobre 2018 – Interrogazione a risposta scritta 4-01485

presentato da D’IPPOLITO Giuseppe

Venerdì 26 ottobre 2018, seduta n. 72 

D’IPPOLITO. — Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

in ordine a un progetto riguardante lavori di riqualificazione e rifunzionalizzazione urbana della frazione marina del comune di Monasterace, in provincia di Reggio Calabria, l’interrogante ha formalmente chiesto spiegazioni al sindaco dello stesso comune, in uno interessando i locali consiglieri comunali e, per le rispettive competenze, il dirigente generale del dipartimento ambiente e territorio della regione Calabria, nonché il procuratore di Locri, al fine di rappresentare quanto appreso a seguito di segnalazione firmata, in particolare con riferimento al presunto utilizzo di rifiuti edili in quanto tali, compresi eternit e pannelli di materie plastiche, che sarebbero stati, per quanto dettagliato nell’intesa segnalazione, frantumati e spalmati sull’intera area del cantiere e ricoperti in fretta, pare contravvenendo a tutte le norme ambientali e alle tecniche costruttive delle opere stradali;

nella sua nota di risposta, protocollo n. 9294 dell’8 ottobre 2018, il sindaco del comune di Monasterace ha argomentato per la piena regolarità dei lavori, specificando che gli stessi non necessitano di valutazione di impatto ambientale e facendo peraltro riferimento a «privati senza scrupolo» che a suo dire starebbero cercando di rientrare in possesso di aree – in parte dello stesso comune e in parte del demanio – interessate dal progetto, occupate abusivamente e rispetto alle quali non sarebbero state eseguite ordinanze di sgombero e demolizione di strutture insistenti su suolo pubblico;

secondo la segnalazione sopra richiamata, il progetto prevederebbe una previsione di materiali di risulta proveniente dalle demolizioni quantificata in circa 1600,00 metri cubi fra calcestruzzo della struttura portante, laterizi ed intonaci grezzi delle tamponature esterne, oltre ad una quantità non stimata di eternit;

una considerevole quantità – secondo quanto risulta all’interrogante – di materiali di risulta (circa 1200,00 metri cubi), per la maggior parte costituita da inerti (cls e laterizi), verrebbe reimpiegata (…) in cantiere per eseguire massicciate, cassonetto stradale e livellamento stradale necessario a colmare la differenza di quota fra il lungomare esistente ed il nuovo tracciato posto ad una quota più alta di circa 1,00 metri, mentre il materiale rimanente verrebbe invece smaltito mediante trasporto e conferimento a discarica autorizzata;

una tale scelta apparirebbe assolutamente discutibile e non sarebbe consentita dalle norme vigenti, visto che il materiale per massicciate, cassonetti stradali e livellamenti (come tutti i materiali impiegati) deve rispondere a requisiti specifici a cui le macerie delle demolizioni non rispondono, tanto che le stesse norme prevedono il conferimento e lo smaltimento in discarica (previo opportuno trattamento) –:

di quali precisi elementi disponga in relazione al progetto di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere, anche promuovendo una verifica del Comando dei carabinieri per la tutela dell’ambiente, per accertare che in tutta l’area interessata dai lavori in predicato non vi sia alcuna forma di inquinamento ambientale.
(4-01485)

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6 settembre 2018 – Interrogazione a risposta in commissione 5-00381

presentata da D’IPPOLITO Giuseppe

Giovedì 6 settembre 2018 in Commissione VIII (Ambiente)

D’IPPOLITO, DAGA, DEIANA, FEDERICO, ILARIA FONTANA, LICATINI, ALBERTO MANCA, ROSPI, RICCIARDI, TERZONI, TRAVERSI, VARRICA, VIANELLO, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

con l’ordinanza n. 4574/2018, su ricorso di numerosi comitati e associazioni, il TAR Lazio ha rimesso due questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, con riferimento all’articolo 35 del cosiddetto «Decreto Sblocca Italia», decreto-legge n. 133 del 2014, e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 2016 sulla termovalorizzazione dei rifiuti, esprimendo dubbi sulla conformità della predetta disposizione alla normativa comunitaria, senza sospenderne l’efficacia;
il TAR richiama la Comunicazione COM(2017)/34 della Commissione europea sulla termovalorizzazione ove è riportato che «tassi così elevati di incenerimento non sono coerenti con obiettivi di riciclaggio più ambiziosi» e che sia indicato nell’ambito delle misure nazionali consentite a ciascuno Stato membro, di «abolire gradualmente i regimi di sostegno per l’incenerimento dei rifiuti e, se del caso, reindirizzare gli aiuti verso processi che occupano posti più alti nella gerarchia dei rifiuti» ovvero «introdurre una moratoria sui nuovi impianti e smantellare quelli più vecchi e meno efficienti.»;
il Tar ha, altresì, rilevato che dalla relazione difensiva dell’amministrazione emerge una generica posizione a difesa della conformità del dettato normativo alla competenza statale e alla direttiva 2008/98/CE per quanto riguarda l’ottimizzazione e il potenziamento delle infrastrutture di incenerimento con recupero energetico, ritenuto genericamente rispettoso del principio della «gerarchia dei rifiuti»;
il TAR Lazio rileva, inoltre, come tutte le norme rinviate appaiono contrastare con la gerarchia d’intervento comunitario in materia di rifiuti che vede riduzione, recupero di materia e riciclo come interventi prioritari rispetto all’incenerimento di rifiuti e che l’ordinanza di rimessione crea una situazione d’incertezza legislativa e potrebbe produrre l’anomalo e indesiderato effetto di accelerare le richieste di autorizzazione per la realizzazione/completamento di nuovi inceneritori, sfruttando il periodo, presumibilmente non breve, entro il quale dovrà pronunciarsi la Corte del Lussemburgo –:
se il Governo non ritenga necessario adottare iniziative normative urgenti per l’abrogazione dell’articolo 35 della legge n. 164 del 2014, al fine di evitare che il nostro Paese incorra in un’ennesima condanna da parte della Corte di giustizia dell’Unione europea, emanando in subordine un provvedimento urgente di moratoria della vigenza dell’articolo 35 della legge n. 164 del 2014 e, in ogni caso, disponendo l’abrogazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 2016, in attesa del pronunciamento della Corte di Giustizia dell’Unione europea. (5-00381)

Risposta scritta pubblicata Giovedì 6 settembre 2018
nell’allegato al bollettino in Commissione VIII (Ambiente)
5-00381

In merito alle questioni poste dagli Onorevoli interroganti, poiché vertenti, sulla medesima tematica, si fornisce un’unica risposta.
Occorre evidenziare in linea generale che gli articoli della Direttiva 2008/98/CE non ostano ad una normativa interna primaria e alla sua correlata normativa secondaria di attuazione – quali l’articolo 35, comma 1, del decreto-legge n. 133 del 2014 e il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 2016 – che qualificano solo gli impianti di incenerimento ivi considerati quali infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, allo scopo di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme di settore, oltre che al fine di limitare il conferimento dei rifiuti in discarica. Tale qualificazione ha il precipuo scopo di accelerare le tempistiche di realizzazione di un sistema adeguato di gestione dei rifiuti, necessario per ottemperare alle condanne pronunciate dalla Corte di Giustizia e senza che venga in alcun modo alterato o violato il principio di gerarchia dei rifiuti.
D’altro canto, le Direttive comunitarie del cosiddetto «pacchetto economia circolare» pongono obiettivi ambiziosi per il riutilizzo, riciclaggio e raccolta differenziata da raggiungere nei prossimi anni.
In tale contesto normativo, al fine di ridurre la produzione dei rifiuti e favorire l’aumento della raccolta differenziata, tenuto conto che attiene allo Stato la competenza in materia di gestione integrata dei rifiuti, il Ministro Costa ha dato disposizione agli uffici legislativi affinché sia modificato l’articolo 35 dello «Sblocca Italia», contro cui tantissimi cittadini e comitati si sono sempre battuti. È arrivato il momento di non puntare più sull’incenerimento ma sulla differenziata di qualità e sull’economia circolare.

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 25 luglio 2018 – Interrogazione a risposta scritta 4-00797

presentata da D’IPPOLITO Giuseppe

Mercoledì 25 luglio 2018, seduta n. 33

D’IPPOLITO. — Al Ministro dell’economia e delle finanze, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

i consorzi di bonifica, i cui ambiti territoriali sono definiti con riferimento ai bacini idrografici, dovrebbero garantire una efficace funzione di presidio e di tutela territoriale;

essi sono enti economici di diritto pubblico, amministrati dagli stessi consorziati, che coordinano interventi pubblici e privati nel settore delle opere idrauliche e dell’irrigazione;

l’attività di bonifica del territorio e di manutenzione dello stesso è disciplinata dal regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, recante «Nuove norme per la bonifica integrale», il quale stabilisce che sono tenuti alla contribuzione delle opere di competenza che non siano a totale carico dello Stato i proprietari degli immobili siti nel comprensorio che traggono beneficio dalla bonifica;

la materia rientra nella competenza della legislazione regionale (articolo 117 della Costituzione), ma la riscossione dei contributi era prevista dal secondo comma dell’articolo 21 del succitato regio decreto, che prevedeva che essa avvenisse «con le norme che regolano l’esazione delle imposte dirette» cioè a mezzo di ruolo e cartella di pagamento e con eventuali concessionari;

al punto 385 dell’Allegato 1 del decreto legislativo 1 dicembre 2009, n. 179, recante «Disposizioni legislative statali anteriori al 1 gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005 n. 246», l’articolo 21 non compare tra quelli del regio decreto n. 215 del 1933 di cui il legislatore ha voluto mantenere la vigenza, decretandone così, inequivocabilmente, la sua abrogazione, con conseguente cessazione, a far data dal 2009, del potere dei consorzi di riscuotere i contributi a mezzo ruoli, cartelle di pagamento e concessionari;

tale interpretazione sistematica dell’evoluzione normativa, benché inequivoca, è stata ribadita anche dalla giurisprudenza tributaria (ad esempio commissione provinciale di Piacenza n.131/2017 e 154/2017);

ciononostante, praticamente in tutte le regioni d’Italia detti consorzi continuano a riscuotere i contributi attraverso le iscrizioni nei ruoli esattoriali, spesso affidati a concessionari, e con la notifica di cartelle di pagamento;

la natura stessa della riscossione esattoriale prevede che, dopo la notifica della cartella, ove questa rimanga senza pagamento o opposizione, la stessa diventa titolo esecutivo legittimante qualunque procedura esecutiva mobiliare, immobiliare, di fermo amministrativo di mezzi, di pignoramento di stipendio e/o pensione e così via;

tale situazione è di grave nocumento per i possibili contribuenti, giacché provoca un’inversione nell’esercizio dei loro diritti di difesa, essendo costretti quest’ultimi a impugnare le cartelle allorquando la richiesta dei contributi è priva dei presupposti, spesso anticipando spese di gran lunga superiori al contributo reclamato, laddove, invece, nel regime ordinario, sarebbe il consorzio obbligato a sottoporre, prima, all’autorità giudiziaria tutti gli elementi a fondamento della propria pretesa, per vedersela riconosciuta anche in fase coercitiva –:

se il Governo non intenda assumere iniziative per chiarire definitivamente l’assetto normativo vigente e, ove risulti confermata l’interpretazione di cui in premessa, quali iniziative di competenza, anche normative, intenda assumere per impedire il protrarsi di quella che appare all’interrogante una vessazione di dubbia legittimità operata da parte dei consorzi attraverso il ricorso a una procedura abrogata da quasi dieci anni.
(4-00797)

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19 luglio 2018 – Interrogazione a risposta scritta 4-00753

presentata da D’IPPOLITO Giuseppe

Giovedì 19 luglio 2018, seduta n. 30

D’IPPOLITO. — Al Ministro dell’interno. — Per sapere – premesso che:

con decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 2017 (in Gazzetta Ufficiale serie generale n. 298 del 22 dicembre 2017) il consiglio comunale di Lamezia Terme (Catanzaro) veniva sciolto, ai sensi dell’articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, per infiltrazioni della criminalità organizzata nella gestione politica-amministrativa; con lo stesso decreto del Presidente della Repubblica veniva nominata una Commissione straordinaria con «le attribuzioni spettanti al consiglio comunale, alla giunta ed al sindaco nonché ogni altro potere ed incarico connesso alle medesime cariche»; al decreto veniva allegata la prodromica relazione del Ministro dell’interno redatta anche sulla scorta degli accertamenti di rito e, in particolare, dell’accesso presso il suddetto comune disposto, ai sensi dell’articolo 143, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dal prefetto di Catanzaro, con decreto del 6 giugno 2017, successivamente prorogato; in particolare la relazione finale del Ministro, ha evidenziato che, in disparte i «rapporti a vario titolo tra numerosi componenti sia dell’organo esecutivo che di quello consiliare con soggetti appartenente alla criminalità organizzata (…) la relazione della commissione d’indagine ha fatto emergere un diffuso quadro di illegalità, in diversi settori dell’ente locale che, unitamente ad un generale disordine amministrativo, si sono rivelati funzionali al mantenimento di assetti predeterminati con soggetti organici o contigui alle organizzazioni criminali egemoni ed al consequenziale sviamento dell’attività di gestione dai principi di legalità e buon andamento»; nell’accertamento prefettizio sono elencate, con minuziosa ricostruzione, le varie pratiche condotte in modo poco ortodosso – fonte del sospetto collusivo e di infiltrazione malavitosa – ma anche le complete generalità dei dirigenti e funzionari del comune di Lamezia Terme che di tali comportamenti e atti amministrativi si sono resi responsabili; a quanto consta all’interrogante tutti i citati dirigenti (tre), all’infuori di uno, ormai in quiescenza, sono ancora regolarmente in servizio nel comune commissariato, anche se dopo doverosa rotazione d’incarichi; tali dirigenti, citati nella relazione prefettizia, riceverebbero ripetutamente attestati di stima e fiducia dalla terna commissariale che affiderebbe loro tutte le attività dirigenziali del comune (sono gli unici dirigenti in servizio), evitando di provvedere alla loro rimozione o, almeno, all’integrazione, consentita dalla legislazione vigente, dei quadri dirigenziali comunali con altri dirigenti di designazione provvisoria e prefettizia; tale situazione determina la totale assenza di servizi indispensabili per la città, atteso che i citati dirigenti a quanto risulta all’interrogante manterrebbero non atteggiamenti collaborativi e propositivi di fronte alle richieste dei singoli cittadini, bensì posizioni di chiusura totale e assoluta rispetto anche alle più elementari e giustificate esigenze che ogni comunità organizzata ha necessità di svolgere in campo sociale, culturale, sportivo, economico, e così via; i dirigenti più volte citati, essendo gli unici dirigenti comunali, starebbero portando a compimento atti amministrativi risalenti alla precedente amministrazione, che pure avevano formato oggetto delle motivate ragioni che avevano portato allo scioglimento del consiglio comunale, come ad esempio il piano strutturale comunale, la cui ipotetica approvazione provoca forti dissensi in città–:

se non ritenga opportuno assumere urgenti iniziative di competenza affinché la commissione straordinaria segni una maggiore e più evidente discontinuità con l’amministrazione sciolta per infiltrazioni criminali, anche e soprattutto nella riorganizzazione degli uffici amministrativi e nei quadri dirigenziali.
(4-00753)

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18 luglio 2018 – Interrogazione a risposta scritta 4-00743

presentata da D’IPPOLITO Giuseppe

Mercoledì 18 luglio 2018, seduta n. 29

D’IPPOLITO, NESCI, SAPIA e PARENTELA. — Al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

sulla testata giornalistica in rete «Quotidiano Sanità», si legge, in un articolo del 16 luglio 2018, delle polemiche suscitate in Calabria dalla decisione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, condivisa con il Ministero delle salute, di cancellare la specializzazione in cardiochirurgia presso la facoltà di medicina dell’università Magna Graecia di Catanzaro; in particolare, lì è scritto, citando la fonte «Adnkronos Salute», che «ai fini dell’attribuzione alle Scuole di specializzazione di medicina dei contratti a finanziamento statale da assegnare attraverso il concorso nazionale, il Miur si è avvalso dei pareri tecnici prodotti dall’Osservatorio nazionale della formazione medica specialistica, ma anche di “ulteriori criteri oggettivi”», tra cui «un indicatore sintetico che permette di esplorare tanto la dimensione formativa quanto quella assistenziale di riferimento»;

«la Scuola – prosegue l’articolo in predicato – di specializzazione di Cardiochirurgia dell’Università di Catanzaro, con uno score pari a 0/4, è risultata l’ultima tra le 23 scuole della tipologia in questione, accreditate dall’Osservatorio nazionale per l’anno accademico entrante»;

«proprio – continua l’articolo – questo dato, unitamente ai contenuti della motivazione analitica che correda il parere di Accreditamento provvisorio (dell’Osservatorio nazionale sulla Scuola di Cardiochirurgia dell’Università Magna Graecia di Catanzaro), ha indotto il Miur a non assegnare contratti di formazione alla scuola», in attesa che possa superare le criticità emerse;

la scuola, spiega l’articolo, «oltre ad un indicatore Anvur decisamente sotto la soglia (0.0), “avrebbe un solo docente nello specifico Ssd e quindi risulta a rischio la sostenibilità rispetto a quanto definito dal Decreto interministeriale 68/2015”»;

pertanto la scuola, è aggiunto, «dovrebbe dotarsi di un piano di miglioramento o presentare un piano di adeguamento (…) nell’arco di quest’anno»;

oltretutto l’articolo riassume che «in alcune strutture collegate non vengono intercettati gli standard assistenziali» e che la scuola «dovrebbe dunque dotarsi di un piano di miglioramento e fornire un programma di adeguamento»;

infine, conclude l’articolo, «al Miur non si ritiene che la rete proposta a supporto della formazione degli specializzandi possa» accoglierne un numero adeguato;

nell’interpellanza urgente n. 2-00048 svolta il 13 luglio 2018, si fa riferimento al «protocollo d’intesa, scaduto nel 2008, tra la regione Calabria e l’Università di Catanzaro per l’integrazione dell’assistenza sanitaria attraverso l’erogazione di prestazioni dell’azienda ospedaliero-universitaria Mater Domini, nonché del corrispettivo regionale alla medesima, tuttora erogato per milioni di euro oltre il dovuto, in difformità rispetto alle norme», come pure del fatto che a lungo il commissario governativo Scura «ha consentito, pur senza i requisiti richiesti, la prosecuzione dell’attività cardiochirurgica» di quel policlinico;

infine, in un carteggio tra l’università di Catanzaro e l’azienda ospedaliera di Catanzaro «Pugliese-Ciaccio» figurano evidenti tensioni circa l’attuazione delle intese sottoscritte per la scuola di specializzazione in pediatria riguardo a tale scuola, in una segnalazione pervenuta all’interrogante, si fa peraltro riferimento al fatto che i numeri di posti letto di degenza ordinaria inseriti nel computo della attività sarebbe solo di esclusiva pertinenza dell’azienda ospedaliera di Catanzaro, il che accorrerebbe accertare;

inoltre, si aggiunge che la scuola non avrebbe rinnovato contratti di insegnamento e solo a due medici della Pediatria Ospedaliera sarebbe stato rinnovato il tutoraggio sulla base di vecchissime delibere;

infine, ivi si annota che di fatto gli specializzandi non frequenterebbero più i reparti di pediatria ospedaliera e neonatologia del Pugliese-Ciaccio ma verrebbero per queste discipline inviati a Cosenza ed a Reggio Calabria creando loro anche disagi –:

quali urgenti iniziative di competenza intendano assumere per verificare la documentazione e le dotazioni dell’università di Catanzaro per tutte le scuole di specializzazione per cui è stato chiesto e/o ottenuto l’accreditamento.
(4-00743)

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 18 luglio 2018 Interrogazione a risposta immediata in commissione 5-00185

presentata da D’IPPOLITO Giuseppe

Mercoledì 18 luglio 2018, seduta n. 29

D’IPPOLITO, PARENTELA, VIGNAROLI, DAGA, DEIANA, FEDERICO, ILARIA FONTANA, LICATINI, ALBERTO MANCA, NANNI, RICCIARDI, ROSPI, TERZONI, TRAVERSI, VARRICA, VIANELLO e ZOLEZZI. — Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare — Per sapere – premesso che:

il parco nazionale della Sila ha adottato, con deliberazione 14/2017, la proposta di piano integrato delle misure di conservazione di cui alla delibera di giunta regionale 243/2014, del piano pluriennale economico e sociale, del rapporto ambientale e della sintesi non tecnica;

l’avviso di consultazione pubblica di valutazioni ambientali di valutazione ambientale strategica è stato pubblicato sul Bollettino ufficiale della regione Calabria 66/2017;

in seguito a quanto segnalato al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare riguardo al mancato coinvolgimento della propria direzione generale per le valutazioni ambientali nella procedura in argomento, l’Ente parco ha formalmente richiesto la partecipazione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare alle consultazioni di valutazione ambientale strategica;

la legge n. 394 del 1991 assegna al piano del parco il compito di attuare la tutela dei valori naturali ed ambientali affidata al parco;

tali finalità vanno perseguite con tutti gli strumenti di gestione del parco, in particolare il piano del parco, il regolamento del parco e il piano pluriennale economico e sociale;

gli obiettivi di gestione che il piano è tenuto a individuare, articolati con specifico riferimento alle diverse aree territoriali interessate dal parco, devono essere orientati al perseguimento delle finalità stabilite, in via generale, dalla legge quadro n. 394 del 1991;

tra le osservazioni formalizzate dal Ministero con nota del 21 novembre 2017, si legge che «sia l’impianto strategico del Ppn, ma soprattutto quello del Ppes, sia le valutazioni riportate nel Rapporto ambientale, non fanno riferimento diretto all’implementazione di modelli di gestione e cooperazione di area vasta» e che, considerato che la durata dei due piani proposti è diversa, «sarebbe opportuno che anche gli scenari temporali fossero sviluppati separatamente, così come l’analisi delle alternative»;

ancora, nella richiamata nota è indicata l’opportunità di approfondimenti sulle aree adiacenti il parco;

nella precisata nota vengono segnalate discrasie documentali ed è segnalata l’opportunità di «integrare e modificare i contenuti da riportare nel RA per le verifiche di coerenza»;

numerose importanti osservazioni di carattere metodologico sono inoltre articolate nella nota in questione, come pure con riferimento all’aria, all’acqua, al suolo, alla biodiversità e al monitoraggio e per quanto concerne la valutazione di incidenza;

ad oggi non si ha notizia, dalla regione Calabria, del completamento della procedura valutazione ambientale strategica per il piano del parco, ancora commissariato e diretto da un facente funzioni –:

quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per agevolare il completamento della predetta procedura e assicurare la gestione ordinaria del parco della Sila e il raggiungimento degli obiettivi dell’ente.
(5-00185)

Risposta scritta pubblicata Giovedì 19 luglio 2018
nell’allegato al bollettino in Commissione VIII (Ambiente)
5-00185

Con riferimento ai quesiti posti, si fa presente, in via preliminare, che l’Autorità competente per l’emissione del parere motivato sulla Valutazione Ambientale Strategica (VAS) del Piano del Parco Nazionale della Sila è la regione Calabria. Spetta, poi, all’Autorità procedente e/o proponente recepire i contenuti del predetto provvedimento regionale nell’ambito del Piano e del Rapporto Ambientale e di darne opportuna evidenza nella dichiarazione di sintesi all’atto dell’adozione del Piano e della VAS.
Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, quale soggetto competente in materia ambientale, ha fornito le proprie osservazioni nell’ambito delle consultazioni sul rapporto ambientale.
Secondo quanto riferito dalla regione Calabria, le predette osservazioni del Ministero hanno comportato un lavoro di rilettura totale degli elaborati e la necessità di trasmettere il tutto, in data 15 dicembre 2017, alla società specializzata che supporta l’Ente Parco.
I necessari raffronti e verifiche tra l’Ente e la società, per come comunicato dalla regione, si sono conclusi in data 21 giugno scorso con la stesura aggiornata degli elaborati che saranno validati nell’apposita riunione convocata dall’Ente Parco per il 25 luglio prossimo.
Relativamente al tema posto sullo stato della governance dell’Ente Parco, il Ministro dell’ambiente ha richiesto un incontro al Presidente della regione Calabria al fine di pervenire al superamento dell’attuale fase commissariale.

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 4 luglio 2018 – Interrogazione a risposta scritta 4-00591

presentata da D’IPPOLITO Giuseppe

Mercoledì 4 luglio 2018, seduta n. 21

D’IPPOLITO, PARENTELA, VIGNAROLI, DAGA, DEIANA, FEDERICO, ILARIA FONTANA, LICATINI, ALBERTO MANCA, NANNI, RICCIARDI, ROSPI, TERZONI, TRAVERSI, VARRICA, VIANELLO e ZOLEZZI. — Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

il parco nazionale della Sila ha adottato, con deliberazione del commissario straordinario n. 14 del 20 giugno 2017, la proposta di piano integrato delle misure di conservazione di cui alla delibera di giunta regionale n. 243 del 30 maggio 2014, del piano pluriennale economico e sociale, del rapporto ambientale e della sintesi non tecnica;

l’avviso di consultazione pubblica di valutazione ambientale strategica è stato pubblicato sul Bollettino ufficiale della regione Calabria n. 66 dell’11 luglio 2017;

in seguito a quanto segnalato al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare riguardo al mancato coinvolgimento della propria direzione generale per le valutazioni ambientali nella procedura in argomento, l’Ente parco ha formalmente richiesto la partecipazione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare alle consultazioni di Vas;

la legge n. 394 del 1991 (articolo 12) assegna al piano del parco il compito di attuare la tutela dei valori naturali ed ambientali affidata al Parco;

tali finalità vanno perseguite con tutti gli strumenti di gestione di cui il parco può disporre, in particolare quelli esplicitamente previsti dalla legge quadro, vale a dire, oltre al piano del Parco, il regolamento del parco (articolo 11) cui compete la disciplina dell’esercizio delle attività consentite, e il piano pluriennale economico e sociale (Ppes, articolo 14) per la promozione delle attività compatibili;

gli obiettivi di gestione che il piano è tenuto a individuare, articolati con specifico riferimento alle diverse aree territoriali interessate dal parco, devono essere orientati al perseguimento delle finalità stabilite, in via generale, dalla legge quadro n. 394 del 1991;

tra le osservazioni formalizzate dal Ministero con nota del 21 novembre 2017, si legge, in relazione ai contenuti della documentazione posta in consultazione, che «sia l’impianto strategico del Ppn, ma soprattutto quello del Ppes, sia le valutazioni riportate nel Rapporto ambientale, non fanno alcun riferimento diretto all’implementazione di modelli di gestione e di cooperazione di area vasta che dovrebbero coinvolgere anche le aree limitrofe al Parco al fine di perseguire gli obiettivi fissati nel programma approvato dall’Unesco attraverso nuovi modelli (anche sperimentali) di governance e di partenariato»;

ivi si legge che, considerato che la durata dei due piani proposti è diversa, «sarebbe opportuno che anche gli scenari temporali fossero sviluppati separatamente, così come l’analisi delle alternative»;

ancora, nella richiamata nota ministeriale è indicata l’opportunità di approfondimenti «anche in relazione alle “aree adiacenti il parco”»;

nella precisata nota vengono segnalate discrasie documentali ed è segnalata l’opportunità di «integrare e modificare i contenuti da riportare nel RA per le verifiche di coerenza»;

numerose importanti osservazioni di carattere metodologico sono inoltre articolate nella nota in questione, come pure con riferimento all’aria, all’acqua, al suolo, alla biodiversità e al monitoraggio e per quanto concerne la valutazione di incidenza;

come si legge in una nota del 21 novembre 2017, il Ministero, «nell’ambito della procedura di Valutazione Ambientale Strategica avviata dalla Regione Calabria e dall’Ente Parco Nazionale della Sila sul piano del Parco, ha trasmesso all’Autorità competente regionale, ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo n. 152 del 2006, le osservazioni al Rapporto Ambientale prodotte con il contributo delle Direzioni generali del Ministero dell’Ambiente e dell’Ispra, acquisito nell’ambito del tavolo interdirezionale di Vas costituitosi ad hoc per le consultazioni previste dalle procedure di Vas di competenza regionale»;

ad oggi non si ha notizia, dalla regione Calabria, del completamento della procedura di valutazione ambientale strategica per il piano del parco nazionale della Sila, ancora commissariato e diretto da un facente funzioni –:

quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per agevolare il completamento della predetta procedura e assicurare la gestione ordinaria del parco nazionale della Sila e il raggiungimento degli obiettivi dell’Ente.
(4-00591)

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5 giugno 2018 – Interrogazione a risposta scritta 4-00363

presentata da D’IPPOLITO Giuseppe

Martedì 5 giugno 2018, seduta n. 11

D’IPPOLITO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

con l’ordinanza n. 4574/2018, del 24 aprile 2018, su ricorso di numerosi comitati e associazioni, la I sezione del Tar Lazio ha sollevato due questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia dell’Unione europea, con riferimento all’articolo 35 del cosiddetto «decreto sblocca Italia», decreto-legge n. 133 del 2014, come convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164 del 2014 e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 agosto 2016;

il collegio dubita della conformità dello «Sblocca Italia» rispetto alla normativa comunitaria su tre punti specifici: l’articolo 35 che regola la libera circolazione di rifiuti per lo smaltimento in inceneritori; il ruolo preponderante degli inceneritori definiti come «impianti strategici di preminente interesse nazionale» (qualifica, peraltro, non riconosciuta «agli altri impianti volti al trattamento dei rifiuti a fini di riciclo e riuso») e la mancata valutazione ambientale strategica-Vas;

a tale proposito, sul ruolo della termovalorizzazione nella gestione dei rifiuti, il Tar, nell’ordinanza predetta, ha richiamato la comunicazione COM(2017)/34 del 26 gennaio 2017 della Commissione europea concernente «Il ruolo della termovalorizzazione nell’economia circolare», ove è testualmente riportato non solo come «tassi così elevati di incenerimento non sono coerenti con obiettivi di riciclaggio più ambiziosi», ma anche che «per ovviare a questo problema», nell’ambito delle misure nazionali consentite a ciascuno Stato membro, deve essere previsto, inter alia, di «abolire gradualmente i regimi di sostegno per l’incenerimento dei rifiuti e, se del caso, reindirizzare gli aiuti verso processi che occupano posti più alti nella gerarchia dei rifiuti» ovvero «introdurre una moratoria sui nuovi impianti e smantellare quelli più vecchi e meno efficienti»;

il Tar ha, altresì, rilevato che «l’Amministrazione si è difesa solo con un deposito documentale e con una relazione – peraltro sollecitate in sede istruttoria – senza ulteriori scritti o memorie difensive, in cui emerge una generica posizione a difesa della conformità del dettato normativo alla competenza statale e alla Direttiva 2008/98/CE per quanto riguarda l’ottimizzazione e il potenziamento delle infrastrutture di incenerimento con recupero energetico, ritenuto genericamente rispettoso del principio della “gerarchia dei rifiuti”, non evidenziandosi, dunque, ad avviso dell’interrogante, una insuperabile convinzione dal parte del Governo e del dicastero competente in ordine agli interventi normativi in questione»;

il Tar Lazio rileva, inoltre, come tutte le norme rinviate appaiono contrastare con la gerarchia d’intervento stabilita a livello comunitario in materia di rifiuti che vede riduzione, recupero di materia e riciclo come interventi prioritari rispetto all’incenerimento di rifiuti; l’ordinanza di rimessione crea una situazione d’incertezza e potrebbe produrre l’anomalo e indesiderato effetto di accelerare le richieste di autorizzazione per la realizzazione/completamento di nuovi inceneritori, sfruttando il periodo, presumibilmente non breve, entro il quale dovrà pronunciarsi la Corte di Lussemburgo –:

se il Governo non ritenga necessario adottare iniziative normative urgenti per abrogare l’articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014, al fine di evitare che il nostro Paese incorra in una ennesima condanna da parte della Corte europea, o in subordine, per sospendere l’applicazione del medesimo articolo 35, in attesa del pronunciamento della Corte di giustizia dell’Unione europea.
(4-00363)

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7. ORDINI DEL GIORNO

30 dicembre 2018 – Ordine del Giorno 9/01334-B/086

presentato da D’IPPOLITO Giuseppe

testo presentato Sabato 29 dicembre 2018

modificato Domenica 30 dicembre 2018, seduta n. 106

La Camera

impegna il Governo

al fine di evitare nuove condanne in sede europea, a valutare l’opportunità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di proporre al Parlamento l’abrogazione dell’articolo 35 del DL 133/2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164/2014, prevedendo in sostituzione, ove necessario, altra disposizione maggiormente conforme alle direttive 2008/98/CE e 2001/42/CE, con particolare riferimento alla gerarchia di smaltimento dei rifiuti, come determinata in sede comunitaria, allo scopo di evitare il ricorso alla termovalorizzazione anche mediante l’abolizione di ogni sostegno pubblico a tutte le pratiche di incenerimento dei rifiuti.
9/1334-B/86.(Testo modificato nel corso della seduta) D’Ippolito.

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8. ALTRE ATTIVITÀ

Audizione di Giorgio Quagliulo, Presidente del Consorzio nazionale imballaggi (CONAI), nell’ambito dell’indagine conoscitiva sui rapporti convenzionali tra il Consorzio nazionale imballaggi (CONAI) e l’ANCI, alla luce della nuova normativa in materia di raccolta e gestione dei rifiuti da imballaggio

16 gennaio 2019 – Giuseppe D’IPPOLITO (M5S), quesiti e osservazioni.

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