Con l’iniziativa Il Treno della Memoria, una delegazione dell’IIS “Guarasci-Calabretta” di Soverato, del Liceo Scientifico “Luigi Siciliani” e del Liceo Galluppi di Catanzaro, si sono recati ad Auschwitz.
La delegazione, accompagnata dai docenti Giovanni Bove, Bruno Furina, Concetta Gallelli, Massimo Iiritano e Maria Palazzo, ha fatto un lungo e faticoso viaggio che è stata un’opportunità unica per la condivisione di esperienze, sensibilità, punti di vista prima e durante la visita emotivamente assai impegnativa dei luoghi della deportazione e dello sterminio.
In particolare, i ragazzi si sono recati come “tappa intermedia” a Praga, dove hanno visitato il campo di Terezìn, noto per la commovente testimonianza dei tanti bambini e degli artisti lì rinchiusi, prima della deportazione nei campi di sterminio. Quindi, arrivati a Cracovia, hanno potuto conoscere, sempre condotti da guide sensibili e preparate, il quartiere ebraico e il ghetto di Cracovia, città popolata prima del 1939 da circa 70.000 ebrei, e la fabbrica di Schindler, sede di un museo interattivo particolarmente efficace. Infine, la giornata più dura è stata, senza dubbio, quella trascorsa tra Auschwitz e Birkenau, dove i ragazzi hanno potuto attraversare i luoghi della desolazione e del terrore, dove si tocca con mano e si avverte sulla pelle tutta la dismisura del male, la sua incomprensibile gratuità, i suoi eccessi impensabili.
«Quando il viaggio ci è stato proposto – si legge in una testimonianza di Maria Lucia, uno degli studenti che ha partecipato all’iniziativa del Treno della Memoria – non avevo ancora raggiunto la consapevolezza acquisita dopo aver affrontato le prime tappe di questo percorso.
Non mi riferisco alla consapevolezza dell’evento storico, perché tutti i libri di storia affrontano l’argomento, tutti i film riflettono l‘orrore di ciò che è stato e tutti noi abbiamo, dunque, la possibilità di possedere un’ampia conoscenza di questo tragico episodio.
Ma è solo visitando i luoghi in cui tutto è avvenuto, che realizzi concretamente ciò per cui, fino a quel momento, ti eri dispiaciuto e magari anche commosso, ma con una certa distanza.
Distanza infranta nel momento in cui ad un passo da te, hai le testimonianze di ciò che avevi solo potuto immaginare… Come potrebbe non far commuovere un disegno realizzato da un bambino innocente, che ritrae ciò che vive, una realtà della quale è succube e dalla quale non può sfuggire? O ancora, come potrebbe non smuovere nulla in te stesso, un luogo in cui ad una cifra immaginabile di gente è stata rubata la dignità?
Il Treno della memoria è stato un viaggio edificante, sia dal punto di vista della riflessione a livello personale sia dal punto di vista della socializzazione e del confronto con altra gente.
Un’esperienza dai mille risvolti, che difficilmente dimenticherò».
«Il Treno della Memoria – scrive Dafne – è stata un’esperienza che mi ha fatto molto riflettere. Riflettere sull’atrocità del genere umano, sulla cattiveria infinita degli uomini. Mi ha fatto capire che dobbiamo essere più tolleranti nei confronti dei “diversi” (che poi tanto diversi non sono), ma anche più intolleranti affinché questo orrore non possa ripetersi mai più. Più che un viaggio attraverso l’Europa, alla scoperta dei luoghi del genocidio più grande della storia, è stato un viaggio dentro me stessa: avverto che qualcosa sta cambiando, mi sento quasi “responsabile”, partecipante attiva di questa sorta di Resistenza contro ogni tipo di ghettizzazione rivolta indistintamente a tutti gli esseri umani perché, citando Primo Levi, “se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”».
«Ho provato a capire – scrive Domenico – cosa riuscivano a provare quelle povere persone in quel momento, da quando venivano deportati nei ghetti fino all’ultimo momento in cui sono stati deportati nei campi di concentramento e di sterminio».
«Visitare i campi di concentramento e di sterminio di Terezin, Auschwitz e Birkenau – scrive Antonio Giorgio – è stata un esperienza che i libri non ci raccontano, o che raccontano in parte tralasciando i fatti più crudeli che un uomo può fare ad un altro uomo, ma che io ho percepito attraverso gli occhi, e stando molto attento alle parole della guida che mi ha permesso di poter “immaginare” quello che hanno provato in questi luoghi le persone deportate». (mp)