di TONINO RUSSO – Nell’incontro alla Regione sul tema dell’autonomia differenziata con il Presidente della Giunta, Roberto Occhiuto, e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli, ho ripercorso i passaggi che, dalla legge 42 del 2009, ci hanno portato fino ad oggi. Si sarebbe dovuto realizzare un federalismo efficiente e solidale, rispettoso della Costituzione, superando il criterio della spesa storica, sulla base di LEP, livelli essenziali delle prestazioni, validi per tutti i cittadini su tutto il territorio nazionale e finanziati in riferimento alla previsione del fabbisogno standard.
Ciò non è mai avvenuto: né per i Lep, né per il Fondo di Solidarietà che avrebbe dovuto sostenere i comuni in difficoltà. Un esempio, considerando due comuni italiani con lo stesso numero di abitanti, Reggio Emilia, 171.000, e Reggio Calabria, 180,000. I dati sono sorprendenti: per l’istruzione, RE spende 28milioni, RC 9. Cultura, RE 21milioni, RC 4. Infrastrutture: RE 54milioni, RC 8milioni. Servizi sanitari: RE 40milioni, RC 17. A RE abbiamo 60 asili nido, a RC 3. Un altro esempio, fresco di stampa. Il Sindaco di Domanico, in provincia di Cosenza, fa un raffronto con Cazzago Brabbia (VA). Spesa per l’istruzione: Domanico, 936 abitanti, euro 21,81 pro capite; Cazzago Brabbia, 815 abitanti, euro 94,12 pro capite. Spesa per viabilità e territorio: Domanico, superficie 23,66 kmq, euro 107,07 pro capite; Cazzago Brabbia, superficie 4,00 kmq, euro 193,01 pro capite.
Insomma, non aver applicato i Lep ha significato impedire anche ad amministrazioni virtuose di offrire servizi ai propri cittadini, più istruzione e cultura, assistenza ai più deboli, di creare lavoro. E quanto è stato sottratto finora al Sud? Quante cose si sarebbero potute fare? Quanti ospedali? Quante scuole? Quante strade, autostrade, porti e aeroporti? Alcune stime parlano di 61miliardi all’anno sottratti al Mezzogiorno, corrispondenti, tanto per dare un’idea, a 600 nuovi ospedali all’anno o a 4.000 km di autostrade o 300 grandi aeroporti e così via.
Dunque, se vogliamo parlare di autonomie, non possiamo dimenticare ciò che venne fatto, a partire dalla Bicamerale del 1997, con la modifica del titolo V della Costituzione ratificato nel 2001 e con il referendum confermativo. Alla luce di quell’esperienza negativa, non possiamo ora permetterci una riforma superficiale. Ci ritroviamo, infatti, ad affrontare un dibattito Nord-Sud che non dovrebbe esistere. Perché non può esistere autonomia se non si stabiliscono Lep e fondo di perequazione. Se si realizzerà il passaggio dal criterio della spesa storica a quello dei fabbisogni standard, questi ultimi dovranno essere calcolati con attenzione, prendendo a riferimento i livelli essenziali delle prestazioni uguali per tutto il Paese.
Solo su queste basi per la Cisl, nella chiarezza della posizione espressa dal Segretario generale Luigi Sbarra, è possibile considerare come un’opportunità il tema dell’autonomia differenziata. Nell’incontro con il Presidente Occhiuto e il Ministro Calderoli ho ribadito che l’iter legislativo in materia deve svolgersi in modo lineare e partecipato in Parlamento e in un clima di concertazione con le parti sociali, tornando allo spirito del Piano per il Sud presentato a Gioia Tauro nel 2020, che mirava anche a recuperare i ritardi accumulati nella spesa per la crescita del Mezzogiorno.
Ho anche sottolineato che non ci spaventa il regionalismo. La Calabria vanta un patrimonio boschivo superiore a quello della Germania e 800 km di coste, produce energia rinnovabile più di quanto ne consumi, è ricca di risorse idriche, ha un’imprenditoria significativa nel campo agroalimentare. Non andiamo da nessuno con il cappello in mano. Stabiliti i LEP e recuperato ciò che al Sud è dovuto sapremo crescere e guardare al futuro per il bene non solo della nostra regione, ma di tutto il Paese. (rcz)