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Calabria sgomenta dopo la nuova inchiesta anti’ndrangheta di Nicola Gratteri

Nicola Gratteri

È una nuova, imponente e decisamente importante, operazione anti’ndrangheta la nuova inchiesta del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri: il pool investigativo che ha lavorato con lui l’ha battezzata “Basso profilo”, ma il livello, in realtà, è esageratamente alto. La Calabria perbene, però, se da un lato plaude senza riserve all’incessante opera di “bonifica” della regione che sta tentando Gratteri, dall’altro si trova sgomenta nello scoprire, ancora una volta, nomi “scottanti” che emergono dalle carte giudiziarie. Con un arresto clamoroso, l’assessore al Bilancio della Regione Calabria Franco Talarico (ai domiciliari) e un indagato eccellente, Lorenzo Cesa, segretario dell’Udc. Un’inchiesta che non getta solo scalpore, ma anche una preoccupante ombra di sospetto su uomini dello Stato, su rappresentanti del popolo, su politici che hanno ricevuto, mediante il voto, un mandato di rappresentanza.

Il teorema dei colletti bianchi complici o più semplicemente sodali (il famigerato “concorso esterno”) con i pezzi da novanta della ‘ndrangheta si ripropone ancora una volta, creando non poche perplessità tra i calabresi perbene (e sono tantissimi). I giudici confermeranno le accuse o acclareranno l’inesistenza di prove, com’è già capitato più volte, anche di recente, in eclatanti casi della giustizia italiana. Secondo la Costituzione tutti devono essere considerati innocenti fino all’ultimo grado di giudizio (art. 27), ma sta prevalendo una nuova ondata di giustizialismo sfrenato (non da parte dei pm che fanno il loro lavoro) che non porterà a niente di buono. Finirà che saremo tutti in libertà vigilata, a dover dimostrare di non aver compiuto un reato, piuttosto che essere accusati – da prove inoppugnabili – di essere responsabili di qualcosa che ha fattispecie di reato.

Noi siamo convinti che l’instancabile Nicola Gratteri faccia benissimo a perseguire la malapianta della ‘ndrangheta che è diventata la multinazionale del malaffare mondiale, però, associandoci al pensiero di tanti calabresi, ci domandiamo come sia possibile che si trovino sempre coinvolti, a vario titoli, uomini delle istituzioni. La richiesta di custodia cautelare (è capitato per Oliverio, per Tallini, poi annullata da gip; per il sen. Siclari, oggi per Talarico) non rischia di gettare un’ombra pericolosissima sulle istituzioni, con un gratuito, quanto evitabile, discredito delle stesse? La gente perbene, di fronte a una richiesta di custodia cautelare (diciamo meglio, un arresto eccellente, non importa che si al proprio domicilio) che getta un pesante sospetto sull’intera istituzione, siamo sicuri che non si ritrovi a pensare che è tutto marcio, tutto da buttare? Se passasse quest’idea, saremmo rovinati: ci sono milioni di calabresi onesti, di funzionari incorruttibili, amministratori locali, parlamentari, semplici impiegati della Pubblica Amministrazione con un fortissimo senso dello Stato, non meritano l’indifferenziata infamia del sospetto. Anche perché non mancano, in casi come questi, gli “avvoltoi” che si lanciano nel circo mediatico a fare lo spezzatino delle persone, condannate al pubblico ludibrio, prim’ancora di essere ascoltate dal magistrato che conduce le indagini.

Ecco, la cultura del sospetto è l’anticamera della fine della democrazia, è il primo segnale di una dissoluzione dell’idea di Stato che cerchiamo di coltivare e diffondere ai nostri ragazzi, educandoli al rispetto della legalità e della giustizia. Ma la giustizia non può essere a senso unico, perché sennò diventa giustizialismo e vengono meno le prerogative della difesa che la nostra Carta costituzionale ci garantisce. Se ci sono prove concrete, una flagranza di reato, non ci sono scusanti: la galera è quella che ci vuole; ma se manca la pallottola fumante e si dà soltanto valore ad intercettazioni (in questo caso ne risultano effettuate 60mila) dove un millantato credito diventa l’accusa principe, allora qualche dubbio diventa lecito.

Ai giudici il proprio mestiere, visto che – come nel caso di Gratteri – rischiano ogni giorno la vita e hanno rinunciato alla libertà che sarebbe più che legittimo avere, ma noi che siamo modesti (e rigorosi) osservatori di quanto fa notizia, non riusciamo a contenere un minimo di sconcerto di fronte al coinvolgimento di personaggi politici e di uomini delle istituzioni, che mediaticamente rovina famiglie, carriere, se non vite. Forse basterebbe un avviso di reato (che è a garanzia dell’indagato, non una condanna preliminare, come viene interpretata da giornali in cerca di pubblico e siti in ansia da click-bait) e attendere che la giustizia abbia il suo corso (troppo lento, purtroppo, che non restituisce, quando sarebbe soprattutto dovuta, la dignità calpestata a uomini e istituzioni).

Il segretario Cesa, di fronte all’avviso di reato, che serve a far sapere a chi lo riceve che sono in corso indagini sulla sua persona e non esprime un marchio indelebile di sicura colpevolezza, ha rimesso immediatamente il mandato di segretario dell’Udc. Il suo referente in Calabria, Talarico, è fino ai domiciliari. Quanto tempo dovremo, dovranno, attendere per avere un verdetto di colpevolezza o di assoluzione? (s)


LE REAZIONI

Numerosi i commenti e le prese di posizione su questa nuova indagine, mentre è appena iniziato il processo del secolo a Lamezia Terme: ne esce un’immagine della Calabria che risulta sempre più preda del malaffare e della ‘ndrangheta, un’immagine che constrasta, stride con quella che, in tanti, cercano di dare, in una prospettiva di futuro dove ci siano opportunità per i nostri giovani e il culto della legalità, come modello unico di riferimento. La stampa nazionale e ci sguazza in questa non difficile opera di distruzione della reputazione dei calabresi e della Calabria:

Se, da un lato, ci sono molte attestazioni di fiducia nei confronti di Cesa con l’auspicio che possa dimostrare al più presto l’insussistenza delle gravi accuse, dall’altro sono numerose le prese di posizione su questa nuova sconvolgente inchiesta giudiziaria. Secondo il presidente della Commissione regionale antindrangheta Antonio De Caprio «L’odierna operazione di polizia coordinata dalla Procura distrettuale di Catanzaro è un nuovo segnale da parte dello Stato della volontà di riappropriarsi di un territorio sottratto con la violenza e il malaffare da parte della criminalità organizzata». De Caprio afferma: «Auspico che l’assessore Talarico possa presto dimostrare la propria estraneità alle contestazioni che gli vengono mosse. Ad ogni modo la classe politica della nostra regione è bene che faccia tesoro del lavoro della magistratura, sforzandosi sempre di più di stare lontana da ambienti e condizionamenti di tipo mafioso. Soltanto la legalità, adottata come modus vivendi da parte di ognuno, rappresentanti istituzionali in primis, potrà permetterci di avviare il riscatto sociale di cui la Calabria ha disperato bisogno».

I Cinque Stelle calabresi Anna Laura Orrico, Laura Ferrara, Elisa Scutellà, Alessandro Melicchio, Massimo Misiti, Giuseppe Fabio Auddino, Riccardo Tucci e Paolo Parentela hanno diffuso una nota un cui sottolineano che  «L’ennesima inchiesta guidata da Nicola Gratteri contro la ’Ndrangheta, denominata ‘Basso profilo’ desta scalpore e preoccupazione perché restituisce un quadro allarmante nel quale lo scorrere della vita sociale è inquinato da tentacolari infiltrazioni mafiose. Un’operazione che coinvolge imprenditori, politici, società civile e che riguarda non solo la Calabria, come avviene sempre più spesso, bensì anche altre zone del Paese, facendo emergere un dato che da tempo è divenuto costante: la piaga della ‘Ndrangheta è un problema nazionale e internazionale, e come tale bisogna affrontarlo.

«L’operazione, fra l’altro – si legge nella nota –, cade a pochi giorni dall’inizio del primo maxi processo calabrese della storia contro la ‘Ndrangheta. Questo vuol dire che l’offensiva dello Stato è in atto e le risposte delle istituzioni, con la Direzione Investigativa Antimafia coordinata dalla procura di Catanzaro in prima linea, c’è ed è decisa. Tuttavia – proseguono gli esponenti pentastellati -, affinché tale risposta sia anche decisiva non sono sufficienti magistrati coraggiosi e bravi investigatori, è necessaria anche una ferma volontà politica e una fragorosa riscossa civile.
E’, infatti, necessario l’impegno costante e intransigente di tutti, il rigetto di qualsivoglia forma di compromesso, di aderenza, di collusione con i centri e le ramificazioni dei poteri criminali.
La ‘Ndrangheta – concludono i portavoce del M5S- è un cancro sociale che dobbiamo debellare! Un ostacolo alla crescita dei nostri territori da rimuovere con tutte le forze».
Il segretario regionale della Filcams-Cgil Giuseppe Valentino ha espresso lo sdegno del sindacato: Ogni giorno è un buongiorno per la Calabria ed i suoi cittadini onesti da quando Nicola Gratteri ha messo piede nella Procura di Catanzaro. Le operazioni di oggi, continuano a tracciare linee che compongono il quadro di una regione oppressa e sottomessa dalla criminalità, dagli affaristi e dai “politicanti. L’inchiesta “Basso profilo” ha fatto emergere per l’ennesima volta nomi, fatti, circostanze che se lette come semplice inchiesta giudiziaria non danno la dimensione di quanto la qualità della vita dei calabresi sia condizionata da logiche criminali e corruzione». (rrm)
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