di SERGIO DRAGONE – Catanzaro è la Città dei dubbi perenni. William Shakespeare non avrebbe avuto difficoltà ad ambientarci il suo Amleto e il Principe di Danimarca si sarebbe trovato perfettamente a suo agio tra i nostri vicoli. Il dubbio non è sempre un fattore negativo, in qualche caso può anche coincidere con la saggezza. Ma io la penso come Mogol e Battisti: troppo spesso la saggezza è solamente la prudenza più stagnante.
Ecco, io credo che la dimensione del dubbio che caratterizza i Catanzaresi sia una sorta di freno a mano che condiziona pesantemente il futuro e la vita del Capoluogo di Regione, impedendo l’assunzione di decisioni forti e strutturali assolutamente necessarie.
Parto da un esempio apparentemente banale e leggero, prima di passare alle questioni più serie. Ieri mi sono divertito a leggere sulle pagine Facebook della tifoseria giallorossa i commenti sul logo dell’US Catanzaro da poco disegnato sulla mezzaluna davanti alla curva degli ultras. Un campionario inarrivabile, il trionfo dell’indecisione: troppo grande, troppo piccolo, troppo in alto, troppo in basso, meglio lo sfondo blu, no meglio verde, no giallo, no arancione.
Proviamo a trasferire questa “filosofia” a questioni un tantino più importanti che attendono da decenni una soluzione.
Cominciamo dal nuovo ospedale: c’è chi lo vuole a Germaneto, chi lo vuole mantenere a viale Pio X, c’è chi li vuole entrambi.
Lo stadio, di grande attualità in questi giorni: c’è chi vuole mantenere lì dov’è il vecchio “Ceravolo” opportunamente ristrutturato e c’è chi ne vuole uno nuovo di zecca fuori dal centro storico.
L’isola pedonale è un tripudio di indecisione: chi non la vuole affatto, chi la vuole solo nel tratto piazza Grimaldi-Questura, chi la vuole dal San Giovanni a piazza Roma, c’è chi la vuole ogni giorno, chi solo di pomeriggio, chi solo di sabato e chi solo di domenica.
E che dire dell’area del Serravalle, oggi conosciuta come Giardini Nicholas Green? Chi vorrebbe farci un parcheggio, chi realizzare il bel progetto dell’architetto Fabio Rotella, chi vorrebbe lasciare tutto com’è.
Il Parco Romani, tristemente abbandonato ai piedi del centro storico, non sfugge alla regola: chi vorrebbe completarlo e farne un centro commerciale, chi ci vede bene un’autostazione e c’è perfino chi vorrebbe trasformarlo in un cimitero.
L’elenco potrebbe continuare all’infinito. Su tutte le questioni si stende il manto dell’indecisione e del rinvio, in attesa di una soluzione che accontenti tutti. Ma, come acutamente scriveva Arturo Graf, se ti sforzi di piacere a tutti, finirai per non piacere a nessuno.
Consiglierei al sindaco Nicola Fiorita, che stimo, di appendere questa frase nella sua stanza a Palazzo De Nobili.
Catanzaro ha bisogno di decisionismo prima che tutti i treni partano e si perdano. Fiorita ha tutte le carte in regola per assumere decisioni forti, in qualche caso anche impopolari, ma vitali per il futuro della Città: è libero da condizionamenti perché non vive di politica, è stato eletto con un voto popolare molto largo che ha attraversato anche gli schieramenti e i partiti, ha davanti altri quattro anni di governo perché, al di là delle alchimie politiche, nessun consigliere comunale presenterà nemmeno sotto tortura lettere di dimissioni. Abbiamo visto che fine hanno fatto le dimissioni di massa annunciate prima del ballottaggio.
Decida Fiorita, certo cercando il massimo del consenso popolare, valutando con attenzione i pro e i contro di ogni decisione, ma decida. Ricerchi il massimo della condivisione in Consiglio comunale, ma sappia che qualsiasi cosa deciderà, ci sarà sempre qualche bastian contrario, un gruppo politico, un’associazione, un ordine professionale che non sarà d’accordo. Ma non faccia passare altri mesi e altri anni recitando il celebre monologo di Shakespeare: “to be, or not to be, that is the question”. (sd)