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Cicciarelle – Come un romanzo
di Giuseppe Trebisacce

Cicciarèlle di Giuseppe Trebisacce

di  PIETRO RENDE – Il piacere di leggere un romanzo sul costume calabrese: la più recente opera letteraria di Giuseppe Trebisacce (la “chessanese Cicciarelle”, nome di derivazione già appula più che brutia?)) è un capolavoro, “piccolo” solo per i personaggi che non appartengono alla grande Storia. Però, oltre alle vicissitudini di un’eroina che appartiene al genere femminile del nostro popolo meridionale, riassume una letteratura sociologica cui spesso mirabilmente  si ispira. Penso all’Inchiesta parlamentare del 1876, di Franchetti e Sonnino (due parlamentari toscani),sulla condizione dei contadini meridionali che rimane l’archetipo della loro fatale dipendenza sino all’avvento della Repubblica e ai deludenti risultati della riforma agraria. E penso a Corrado Alvaro quando tu descrivi l’andamento elegante delle contadine che portano il cesto sulla testa come fanno ancor oggi le indossatrici per abituarsi ai defilè. E poi ciò che trovo più simile alla inconscia rassegnazione della protagonista è la tristezza che domina “La storia” di Elsa Morante!

Nel suo paese non cambia mai nulla e tutto si ripete eccetto le spinte che provengono dall’alto come dalla guerra che accentua un’economia già povera senza scambio di moneta e costretta al baratto inter-familiare. E poi c’è l’autoconsumo alimentare delle colture e allevamenti di pregio, come il maiale, lo stesso pane per cui si registra l’unica rivolta della comunità.

La principale discontinuità è quella degli emigranti che vanno e vengono dall’Argentina – l’America povera – con le loro volatili rimesse e ambizioni di miglioramento socio-economico e i matrimoni con quelle “vedove bianche” e la “legge nova” ossìa il loro matrimonio in chiesa prima della partenza e dunque “non consummatus” e ( ieri ) senza facoltà di divorzio.    Un’omissione di più pesante giudizio ritenuto leggero rispetto al più grave abuso esercitato dai notabili sulle donne rimaste sole e in attesa del marito. Aggiungerei poi la citazione dei rituali come quello delle magare e dell’affascino per i dolori cervicali e delle processioni incappucciate.

Il testo preferisce dare più spazio alla formazione scolastica, spesso nelle stalle, come rilevò pure Zanotti Bianco, e limitata alla terza classe non senza le punizioni esemplari dei genitori e le bacchettate della maestra sulle mani degli scolari svogliati! Sono aspetti che ricordiamo tutti quelli della nostra generazione con un sentimento di gratitudine e senza rabbia né faziosità perché anche  il regime fascista, nei piccoli centri, è ricordato in continuità e adesione popolare, senza violenze tra parenti e compagni d’infanzia. La narrazione non è faziosa, e potrebbe esserlo contro i Borbone per quel breve tratto di ferrovia jonica solo inaugurato, ma lo è forse nell’ottimismo che vena l’avvento della Repubblica e il primo diritto di voto alle donne.

Comunque un’ opera di letteratura socio-politica che  raggiunge lo zenith proprio nella elegante e distensiva continuità narrativa che piace molto per il suo equilibrio distaccato  attento a evitare faziosità e altre prevalenze. Nessun paragone con le vicende più emotive del Commissario Montalbano di Camilleri che pure ricorre al dialetto per stemperare la tensione del “giallo”.   Personalmente, sono grato all’autore perché mi ha restituito il piacere di tornare a leggere un vero romanzo  italiano e meridionale.

CICCIARÈLLE, Come un Romanzo
di Giuseppe Trebisacce
Jonia Editrice

 

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