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CONTINUITÀ TERRITORIALE, L’OCCASIONE
PER IL VERO RISCATTO DEL MEZZOGIORNO

Un treno a gasolio sulla Jonica

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – Continuità territoriale: un concetto che negli ultimi periodi è ritornato sempre più centrale rispetto a molti dibattiti. Lo ha portato avanti la Sardegna con una serie di interventi che prevedono dal 17 febbraio 2023 i collegamenti aerei a prezzi calmierati per residenti, fra i tre aeroporti sardi e quelli di Milano-Linate ed il “Leonardo Da Vinci” di Roma-Fiumicino.

Lo ha calcolato la Regione siciliana che ha fatto fare uno studio al proprio Assessorato all’Economia, con la supervisione e la collaborazione di Prometeia, che ha calcolato il costo della mancata continuità territoriale, dovuta alla mancanza del ponte sullo stretto, in 6 miliardi e mezzo l’anno, per cui sarebbe l’unica opera infrastrutturale al mondo, secondo tale studio, che verrebbe ammortizzata in soli due anni.

E il caro voli, conseguenza della mancanza di una normativa per la continuità territoriale, sta preoccupando sempre di più gli italiani in partenza per le vacanze. E in tale logica Il piano del Governo con le misure adottate nel Consiglio dei Ministri: «Per quanto riguarda il “caro voli” siamo intervenuti con due misure: sarà stabilito un tetto massimo per nuove gare dei servizi pubblici per le isole», ha affermato il Ministro per le Imprese, Adolfo Urso. «Per quello che è già vigente noi abbiamo determinato che abbiamo individuato nell’algoritmo che di fatto realizza una sorta di asta dei voli, che sia dichiarata prassi commerciale scorretta se porta pregiudizio per l’utente. Questo nel caso dei voli per le Isole e nel caso vi siano situazioni emergenziali come l’alluvione in Emilia Romagna».

La stessa Regione Siciliana ha adottato un provvedimento virtuoso per cui gli abitanti di Linosa che per andare a Lampedusa non devono pagare alcun biglietto né dell’aliscafo, né del traghetto.
Ma se ci pensate bene il concetto di continuità territoriale dovrebbe essere adottato per tutto il Mezzogiorno, considerato lo stato delle ferrovie esistente, nonché quello delle strade realizzate.
Ma il vero problema della continuità territoriale del Sud si supera con due tipologie di interventi: quelli a lungo ma anche quelli a breve termine.

Per quanto riguarda gli interventi a lungo, bisogna partire immediatamente, perché sennò il lungo termine diventa mai. Sappiamo tutti quanti che i tempi previsti per il ponte sullo stretto di Messina, partendo a giugno del 2024, come frequentemente è stato dichiarato dal ministro Salvini, non potranno essere inferiori a otto anni di lavori.
Per cui potrà passare il primo treno dalla Sicilia alla Calabria, senza essere costretto allo spezzatino, solo nel 2032, che è domani rispetto a un’opera così importante, ma che comporterà per la Sicilia costi, se il calcolo di Prometeia non è una fantasia, di 65 miliardi di euro, con buona pace dei benaltristi convinti che con le risorse che si investiranno per la costruzione del ponte si debba fare tutto quello che non c’è in Sicilia e in Calabria.
Ma il ponte è solo quel salto di 3.300 metri, che serve per attraversare un braccio di mare. L’alta velocità vera, a 300 km orari, è molto più impegnativa. E prevede che sia la parte ionica che la parte tirrenica vengano collegate con la dorsale che arriva dal Nord fino a Napoli.

Così come è necessario collegare Bari con Napoli, progetto già partito ma che va a rilento. Elencare tutte le opere necessarie sarebbe ridondante. Ma certo ricordare che Matera non è ancora collegata con la ferrovia fa riflettere e concludere che tutti gli interventi che si effettuano sul Mezzogiorno, come Matera capitale della cultura europea 2019, hanno una ricaduta limitata dovuta alla mancanza di collegamenti che rendono tutto estremamente complicato.

Anche Agrigento, prossima capitale della cultura italiana, ha una distanza da un aeroporto di oltre due ore e mezza. Aldilà del commento immediato e inutile di chi direbbe subito «e vogliono il ponte», la riflessione seria quella che nell’immediato, e per i prossimi 10 anni, gli unici interventi che possono essere realizzati in tempi brevissimi in un paese normale, sono quelli relativi alle strutture aeroportuali e ai porti.

Il dibattito recentemente è stato nel senso che bisogna evitare la proliferazione degli aeroporti, cosa estremamente corretta, quando in mezz’ora con l’alta velocità ferroviaria puoi raggiungere distanze fino a 150 km.
Ma quando le strutture di terra sono tali per cui i 150 km li fai in oltre due ore con ferrovie, vedi l’Agrigento Palermo, o con strade di montagna, con mille deviazioni, allora il tema di una proliferazione virtuosa di strutture aeroportuali leggere diventa interessante da approfondire.

Nella seconda guerra mondiale gli americani per collegare le varie parti della Sicilia, per esempio, fecero una serie di aeroporti militari: 2 km di pista sterrata e un capannone per i servizi. In un mese le strutture erano pronte a funzionane a Lampedusa, a Pantelleria, a Lipari.

Certo riproporre, sic et sempliciter, tale schema, oggi che le esigenze di sicurezza di un aeroporto sono molteplici e la strumentazione necessaria costosa, sarebbe semplicistico. Ma oggi ci vogliono solo 100 milioni, il costo di due chilometri di alta velocità ferroviaria, 50 per le piste e 50 per i capannoni/aerostazione, per un aeroporto se poi per la gestione non serve come ammortizzatore sociale con mille assunzioni.

Ma è anche semplicistico però considerare per un’autorizzazione a una pista aeroportuale la distanza fisica da un altro aeroporto e non quella di percorrenza. Per cui ad Agrigento si dice no all’aeroporto perché a soli 160 km da quello di Punta Raisi, dimenticando che per raggiungere punta Raisi ci vogliono tre ore.

Il recente episodio di Catania, con i danni conseguenti al turismo siciliano, il mancato utilizzo reale dell’aeroporto di Reggio Calabria, ci fanno capire come un approccio unico anche per il sistema aeroportuale per le due parti del Paese sia errato e che è necessario, oltre che investire a lungo termine per superare il gap infrastrutturale, pensare a soluzioni a breve, anche assistite, per evitare l’isolamento di cui soffre gran parte del Mezzogiorno e far sì che il diritto alla continuità territoriale diventi un fatto acquisito per tutti. (pmb)

(courtesy Il Quotidiano del Sud/L’Altravoce dell’Italia)

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