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LA POLITICA DEVE DIFENDERE LA LEGALITÀ
CON LEGGI E INFRASTRUTTURE EFFICACI

Nicola Gratteri

di ETTORE JORIO  – Tre previsioni da fare impallidire e oltre. Che mettono in serio pericolo la presenza e il ruolo delle istituzioni territoriali. Regioni ed enti locali i maggiori e più facili bersagli. Vulnerabili le loro corti di partecipate, spesso permeabili. Sono in pochi a riflettere su cosa sia sopportare un  “socio” maledetto nella gestione delle politiche sia regionali che comunali, così come è oramai divenuta la delinquenza organizzata, egemone ovunque.

Sono in pochissimi quelli che pensano a come fare ad arginare da subito un tale fenomeno sino a pianificarne il definitivo blocco. Un ruolo importante lo dovrà svolgere il “partito dei sindaci”, dovrà costituire il ponte levatoio da tenere sollevato avverso chi si sta sempre di più impadronendo del governo locale.

Armi per chi più ne voglia. Il Pm Gratteri si rende presago di una ‘ndrangheta che si sta già riarmando così bene dall’omologa delinquenza strutturata in Ucraina da mandare in soffitta i bazooka e i kalashnikov. Le altre mafie faranno altrettanto. Il tutto con la responsabilità di chi ha armato questa guerra folle, candidata a durare tanto, troppo. Ciò in considerazione delle armi spuntate della diplomazia di chi ha il primato nella politica mondiale, ma anche della volontà di chi vive di conflitti armati.

Quindi, si sta contribuendo a generare il più grande business per la mafia degli ucraini, di fare da grossisti delle armi a più alta tecnologia e a maggiore impatto omicidiario acquisiti da Zelensky per solidarietà internazionale. Il dramma conseguente sarà, quindi, quello di vedere generato il più grande esercito del male da mettere in campo per conquistare il Pianeta. Figuriamoci cosa accadrà al sistema autonomistico territoriale con le mafie a stazionare avanti gli ingressi e presidiare gli uffici pubblici, a frequentare le stanze dei decisori, all’essere divenute proprietarie di banche e attori del sistema finanziario.

I quattrini europei sono la droga delle mafie. L’altra previsione, peraltro ripetuta da tempo e in ogni occasione dallo stesso Pm anti ‘ndrangheta nazionale, afferisce alle truffe e alle malversazioni che si continueranno a perpetrare sui fondi comunitari, e soprattutto sui miliardi di euro del Pnrr. Per non parlare del Ponte sullo Stretto, che offrirà l’occasione ghiotta per partorire la più grande joint-venture sistemica del malaffare: la mafia e la ‘ndrangheta associates.

Del resto, di fronte all’inondazione di quattrini europei sarà davvero difficile difendersi dai tentativi di ulteriore penetrazione delle mafie nella gestione degli affari programmati da una politica sul Pnrr con una serie di errori seriali dei tre ultimi Governi, cui si sta tentando di dare rimedio in zona Cesarini. Troppi i limiti strutturali e l’assenza di infrastrutture di salvaguardia dalla infiltrazione sempre più decisa e decisiva delle mafie, a fronte di una ‘ndrangheta imprenditorializzata capace di influenzare la governance delle istituzioni locali del Paese. Una assurdità a non pensare, nell’ottica della sussidiarietà verticale, di non fare assolvere alle funzioni amministrative dei piccoli comuni ad enti superiori ovvero a sovrastrutture apposite cui affidare i compiti in materia di utilizzo dei fondi UE ordinari e Pnrr. Ingombrante (troppo) il progressivo carico di lavoro accollato alla istituzione che offre maggiori garanzie di tutela del patrimonio pubblico: la Corte dei conti.

Un organo importante però pieno zeppo, nei siti più critici, di referendari inesperti che non vedono l’ora di passare i soliti tre anni iniziali per correre via. Quindi, territori a rischio, disattrezzati di tutto: di donne e uomini impegnati a dovere nella PA, di dirigenti capaci, di forze dell’ordine numericamente nutrite, di magistrati ridotti al lumicino, di organi di revisione non accomodanti.

La nostra PA è del resto divenuta da anni una groviera, ove i passaggi per introdursi sono disponibili in tutti i punti cardinali; le nostre istituzioni sono permeate da rappresentanti, spesso direttamente eletti dalle mafie e in gran parte condizionabili; gli organi di controllo sono abusati e minacciati con orrida frequenza sia dai decisori politici compiacenti che da imprenditori disposti a tutto; la giustizia è fessurata e diseguale perché pesca a maglie larghe, preoccupando così le collettività con i risultati prodotti; gli elettori d’altronde rimarranno sempre uguali, molti dei quali pronti a vendersi per un pezzo di pane. Anche la cultura si preoccupa, invero poco, di denunciare il pericolo e non suggerisce alcunché, figuriamoci a proporsi. Il Papa è l’unico a dire bene, condannando il mondo follemente belligerante.

L’Intelligenza Artificiale, guai a non impedire che le mafie se ne impadroniscano.

Manca il terzo degli eventi, che fa tanta e diffusa paura: l’introduzione a regime dell’intelligenza artificiale. Il suo ingresso potrebbe mettere knock out il mondo intero a cura delle mafie riunite. Essa andrà ad essere il decisore super intelligente che determinerà le scelte di government e di governance del Pianeta. È facile quindi immaginare quanto la ‘ndrangheta & Co. investiranno su di essa per averla a loro uso e consumo.

Da qui, al di là dei perditempo, è indispensabile che la politica impari ad esercitare le politiche della sicurezza per l’umanità, generando leggi di maggiore tutela e infrastrutture capaci di porre un freno al dilagare sciolto delle mafie, di investire sugli organici del controllo burocratico, sulle forze di polizia e sulla Giustizia, con la speranza che ritorni ad essere tutta con la G maiuscola. (ej)

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