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Gloria Tenuta, un “diamante” della filiera agroalimentare italiana

Gloria Tenuta, un "diamante" della filiera agroalimentare italiana

di ELIANA GODINOGloria Tenuta è una donna determinata, alla guida di un’azienda di respiro internazionale situata tra le colline della Media Valle del Crati. Intorno a lei non ci sono grattacieli o strade affollate, ma solo campi fertili baciati dal vento. Moglie e madre, Gloria dirige la “Gias” di Mongrassano, un’azienda che vanta un fatturato annuo milionario, fondata dal padre Antonio. Un vero “diamante” della filiera agroalimentare italiana, tra eccellenza, sostenibilità e valori.

 – Buongiorno Gloria, sono curiosa di chiederle un ricordo che la lega alla sua terra, la Calabria

«Il ricordo che mi lega più profondamente alla mia terra è senz’altro legato ai profumi del luogo in cui sono cresciuta. Ricordo la bellezza dei Natali in famiglia, dove il sole splendeva anche in inverno, un vero contrasto rispetto alle nebbie del Nord Italia. Il cibo delizioso  e la passione per il mare sono elementi che mi riportano sempre a casa! Quando sono tornata in Calabria, con una piccola barca sulla macchina, ho navigato per i laghi di Sibari e nelle zone limitrofe. Purtroppo, ho dovuto abbandonare questa passione per i numerosi impegni. Tuttavia, il mare rimane una delle mie grandi passioni. Vivo a Schiavonea per scelta, per essere vicino a quella costa che tanto amo».

– Il sogno di suo padre Antonio, era che sua figlia Gloria potesse un giorno prendere le redini dell’impresa. Come è avvenuto il suo ingresso in azienda?

«Non ho mai veramente lasciato l’azienda, l’ho sempre vissuta dall’interno. Anche quando ero a casa, ne sentivo sempre parlare. Mio padre ci teneva molto che io fossi parte integrante e spesso mi chiamava per aiutarlo con le traduzioni per i clienti stranieri, grazie al mio background linguistico. Successivamente ho studiato economia, quindi l’azienda è sempre stata parte della mia vita. Anche se ho vissuto in altri luoghi, tornavo sempre per dare una mano. Dopo gli anni ’90, quando mi sono sposata, mi sono stabilita definitivamente in Calabria. Questo mi ha permesso di conoscere il mondo, pur rimanendo legata alla mia terra. Essere calabrese non significa essere l’appendice di un altro mondo; siamo a pieno titolo inseriti nel contesto globale».

– Come descriverebbe il rapporto tra lei e suo padre Antonio?

«Il nostro rapporto era complesso e pieno di sfumature. C’era tanto amore, ma anche conflitti. Avevamo una grande stima reciproca, ma eravamo entrambi molto testardi. Questo ci portava ad avere momenti di grande armonia alternati a scontri. Tuttavia, questi conflitti ci hanno aiutato a conoscerci meglio e a sostenerci nei momenti di bisogno. Mio padre era una figura forte, visionaria e determinata, e il nostro rapporto è stato fondamentale per la mia crescita personale e professionale. Spesso abbiamo avuto bisogno l’uno dell’altro».

– Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha visitato la sua azienda, riconoscendo la Gias come una delle eccellenze della Calabria. Quali sono state le emozioni nell’accogliere il Presidente?

«Accogliere il Presidente Mattarella è stato un momento di grande emozione e orgoglio. All’inizio eravamo molto intimoriti dal cerimoniale rigido, ma alla fine siamo riusciti a coinvolgere tutto il personale, e questo ha reso l’evento ancora più significativo. Il Presidente mi ha detto una frase che mi ha profondamente colpito: “Ci rivediamo dopo 6 anni”, ricordandosi che mi aveva già premiato come Cavaliere del Lavoro. Vedere il suo apprezzamento per la nostra realtà imprenditoriale, così attiva e diversificata, è stato un riconoscimento importante. Ha percepito l’orgoglio e la dignità con cui i nostri dipendenti operano, lontano dai soliti stereotipi negativi sul Sud. Inoltre, la Gias vanta diversi record: possediamo la sala grigliati surgelati più grande d’Europa, lavoriamo da sempre per la sostenibilità, preferendo la lavorazione di prodotti stagionali e tra tre anni inaugureremo una grandissima cella di stoccaggio automatica. Per noi inoltre è fondamentale creare un ponte tra università e mondo del lavoro, per trattenere i nostri talenti. Ci stiamo lavorando da un po’».

– Ritiene che i giovani del Sud, quelli che aspirano a una Calabria migliore, debbano investire e credere nel potenziale della loro terra natia?

«Ora più che mai, i giovani dovrebbero investire e credere nella loro terra. Se non restano loro, è difficile immaginare un futuro migliore per la Calabria. Il nostro territorio, rispetto ad altri, è molto più preservato e non inquinato, un vantaggio in un’epoca in cui la sostenibilità è fondamentale. Tornare a valorizzare la genuinità del cibo, associato alla salute, è una carta vincente per noi. Ma è necessario creare le condizioni giuste, sia in termini di mobilità che di opportunità, affinché i giovani tornino e restino. Come diceva mio padre: “Ad una certa ora qualcosa di straordinario può accadere, anche in una baracca, in mezzo al deserto. Basta saper guardare”. La tenacia non ci manca come popolo, e credo fermamente che i giovani calabresi possano fare la differenza se credono nel potenziale della loro terra. Amo la Calabria perché qui sono nata, ho avuto i miei figli, mi sono sposata e ho sviluppato la mia carriera professionale. Il legame con questa terra è un intreccio di affetti, amicizie e ricordi che rendono la mia vita ricca di significato». (eg)

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