L’ADDIO / Ferdinando Serratore, sindaco di Jacurso

Cordoglio in Calabria per l’improvvisa scomparsa del sindaco di Jacurso, Ferndinando Serratore, conosciuto anche come Nando.

«Con la tristezza nel cuore e sconvolti da questo brusco risveglio, comunichiamo che il nostro amato sindaco, dott. Ferdinando Serratore, ci ha lasciati poco prima dell’alba», si legge in una nota del Comune.

«Nando, il sindaco di tutti – continua – si é sempre contraddistinto per la sua signorilità, il suo delicato garbo, l’infinità generosità, l’essersi speso per i suoi concittadini fino alle ore precedenti questo momento di estremo dolore per l’intera comunità».

«Sempre pronto ad intervenire a qualsiasi ora del giorno e della notte – continua la nota – non solo nella veste di primo cittadino, ma prima di tutto come uomo che ha messo sempre gli altri prima di se stesso. Sicuramente lui sarebbe stato molto più bravo di noi con le parole e per questo ci scusiamo: ma il saper usare le parole giuste al momento giusto sarà solo una piccola goccia rispetto all’oceano di valori e principi che ci ha trasmesso».

«Dopo tutto, é una regola che vale in tutto l’universo, chi non lotta per qualcosa ha già comunque perso – conclude la nota –. Ciao Nando, con tutto il nostro amore».

Cordoglio dal presidente della Regione, Roberto Occhiuto, ricordando Serratore come un «amministratore appassionato e generoso, sempre attento ai problemi dei suoi concittadini».

«Alla famiglia e alla comunità di Jacurso – ha concluso – giunga la vicinanza della Giunta regionale».

«La Città Capoluogo è vicina a Jacurso, che perde la sua guida in un momento, peraltro, di grande difficoltà dopo i danni provocati dal maltempo», ha scritto il sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita.

«L’Anci Calabria esprime profondo cordoglio per l’improvvisa scomparsa del sindaco del Comune di Jacurso, Ferdinando Serratore, rappresentante istituzionale di grande valore e di rara umanità, sempre vicino ai propri concittadini, anche nell’emergenza provocata dal maltempo dei giorni scorsi», ha detto la presidente dell’Anci Calabria, Rosaria Succurro.

«Condoglianze ai familiari, agli amministratori e alla comunità di Jacurso, cui noi sindaci calabresi restiamo vicini, in questo momento di dolore collettivo». (rcz)

Il reggino Aldo Maria Morace eletto presidente dell’Edizione Nazionale di Pirandello

Prestigioso incarico per il reggino Aldo Maria Morace, eletto – all’unanimità – presidente della Commissione Nazionale per l’Edizione dell’Opera Omnia di Luigi Pirandello.

La nomina è avvenuta nel corso della scorsa seduta, avvenuta il 12 ottobre, a seguito della scomparsa di Angelo Raffaele Pupino, studioso del romanzo tra ‘800 e ‘900 e presidente della Commissione per l’Edizione nazionale dell’opera omnia di Luigi Pirandello.

Le Edizioni Nazionali curano la pubblicazione di tutte le opere, edite e inedite, di un autore di grande importanza in edizione critica, cioè filologicamente rigorosa, chiarendone attraverso ogni possibile documentazione storia e formazione. Il Ministero della Cultura, che le finanzia, nomina una Commissione scientifica, composta dai maggiori studiosi di ogni autore, che ne indirizza lo sviluppo sia sotto il profilo scientifico che sotto quello operativo, fissando i criteri dell’edizione e applicandoli alla preparazione dei volumi. E per decenni i testi dell’autore verranno letti e stampati in questa forma, che li consegna alla storia italiana.

La Commissione Nazionale dell’Opera Omnia di Pirandello è stata istituita nel novembre 2016 ha prodotto sino ad oggi, per l’editore Mondadori, sedici volumi Oscar e dieci volumi di edizione critiche, nonché una edizione digitale, di libera consultazione (www.pirandellonazionale.it), che si colloca in Europa tra le più innovative e frequentate nel panorama digitale.

Guidata da Morace, la Commissione Nazionale è stata ricevuta (un fatto prima mai avvenuto) nel novembre dello scorso anno dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al quale è stata donata, nel corso del lungo e cordiale incontro, tutta la produzione cartacea e digitale dell’opera pirandelliana che sino a quel momento era stata prodotta dai curatori dell’Edizione Nazionale.

E il Presidente, lettore appassionato di Pirandello, ha avuto parole di calda lode per la vastità, il rigore e la celerità del lavoro compiuto, ringraziando «a nome della Repubblica».

Aldo Maria Morace, uno dei massimi italianisti viventi, è stato docente ordinario di letteratura italiana (molto amato dagli studenti) presso l’Università di Sassari dal 2000 al 2020 ed ha ricoperto nell’ateneo le cariche di Preside della Facoltà di Lettere, di Prorettore e di Direttore del Dipartimento di Scienze Umanistiche e sociali. È già presidente delle Edizioni Nazionali di Capuana, De Roberto e Deledda, alla quale ha dedicato importanti studi; ed è stato ed è Presidente della Sezione narrativa del Premio Deledda.

Studioso di grande prestigio, ha pubblicato oltre 150 saggi e una quarantina di volumi – fra monografie e curatele – su autori, testi e tematiche che vanno da Dante alla contemporaneità. Per l’Edizione Nazionale ha curato I Vecchi e i Giovani: una edizione che è stata decisiva nell’assegnazione del Premio Pirandello (2023) e che lo ha consacrato, per i suoi molti saggi pirandelliani, tra i maggiori studiosi di uno dei tre autori più studiati nel mondo (gli altri due sono Dante e Shakespeare).

Reggino purosangue (e fiero di esserlo), meridionalista militante, cittadino onorario di San Luca, Morace ha dedicato buona parte delle sue forze alla valorizzazione della letteratura e della cultura calabrese (La Morgana della scrittura. Studi di letteratura calabrese Rubbettino, 2016). Sono numerosissimi i saggi critici che ha scritto con questo fine; e si è speso senza risparmio nell’attività della Fondazione Corrado Alvaro, della quale è da oltre un ventennio il Presidente e che ha condotto al riconoscimento nazionale e all’istituzione di un Parco letterario intitolato ad Alvaro. Dell’autore calabrese è il massimo studioso nel mondo: con un po’ di civetteria afferma di non sapere quanti studi ha scritto su Alvaro.

Fra gli ultimi volumi, tralasciando i saggi sparsi che continua a pubblicare su riviste nazionali e internazionali: una poderosa monografia su Alvaro nel labirinto (2016); un’altra su Alvaro e la Grande Guerra (2018); e due importanti edizioni da lui curate: Vent’anni, pubblicata da Bompiani (2016); e Gente in Aspromonte, da Garzanti (2021). Sta progettando l’Edizione Nazionale dell’Opera Omnia di Corrado Alvaro.

Il calabrese Domenico Naccari è il miglior Console dell’anno 2024

Il calabrese Domenico Naccari, Console Onorario del Regno del Marocco per la Regione Calabria, è il “Console dell’anno 2024”. L’annuncio della nomina è avvenuto nel corso di una conferenza stampa svoltasi a Palazzo Madama, moderata dal direttore di “Gazzetta Diplomatica” Marco Finelli e a cui hanno partecipato in qualità di relatori gli Ambasciatori Stefano Benazzo e Gaetano Cortese ed i parlamentari Andrea De Priamo e Roberto Traversi.

Il prestigioso riconoscimento, è stato assegnato al diplomatico dopo una rigorosa selezione effettuata da una giuria composta da trenta membri (diplomatici, professionisti, deputati dei vari schieramenti) e presieduta dall’Ambasciatore Stefano Benazzo, che si è riunita lo scorso 4 settembre nell’aula Magna della John Cabot University a Roma.

Qui la commissione ha valutato l’attività svolta dai 536 Consoli presenti in Italia, il loro indice di gradimento ed ha decretato  come vincitore del Premio l’ Avv. Domenico Naccari, titolare dell’ufficio consolare  del Regno del Marocco con competenza sulla circoscrizione territoriale composta dalla Regione Calabria.

La corposa attività del Console Naccari è stata posta al vaglio rigoroso della giuria, che non ha avuto dubbi nel riconoscere al diplomatico il prestigioso riconoscimento.

La sua investitura aveva ricevuto l’exequatur dal Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Italiano nel novembre 2023 e Naccari dopo essere  stato ricevuto a Roma dall’Ambasciatore, Sua Eccellenza Yousef Balla, per la formalizzazione dell’incarico e per l’attribuzione delle sue funzioni, ha intrapreso una intensissima  attività nell’interesse della comunità marocchina presente in Italia e di relazione tra le autorità italiane e quelle marocchine.  Ha incontrato molti sindaci calabresi, autorità giudiziarie, forze di polizia, ordini forensi, associazioni di volontariato, autorità portuale di Gioia Tauro, organizzato importanti convegni ed è stato punto di riferimento della comunità marocchina in Calabria.
Il primo incontro ufficiale è stato con il sindaco Aldo Alessio di Gioia Tauro, ove ha sede il Consolato in considerazione della presenza del più grande porto per traffico merci in Italia.  In seguito a tale evento è iniziata una cordiale intesa ed un sincero rapporto che è proseguito con l’ attuale Sindaca  Simona Scarcella che, con una delibera definita “storica”, ha attribuito dei locali del prestigioso Palazzo Sant’ Ippolito di Gioia Tauro come sede del Consolato.
Sono seguiti incontri con la Sindaca di Vibo Valentia Maria Limardo ed il suo successore Enzo Romeo, per dare seguito all’ accordo di gemellaggio tra il Comune di Vibo Valentia e quello di Dakhla in Marocco. Alla Farnesina il diplomatico è stato ricevuto dal Viceministro Edmondo Cirielli con il quale è stato evidenziato l’impegno del Governo Meloni per l’Africa in generale e per il Marocco in particolare con il c.d. “Piano Mattei”.
Ha promosso un incontro presso il Comune di Rizziconi con il sindaco Alessandro Giovinazzo per ricordare un importante Imam Marocchino Maarouf Khalid, punto di riferimento per l’intera comunità Islamica della Piana di Gioia Tauro prematuramente scomparso. Ha avuto diversi colloqui con l’autorità portuale di Gioia Tauro, Ammiraglio Andrea Agostinelli, nella consapevolezza delle grandi potenzialità della struttura portuale rapporti con il Marocco.
Ha incontrato i vertici della Camera di Commercio di Catanzaro Crotone e Vibo Valentia, promuovendo un incontro con la Camera di Commercio di Rabat che si è tenuta online nel mese scorso. Ha organizzato in Campidoglio un prestigioso convegno sul “Mediterraneo e le nuove sfide” a cui hanno partecipato tra gli altri:l’Ambasciatore del Regno del Marocco S.E. Youssef Balla, il Viceministro Edmondo Cirielli, l’Autorità portuale mari Tirreno meridionale e Ionio Andrea Agostinelli, il Consigliere di Roma Capitale On. Federico Rocca.
Ha partecipato a diversi incontri promossi dalle associazioni marocchine presenti in Calabria aventi ad oggetto il dialogo interculturale ed interreligioso ed a diversi convegni organizzati dai Club service Calabresi Rotary e Fidapa.
È stato tra i promotori presso il Comune di Polistena insieme al Console di Napoli M’hammed Khalil  del’ c.d. “Consolato Mobile” tenutasi presso locali messi a disposizione dal Sindaco di Polistena Michele Tripodi in cui sono stati rilasciati documenti ai cittadini marocchini residenti in Calabria.
Naccari è stato anche ricevuto dal Console di Verona Ouafa Zahi per confrontarsi sulle rispettive esperienze nei propri territori e mettere insieme attività di supporto alle rispettive comunità.
In ultimo ha incontrato l’ ex Presidente del Tribunale di Palmi Concettina Epifanio, i Procuratori della Repubblica di Palmi e Vibo Valentia, i Sindaci di Mileto, Pizzo, Palmi, Cutro, Crotone, Altomonte. È stato tra gli artefici, insieme al sindaco di Altomonte Giampiero Coppola, al direttore artistico del suo festival Antonio Blandi e del Violinista Marocchino Jamal Ouassini, della promozione della “Orchestra dei suoni e delle parole del Mediterraneo”, progetto che tende ad unire popoli, comunità e culture.
Il Console ha, inoltre, nominato due consulenti  di rilievo nell’ ambito della struttura diplomatica : l’ Avv. Giuseppe Saletta già amministratore provinciale e comunale, oggi consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Palmi ed il Commendatore Nicolino Lagamba già Vicesindaco ed Assessore del Comune di Vibo Valentia.
 (rrm)

Addio a Domenico Carlino

È venuto a mancare il Cav. Domenico Carlino, titolare dell’Hotel Villaggio “Il Carlino”, sito nel comune di Pietrapaola. Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo lo ricorderà come una persona dal cuore grande e generoso e come un imprenditore capace, sempre pronto ad aiutare il prossimo e a sostenere le iniziative e gli eventi che la nostra comunità e la nostra Associazione hanno messo in campo nel corso degli anni.
La sua dedizione al lavoro e il suo spirito innovativo hanno lasciato un segno indelebile nel settore dell’ospitalità.
Nato a Mandatoriccio, dopo aver svolto attività artigianale in proprio, agli inizi degli anni ‘70 diede vita alla sua azienda turistica. L’apertura del suo Resort fece da apripista e costituì un esempio per coloro che, successivamente, si dedicarono all’attività alberghiera nel territorio di Pietrapaola.
La sua perdita lascia un grande vuoto nei cuori di tutti coloro che lo hanno conosciuto e apprezzato.
Così lo ricorda Vincenzo De Vincenti, Presidente dell’Associazione Ricchizza Pietrapaola: «Erano gli inizi degli anni Settanta, ero un ragazzino che frequentava le scuole medie e ogni estate facevo la spola tra il paese e il mare. Durante una di queste estati, sentii parlare di un giovane imprenditore di Mandatoriccio, che aveva una certa esperienza nel campo artigianale, e si accingeva a entrare nel mondo del turismo. Quell’aspirante imprenditore era il carissimo Mimmo, conosciuto da tutti come Minicuzzu e Carlino. Riuscì con successo a portare avanti la sua iniziativa, che, da subito, diventò una delle più belle e prestigiose dell’alto Ionio.
«Mi ha stupito la prima volta che siamo andati da lui, io e mio fratello Domenico, per manifestare la volontà di realizzare la porta della chiesa. Con molta riservatezza e imbarazzo abbiamo descritto l’idea che volevamo realizzare e gli abbiamo chiesto se in cambio ci regalava un soggiorno gratuito per due persone per una settimana, da mettere come premio nella lotteria che volevamo avviare. Lo conoscevo poco, ma sapevo della sua generosità e che era una persona super onesta. Non ha battuto ciglio e prontamente ha detto: “Vi conosco poco, ma so a chi appartenete. Conosco la vostra famiglia e quello che volete fare mi piace. Vi do fiducia, andate avanti, io sono con voi, a fianco a voi.”
«Ho un ricordo di lui come una persona super onesta. Vi racconto questo: un’estate, con il mio amico Stefano, siamo andati una sera al suo ristorante. Stefano perse il portafoglio. Si accorse il giorno dopo e tornò sui suoi passi per chiedere se ci fossero notizie in merito. Il cavaliere, dopo aver fatto le indagini del caso, gli disse che il portafoglio era stato trovato sotto la sedia dove era seduto». (rcs)

Carlo Alberto D’Audino, lo chef calabrese che delizia i palati

di BRUNELLA GIACOBBECalabrese di origini siciliane, l’executive chef Carlo Alberto D’Audino sta mostrando all’intero settore della ristorazione gourmet quanto passione, tenacia e professionalità mediterranee possano portare a grandi risultati. Ispirato dalle sue origini, con una visione internazionale, D’Audino ha già un’ampia esperienza nel settore della ristorazione, supportata da una formazione accademica e professionale di alto livello​​. Ha completato il corso di cucina italiana presso l’Alma Scuola Internazionale di Cucina Italiana a Colorno, Parma.

Nel suo approccio professionale, D’Audino si distingue per la sua passione e il suo spirito imprenditoriale. La sua esperienza decennale nel mondo della ristorazione gli ha permesso di sviluppare una profonda conoscenza delle materie prime e delle tecniche di alta cucina italiana e internazionale. La sua formazione ha inoltre contribuito allo sviluppo delle sue capacità di gestione in cucina, in particolare nella gestione del food cost e del riuso delle materie prime.

Dal 2021, D’Audino ha iniziato a esercitare la sua maestria culinaria presso il rinomato ristorante “Roland Brancaccio”, magnificamente ubicato all’interno del Palazzo Brancaccio, adiacente agli spazi espositivi di Spazio Field. Qui, la sua fervente passione per l’arte e la gastronomia si sono armoniosamente integrate. Il suo ineguagliabile talento si manifesta in creazioni culinarie eccezionali, che vengono servite con un’estetica sofisticata, in perfetta sintonia con l’arte e l’architettura di questo edificio storico. Ma quest’anno ha deciso di proseguire il suo sogno all’estero, sul quale ci assicura fornirà aggiornamenti. Entriamo ora e per ora nel vivo nel suo approccio all’arte culinaria.

La sua esperienza professionale si è arricchita in passato con il ruolo di capo partita al “Trussardi alla Scala”, posizione mantenuta per due anni, prima di unirsi a “Open Colonna”. Successivamente, D’Audino assume l’incarico di executive chef presso “T’a Milano Gourmet”, ruolo che ha svolto con la stessa maestria anche al “Ristorante Voy” e al “Ristorante Orlando”, entrambi situati a Roma. Parallelamente al suo impegno in cucina, D’Audino ha prestato la sua expertise come consulente per locali di prestigio, quali “Malandros – Bodega de Tapas” e “Meaters – Brace Bar”.

 

– Chef D’Audino, grazie del suo tempo, vogliamo entrare subito nel merito parlando della sua filosofia?
«Grazie a voi. La mia filosofia culinaria è chiaramente rapportata alle mie tradizioni, sono cresciuto con la cucina calabrese e le sue incredibili materie prime, ma la mia famiglia è origine siciliana, sono cresciuto a “pane e panelle”! Faccio una cucina che definiscono avanguardistica, ma il legame con la tradizione è sempre stata per me la miccia che accende ogni idea. Difatti propongo una cucina semplice, nel senso che tutti i sapori si armonizzano tra loro ma sono ben riconoscibili, portando soprattutto la materia prima alla massima espressione del gusto e dell’olfatto».

– Lei è calabro-siciliano.
«Esattamente. Nato e cresciuto nel capoluogo calabrese, le mie radici familiari affondano anche nella magica Sicilia. Fin dalla giovanissima età mi sono sentito attratto da due mondi: arte e cucina. E ho sempre cercato di andare a fondo di come si generano le opere, i piatti, le creazioni in generale, meditando e studiando con grande foga».

– Cosa ha scoperto di interessante durante i suoi studi di cucina?
«Che ad esempio la cucina calabrese così come la conosciamo oggi è derivata da diverse culture com’è noto ai più, ma più precisamente è tramandata dal periodo delle dominazioni borboniche, che hanno influenzato in generale tutto il Sud Italia. Poi ognuno ha personalizzato e caratterizzato quelle ricette con i prodotti tipici dei propri territori, quelli che oggi definiamo a Km 0».

– Un esempio?
«Quelle che a Catanzaro chiamiamo scilatelle o scilatelli in altre zone della Calabria sono chiamate fileja o scialatielli, quest’ultimo utilizzato anche a Napoli ed in Sicilia, dove però li chiamano anche maccheroni. Termine usato anche nel sud della Calabria dove li si possono trovare col nome di maccaruni allu firrettu o fhilaterj. Ma le differenze non sono solo nel nome, ma anche nella realizzazione. Ciò può comportare che un calabrese ordini a Napoli gli scialatielli aspettandosi la pasta fresca girata al ferretto che presenta un buco internamente, potrebbe ricevere esattamente quel tipo di pasta ma anche una sorta di grosse linguine senza alcun foro all’interno. I popoli arbëreshë presenti in Calabria, soprattutto nel cosentino, già dalla seconda metà del XV secolo usano preparare le scilatelle esattamente come quelle al ferretto calabrese, ma con canne di salice piangente di fiume. Sull’argomento ci sarebbe molto da dire, addirittura all’interno di una stessa provincia calabrese esistono preparazioni diverse per lo stesso nome di pasta o nomi diversi per quella pasta che prevede lo stesso procedimento. Ecco, a cuore e mente sempre aperti a conoscere e scoprire, queste apparenti differenze sono uno degli aspetti che più mi intrigano della cucina, che in fondo proprio come l’arte evolve nel tempo e nei luoghi».

– Quanto è importante e cos’è per lei la sostenibilità in cucina?
«La sostenibilità è fondamentale in ogni ambito. In cucina significa fare meno scarto possibile, capacità di elevare anche lo scarto a nuove preparazioni. 
Usare materie prime sostenibili, stagionali. Mi piace studiare il tracciamento di ogni materia prima preferendo quelle sostenibili a 360°, dal rispetto per il pianeta a quello per i lavoratori.
In generale piace a me stesso in primis e dunque mi piace offrire alle persone attraverso i piatti i piatti solo quei prodotti stagionali che la Natura ci riserva in determinati periodi.
E poi amo impiegare le erbe spontaneamente, tra queste la portulaca e la borragine, integrandole ad arte».

– Arte di cui è appassionato e che ritrova anche nel suo ambiente lavorativo gastronomico.
«Sì, e ciò è per me motivo di grande soddisfazione e gioia, mi sento sollecitato positivamente.
Il Roland Brancaccio fa parte di un grandissimo polo culturale che è lo Spazio Field, un importante museo di arte contemporanea di Roma, che innegabilmente mi stimola molto creativamente e mi offre la possibilità di confrontarmi, oltre che con il mondo della cucina perché accogliamo anche importanti ospiti (n.d.r. come nel caso della cena a quattro mani tenutasi a dicembre, ideata da Reporter Gourmet e orchestrata dallo chef insieme al rinomato Gianfranco Pascucci), anche con artisti che sono appunto motivo di spunti per la nostra creatività in cucina».

– Come si traduce in cucina appunto?
«Anzitutto nella concettualità dei piatti. Le idee nascono attraverso i punti che abbiamo trattato: talvolta può essere un ricordo, altre un artista a cui mi ispiro e al quale magari voglio dedicare proprio un piatto, altre ancora è la materia prima che mi suggerisce la strada per valorizzarla al meglio. La connessione tra arte e cucina ritorna nella storia gastronomica italiana, si pensi a Gualtiero Marchesi che nel suo ristorante Scala di Milano ha omaggiato artisti come Lucio Fontana, Cézanne, Pollock».

– Cos’è dunque per lei la “concettualità di un piatto”?
«Quando reputi un piatto concettuale è perché vuoi trasmettere un pensiero, dare un messaggio, suggerire un segnale».

– E com’è cambiato l’approccio alla concettualità dei piatti negli anni?
«Viviamo un’epoca di maggiore libertà di espressione rispetto ad anni fa. Faccio un esempio molto semplice: oggi gli chef escono in sala, fino a trent’anni fa stavano solo in cucina. Ma anche perché le persone non avevano grande interesse a conoscere cosa pensava il cuoco, il rapporto tra chef e sala è un rapporto nato e maturato nel tempo anche perché sono proprio cambiati la società, la cultura, i mezzi di comunicazione in un rapporto di reciprocità».

– Ci aggiornerà sui suoi sviluppi all’estero?
«Certamente».

Grazie per il tempo che ha ritagliato per noi. (bg)

Gloria Tenuta, un “diamante” della filiera agroalimentare italiana

di ELIANA GODINOGloria Tenuta è una donna determinata, alla guida di un’azienda di respiro internazionale situata tra le colline della Media Valle del Crati. Intorno a lei non ci sono grattacieli o strade affollate, ma solo campi fertili baciati dal vento. Moglie e madre, Gloria dirige la “Gias” di Mongrassano, un’azienda che vanta un fatturato annuo milionario, fondata dal padre Antonio. Un vero “diamante” della filiera agroalimentare italiana, tra eccellenza, sostenibilità e valori.

 – Buongiorno Gloria, sono curiosa di chiederle un ricordo che la lega alla sua terra, la Calabria

«Il ricordo che mi lega più profondamente alla mia terra è senz’altro legato ai profumi del luogo in cui sono cresciuta. Ricordo la bellezza dei Natali in famiglia, dove il sole splendeva anche in inverno, un vero contrasto rispetto alle nebbie del Nord Italia. Il cibo delizioso  e la passione per il mare sono elementi che mi riportano sempre a casa! Quando sono tornata in Calabria, con una piccola barca sulla macchina, ho navigato per i laghi di Sibari e nelle zone limitrofe. Purtroppo, ho dovuto abbandonare questa passione per i numerosi impegni. Tuttavia, il mare rimane una delle mie grandi passioni. Vivo a Schiavonea per scelta, per essere vicino a quella costa che tanto amo».

– Il sogno di suo padre Antonio, era che sua figlia Gloria potesse un giorno prendere le redini dell’impresa. Come è avvenuto il suo ingresso in azienda?

«Non ho mai veramente lasciato l’azienda, l’ho sempre vissuta dall’interno. Anche quando ero a casa, ne sentivo sempre parlare. Mio padre ci teneva molto che io fossi parte integrante e spesso mi chiamava per aiutarlo con le traduzioni per i clienti stranieri, grazie al mio background linguistico. Successivamente ho studiato economia, quindi l’azienda è sempre stata parte della mia vita. Anche se ho vissuto in altri luoghi, tornavo sempre per dare una mano. Dopo gli anni ’90, quando mi sono sposata, mi sono stabilita definitivamente in Calabria. Questo mi ha permesso di conoscere il mondo, pur rimanendo legata alla mia terra. Essere calabrese non significa essere l’appendice di un altro mondo; siamo a pieno titolo inseriti nel contesto globale».

– Come descriverebbe il rapporto tra lei e suo padre Antonio?

«Il nostro rapporto era complesso e pieno di sfumature. C’era tanto amore, ma anche conflitti. Avevamo una grande stima reciproca, ma eravamo entrambi molto testardi. Questo ci portava ad avere momenti di grande armonia alternati a scontri. Tuttavia, questi conflitti ci hanno aiutato a conoscerci meglio e a sostenerci nei momenti di bisogno. Mio padre era una figura forte, visionaria e determinata, e il nostro rapporto è stato fondamentale per la mia crescita personale e professionale. Spesso abbiamo avuto bisogno l’uno dell’altro».

– Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha visitato la sua azienda, riconoscendo la Gias come una delle eccellenze della Calabria. Quali sono state le emozioni nell’accogliere il Presidente?

«Accogliere il Presidente Mattarella è stato un momento di grande emozione e orgoglio. All’inizio eravamo molto intimoriti dal cerimoniale rigido, ma alla fine siamo riusciti a coinvolgere tutto il personale, e questo ha reso l’evento ancora più significativo. Il Presidente mi ha detto una frase che mi ha profondamente colpito: “Ci rivediamo dopo 6 anni”, ricordandosi che mi aveva già premiato come Cavaliere del Lavoro. Vedere il suo apprezzamento per la nostra realtà imprenditoriale, così attiva e diversificata, è stato un riconoscimento importante. Ha percepito l’orgoglio e la dignità con cui i nostri dipendenti operano, lontano dai soliti stereotipi negativi sul Sud. Inoltre, la Gias vanta diversi record: possediamo la sala grigliati surgelati più grande d’Europa, lavoriamo da sempre per la sostenibilità, preferendo la lavorazione di prodotti stagionali e tra tre anni inaugureremo una grandissima cella di stoccaggio automatica. Per noi inoltre è fondamentale creare un ponte tra università e mondo del lavoro, per trattenere i nostri talenti. Ci stiamo lavorando da un po’».

– Ritiene che i giovani del Sud, quelli che aspirano a una Calabria migliore, debbano investire e credere nel potenziale della loro terra natia?

«Ora più che mai, i giovani dovrebbero investire e credere nella loro terra. Se non restano loro, è difficile immaginare un futuro migliore per la Calabria. Il nostro territorio, rispetto ad altri, è molto più preservato e non inquinato, un vantaggio in un’epoca in cui la sostenibilità è fondamentale. Tornare a valorizzare la genuinità del cibo, associato alla salute, è una carta vincente per noi. Ma è necessario creare le condizioni giuste, sia in termini di mobilità che di opportunità, affinché i giovani tornino e restino. Come diceva mio padre: “Ad una certa ora qualcosa di straordinario può accadere, anche in una baracca, in mezzo al deserto. Basta saper guardare”. La tenacia non ci manca come popolo, e credo fermamente che i giovani calabresi possano fare la differenza se credono nel potenziale della loro terra. Amo la Calabria perché qui sono nata, ho avuto i miei figli, mi sono sposata e ho sviluppato la mia carriera professionale. Il legame con questa terra è un intreccio di affetti, amicizie e ricordi che rendono la mia vita ricca di significato». (eg)

La little Italy di Toronto in lutto per la scomparsa di Tony Marcello

di PINO NANOTony Marcello era considerato uno dei medici italiani più amati di Toronto, e soprattutto uno dei medici calabresi più disponibili della Little Italy della grande città canadese, dove lui era emigrato giovanissimo, appena laureatosi all’Università di Messina, e dove già da subito era diventato punto di riferimento della comunità calabrese di College Street. Un ricercatore silenzioso, appassionato di biologia medica, che dedicava tutto il suo tempo libero ai suoi pazienti, come se fosse stato chiamato a fare il medico più che in una megalopoli come Toronto nel suo paese di natale, Sant’Onofrio, dove lui era di fatto cresciuto. Era il paese di suo padre e di sua madre, e dove ha lasciato a distanza di tantissimi anni amici e ricordi fortissimi.

A dare in Italia la notizia ufficiale della sua scomparsa è stato ieri “Melissandra, Il tessitore dei ricordi”, il giornale online fondato da Peppe Cugliari e che in questi anni ha messo in rete e in collegamento tra di loro le mille anime di questo piccolo paese del vibonese, Sant’Onofrio, che poi è anche e soprattutto il mio paese di nascita.

«È con profonda tristezza – scrive sul suo blog Peppe Cugliari – che annunciamo l’improvvisa scomparsa di Antonio Marcello (Totō, Tony per gli amici), che ci ha lasciato serenamente il 18 agosto scorso circondato dalla sua amorevole famiglia».

Nato a Sant’Onofrio, il 2 ottobre 1943, Toni Marcello è emigrato con la sua famiglia a Toronto, in Canada, nel 1954. Poco dopo aver terminato la scuola superiore, Totò si trasferisce negli Stati Uniti dove frequenta l’Università di Medicina del Connecticut. Successivamente torna in Italia per concludere i suoi studi universitari all’Università di Messina e dove alla fine si laurea e si specializza in Microbiologia.

«Un vero gentiluomo – scrive ancora Peppe Cugliari – che incarnava gentilezza, amore, considerazione ed empatia”. L’ultima volta che io sono stato in Canada un vecchio cronista di Radio Chin, che è la radio storica degli italiani dell’Ontario, mi parlava di lui e della sua eterna disponibilità verso gli altri: “Totò Marcello non conosceva un solo giorno di riposo nella sua vita, mai un giorno di ferie, mai una pausa, e se domenica o nei giorni di Natale e di Pasqua ti serviva un medico all’improvviso, i calabresi dell’Ontario sapevano dove cercarlo, perché lui divideva la sua vita tra l’ambulatorio dove faceva le sue analisi e lo studio privato dove in tutti questi anni ha continuato a studiare e approfondire i temi della medicina moderna».

La gente lo chiamava, lo andava a prendere, poi dopo la visita del malato, lo riportava a casa, e lui da lì ripartiva per il prossimo consulto. Quasi una leggenda.

«La distanza può separarci, ma l’amore ci terrà sempre uniti. Totò Marcello – scrive ancora Melissandra – si unisce ora nel riposo eterno ai suoi genitori Basilio e Caterina, nonché all’amorevole sorella Felicia. Ma mancherà per sempre al fratello Giorgio e alla cognata Isabella». Ma così va la vita.

Salvatore Garbato, il make up artist calabrese amato dalle dive

di MARIA CONSIGLIA IZZO – Dalle dive del passato alle reginette di bellezza del presente, Salvatore Garbato è un punto di riferimento nel mondo del make-up. In questa intervista, racconta la sua esperienza come giudice e truccatore personale a Miss Italia Calabria, svelandoci i segreti di bellezza delle giovani concorrenti e dei personaggi famosi che ha avuto l’onore di truccare.

-Signor Garbato lei è famoso per essere il truccatore della mitica Maria Giovanna Elmi, della bellissima Brigitta Boccoli e di tante altre dive del grande e piccolo schermo, comprese star maschili come l’iconico attore Kaspar Capparoni.

«In effetti la lista delle mie clienti è molto più lunga… Ho iniziato con la splendida Maria Giovanna: seguirla mi ha insegnato tanto, facendomi perfezionare nella professione. Brigitta è meravigliosa, e sia lei che la Elmi sono non solo due professioniste, ma anche due donne di una bontà infinita. Kaspar è un caro amico e, anche se in generale l’uomo ne ha meno bisogno, ogni tanto ci sentiamo per qualche consiglio legato al mantenimento di una pelle più riposata».

-Nelle foto la vediamo accanto all’attuale Miss Italia in carica, Francesca Bergesio.

«Lei ha la bellezza della gioventù accompagnata da un’educazione d’altri tempi: riservata, umile, gentile… A mio avviso tra le Miss più belle degli ultimi tempi».

-È tornato felicemente “sul luogo del delitto”, a volerla ancora una volta giudice e truccatore personale, è stata l’organizzatrice e conduttrice delle tappe di Miss Italia Calabria 2024, Linda Suriano.

«Linda è una cosentina generosa, preziosa e attenta. Per me rimane un grande onore essere stato chiamato da lei in questa simpatica duplice veste. Linda, oltre ad essere la più giovane delle agenti di Miss Italia, esclusivista di Miss Italia Calabria, è anche una donna molto bella ed empatica. Riesce a comunicare la grande energia che la caratterizza a tutte le ragazze in gara, che infatti pendono dalle sue labbra».

-Cos’è per lei la bellezza, e quanto conta l’equilibrio tra essere naturale ed essere attenta al make-up?

Per quanto si continui a dire il contrario la bellezza non è oggettiva. I canoni estetici imposti dall’attuale società, differiscono enormemente da quelli del secolo scorso, e così – a ritroso – questo ci insegna che la bellezza è prima di tutto presa di coscienza di quello che si è esteriormente ed interiormente. Ognuno di noi, anche se potrà sembrare semplicistico affermarlo, parte dal bello per poi evolversi durante l’arco della sua vita. Per me la bellezza è di tutto il creato».

-Il make-up non è solo una questione di “sentirsi bella” quanto di “sentirsi bene” con sé stesse. Lei si rivolge anche a donne che subiscono gli effetti di cure invasive o malattie che incidono, sotto più aspetti. Quanto le aiuta a sentirsi belle?

«Molto. Il discorso potrebbe apparire complesso, ma è semplice nella sua naturale evoluzione. Qualunque accadimento deve spingerci a migliorarci, non ne possiamo essere intrappolati due volte, la prima proprio per il decorso della malattia, la seconda negando la nostra femminilità».

-I prodotti immancabili per una donna?

«La base, il mascara, il rossetto».

-Ci può rivelare se tra tutte le dive che ha truccato ne ricorda qualcuna perfetta anche senza trucco…

«Le dive hanno una pelle estremamente curata, tengono alla loro linea, conducono uno stile di vita sano, direi tutte».

-Con l’andare del tempo occorre alleggerire il make-up, molte donne però hanno paura che non si ottenga lo stesso effetto antietà. Si può con poco, ottenere ugualmente un buon effetto anti age?

«L’età non deve essere nascosta chi pensa di farlo impunemente se ne ritroverà dieci in più di anni. Qualunque difetto si creda di avere nascondendolo verrà amplificato. Se, ad esempio, c’è un neo che non piace (eppure alcuni volti ne hanno di bellissimi) e con i capelli lunghi si cerca di coprirlo, il momento in cui i capelli si taglieranno ai conoscenti sembrerà un “corpo estraneo”. Quante donne oggi colpiscono chiunque dichiarando la loro età e sentendosi riempire di complimenti? L’età non impone nessun cambiamento ed è per questo che non bisogna farsi cambiare dall’età. Il concetto del poco trucco vale per ogni donna».

-Una domanda “indiscreta”. Un trucco fatto bene, che caratteristiche dovrebbe avere?

«La resistenza. Il trucco migliore è quello che si applica prima di uscire e si leva quando si torna a casa. Ci sono prodotti in grado di truccare nutrendo la pelle. Anche bere molta acqua con limone aiuta il mantenimento».

-Nel make-up molte sono spinte a seguire la moda. Meglio seguire la tendenza. o sarebbe più appropriato cercare un trucco che ci vesta, che sia adatto alle proprie caratteristiche?

«Le mode cambiano, i volti sempre quelli sono. Una volta che si è scoperto il miglior trucco suggerisco sempre di non allontanarsene». (mci)

Addio a Maurizio D’Ettore, Garante nazionale dei Detenuti

Cordoglio, in Calabria, per la scomparsa di Maurizio D’Ettore, Garante nazionale dei detenuti ed ex parlamentare di origini calabresi di Fratelli d’Italia.

Cordoglio è stato espresso dal presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni: «Apprendo con dolore dell’improvvisa scomparsa del Garante delle persone detenute Felice Maurizio D’Ettore, di cui tutti abbiamo apprezzato la dedizione e la professionalità, in particolare in un momento così difficile per il mondo penitenziario. Sono sinceramente vicina, anche a nome dell’intero Governo, ai suoi familiari, che abbraccio nel ricordo di un uomo onesto e generoso».

Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, con tutti i suoi collaboratori, ha espresso il più profondo cordoglio per la perdita incolmabile di Felice Maurizio D’Ettore.

Ne ricorda con commozione l’integrità morale e la grande preparazione intellettuale, manifestata anche nella sua ultima funzione quale Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. Tutti ci stringiamo commossi attorno alla famiglia con l’affetto più profondo e la gratitudine per tutto quello che ci ha dato. Cordoglio è stato espresso dal presidente della Regione, Roberto Occhiuto, ricordando D’Ettore «un professionista di spessore, un accademico di valore, un politico acuto, e soprattutto una persona perbene. Ho conosciuto Maurizio ormai qualche anno fa in Parlamento, e ho avuto l’opportunità di apprezzare le sue doti».

«D’Ettore ha sempre dimostrato – ha concluso – grande attaccamento alla Calabria – sua amata Regione d’origine – pur non vivendoci più da tanti anni. Alla famiglia giunga il cordoglio della Giunta regionale».

Profondo dolore e sconcerto per l’improvvisa scomparsa del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, Felice Maurizio D’Ettore, è stato espresso dal presidente del Consiglio regionale, Filippo Mancuso.

«Prima dell’ultimo prestigioso incarico – ha detto – ha dimostrato di essere un riconosciuto giurista, un politico sensibile e una persona di indubbia integrità morale legato alla Calabria e ai calabresi. A nome del Consiglio regionale esprimo profonda vicinanza alla famiglia e gratitudine per il suo contributo».

«Non eravamo nello stesso partito. Ma avevamo molte cose in comune. Innanzitutto la tutela dei diritti dei cittadini, a partire dalla presunzione d’innocenza. Insieme abbiamo fatto una straordinaria battaglia, per cambiare l’obbrobriosa legge sullo scioglimento dei comuni per mafia», ha detto Enza Bruno Bossio, ricordando come «mi considerava un’ amica. Come lui per me. Mi mancherai Maurizio». (rrm)

Addio a Mario Brunetti, giornalista e più volte parlamentare

Cordoglio in Calabria per la scomparsa di Mario Brunetti, giornalista professionista, scrittore e meridionalista di ispirazione gramsciana.

Cordoglio è stato espresso dal presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Calabria, Giuseppe Soluri e dal Consiglio regionale, per la scomparsa del collega, «che ha rappresentato un pezzo importante di storia del giornalismo e della politica calabrese. Ai familiari le sentite condoglianze dell’Ordine».

Profondo cordoglio è stato espresso dal sindaco di Cosenza, Franz Caruso, sottolineando come «con Mario Brunetti scompare una delle figure più rappresentative del mondo politico calabrese, che ha attraversato un pezzo importante della storia politica regionale e nazionale e che può, a giusta ragione, essere considerata una delle menti più illuminate espresse dal nostro territorio».

«Non va dimenticata – ha sottolineato Franz Caruso – la sua convinta e costante battaglia per la salvaguardia delle minoranze linguistiche e, in particolare, di quella arbëreshe e per la quale presentò alla Camera dei deputati una proposta di legge ad hoc. Con Mario Brunetti la Calabria perde un insostituibile punto di riferimento, ma anche una figura emblematica di politico d’altri tempi e di intellettuale raffinato e colto, pronto ad intraprendere ogni forma di battaglia necessaria alla tutela dei diritti dei più deboli e dei diritti umani».

Professionista dal 17 marzo 1965, Mario Brunetti era nato a Plataci il 20 ottobre 1932 e viveva a Cosenza. Protagonista della storia politica e sociale italiana e del Mezzogiorno dagli anni Cinquanta. Ha fondato, nella seconda metà degli anni cinquanta, il periodico “La sinistra”; successivamente, ha dato vita a “Prospettiva socialista”. Ha fondato ed è stato direttore di una delle poche riviste meridionaliste, “Sinistra Meridionale”. È stato presidente del Centro Studi di Politica ed Economia della Calabria (Cespe.Ca). Dirige l’Istituto Mezzogiorno Mediterraneo (MeMe), trasformato successivamente in “Fondazione Brunetti”.

Ha coordinato una ricerca sulle origini calabro-albanesi della famiglia di Antonio Gramsci (Plataci), documentando la provenienza dal comune italo-albanese dell’Alta Calabria. Ha fatto parte del Consiglio Generale della Cgil. Ha partecipato attivamente al movimento di lotta per le occupazioni delle terre. Nel 1964, con l’entrata al Governo di Pietro Nenni, è tra i fondatori del Partito Socialista di Unità Proletaria (Psiup) di cui è stato membro dell’Esecutivo Nazionale e responsabile del settore meridionale. Alla decisione della maggioranza autonomista di scioglimento del Partito, nel 1972, rifiutò la confluenza sia nel Psi che nel Pci e, con altri, organizzò la “resistenza” allo scioglimento con la costituzione “Nuovo Psiup”. Da lì a poco, fu tra i promotori del Partito di Unità Proletaria – DP, facendo parte del Gruppo Nazionale di Direzione Ristretto. Con Foa, Pintor, Rossanda, Magri, Ferraris, Miniati, Migone, Russo, Spena ed altri, ha dato origine al tentativo sfortunato di unificazione PdUP-Manifesto.

È stato eletto, giovanissimo, nel Consiglio Comunale di Plataci, paese arbëresh dell’Alta Calabria Jonica, ed è stato poi eletto consigliere Comunale nella città di Cosenza dal 1970 al 1980, determinando con il suo solo voto la costituzione della prima e unica giunta di sinistra. È stato Consigliere della Regione Calabria, dal 1975 all’1980, È stato eletto per la prima volta al Parlamento Italiano, col sistema proporzionale e le preferenze, nelle elezioni politiche del 5-6 aprile 1992 nella Circoscrizione Catanzaro – Cosenza – Reggio Calabria. Nella XI legislatura ha fatto parte della Commissione Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e dell’Interno, oltre che della Commissione Speciale per l’esame dei progetti di legge concernenti la riforma dell’immunità parlamentare; sostenne la necessità di dichiarare il patrimonio dei parlamentari all’entrata e al termine del mandato.

È stato relatore di minoranza contro la modifica della Legge elettorale proporzionale. È stato membro della Commissione interparlamentare, presieduta da Giulio Andreotti. È stato rieletto al Parlamento nelle elezioni politiche del 1994 nel Collegio uninominale nr.3 della circoscrizione calabrese (Corigliano Calabro), con 20.689 voti. Alle elezioni del 21 aprile 1996 è stato rieletto per la terza volta, come capolista del suo Partito, nella lista proporzionale di “Campania 2”.

Ha contribuito all’inserimento nello Statuto regionale della Calabria, del diritto alla tutela delle minoranze linguistiche regionali, formalizzato nell’art.56-lettera r. È stato presentatore della prima proposta di legge regionale, negli anni Settanta, di istituzione delle scuole prescolari per la salvaguardia della minoranza arbëreshe. Ha presentato, alla Camera dei Deputati, la proposta di legge sulla salvaguardia delle minoranze linguistiche (in occasione del dibattito sulla approvazione, ha parlato in Aula nella lingua arberesh). Alla fine del 1999 il Parlamento Italiano, unificando le proposte, ha approvato la Legge 482/99 di attuazione dell’art. 6 della Costituzione, che si attendeva dall’entrata in vigore della Carta Costituzionale, con la quale si introduce, tra l’altro, l’insegnamento della lingua albanese nelle scuole dell’obbligo dei paesi di origine arbëreshe. Nell’ultima legislatura cui ha partecipato, ha presentato alla Camera la proposta di legge per la ratifica della Carta Europea delle lingue regionali e minoritarie.