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Il The Guardian a Polistena per raccontare il fenomeno dei medici cubani

Sanità, arrivati in Calabria altri 120 medici cubani

di MARIACHIARA MONACOAngela Giuffrida, corrispondente da Roma per conto del blasonato quotidiano britannico The Guardian, si è recata con la sua troupe a Polistena (RC), per toccare con mano la situazione sanitaria calabrese e per studiare a fondo il fenomeno “medici cubani”.

Il reportage inizia dall’ospedale di Santa Maria degli Ungheresi dove la corrispondente incontra Asbel Díaz Fonseca, chirurgo 38enne, ed Eduardo Gongora, 36 anni, in forze al pronto soccorso dell’ospedale cittadino.

Gli intervistati sono due dei quasi 500 operatori sanitari cubani dispiegati in tutta la Calabria, alle prese con una grave carenza di medici.

Fonseca, lavora da un anno nell’ospedale reggino: «I principi fondamentali della nostra formazione sono la solidarietà e l’umanità – dice – portiamo le nostre competenze nei Paesi che ne hanno bisogno, soprattutto dove il sistema sanitario è in sofferenza. L’Italia ha buoni medici e tutta la giusta tecnologia, ma mancano professionisti in molte specialità».

Un problema, quello della carenza di operatori sanitari, presente su tutto il territorio nazionale, e messo in evidenza anche da alcuni recenti scioperi promossi da sindacati di categoria. Tra le diverse cause che alimentano questo fenomeno, troviamo: turni estenuanti, retribuzioni non adeguate, e una pandemia, affrontata in prima linea dai camici bianchi italiani che ha accelerato la loro fuga dal Servizio sanitario nazionale, (più di 11.000 operatori sanitari hanno lasciato il sistema pubblico dal 2021), passando al settore privato, oppure cercando migliori opportunità all’estero.

Tornando alla Calabria, Polistena – si spiega nel reportage – ha una popolazione di quasi 10mila abitanti, ma il suo ospedale, uno degli ultimi sopravvissuti nella zona, serve 200mila persone nelle città delle province vicine, e per ovviare al problema della carenza di operatori, l’amministrazione regionale calabrese ha fatto appello a Cuba.

L’isola caraibica è famosa nel mondo per l’invio di brigate mediche con la missione di aiutare a salvare vite umane, il più delle volte in contesti di calamità ed emergenze umanitarie. Ad aprire la strada a missioni verso i Paesi europei, continua il servizio, è stata proprio la pandemia di Covid, (tra le prime destinazioni ricordiamo Bergamo, una delle prime realtà fuori dalla Cina colpite duramente dal coronavirus). Una strada, quella verso l’Europa, che ha portato numerosi specialisti anche in Portogallo, paese che ha recentemente cercato rinforzi cubani dopo aver sofferto di carenze. 

Ma tornando al disegno calabrese, diciotto dei quasi 500 operatori sanitari cubani di stanza nella nostra regione sono proprio a Polistena. Accolti all’inizio con scetticismo, ricostruisce il giornale britannico, col tempo si sono fatti benvolere: «Hanno il tipo di entusiasmo che ricordo di aver avuto quando ho iniziato la mia carriera», ha raccontato Francesca Liotta, direttrice sanitaria dell’ospedale, prossima al ritiro: «Lo dico sempre: ci stanno dando ossigeno». 

Ascoltando le storie dei due medici intervistati (Fonseca, chirurgo con 10 anni di esperienza alle spalle, è stato inviato in tutto il mondo, anche per due anni in Mauritania), l’attenzione del Guardian si sposta per un attimo, sulle brigate d’oltremare, le quali generano enormi entrate per il governo comunista di Cuba, rendendolo un’ancora di salvezza economica cruciale per il paese. Ma Fonseca non ci sta, respinge le critiche secondo cui gli operatori sanitari vengono sfruttati per riempire le casse del regime: «Questa è una totale bugia. Siamo qui perché vogliamo essere qui, e nessuno è stato mai obbligato. Noi impariamo dalle esperienze, e questo è uno scambio a due direzioni».

Fatto sta che la loro sembra essere una carta vincente, e ad oggi l’iniziativa in Calabria si è rivelata efficace e prorogata almeno fino al 2025. Anche il 36enne Gongora si dice soddisfatto: «I colleghi calabresi hanno un calore simile a quello dei cubani, e sono stati molto accoglienti e gentili».

Parole di conforto anche dalla cittadella regionale: «L’esperimento è stato positivo – ha dichiarato il governatore della Calabria Roberto Occhiuto, tornando sulle critiche iniziali ricevute –. Sapevo che la medicina cubana era una delle migliori al mondo, e oggi le stesse persone che mi criticavano chiedono a gran voce più medicina caraibica».

Ma Liotta, come altri dirigenti sanitari sparsi lungo tutto il territorio, è ancora preoccupata di riuscire a riempire il programma dei turni dell’ospedale con un numero adeguato di personale: «Guardo i giovani e sono ben preparati, ma esausti. I cubani hanno contribuito a ravvivare lo spirito di squadra, ma mi preoccupa quello che accadrà dopo il 2025». (mm)

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