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LA CALABRIA SI SPOPOLA SEMPRE DI PIÙ
IL PROBLEMA VA AFFRONTATO E RISOLTO

LA CALABRIA SI SPOPOLA SEMPRE DI PIÙ UN PROBLEMA DA AFFRONTARE E RISOLVERE

di GIOVANNI MACCARRONENon di rado mi capita di leggere sui quotidiani che i giovani fuggono dalla Calabria, sempre più numerosi.

Questo è un problema anche molto noto ma di cui nessuno si interessa seriamente. Affrontarlo creerebbe un disagio difficile da sostenere. Far finta di nulla, però, non ne elimina comunque la presenza.

Qualche volta mi incontro con amici della mia stessa età che non lavorano oppure lavorano sporadicamente. Cerco di evitare qualsiasi discorso che anche lontanamente tocchi il problema. Sono coscienti e consapevoli della realtà lavorativa che tocca l’intero mezzogiorno e potrebbe essere di grande aiuto parlarne. Solo che ci vuole sensibilità, buon senso ed aspettare il momento opportuno per riuscire a far esprimere “liberamente” il loro dolore, le proprie paure e le proprie speranze.

Oggi come oggi trattare questo problema è veramente difficile, ma, nei modi e nei tempi adeguati, è necessario affrontarlo e, soprattutto, risolverlo.

Tempo fa mi sono recato a Milano. All’aeroporto di Lamezia Terme ho visto un gran numero di passeggeri. Inizialmente ho pensato che fossero tutti turisti, mentre in realtà per gran parte si trattava di calabresi emigrati al Nord che in estate e durante altre festività scendono giù per rivedere amici e parenti, di studenti universitari che ogni fine settimana oppure durante il periodo estivo rientrano in famiglia.

Al ritorno, nell’area di attesa dell’aeroporto di Milano Malpensa, ho incontrato vecchi amici e qualche vecchio compagno di scuola. Molti di loro sono riusciti a fare carriera dopo vari tentativi nella nostra regione (non a caso l’età media dei dipendenti nella pubblica amministrazione è superiore ai 50 anni). Qualcuno di loro mi ha raccontato che, nonostante il curriculum professionale e i buoni elaborati presentati durante i concorsi banditi in qualche comune della regione Calabria, non era mai riuscito a rientrare tra i vincitori. Concorsi quasi sempre banditi per un solo posto. Per cui, dopo diversi tentativi, aveva deciso – con grande dispiacere – di spostarsi, lasciando moglie e figli a casa. Quasi tutti laureati. Chi non si è spostato ha dovuto accontentarsi di fare altro o comunque qualcosa di diverso rispetto al suo corso di laurea

Un vero dramma. 

Secondo Aristotele ogni uomo è fornito di una vocazione, di una inclinazione, che lui chiama daimon, ciascuno ha il suo demone, il musicista, l’artista, il filosofo, l’uomo che lavora manualmente, e la felicità in greco si dice eudaimonia: «la buona realizzazione del tuo demone».

Con la conseguenza che la felicità è sostanzialmente l’autorealizzazione di se medesimi, di se stessi. Uno se si autorealizza, se fa ciò per cui è chiamato o che è evocato, appunto, è felice e lavora meglio.

Non credo che qualcuno si sia mai soffermato su tale questione fondamentale. Sarebbe invece il caso che il legislatore si occupasse di questo aspetto prevedendo, in futuro, un apposito reato contro la persona (da inserire dopo l’art. 582 c.p.) oppure un apposito risarcimento per danno provocato da “mancato raggiungimento della felicità”.

Solo il ricorso a questo sistema di garanzie positivo è assolutamente in grado di tutelare i partecipanti alle procedure selettive indette dalle pubbliche amministrazioni, unitamente alla previsione di concorsi a cui far partecipare solo commissioni con personale preso all’esterno dell’amministrazione che bandisce la procedura stessa 

Lo ha già sostenuto il procuratore scelto dal Csm per guidare la procura partenopea, Nicola Gratteri, il quale a più riprese ha auspicato concorsi asettici per assumere personale affinché non venga favorito nessuno, con commissioni esterne da comporre a livello nazionale.

Comunque sia e indipendentemente da quanto sopra detto, è certo che il problema occupazionale spinge le persone (giovani e non) ad andare fuori dalla nostra regione e, quindi, ad emigrare.

Ed infatti, nel corso della sua recente visita in Calabria (avvenuta il 30 aprile scorso), anche il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha prontamente evidenziato che «nel Meridione il tasso di occupazione è più basso rispetto al Centro e al Nord. Donne e giovani pagano un costo elevato e sono tanti coloro che, a malincuore, lasciano la terra d’origine, accentuando un rischio di spopolamento che andrebbe frenato. Per rispetto del valore, della storia e del futuro di quei territori».

Ma la sua sensibilità si è spinta oltre, individuando con precisione tutti i motivi che in qualche modo possono spingere la popolazione calabrese ad emigrare.

Uno fra tutti è quello legato al reddito. In particolare, secondo il Presidente Mattarella «le Regioni meridionali dispongono oggi di un reddito che non raggiunge quello di altre aree nazionali».

Altro motivo è legato all’inefficiente gestione delle spese e delle entrate da parte dei comuni e delle regioni meridionali. Il che, come è evidente, determina inevitabilmente che – come evidenziato dallo stesso Presidente della Repubblica – «per alcuni aspetti i loro cittadini fruiscono di servizi meno efficienti»: basti pensare all’erogazione dei Lea, alla sanità (commissariata da ben 14 anni), alle infrastrutture, all’inefficienza dei trasporti urbani ed extraurbani (pensate ai collegamenti da e verso gli aeroporti), ecc.

Insomma, per dirla con le parole del Presidente Mattarella, «lo sviluppo della Repubblica ha bisogno del rilancio del Mezzogiorno. È appena il caso di sottolineare come una crescita equilibrata e di qualità del Sud d’Italia assicuri grande beneficio all’intero territorio nazionale. Una separazione delle strade tra territori del Nord e territori del Meridione recherebbe gravi danni agli uni e agli altri. È ben noto che il lavoro è una delle leve più importanti di progresso e di coesione sociale».

Che, letto tra le righe, vuole semplicemente dire che il meridione si deve attrezzare meglio e lo Stato italiano (a prescindere da chi lo gestisce) non può limitarsi a mettere poche gocce di olio nel sistema (credito alle assunzioni, decontribuzione ecc.), quando invece servirebbe molto di più.

Sempre che le gocce non finiscano nelle tasche di qualcuno, come fino ad oggi è accaduto. Perché, diversamente, noi continuiamo ad essere una sorta di palla al piede proprio per le regioni del Centro-Nord che, in qualche modo, giustificherebbe la richiesta da parte di tali regioni di una sorta di secessione, di distacco dalle regioni meridionali.

La qual cosa non va bene, va assolutamente evitata, dato che – come già segnalato – essa è in grado di produrre un aumento della pressione fiscale, un’inevitabile sottrazione di risorse importanti al bilancio dello Stato e un conseguente consolidamento dei conti pubblici a carico probabilmente alla restante parte del Paese e, più in generale, di contribuire a compromettere la garanzia dei diritti sociali, già messa a dura prova da un decennio di crisi.

Bisognerebbe quindi evitare tutto ciò e riflettere sulla considerazione fatta dal Presidente Mattarella in ordine al fatto che «l’Europa – e in essa l’Italia – deve essere protagonista a livello globale. Il Mezzogiorno d’Italia è parte dell’Europa». 

Meditate gente… meditate.

Speriamo bene. (gm)

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