Site icon Calabria.Live

LA GRANDE STAMPA E IL MEZZOGIORNO
TRA DISINFORMAZIONE E TRASCURATEZZA

Giornali

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – Poveri veneti maltrattati dalla informazione di parte della Svimez. Disgraziato Nord senza voce, in balia della disinformazione prodotta da un Sud sovra esposto e sovra comunicato. 

Sembra questo il mantra che Luca Zaia tenta di propalare. E insieme l’esigenza che le università del territorio, i centri studi, le organizzazioni di categoria, le organizzazioni datoriali, i sindacati, si occupino più e meglio di trasmettere l’informazione corretta di un Nord sotto comunicato ed in ogni caso con informazioni distorte, sopratutto sull’autonomia differenziata. 

Sembra incredibile che queste possano essere le informazioni che  il Presidente della regione Veneto dà  nella conferenza stampa di fine anno, che annuncia l’avvio di una campagna d’inverno in piena regola per controbattere, dati e leggi alla mano, chi sta costruendo barricate contro l’autonomia.  E lo si fa con un portale on line che lo stesso presidente Luca Zaia definisce l’«anti Svimez» o la  «Svimez del Nord»

“Ci é o ci fa?” Si direbbe in romanesco, perché se é vero che esista un problema di disinformazione questa riguarda il Sud. Tutti i grandi quotidiani, cosiddetti nazionali, sono proprietà di imprenditori del Nord, da Repubblica e Stampa in mano agli Agnelli, dal Corriere della Sera in mano a Urbano Cairo, dal Sole 24 ore organo di Confindustria, notoriamente per ovvi motivi in mano al Nord, a il Giornale di Berlusconi, a Libero, con il suo direttore Sallusti di proprietà dell’imprenditore della sanità Antonio Angelucci, alla Verità diretto da Maurizio Belpietro, al Domani di De Benedetti fino al Messaggero di proprietà dei Caltagirone che posseggono anche il Mattino di Napoli, per citare i più importanti     

Insomma una informazione, che spesso ha al suo interno la cronaca di Milano o di Torino tanto é nordica, che lascia fuori solo pochi quotidiani locali, che non vengono ripresi né nelle rassegne stampa radiofoniche  o televisive, né in quelle cartacee che girano per i palazzi del potere.  Se poi parliamo della informazione televisiva la situazione non é certo migliore: da un lato le reti commerciali di Berlusconi, che hanno studi e cuore a Milano, dall’altra parte la Rai, che pur essendo un servizio pubblico pagato, non in proporzione al reddito prodotto, da tutti gli italiani, in realtà è strumento in mano al potere romano/milanese, come è ovvio che sia,  perché essendo controllata dai partiti nazionali ha lottizzato reti e professionalità in base alle direttive dei partiti. 

É poiché i partiti nazionali  sono indirizzati dal Nord/Centro, come è evidente nel Pd, nel Terzo Polo, in  Forza Italia nella Lega e nella stessa Fratelli d’Italia, non si può certo inquadrare la Rai come sudista. Rimane la Sette che segue la sorte del Corriere anch’essa con l’anima al Nord. 

Esiste in realtà un problema opposto, che riguarda la mancanza di voce che i 20 milioni di meridionali hanno sulla scena nazionale. Per cui le loro ragioni spesso sono viste e interpretate  da inviati speciali che arrivano da Milano, fanno un breve giro di interviste, per poi dare un’interpretazione che, rispetto alla realtà effettiva, spesso è distorta. Gli stessi rappresentanti istituzionali meridionali, sono molto influenzati dalla stampa e dalla comunicazione dei giornaloni, con i quali devono fare i conti se vogliono rimanere a gestire ministeri  o permanere ai  vertici istituzionali, se non vogliono essere dimessi da campagne di stampa ,come accadde al presidente Giovanni Leone, tanto per citare un caso. 

Quindi in realtà esiste un problema opposto a quello sollevato da Zaia, che vede tutta un’area, quella meridionale, senza voce propria, che abbia rilevanza nel dibattito nazionale. Il fatto è estremamente pericoloso e porta risultati aberranti. Poiché l’opinione della classe dirigente meridionale viene formata ed indirizzata da una informazione nordista che si riassume, come il mantra, che riesce ad essere anche convincente, che se il Mezzogiorno ha problemi é colpa delle sue carenze e delle sue mancanze.

In una confusione tra cause ed effetti per cui la mancanza di classe dirigente non è un effetto del mancato intervento statale nella scuola e nella  carenza di una serie di diritti di cittadinanza ma é la causa di tutti i fallimenti. Per cui alla fine si accusa il Mezzogiorno del suo  sottosviluppo per la mancanza di classe dirigente con una logica simile a quella per cui si dava responsabilità dell’incapacità di correre a colui che é zoppo, dicendogli che se non fosse zoppo vincerebbe le Olimpiadi della corsa veloce. 

Per cui il Mezzogiorno è pervaso da una sindrome da autoflagellazione indotta, nella quale si perde anche ogni orgoglio di identità pregresse, piuttosto che della sua storia prestigiosa, per cui diventa un motivo di offesa l’affermazione di Giovanni Agnelli che si rivolge a  Ciriaco de Mita definendolo intellettuale della Magna Grecia, appellativo che doveva essere un monumento alla origini culturali di tutta una realtà, invece che un’offesa.

É un’operazione tipica dei colonizzanti che devono instillare nei colonizzati un senso di inferiorità, che faccia apprezzare tutto quello che é fuori dalla loro realtà. Si tratti della Scala o della Fenice, della Bocconi o del Politecnico di Torino, al di là dei loro meriti effettivi che pure alcune volte ci sono. 

Per cui ormai il riferimento del pensiero dominante sia dei giovani che dei loro genitori e quello che per avere successo bisogna migrare.“Cu nesci arrinesci“ si dice in Sicilia ma è un pensiero diffuso in un Mezzogiorno senza più identità.

Per recuperare consapevolezza di se stessi evidentemente è necessario che vi sia una comunicazione che valorizzi le peculiarità e che faccia giustizia delle tante  infami mistificazioni che con campagne anche del nostro giornale sono state sbugiardate. Come che  il Sud è stato inondato di risorse che sono sprecate, che il numero di dipendenti statali è molto più elevato che al Nord, cosa falsa, quando invece confrontando città di dimensioni demografiche simili, come Reggio Calabria Reggio Emilia, ci si accorge che Reggio Calabria dovrebbe competere avendo a disposizione solo fichi secchi. La comunicazione di Zaia si inserisce in questa logica prevalente. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – l’Altravoce dell’Italia]

Exit mobile version