di ELISABETTA BARBUTO – Il cielo è azzurro oggi a Crotone, il sole tiepido, ma l’aria è immobile e velata di malinconia.
Al centro del piazzale del Tribunale la teca, coperta dal tricolore, attende di essere scoperta affinché tutti possano vedere l’orrore del 23 maggio 1992 quando il boato di Capaci scosse la vita e la coscienza degli italiani. Oggi il silenzio attende la vita.
Poi nel piazzale del Tribunale la vita arriva, arrivano i ragazzi, gli studenti delle scuole crotonesi e tra loro gli studenti del Pertini – Santoni di Crotone che nei giorni scorsi avevano ulteriormente approfondito, con i loro insegnanti di diritto, la storia del Giudice Falcone. Non erano ancora nati questi ragazzi nel 1992. Ma oggi sono qui.
Arrivano per vedere con i loro occhi la testimonianza di quel giorno lontano nel tempo, ma sempre vivo nella memoria di tutti noi, e ascoltare Tina Montinaro, moglie di Antonio Montinaro, caposcorta di Giovanni Falcone che, insieme ai suoi colleghi Vito Schifani e Rocco Dicillo, viaggiava sulla Quarto Savona 15 quel tragico pomeriggio di maggio.
Il messaggio di Tina Montinaro arriva diretto al cuore. Ed è un messaggio che nessuno può dimenticare perché evidenzia la tristezza di una moglie che perde il proprio compagno ed il padre dei propri figli, ma al contempo l’orgoglio di avere condiviso con lo stesso un tratto della propria vita e la consapevolezza di avere un compito fondamentale da svolgere. Quello di continuare a testimoniare ciò che, con il proprio sacrificio, ci ha insegnato Antonio Montinaro.
Un uomo che la paura non ha fermato e che ha continuato a fare il proprio dovere pur consapevole dei rischi che correva. A fianco di Giovanni Falcone ed al servizio dello Stato e della Giustizia. Le riflessioni dei nostri ragazzi del Pertini – Santoni, a caldo, commuovono. Non li dimenticheremo mai. Non dimenticheremo mai il loro insegnamento. Non possiamo. Non dobbiamo. Dimentichiamo i loro assassini. Dimentichiamo chi ha deciso di combattere lo Stato per tutelare i propri interessi. Cancelliamo la mafia e ricordiamola solo per disprezzare chi si è posto al di fuori della legalità con protervia cercando con la forza bruta di porsi al di sopra della Legalità.
Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani, Rocco Dicillo. Li hanno definiti Martiri della Legalità. Li hanno definiti Eroi. E lo sono sicuramente. Ma è triste pensare di avere bisogno di Martiri e di Eroi quando, come diceva Giovanni Falcone: “Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell’esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell’amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il proprio dovere”.
Strano pensare che sia così semplice, ma così difficile. Fare il proprio dovere. In una società che, sempre più globalmente, strizza l’occhio ai furbetti ed è disposta ad accettare principi machiavellici che conducano alla visibilità ed al potere economico, spetta a noi docenti, in sinergia con le famiglie, il gravoso e fondamentale compito di indicare alle giovani generazioni quale sia la vera strada da percorrere ed i veri valori cui ispirarsi. Scegliamo di fare il nostro dovere. Scegliamo di stare dalla parte giusta. Dalla parte dello Stato e della Giustizia.
E’ una sfida quotidiana. Ma è una sfida che vogliamo vincere. Perché le lamiere contorte della Quarto Savona 15 sono, nonostante la tristezza che la loro visione ci lascia, un simbolo di speranza.
Nei nostri giovani e nel futuro della società. (eb)