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L’OPINIONE / Franco Cimino: L’estate e la morte assurda dei nostri due ragazzi belli

La nostra estate è finita. Ieri in serata, è finita. Non ce lo dice né il calendario, né il clima. Agosto è rimasto. Ed più estivo degli anni precedenti. Le previsioni meteo dicono che il sole bello, quello che non brucia, l’aria salubre, quella che non soffoca, il vento buono, quello che fa i ricci al mare e ai capelli delle donne e rinfresca le sere, resteranno per il restante del mese. È finita a Marina, ché nella Città alta non è mai iniziata. Anche quest’anno non vi è stato un solo segnale che l’agosto delle estati camminasse anche sul Corso e sulle vie interne, intorno alle antiche chiese e lungo i palazzi belli. Come nelle tante piazze singolari, purtroppo non viste. Da nessuno. È finita, dunque, paradossalmente, il giorno della fine delle numerose manifestazioni e rassegne degli spettacoli e del divertimento( tutte nel quartiere marinaro) l’estate delle notti calde, dei pub e ristoranti sempre pieni, della musica ad altissimo volume dei locali sotto le abitazioni, del lungomare che non si cammina per l’invasione delle bancarelle abusive. L’estate caldissime delle risse e quella dei prepotenti, appartenenti a ben noti gruppi familiari e familistici, che spaventano passanti, ragazzi e operatori negli stabilimenti balneari, davanti alcuni dei quali banchettano e festeggiano liberamente.

A sancire la fine di questa estate(che taluni ancora, anche tra gli amministratori locali, definiscono ricca e piena, scambiando il volume del denaro, che fa sempre lo stesso giro, per ricchezza, e l’irregolare affollamento in movimento turistico, come gli eventi prodotti da privati e da associazioni, quali programma turistico e manifesto culturale del nuovo governo cittadino), non è stata l’autorità articolata, che, estate stessa a prescindere, può sceglierne l’interruzione. La nostra estate è finita con la morte di due nostri ragazzi, coetanei, un uomo e una donna di soli quarantatré anni. Entrambi di Marina. Entrambi di contrada Murano, lo storico rione sulla parallela di Corso Progresso. A soli cento metri dal mare. Due ragazzi belli, dicono chi li ha conosciuti personalmente. Due ragazzi con speranze diverse e appuntamenti con la vita diversi, ma egualmente in attesa di giornate nuove. Di inverni che non siano inverni e di estati che sostino sulla primavera. Quella primavera della loro vita, purtroppo consumatasi troppo presto. I nostri due ragazzi, finiti in una morte assurda. Inconcepibile. Inaccettabile. Due dinamiche “ incidentali”diverse ma egualmente inspiegabili. Due luoghi diversi, ma ambedue spazi in cui si muove la vita alla ricerca della gioia o della contentezza. Lei, la nostra ragazza, con gli amici a danzare e a rilassarsi.

Lui, il nostro ragazzo, sulla brevissima via che lo stava riportando a casa. E non si parli di destino inevitabile. O della malasorte, che ti prende alle spalle. Non si parli. Non si parli. E basta. Abbiamo perso due ragazzi belli. Ed è un dolore grande per l’intera comunità. Per tutta la Città. Di quello delle loro famiglie e degli amici neppure oso pensare. Parlo del nostro. Dei marinoti. Dei catanzaresi. Il lutto è anche della Città, che farebbe bene a evidenziarlo. Dopo il dolore c’è la riflessione. E la responsabilità. Quella nostra, la responsabilità collettiva. E quella delle istituzioni, la responsabilità politica. Essa va esercitata in tutte le direzioni possibili, a sostegno delle famiglie colpite da queste due disgrazie, e a tutela della sicurezza dei nostri ragazzi. Troppi sono gli incidenti mortali accaduti sulle strade interne. Specialmente a Marina. È assurdo che ciò possa accadere. La Città resta insicura anche sotto questo aspetto.

Il mio amico Gigi Tarzia, marinoto a Padova, dove è anche apprezzato consigliere comunale, mi fa notare, per sollecitarmi a farne richiesta, che su quel breve tratto, che dal lungomare porta alla Gaslini per poi proseguire per via Murano, ci vorrebbe una postazione di semafori. Una ben collocata, anche per superare un problema che non si è voluto finora risolvere, quello dei due lati della strada intasati dalle auto parcheggiate che impediscono la visuale sulla strada principale. Ecco, da qui, da questo dolore, muovo la pressante richiesta affinché sia migliorata l’intera viabilità nel quartiere e installato sull’ambiguo quadrivio del mortale incidente, un moderno semaforo o un sistema che gli somigli. Questa nostra estate è finita. Nel dolore. E dire che era stata, comunque, calda e piena. Così ci veniva detto. (fc)

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