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Maria Frisina, la poetessa calabrese tradotta in Francia

Maria Frisina, la poetessa calabrese tradotta in Francia

di PINO NANO«Maria Frisina – scrive Erik Pesenti Rossi nella sua prefazione al saggio francese – riesce a forgiare immagini belle ed efficaci, sia che si tratti di evocare il sentimento dell’amore («Io sono acqua tersa / del tuo ghiaccio che si smembra, / diamante alla tua luce»; «Sparsa di vento / libro nel sogno.»), desiderio di vita («Sbirciare dal tunnel / sterpi limati dal sole.»), il dolore («Gemo / come un albero / sotto il vento.”) o la felicità (“Il viso si trasforma, / traduce portentosi paesaggi.»). Con questa poesia d’amore, Maria Frisina, pur mettendo in discussione la poesia, riesce a reinventare la poesia a partire da temi e motivi «classici», come la vita, la morte, l’amore o la natura. In questo offre una bella lezione di poesia». 

L’ultimo successo per la poetessa calabrese Maria Frisina arriva dunque dalla Francia, o meglio è tutto francese, per via del suo ultimo saggio tradotto e stampato in Francia e che per la prima volta riporta e racconta ai francesi le mille emozioni che un intellettuale calabrese riesce a vivere attraverso la poesia ai margini dell’Aspromonte dove oggi vive.

Maria Frisina infatti, poetessa calabrese e irriducibile operatrice culturale nella Piana di Gioia Tauro, oggi vive ed opera ad Oppido Mamertina un paesino alle porte del Monte Aspromonte e a due passi dal grande Porto di Gioia Tauro. Erede di una famiglia importante,nipote del giornalista italo-americano Ettore Frisina e cugina dei poeti Tedeschi, Giosafatte (poeta romantico e primo traduttore in rima italiana dei “Fiori  del male” di Baudelaire) e Geppo (poeta futurista), ha alle spalle una bella esperienza come poetessa. 

Sono sue le opere  “Immagini e… poesie” (2002); “Oppido ieri oggi e nei ricordi” (2003) e “Voci dell’anima” (2003). Per anni vicepresidente dell’Associazione Culturale “Palmi Arte”, Maria Frisina dal 2009 è anche presidente dell’Associazione Culturale “Geppo Tedeschi” di Oppido Mamertina, e che tanto ha fatto per il rilancio della cultura in queste terre un tempo completamente lontate da tutto e da tutti.

“Sono compiaciuta- dice- per il fatto che il professore Erik Pesenti Rossi, ordinario dell’Università di Strasburgo (Centro di ricerca: CHER), ha saputo, con la sensibilità del critico e la perizia del traduttore, slanciarsi nella trasparenza delle mie contemplazioni, nell’assoluto dei miei sogni e nell’utopia del mio canone sentimentale per rendermi, con la sua “préface”, quasi una virtuosa dell’«arte di amare»”.

Alle spalle Maria Frisina ha tantissima storia calabrese che conta. Incoraggiata dal compianto professor Antonio Piromalli, ordinario allora all’Università di Cassino, con il quale aveva stabilito un intenso rapporto epistolare, la Frisina ha dato alle stampe nel 2006 la silloge poetica in vernacolo “Faciti rota…”, per la quale lo stesso Piromalli dirà: «…Ottima rievocazione in versi fatta con gusto e con scernimento, con precisione  anche dei particolari e con encomiabile sentimento etico…». 

Faciti rota…” ha poi raccolto l’encomio di Pasquino Crupi, storico della Letteratura  Calabrese, che parlerà di “poetica del fico d’india: spinosa fuori, ma dolce dentro; che invita il lettore a tagliare pagina dopo pagina gli spini per giungere all’essenza”. Inserendo a pieno titolo la poetica della Frisina nella Storia della Letteratura  Calabrese, Pasquino Crupi riconosceva che: «Maria Frisina e la palmese Maria Demaria coprono il  vuoto di figure femminili nel genere poetico vernacolare calabrese».

Ma la poesia di Maria Frisina è diventata anche uno spettacolo itinerante per la regia della stessa autrice e la direzione artistica del grande cantautore calabrese Otello Profazio che ha accompagnato alla chitarra la lettura dei suoi componimenti.  

Canto l’anima del sogno – poema  d’amore” (Rubbettino editore), è dunque un poema nato da una lunga e sofferta “gestazione”, che ha ottenuto il consenso di critici e scrittori di diversa tradizione, Ugo Verzì Borgese, Paolo Arecchi, Antonio Musicò, Francesca Neri, Santino Salerno, Pina De Felice, e la prefazione di Carmine Chiodo, docente di Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea dell’Università di Tor Vergata. 

«Il professor Pesenti Rossi – ripete Maria Frisina –, che come traduttore ha trasposto Remo Bodei, Giovanni Boine, Mario La Cava, Mario Novaro, Giorgio Orelli, Fortunato Seminara; ha indagato le dimensioni della mia poetica e delle mie idee, includendomi nel suo spazio elettivo con una traduzione ammirevole per tanti motivi, tra cui le diverse difficoltà del cimento, che ha permesso vivaci confronti e risvegliato ricordi dei passi e dei versi che echeggiano con diversi suoni e giri di frase nella nuova veste in lingua francese».

Per Maria Frisina pare però di capire che questo saggio tutto francese sia per lei solo l’inizio di una nuova avventura letteraria, ma si sa che i poeti sono artisti visionari e bizzarri, da cui tutto devi prima o poi aspettarti.Forse lo è ancora di più per donne ribelli, intelligenti, e a loro modo affascinanti ed intellettualmente estroverse come Maria Frisina. (pn)

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