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MEDICINA A CATANZARO, NUMERO CHIUSO
NON SELEZIONA I BUONI MEDICI DI DOMANI

UMG

La Sanità, in Calabria, è un argomento delicato, così come lo è parlare del fantomatico test d’ammissione alla Facoltà di Medicina che, ogni anno, tentano di superare troppi studenti rispetto alle disponibilità di posti: la maggior parte, purtroppo, rimangono fuori e spesso vengono esclusi anche ottimi elementi con buone capacità che il sistema del quiz taglia fuori. Quest’anno, gli iscritti al tanto temuto test, sono «66.638, circa duemila in meno dell’anno scorso, e ad entrare sarà una matricola su 5, poiché i posti disponibili ammontano a 13.072» riporta Studenti.it.

Un numero veramente irrisorio, se si pensa che solo a Catanzaro, all’Università Magna Graecia, per l’anno accademico 2020/2021 le domande per il Corso di Laurea a ciclo unico in Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi Dentaria ammontano a 1.176 su 330 posti disponibili, riporta Alphatest. Troppi pochi posti per così tanti aspiranti medici e, su quest’argomento, è intervenuto il presidente del Consiglio regionale della Calabria, Domenico Tallini, chiedendo ai ministri dell’Università, Gaetano Manfredi, e della salute, Roberto Speranza, nonché ai parlamentari calabresi di tutti i partiti e alle autorità accademiche dell’Umg di «aumentare il numero delle matricole di medicina e chirurgia, estendendo di almeno altre 50 unità il ‘numero chiuso’ fissato per l’Università ‘Magna Graecia’ di Catanzaro».

Tallini, pur riconoscendo «che si tratterebbe di una deroga speciale al bando emanato dal Ministero», si è soffermato «sulla straordinarietà della situazione sanitaria calabrese che impone di guardare al futuro con lungimiranza. Alla Calabria – ha osservato il presidente del Consiglio regionale – servono molti medici, giovani e preparati, che possano costruire la sanità del futuro, tra sei o sette anni».

«L’emergenza covid – ha aggiunto – ci ha insegnato che occorre prendere decisioni coraggiose, come quella inserita nel decreto Cura Italia che ha annullato l’esame di abilitazione per i neo laureati in medicina, consentendo loro di rafforzare i presidi ospedalieri durante la prima ondata del virus. E di una decisione coraggiosa abbiamo bisogno per aumentare i posti disponibili per l’accesso alla facoltà di medicina e chirurgia. So bene che si tratta di una battaglia difficile, che si scontrerà con la visione burocratica del Miur e con le resistenze di certi settori accademici».

«Capisco anche – ha proseguito il presidente del Consiglio regionale della Calabria – che l’aumento delle matricole ha bisogno di un parallelo rafforzamento dei docenti, ma credo  si possa e si debba tentare di dare una risposta ai tanti giovani che il 3 settembre si recheranno ai test, rischiando di restare esclusi. È altrettanto evidente che bisogna perseguire un potenziamento delle scuole di specializzazione, in parte già realizzato, perché la laurea, da sola, non può bastare in una sanità che punti sulle eccellenze».

«L’ideale – ha concluso Tallini – sarebbe stata una riforma dell’accesso a medicina, con l’abolizione del numero chiuso e l’introduzione del metodo ‘francese’ che prevede l’ingresso libero per tutti al primo anno e una dura selezione, sulla base dei risultati individuali ottenuti dagli studenti, per gli anni successivi. Se ne parla da anni, ma in Italia non si ha mai il coraggio di imprimere forti novità nel mondo universitario. Ma ora dobbiamo concentrarci sull’esistente e impegnarci perché il test del 3 settembre non si tramuti in un inaccettabile ‘imbuto formativo’ che lascerà fuori centinaia di aspiranti medici calabresi».

Della stessa opinione il consigliere regionale del Partito DemocraticoLibero Notarangelo, che è contrario al numero chiuso: «da quando esiste il numero chiuso, che ormai da anni sta dilagando con grande gioia dei professionisti dei ‘corsi di preparazione’ che hanno visto lievitare il proprio giro d’affari, non mi pare che in Italia i servizi abbiano conosciuto l’eccellenza della qualità.»

«Anzi – ha aggiunto – è accaduto esattamente il contrario a causa dei tagli lineari degli ultimi anni che hanno depotenziato la formazione universitaria e soprattutto il sistema sanitario. Davvero il test di ingresso nazionale per accedere alla facoltà di medicina è il miglior modo per selezionare i medici del domani? Perché impedire a un giovane che voglia studiare medicina di accedere liberamente ai corsi, di misurarsi con le discipline, di affrontare gli esami con la propria preparazione, sbarrandogli la strada con dei quiz che a volte penalizzano persone dotate? E perché continuare a farlo adesso quando chiamare l’appello significa mettere in pericolo migliaia di giovani da sottoporre ad ingressi difficili da controllare nelle varie sedi, quando poi si mettono in discussione lo svolgimento delle lezioni in presenza adducendo come motivazione l’inadeguatezza delle aule?»

«La mancanza di medici negli ospedali dipende anche dalle limitazioni imposte nelle università italiane – ha concluso Notarangelo – il “numero chiuso” alle facoltà di medicina non danneggia solo gli studenti, cui viene impedito di esercitare il diritto alla studio, ma l’intera collettività e il Servizio Sanitario Nazionale, attraverso una riduzione del personale e dei servizi resi. Poiché continuiamo ad avere pochi medici e i casi di covid 19 aumento, sarebbe il caso di bloccare i test di medicina e ripensare il sistema formativo dei camici bianchi favorendo la meritocrazia, una buona abitudine che servirebbe alla qualità di tutte le Università e quindi di tutti i settori del sistema Paese».

Da parte sua, l’Ateneo ha inviato una appropriata documentazione con un aumento dei docenti e di aule di 70 posti a medicina e la richiesta è stata valutata positivamente e la deroga autorizzata dal ministero. (rrm)

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