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Mimmo Calimera, un leghista di Calabria

di GREGORIO CORIGLIANO – In silenzio è andato via e senza clamore alcuno è tornato. Lo incontro. Tipo metti una sera a cena con… il personaggio. Non lo riconosco subito, ha dovuto dirmi nome e cognome, lui, invece, mi emoziona con un «sei tale e quale a tuo padre, il mio maestro delle elementari».

Mi commuove perché, evidentemente, ha ancora un ricordo vivido di mio padre, nonostante siano passati più di sessanta anni. Il personaggio, perché, lo vedrete, tale è, si chiama Domenico Calimera. Ha settant’anni, è nato nel luogo dell’anima – San Ferdinando – che pochi riconoscono incredibilmente tale, da una famiglia di umili origini, il papà contadino, mamma casalinga, due fratelli braccianti di belle speranze, parenti ciabattini. Hanno vissuto in una casa, di cinquanta metri quadrati, toccata, dall’emigrazione. Lui stesso, invece, aveva studiato all’industriale di Polistena, si era finanche iscritto a Scienze politiche, non tanto come parcheggio, ma perché gli piaceva occuparsi della vita pubblica.

Il fratello maggiore era diventato bidello, dopo aver fatto l’operatore ecologico, quello di mezzo Michele, invece, dopo aver fatto il bracciante agricolo, per la mancanza di lavoro era emigrato. La destinazione scelta è stata Ventimiglia: aiuto cameriere, cameriere, aiuto cuoco, infine chef all’Ovest di Montecarlo, a due passi da Ventimiglia. «Se non trovi lavoro vienitene qui», diceva al telefono di Chicchina ‘a telefonista, il fratello a Domenico, nel frattempo, come tanti, diventato Mimmo Calimera.

Cinquant’anni fa Mimmo, col diploma di perito industriale in valigia, parte per scoprire Ventimiglia. Aveva poco più di vent’anni. All’inizio alla scoperta della città che aveva accolto il fratello, aveva trascorso cinque mesi e, per non gravare sulle spalle di Michele, aveva fatto il cameriere saltuario. Poco convinto, torna a San Ferdinando, vorrebbe riprendere Scienze politiche a Messina, ma rinuncia. E’ insoddisfatto come tutti giovani di allora (perché di oggi no?) e riparte per Ventimiglia, riuscendo a mettere a frutto il diploma. Trova lavoro all’estero, a pochi chilometri da casa del fratello: Montecarlo, la città dei ricchi e del lusso. Mimmo faceva l’operaio, con specializzazione in montaggio e regolazione di macchine ad alta tecnologia. Ogni giorno, per anni, Ventimiglia-Montecarlo- Ventimiglia. Si occupava della trasformazione della plastica granulare in prodotto finito. La buona volontà è tanta, il “padrone” lo capisce, lo apprezza ed il passaggio a capotecnico è d’obbligo, per non dire di quello a dirigente di azienda: un calabrese di successo a Montecarlo. Basta pensare che è la terra di Ranieri e di Carolina di Monaco e dei tavoli di chemin de fer o di baccarat, oltre che dei balli di alto livello. Mimmo parla con gli occhi azzurri come il mare, ma fondamentalmente ed incomprensibilmente tristi, come possono essere quello di un emigrato vincente che torna al pase natio, dopo anni di lontananza.

A Ventimiglia di sera il buon Mimmo frequenta, a meno di 30 anni, la sezione del partito socialista intitolata a Bruno Buozzi, della quale diventa membro del direttivo. «Quando il Psi si è distrutto o è stato distrutto, mi dice, rimango deluso e abbandono la vita di partito. Solo lavoro e famiglia»! Il tarlo c’è, però. E quindici anni dopo, il nostro Mimmo Calimera da San Ferdinando, si fa coinvolgere nella elezione del consiglio comunale di Ventimiglia, in una lista civica di centro destra. Viene eletto. Nell’appartamento in cui vive con moglie, di origini di Gioia Tauro e due figli che si occupano, uno, di architettura d’interni e l’altro di trading finanziario, va ad abitare un deputato della Lega, Flavio di Muro, giovane attivista salviniano, molto amico dei suoi figli. Una sera si incontrano e fu subito simpatia, più per l’attivismo dl parlamentare che per le idee politiche. «Dammi un mano, dice il deputato al nostro Calimera, per essere rieletto alla Camera». Il consigliere calabro ligure lo accontenta, ma Di Muro non viene rieletto, per la riduzione del numero dei parlamentari. La delusione è molta, ma si si riprende la rivincita facendosi eleggere sindaco di Ventimiglia. Di Muro si riporta in Consiglio comunale Mimmo Calimera e lo conferma assessore ai lavori pubblici e al decoro urbano. Consigliere per la terza volta, in una città di 27 mila abitanti, con 18 frazioni e, ci tiene a dirlo, undici cimiteri. «Una città che fa da imbuto» per i migranti, complessa da amministrare.

Mimmo si ritiene prestato alla Lega, «il mondo va guardato senza paraocchi, non mi crea alcun problema l’essere leghista, tutti sanno che sono meridionale a 360 gradi e me ne vanto! Quando l’antimeridionalismo della Lega è esasperato, mi dissocio. Ecco perchè non condivido l’autonomia differenziata di Calderoli, i miei amici leghisti doc lo sanno bene, ma mi apprezzano per l’oculatezza nell’amministrare»! Poi fa un elogio al maestro Corigliano, mio padre, commuovendomi: «da lui ho appreso, tra l’altro, la necessità di essere sempre seri, qualunque cosa accada!». «Sei nordista, amico mio?». «Ma quando mai, la Calabria mi manca sempre, anche se vado in municipio tutte le mattine alle 8.30, non si può dimenticare il paesello dove si è nati, il profumo di questo nostro mare – e me lo indica – e poi… lasciandosi scappare una lacrimuccia: i miei genitori sono sepolti qui»! «Non vedevo l’ora di tornare, chiamami, vieni a trovarmi, ti faccio una festa», mi abbraccia con il suo bigliettino da visita! Un leghista che mi piace, grazie Mimmo Calimera. Siamo orgogliosi di te. (gc)

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