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Oggi si festeggia San Nicola

Oggi si festeggia San Nicola

di FRANZ GAGLIARDIA Santu Nicola ogni vallune sona e ogni mandria fa la pruovula. A San Nicola la portata d’acqua lungo i corsi dei fiumi, dei torrenti, dei valloni è abbondante e quindi sono rumorosi e ogni mandria produce più del solito prima che arrivi il crudo inverno. Questo era un antico proverbio e un modo di dire per oggi 6 dicembre. Ieri come oggi c’erano le piogge e anche abbondanti, solo che non facevano danni, facevano soltanto “rumore”, sonavano che era una meravigli . I valluni, i torrenti, i fiumi suonavano ma non straripavano.

E se si verificava qualche danno causa pioggia non si dava la colpa al cambiamento climatico, la colpa era solo dell’uomo. La pioggia intensa ora causa diversi disagi e l’ingrossarsi dei fiumi e dei torrenti danno preoccupazione alla gente perché straripano. Strade, cantine, garage allagati, campi inondati, piano terra delle case invase dal fango e dall’acqua. Danni, allagamenti e frane si verificano ogni volta dopo un terribile acquazzone.

Le strade delle città e dei paesi diventano fiumi in piena distruggendo e trascinando tutto quello che trovano lungo il percorso. Ma anche una volta c’erano questi scrosci d’acqua così violenti e non causavano danni alla popolazione perché la gente non aveva costruito case, capannoni lungo i corsi dei fiumi e dei torrenti. I fiumi venivano regolarmente puliti, i campi erano tutti coltivati e l’acqua piovana veniva regolarmente incanalata nei fossati che mitigavano la furia delle acque. Ma torniamo al nostro Santo che la Chiesa cattolica oggi festeggia, San Nicola da Bari. Mi ricordo che una volta veniva festeggiato anche a Lago (‘U Vacu), un paese confinante al mio, molto carino e ricco di tradizioni culturali e popolari.

Il Santo Patrono del simpatico paese è infatti San Nicola (Santu Nicova in dialetto laghitano) e la chiesa parrocchiale è intitolata proprio a San Nicola. E qui voglio ricordare la famosa “Strina”, una antica tradizione folcloristica tipica dei territori della nostra terra e chi la cantava erano gli strinari, molto bravi ed intonati. Andavano in giro per le case a cantare la strina per portare gli auguri e per raccogliere regali. Se le porte delle case rimanevano chiuse erano canti ingiuriosi. Si vendicavano con stornelli sdegnati e pieni di profezie di disgrazie.

E poi i famosi biscotti di San Nicola che venivano preparati dalle massaie il giorno della festa, benedetti dal sacerdote e poi distribuiti ai fedeli che erano in chiesa. Quelli rimasti venivano gelosamente conservati come oggetti sacri, e quando si sentiva nell’aria minaccioso il brontolio dei tuoni, precursori delle tempeste, si esponevano fuori sulle finestre o sui balconi, credendo vi fossero in essi la virtù di scagionarle. Tutto questo me lo raccontava la signora donna Giuseppina, originaria di Lago, sposata con l’Ufficiale Postale del mio paese “U Barune” (Don Filiberto Lupi).

Ho voluto accennare a questa credenza per cogliere l’essenza dell’animo popolare che è andata lentamente sgretolandosi sotto i colpi potenti del civile progresso, ma che offre ancora oggi la possibilità di scoprire le tracce di un mondo rurale, semplice, dove la gente si accontentava del solo pane quotidiano, dove la chiave di casa era nascosta nella buca della gatta, dove gioia e dolore venivano divisi con gli altri, dove tutti si aiutavano a vicenda. Ma ritorniamo al proverbio.

Questo proverbio è noto in tutta la Calabria, è frutto di esperienza di vita quotidiana e costituisce un estimabile bene culturale nella storia delle tradizioni popolari calabresi. Esso fa parte dei cosiddetti proverbi meteorologici. Ci venivano detti dalle nostre mamme, dai nostri padri, perché gente contadina. Eccone alcuni: Se è malu tiempu da muntagna piglia la zappa e vatinde in campagna. Se è malu tiempu da marina piglia a pignata e vatinde in cucina.

Alla Candelora de l’inverno siamo fora, ma se piove e tira vento dell’inverno siamo dentro. Se il ragno fa il filato il bel tempo è assicurato. Quandu se sente la littorina cambia lu tiempu. Quandu jazze de mullure ‘nde fa senza misura. (fg)

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