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Provenzano, finalmente un ministro per il Sud che conosce bene i problemi del Mezzogiorno

Peppe Provenzano

di SANTO STRATI – Al di là di qualsiasi considerazione politica, di opportunismi e non, sulla nascita del nuovo governo, il Conte-bis, o meglio – come preferisce il presidente del Consiglio – il Conte-2, c’è una notizia che riempie d’aspettativa le popolazioni meridionali: come ministro del Sud è stato scelto, finalmente, un esperto di Mezzogiorno: Peppe Provenzano. Un economista, membro della direzione PD, originario della Sicilia ma trapiantato a Roma da molti anni, dal 2016 vice direttore della Svimez, l’Associazione per lo Sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno fondata nel 1946 da Pasquale Saraceno. 37 anni, Provenzano, laureato a Pisa e con un dottorato in diritto pubblico alla Sant’Anna (e basterebbe questo a qualificarlo!) al Mezzogiorno ha dedicato ampi studi, pubblicando articoli e saggi, ma soprattutto un libro che tornerà – siamo certi – subito alla ribalta: Ma il cielo è sempre più su, dedicato all’emigrazione meridionale dove si parla – a proposito di Termini Imerese e del sogno fallito dell’industrializzazione – del “riscatto di una generazione sotto sequestro”. È un non-politico che ha fatto della politica meridionale la ragione della sua vita: conosce le dinamiche del lavoro ed è stato consulente del ministro Orlando quando quest’ultimo occupava il dicastero dell’Ambiente. Una vasta competenza e una bella intelligenza: insomma, l’uomo giusto al posto giusto, un ministro per il fare e non per dispensare, ancora una volta, “pillole di saggezza” ovvero fuffa inutile. Una bella sfida, ma stavolta dovranno ascoltarlo i sognatori dell’autonomia differenziata e i sostenitori dell’assistenzialismo sfrenato. Ai giovani del Mezzogiorno servono opportunità nella propria terra, non sussidi per sopravvivere. E le occasioni non mancano: nella tecnologia, nell’agricoltura, nel turismo, nei beni ambientali e culturali.

Il Mezzogiorno, nel programma del nuovo governo ha un richiamo al punto 16: «Va lanciato – si legge – un piano straordinario di investimenti per la crescita e il lavoro al Sud, anche attraverso l’istituzione di una banca pubblica per gli investimenti che aiuti le imprese in tutta Italia e si dedichi a colmare il divario territoriale del nostro Paese». Bene, le infrastrutture sono la soluzione principale alla mancata crescita e alla forbice sempre più larga tra Nord e Sud. Proprio la Svimez, nell’ultimo rapporto, aveva evidenziato come la mancanza di una strategia per lo sviluppo determini sempre più la spaccatura del nostro Paese: un Nord ricco e produttivo, un Sud abbandonato a se stesso, dove mobilità e trasporti, tanto per indicarne una, sono le cause principali del sottosviluppo. Quale crescita turistica ci può essere per un’area – appetibilissima – che è priva di strutture ricettive e, soprattutto, non riesce ad offrire soluzioni di mobilità che favoriscano l’arrivo al Sud di vacanzieri? Al Sud – ha segnalato la Svimez – mancano tre milioni di posti di lavoro e la Calabria è l’unica regione italiana che nel 2018 ha accusato una flessione del PIL (-0,3%). Sono gridi d’allarme che i tanti ministri “del Mezzogiorno” che si sono succeduti negli ultimi 25 anni (quando è stato presente un ministero apposito), a quanto pare, non hanno mai tenuto in considerazione. Meno che meno l’ultimo, la pentastellata Barbara Lezzi che, obiettivamente, appariva da subito inadeguata al ruolo e che in 14 mesi ha lasciato evanescenti tracce di un’ancor più evanescente attività, soprattutto in Calabria.

Cosa, dunque, c’è da aspettarsi dal nuovo ministro del Sud? A Provenzano non vanno chiesti miracoli, ma interventi decisi e precisi, secondo un piano di progettualità che tenga conto delle varie esigenze sia produttive che di occupazione e lavoro. Se le aziende tornano a produrre, naturalmente, cresce la domanda di manodopera; se cresce l’occupazione aumentano i consumi e si rimette in moto l’economia. È una considerazione semplice, da studente del primo anno di economia, ma i nostri governanti non la prendono mai in considerazione, vuoi per scarsa sensibilità o, peggio, per colpevole indolenza. Provenzano è un uomo del Sud, ma soprattutto è un uomo che conosce il Sud e i suoi problemi e da lui ci si può attendere la svolta di cui il Mezzogiorno, la Calabria, non possono più fare a meno.

La Calabria, in particolare, ha bisogno di una cura ricostituente molto forte. La prima battaglia che dovrà affrontare il nuovo ministro è quella contro la burocrazia: ci sono provvedimenti e leggi che permettono di creare occupazione e sviluppo, ma le pastoie e le lungaggini burocratiche inflitte agli imprenditori scoraggiano qualsiasi iniziativa. Non si può chiedere tutto agli imprenditori, soprattutto ai piccoli che sono l’asse portante dell’economia del Mezzogiorno, sacrifici insopportabili, in una regione dove il credito delle banche è un miraggio tranne che per i soliti noti, senza offrire l’adeguata assistenza e il pronto intervento di sostegno alle iniziative. Tra il progetto e la sua realizzazione passano anni e quintali di fogli di carta, spesso inutile: quanta occupazione mancata? Non serve molto per semplificare, ma occorre che ci sia prima di tutto la volontà, ma serve anche – e soprattutto –  la competenza necessaria. E stavolta c’è!

L’ultimo esempio delle contraddizioni calabresi viene dalla fabbrica modello che l’Hitachi Rail Italy, rilevando una fallimentare struttura a Reggio (le O.Me.Ca), ha saputo reinventare con maestranze straordinarie e ad altissima specializzazione: da Reggio partono treni completi, tecnologicamente già nel futuro, destinati al Nord, a Milano, in Emilia, in Europa, a Taipei, a Lima, e in ogni parte del mondo, peccato che non saranno mai utilizzati in Calabria. Il trasporto regionale – di cui è stato approvato il Piano 2019-2021 nei giorni scorsi – probabilmente ignora che i bei vagoni a due piani che risolvono i problemi dei pendolari e degli utilizzatori di metropolitane in mezzo mondo, li costruiscono a Reggio. E non è la sola eccellenza che la Calabria può vantare.

Per fortuna, Peppe Provenzano ha masticato pane e Mezzogiorno alla Svimez e queste cose le sa. Siamo sicuri che il suo ministero – anche se senza portafoglio – saprà farsi notare e, alla fine, qualcosa di buono ci sarà pure da attendersi da questo strano governo nato da un’incredibile, quanto inedita, crisi agostana e su cui anche gli scettici, a questo punto, sono costretti a scommettere. Buon lavoro, ministro! (s)

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