13 settembre – Potrebbero appartenere all’antico “Vivarium” di Cassiodoro i ruderi scoperti a Squillace da un gruppo della Pro Loco della piccola cittadina.
Il gruppo, composto da Agazio Gagliardi, Daniele Cristofaro ed Agazio Mellace, ha fatto la scoperta “per caso”, nel corso di un’escursione, ritrovandosi davanti a un’area che mostra ruderi e insediamenti murari finora ignoti, con due distinti insediamenti. Uno, costituito, prevalentemente, da canali, ricettacoli, vasche, ed opere murarie, mentre l’altro, composto da opere più solide, a servizio di una sorgente a cascate di limpidissima acqua e di notevole portata.
Guido Rodhio, sindaco di Squillace, entusiasta per la notizia, in quanto «si tratta di una scoperta di grande portata storica», ha già informato la Soprintendenza archeologica di Reggio Calabria, il dipartimento “Cultura” della Regione, il commissario prefettizio di Squillace e i comandanti locali dei carabinieri e dei vigili urbani, oltre che l’Istituto di Studi su Cassiodoro.
«Studiosi ed esperti – ha dichiarato il sindaco – da secoli dibattono per stabilire, in modo possibilmente certo, l’ampiezza degli insediamenti cassiodorei e delle strutture a servizio della città romana di Scolacium».
Secondo il sindaco, infatti, i recenti ritrovamenti possono costituire una buona traccia per dare una conclusione definitiva, che metta d’accordo tutti, e indica due ipotesi sulla vicenda. La prima, che riguarda la collocazione topografica della Chiesa di S. Ilario, dirimpettaia a quella di S. Martino, ed anche dei canali, chiuse, vivai, mulini che Cassiodoro descrive con precisione nelle “Institutiones”, cioè le strutture che facevano parte del “Vivarium”. La seconda, invece, è riferita alla lapide, conservata nel Municipio di Squillace. La lapide fu ritrovata nel 1763 e, il luogo in cui fu ritrovata, il fondo dei Pepe, coincide con l’odierna scoperta delle sorgenti e dei ruderi. (rrm)