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Testa di Latta, gli artisti che hanno avviato una nuova forma d’arte urbana

Testa di Latta, gli artisti che hanno avviato una nuova forma d'arte urbana

di BRUNELLA GIACOBBESono presenti anche Rocco Del Franco e Simona Gregoraci, i due artisti catanzaresi meglio conosciuti con lo pseudonimo di Testa di latta, alla mostra del Museo del Presente inaugurata il 10 maggio e disponibile fino a fine giugno in occasione del Cosenza Comics and Games, in programma sabato 25 e domenica 26 maggio a Rende.

Intervistiamo i due giovani artisti, nati negli anni 90, che trasformano per lo più lattine, ma anche altri materiali destinati alla distruzione,  in installazioni incredibili che è possibile osservare per le vie di Catanzaro, dove nasce il progetto, e di diverse altre città e cittadine italiane. Si tratta di opere che raccontano una storia di impegno ecologico e di rinascita, un invito a riflettere sull’importanza del riciclo e sulla necessità di preservare il nostro ambiente, dimostrando che anche dai materiali più inaspettati può nascere la bellezza. Arte e sensibilità ambientale si incontrano dunque grazie all’utilizzo di materiali di recupero, di oggetti considerati rifiuti che vengono trasformati attraverso un meticoloso processo di raccolta, trattamento, igienizzazione e smaltatura.

Una volta preparati, i materiali prendono vita attraverso le lavorazioni dei due giovani che li assemblano con cura e li dipingono con colori vibranti, dando forma a parole e frasi tridimensionali. Queste creazioni vengono poi installate sui muri lungo le vie delle città.

Installazioni che sono diventate una vera caccia al tesoro per molte persone che, talvolta vedendo le pubblicazioni degli artisti sui social o  dei loro ammiratori, vanno alla ricerca dei luoghi in cui osservare queste piccole opere d’arte e di comunicazione a cielo aperto.

-Possiamo dire che siete i primi ad aver avviato una forma d’arte urbana completamente nuova a Catanzaro?
«Veniamo da un territorio in cui la street art è stata per tempo relegata ai graffiti, favolosi graffiti perché abbiamo writer di altissimo livello. Ma mancava appunto una nuova forma di comunicazione che andasse oltre lo spray. Quindi sì, siamo i primi».

-Da dove nasce l’idea?
«L’idea delle lattine verniciate di messaggi è stata ispirata da due artisti di Barcellona “Me lata” che utilizzano questa tecnica dal 2014. Li citiamo sempre perché abbiamo iniziato grazie a loro e grazie a questo stimolo iniziale abbiamo sviluppato altre idee. Abbiamo visto le loro opere a Barcellona, ne siamo rimasti affascinati e previo loro consenso abbiamo voluto portare quella modalità nella nostra città natale e in giro per l’Italia. Tenendoli costantemente aggiornati attraverso fotografie sulle nostre installazioni ispirate a loro».


-Li avete mai incontrati dal vivo?
«Purtroppo no perché appunto vogliono rimanere anonimi, seppur forse uno spiraglio si è aperto. Abbiamo provato ad incontrarli a luglio dello scorso anno quando siamo stati a Barcellona, ma non è stato possibile. Ci hanno detto che ci sarà un’occasione in futuro.
Nei nostri scambi digitali si sono rivelati comunque molto disponibili e positivi, un atteggiamento tipico dei catalani. Vi consigliamo il libro “Hablando en lata” che racconta la loro storia e la loro evoluzione, scritto da loro stessi, ma sempre in forma anonima, ed edito da Artevistas dell’ Art Gallery Barcelona Gotic che cura diversi artisti di genere».

-Avete parlato di sviluppo di altre idee, in che senso?
«Nel senso che inizialmente realizzavamo scritte attinenti a modi di dire calabresi o brevi frasi. Abbiamo realizzato il “cuore” e il ponte di Catanzaro che possono essere considerate sculture. Nella direzione delle sculture stiamo continuando a muoverci parallelamente.
Come l’ultima “Trash  waves”, un’onda blu su sfondo giallo realizzata con rifiuti come lattine, plastiche e altri oggetti recuperati sulle spiagge calabresi. Abbiamo addirittura trovato una lattina del 1992 e diversi altri oggetti provenienti da Spagna, Francia o Grecia. Davvero incredibile!»

-Dove si può vedere quest’opera?
«Attualmente è esposta al Museo del Presente di Rende in provincia di Cosenza insieme ad altre opere».

-In quali altri modi si stanno evolvendo le vostre opere, senza svelare i dettagli?
«Giochiamo continuamente con idee, forme e grandezze. Continuiamo a giocare con le parole, ma abbiamo in mente di proporle in modo diverso».

-Qual è l’obiettivo delle scritte nelle vostre opere?
«Stimolare. E per raggiungere meglio questo obiettivo sveliamo alcune opere in corso, relative ad installazioni composte da una sola parola. Pensiamo che una sola parola possa avere un impatto più diretto e veloce con chi la legge passando, inoltre consente all’osservatore di avere maggiori possibilità di interpretazione. Ognuno potrà essere stimolato dalla parola attribuendo un personale significato, ci auguriamo nella direzione della motivazione, della speranza e di simili emozioni positive. Di base il nostro intento è quello di fare arrivare qualcosa di bello alle persone».

-Raccontateci brevemente la vostra storia.

«Il progetto Testa di latta l’ho avviato io – Rocco – e poi si è aggiunta Simona circa un anno dopo. Ho iniziato con Testa di latta quasi per gioco, avevo trascurato i graffiti, cui mi dedicavo, da tempo e poi i viaggi a Barcellona mi hanno spinto nella direzione della street art, essendo questa città come in generale le capitali europee fucina di artisti variegati».

-Un aneddoto da menzionare?

«Il “cuore” installato a Milano fu danneggiato, forse da un camion in retromarcia o forse da qualche persona. Dispiaciuti di ciò scopriamo però che l’opera fu poi ristrutturata dagli artisti stessi della città. Questo ci ha molto sorpresi ed emozionati».

-Magnifico! Indubbiamente c’è una componente ecologica nel vostro lavoro.

«Assolutamente. Utilizziamo materiali di riciclo, gli ridiamo vita e ormai anche amici e famiglia raccolgono per noi lattine o altri oggetti, lavandoli con cura prima di consegnarceli! La nostra arte genera pochissimi scarti e anzi utilizza gli scarti altrui dando una nuova identità completamente distante dalla loro identità di partenza. Con ciò vogliamo suggerire anche ad altri artisti a riutilizzare materiali di scarto».

-Le installazioni vengono rispettate?

«C’è rispetto, apprezzamento, ma sono comunque opere di strada quindi soggette al deturpamento o al danneggiamento da parte di persone che forse non sposano queste forme di comunicazione o che lo fanno semplicemente senza pensarci troppo. A noi un po’ spiace, ma fa parte della strada. Abbiamo notato però che vengono sempre meno danneggiate, quindi forse anche maggiormente capite e più rispettate».

Oltre al Museo del Presente sarete presenti altrove prossimamente?
«25 e 26 maggio esporremo un’opera all’Ex Stac di Catanzaro, in una mostra insieme ad altri artisti». (bg)

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