di SANTO STRATI
— Due dati sono estremamente significativi di queste primarie PD: il primo riguarda la straordinaria affluenza (oltre 1.800.000 a fronte di una stima che faticava ad arrivare al milione), il secondo la percentuale altissima di consensi al nuovo segretario. Entrambi gli elementi concorrono a rendere chiaro che la sinistra “non è morta” (forse stava solo sonnecchiando?) e che, anche in Calabria, c’è voglia di alternativa e di riscatto. Marco Minniti, mancato aspirante segretario, aveva rimarcato che un segretario che non avesse raggiunto la maggioranza alle primarie sarebbe stato un segretario dimezzato, costretto a subire i giochi del congresso, incapace di riunire le tante “anime” della sinistra. Nicola Zingaretti ha sbaragliato ogni previsione che pur lo dava per vincente: la sua missione – ricostruire la sinistra – è sicuramente ora più agevole, perché la grande partecipazione al voto mostra un elettorato che vuole tornare ad essere protagonista, che faccia sentire la presenza di un’opposizione che, francamente, sembrava davvero all’acqua di rose negli ultimi tempi.
È un ottimo segnale che si associa all’altro pervenuto sabato scorso da Milano: la società civile (quella che in piazza Duomo ha riunito giovani, donne, anziani, militanti o semplici cittadini) non può più tollerare di vedere l’Italia andare a rotoli, a causa di dilettanti allo sbaraglio che credono di governare solo con le parole e i proclami. È ora che torni la politica, quella seria, dove l’opposizione faccia l’opposizione dove è necessario, valuti e trovi eventuali alleanze per proporre un governo agli italiani, in grado di rimettere in moto crescita e sviluppo.
Per correttezza, occorre riconoscere anche agli altri due candidati, Maurizio Martina e Roberto Giachetti, il merito di avere dato una sorta di scossa a un partito che sembrava destinato a cambiare nuovamente nel difficile percorso di condivisione e di aggregazione delle sue varie componenti (non basta – come pensa qualcuno – cambiare solo il nome per rigenerare un partito). Invece, la risposta che viene da queste primarie è la supremazia della politica sull’incompetenza e il pressapochismo. Èd è un segnale che in Calabria va letto con una lente ancora più spessa: le due mozioni a sostegno di Zingaretti (una di Oliverio, l’altra di Carlo Guccione) hanno contribuito al successo del candidato, ma hanno, qualora non si fosse capito, rimarcato lo spirito divisivo che ancora insiste nella sinistra e, in particolar modo, nel pd calabrese.
Il tentativo di delegittimare Mario Oliverio – al di là delle vicende giudiziarie che, di fatto, hanno dimezzato il ruolo del governatore – in termini politici è riuscito solo in minima parte: il commissario regionale Stefano Graziano sta facendo il possibile per riallacciare le fila di componenti fuori controllo, ma dovrà essere Zingaretti – che non è venuto in Calabria nel suo pur faticoso tour elettorale – a indicare soluzioni non più divisive. La Calabria andrà al voto probabilmente a novembre e il candidato “naturale” Oliverio non sembra essere la scelta più azzeccata per contrastare una destra che è quasi certa di conquistare la Cittadella di Germaneto. Destra o sinistra, governo od opposizione, il fatto è che la Calabria ha bisogno di essere guidata: troppa burocrazia, troppi progetti fumosi, poca adesione al contesto sociale, alla realtà quotidiana. Chi vincerà le prossime elezioni regionali dovrà fare i conti con questo quadro d’insieme, se avrà a cuore una ripartenza seria per una regione sempre più ai margini, incapace di sfruttare e utilizzare le tantissime risorse del territorio e dei suoi validissimi giovani laureati.
A valutare l’operato di Oliverio in questi anni di governo regionale ci penseranno gli elettori, se sarà riproposto per un secondo mandato, però il malpancismo, tipico della sinistra e ancora più accentuato dalle nostre parti, potrebbe suggerire altre soluzioni. La Calabria ha una tradizione di lotte contadine, di una sinistra forte e combattiva: in questi ultimi anni, però, la sinistra ha mostrato solo il suo aspetto litigioso e divisivo, lontano dal popolo, staccato dalla realtà, non in grado di interpretare i sentimenti popolari. Facile col populismo intaccare questi valori, ma si può, sicuramente, recuperare.
Al neo segretario, in questo momento, arrivano complimenti e felicitazioni; noi vorremmo suggerire, da subito, di aprire il dossier Calabria: sono troppi i problemi da risolvere e non sarà l’assistenzialismo del reddito di cittadinanza (se mai vedrà la luce) a modificare in alcun modo la drammatica situazione occupazionale e la costante emorragia di risorse giovani, costrette all’emigrazione più odiosa, quella intellettuale. La Calabria, i calabresi non vogliono assistenzialismo né l’elemosina del reddito di cittadinanza: richiedono iniziative e opportunità che consentano di creare e offrire lavoro a chi non l’ha mai avuto, a chi lo ha perso, a chi lo cerca, nella sua terra. (s)