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A Catanzaro un evento interamente dedicato a Mario La Cava

A Catanzaro un evento interamente dedicato a Mario La Cava

di ELISA CHIRIANOForse anche le fotografie, che Mario La Cava scattò nel corso del suo viaggio in Israele nel 1961, potranno, prima o poi, essere esposte nello Spazio Coriolano Paparazzo – Cine Sud: è questo l’auspicio di Francesco Mazza, che a Catanzaro, su Corso Mazzini, ha realizzato con il suo staff un suggestivo luogo di incontri e confronti d’autore.

Proprio qui, lo scorso giovedì 4 luglio, tra la mostra “Fotografie dell’umano”, l’incantevole volto di Nega ritratta da Nino Bartuccio e il dramma dei migranti raccontato da “Popoli in movimento” di Francesco Malavolta, si è svolto un evento interamente dedicato a Mario La Cava. Uomo leale e generoso, viaggiatore instancabile, animato da un’eccezionale passione per la lettura e per la letteratura, con la quale instaurò un rapporto diretto senza filtri o mediazioni.

Scrittore colto, che prese la lezione dei classici e la elaborò in maniera del tutto originale, rifiutando ogni tipo di poetica precostituita e orientandosi verso un personalissimo stile narrativo, alimentato anche dalla letteratura francese, russa e italiana dell’Ottocento e del Novecento. Incarnò il modello dell’intellettuale autonomo, indipendente, atipico, ben distante da luoghi comuni.  Il suo stile narrativo, sobrio, misurato, disadorno, attento alla sua gente, ma anche proiettato oltre i confini regionali, non è stato ancora pienamente compreso da certa critica, che ha tentato di storicizzarlo, facendolo entrare in questa o quella corrente letteraria.

Di Mario La Cava si è discusso in occasione del terzo “giovedì letterario” voluto, organizzato e moderato da Francesco Mazza, in dialogo con due critici e ben noti studiosi di letterature europee, Milly Curcio e Luigi Tassoni, fra l’altro legati allo scrittore di Bovalino da grande amicizia. Significativa la presenza in sala anche di Grazia e Rocco La Cava (figli dello scrittore), oltre a Domenico Calabria, presidente del Caffè letterario Mario La Cava di Bovalino.

Un pomeriggio dedicato alla riscoperta di un autore che sapeva guardare dentro e oltre, che ebbe, fra l’altro, una fitta corrispondenza epistolare con Leonardo Sciascia (notissima l’edizione curata proprio da Curcio e Tassoni), e che nel 1961 a proprie spese e con l’accredito della sede lucana del “Corriere del Mezzogiorno”, si recò a Gerusalemme per assistere alle fasi finali del processo a Adolf Eichmann (nella stessa sala stampa c’era anche il filosofo Hannah Arendt).

Viaggio in Israele, pubblicato per la prima volta nel 1967 da Edizioni Fazzi, e che La Cava definì “libretto”, in realtà è un testo di sorprendente attualità, unico nel suo genere, proprio perché non può essere ascrivibile a nessuna classificazione specifica. Tuttavia, come annotò con rammarico lo stesso autore, non godette di buona fortuna e passò pressoché ignorato sia dai lettori che dalla critica letteraria. L’ultima edizione, curata da Milly Curcio, con un saggio di Luigi Tassoni, è stata pubblicata nel 2011 da Edicampus, nella collana dell’Università di Roma Tor Vergata. Si tratta di un prezioso libro, ormai introvabile, e pertanto è indispensabile pensare a una nuova edizione, magari arricchita da ulteriore materiale documentario, come ad esempio la corrispondenza che legò Mario La Cava a cittadini israeliani al suo rientro in Calabria.

«È un romanzo sul bene e sul male, ma anche qualcosa d’altro –  sottolinea Milly Curcio – un unicum dal punto di vista stilistico e letterario (il protagonista, l’autore e l’io narrante, ad esempio, coincidono nella stessa persona). Erroneamente questo libro è stato presentato come un romanzo-inchiesta, un romanzo-storico, un reportage, un quaderno di viaggio, ma non è niente di tutto ciò».

Di pregio sono le dodici pagine centrali in cui La Cava descrive Eichmann, il suo aspetto, quegli occhi che «nemmeno per un momento si prestarono ad essere guardati”, “le labbra di chi non aveva mai sorriso ad alcuno». «È un libro che va letto anche facendo attenzione a tre livelli strutturali e formali che si integrano senza sovrapporsi, consiglia da semiologo Luigi Tassoni, confrontandolo con le diverse posizioni di Bellow e di Kertész. Il primo livello è dato dall’occasione del processo ad Eichmann; il secondo è costituito dal viaggio in sé, che diventa anche imprevedibile e avventuroso; il terzo caratterizza una sorta di viaggio nel viaggio, che La Cava compie tra la gente e le case di ebrei e musulmani, a scoprire, con il piglio del giornalista, ma anche del narratore, gli aspetti peculiari di una società così simile a quella del Sud d’Italia.

«Viaggio in Israele è un vero gioiello – prosegue Tassoni – anche e soprattutto se confrontato con opere scritte nello stesso decennio e sullo stesso tema, come ad esempio “Gerusalemme: andata e ritorno” del Nobel per la Letteratura 1976 Saul Bellow». L’intento che guida però i due autori è diverso: La Cava vuole conoscere la quotidianità di quella gente di Israele. Bellow cerca tipi umani che rispondano alla sua domanda “chi è un ebreo e cosa è – o non è – l’ebraismo?”

Il ricco epistolario Lettere dal centro del mondo 1951-1988” (Rubbettino, 2012), curato da Milly Curcio e Luigi Tassoni, è un essenziale punto di riferimento per il lettore o lo studioso che oggi voglia accostarsi alla riscoperta di due grandi narratori del Novecento. È la fitta corrispondenza (che si legge quasi come un romanzo) tra Mario La Cava e Leonardo Sciascia, e rivela i retroscena privati, le difficoltà, persino il freddo e la solitudine, che dànno origine alle opere di due maestri del romanzo e del racconto europeo. Molte sono le somiglianze tra il più giovane scrittore siciliano e l’amico maestro calabrese sin dagli esordi. Racalmuto e Bovalino: la provincia diventa centro del mondo, grazie agli occhi aperti di scrittori, che sapevano guardare al mondo, al di là di angusti confini regionali.

Ne dànno prova i venticinque Racconti di Bovalino, pubblicati da Rubbettino nel 2008, con una prefazione di Luigi Tassoni e postfazione di Milly Curcio, in un linguaggio nitidamente classico e semplicemente moderno, che ci offrono un microcosmo di fortune e sfortune, di grazia e disgrazie, amori e disamori, aspirazioni, disdette e sogni, appartenenti a una memoria comune e alla radice della nostra storia di oggi.  Il fascino della narrazione di La Cava è in quel tempo sospeso che tuttavia conserva il pregio dell’attualità. «Le cose di La Cava costituivano per me esempio e modello del come scrivere: della semplicità, essenzialità e rapidità a cui aspiravo» – scriverà Leonardo Sciascia nel 1987.

L’incontro di Catanzaro si è concluso con la lettura di alcuni brani estratti dalle opere di La Cava (riportati anche nel volume Terzo Regno. Parole come pietre e luci. Scrittori calabresi, pubblicato nella collana editoriale Cine Sud, a cura di Francesco Mazza), con un intervento del Presidente del Caffè Letterario di Bovalino, Domenico Calabria, e del prof. Franco Cimino.

Forte commozione ha suscitato tra i presenti anche la proiezione di un estratto di “Mario La Cava. L’arte della semplicità”, film-documentario girato nel 1985 con la regia di Mario Foglietti e con testo di Luigi Tassoni, che, come i film-documentari realizzati con la regia di Francesco Mazza, offre una testimonianza diretta e utile ai giovani lettori sugli scrittori calabresi.

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