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A Roma il confronto sul Mediterraneo e nuove sfide

A Roma il confronto sul Mediterraneo e nuove sfide

di PAOLA LA SALVIAMediterraneo e nuove sfide è il tema dell’incontro che si è tenuto a Roma, giovedì 28 marzo, nella Sala della Protomoteca in Campidoglio. Il Mediterraneo, come occasione di sviluppo, cultura e storia è stato al centro di questo importante convegno organizzato dalla Fondazione Cre (Calabria Roma Europa), dal Consolato Onorario del Regno del Marocco in Calabria, da Roma Capitale e moderato dal direttore del quotidiano Calabria.Live, il giornalista Santo Strati.

I saluti istituzionali sono stati affidati all’ on. Federico Rocca per Roma Capitale e a Rocco Genua per la fondazione Cre. Ha introdotto l’incontro l’avvocato Domenico Naccari, console Onorario del Regno del Marocco per la Regione Calabria. Sono intervenuti l’on. Edmondo Cirielli, viceministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, l’on. Nicola Procaccini, europarlamentare, Youssef Balla, smbasciatore del Regno del Marocco in Italia, Abdellah Redouane, segretario Generale del Centro Islamico Culturale d’Italia, Alfredo Carmine Cestari, presidente della Camera di Commercio ItalAfrica Centrale, l’ammiraglio Andrea Agostinelli, Presidente dell’Autorità Portuale Mari Tirreno Meridionale e Ionico, Giacomo Saccomanno, presidente dell’Accademia Calabra, Dominique Carducci Polsella, consulente Aziendale e l’imprenditore Francesco Terlizzi.

Il Console Naccari, in apertura dei lavori, ha evidenziato l’importanza della “Regione del Mediterraneo” intesa come unica piattaforma allargata tornata sempre di più al centro delle contese geopolitiche e degli interessi di grandi e medie potenze e area fondamentale per quanto concerne il “Piano Mattei”: «Questo incontro rappresenta un’occasione di confronto – ha sottolineato il console Domenico Naccari – tra Autorità istituzionali e privati per valorizzare la costruzione di un nuovo partenariato tra l’Italia e gli Stati Africani che sia democratico e non di mero sfruttamento del territorio, sulla base dei principi enunciati dal cosiddetto “Piano Mattei”».

Con i suoi due milioni e mezzo di chilometri quadrati e ben 46.000 chilometri di coste, il Mar Mediterraneo rappresenta solo lo 0,67% delle superfici oceaniche, ovvero un piccolo puntino nel pianeta terra, che però ha da sempre un’immensa forza di attrazione per tanti e differenti interessi e universi culturali. Furono i greci, per primi, a considerare “loro” quello che chiamavano “mare interno”, oltre il quale c’era “l’oceano”, ossia un grande mare esterno che si estendeva in zone ignote. Giulio Cesare, impegnato nella costruzione del dominio romano, parlò per primo nel “De Bello Gallico”, di “Mare Nostrum”. Un mare controllato dalla potenza di Roma a sottolineare l’estensione delle sue conquiste.

Il Mediterraneo, tuttavia, non si può circoscrivere esclusivamente alla cultura greco romana, va piuttosto inteso come sinonimo di esplorazione, di scoperta, di conoscenza dell’altro, mare come ibridazione e quindi ricchezza, con un patrimonio storico, culturale ed economico, proveniente dalla sostanziale e pressoché continua contaminazione di tutti i Paesi, e le relative culture, che si affacciano sulle sue coste: Italia, Spagna, Francia, Principato di Monaco, Grecia, Albania, Montenegro, Slovenia, Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Malta, Israele, Territori Palestinesi, Libano, Siria, Marocco, Libia, Algeria, Egitto e Tunisia.

S.E. Youssef Balla, ambasciatore del Regno del Marocco in Italia ha ribadito l’importanza della cooperazione tra l’Italia e i Paesi africani sottolineando, in particolare, gli ottimi rapporti tra Marocco e l’Italia e specialmente con la Calabria.

Il viceministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, on. Edmondo Cirielli, ha ampiamente illustrato come l’Italia da anni lavori per portare al centro del dibattito europeo e atlantico l’importanza del Mediterraneo allargato.

In questa fase storica, con le criticità derivanti della crisi energetica e dai vari conflitti in corso, ma anche di fronte a nuovi assetti geopolitici che vanno formandosi nel mondo, la necessità di stabilire forti relazioni con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo è una priorità urgente che finalmente anche in Europa sembra essere stata compresa. E l’Italia può svolgere, in questo contesto, il ruolo di Paese guida per l’Europa in questa regione allargata.

Il Piano Mattei va in questa direzione come piano strategico per la costruzione di un nuovo partenariato tra Italia e Stati Africani, che vede assegnare all’Italia un posto da protagonista nella Regione e, in tale scenario, la Calabria, posizionata strategicamente al centro del Mediterraneo, potrà assumere un ruolo prioritario. 

In tale ottica l’Ammiraglio Andrea Agostinelli, presidente dell’Autorità Portuale Mari Tirreno Meridionale e Ionico, ha rimarcato l’importanza che l’Italia, la Calabria e, in particolare, il Porto di Gioia Tauro acquisiranno grazie al posizionamento nel centro del Mediterraneo. È stato anche ribadito che in questi ultimi anni il porto ha incrementato i traffici mercantili, raggiungendo risultati mai ottenuti. Il porto di Gioia Tauro è il più grande terminal per il transhipment presente in Italia e uno dei più importanti hub del traffico container nel bacino del Mediterraneo. L’infrastruttura portuale, con una superficie complessiva di 620 ettari, ha assunto una rilevanza internazionale essendo dotata di infrastrutture e mezzi che consentono di accogliere le navi transoceaniche in transito nel Mediterraneo e in grado di movimentare qualsiasi categoria merceologica. «Il porto di Gioia Tauro – ha concluso l’Ammiraglio Agostinelli – ha significato maggiori posti di lavoro e dunque maggiore ricchezza per la Calabria e l’Italia intera».

Nella stessa direzione si è espresso l’avv. Giacomo Saccomanno, Presidente dell’Accademia Calabra, e componente del Consiglio di Amministrazione della Società dello Stretto di Messina, che ha evidenziato come le infrastrutture, in primis quelle di trasporto, ricoprono un ruolo chiave per lo sviluppo socioeconomico e la competitività dei territori, e il Ponte sullo Stretto assicurerà la continuità territoriale fra l’Europa e la Sicilia e avvicinerà l’Italia all’Africa. Senza dubbio la realizzazione del ponte oltre a eliminare il gap col resto del Paese – una volta messo in rete con porti, ferrovia, strade e autostrade – sarà un volano per la crescita, l’occupazione e lo sviluppo dell’intero sistema del Mezzogiorno. 

Per l’Italia dunque il Mediterraneo costituisce una priorità irrinunciabile. I fatti avvenuti nell’ultimo anno hanno rilanciato ancora di più l’importanza di questa regione e la sua centralità a livello globale. Dalle migrazioni ai cambiamenti climatici, dai conflitti alla logistica, attraverso il Mediterraneo passano alcune delle maggiori sfide che coinvolgeranno l’Europa e il mondo. Ma perché il ruolo dell’Italia come player politico, anche europeo, nella regione possa diventare sempre più rilevante, avrà bisogno di essere sostenuto da uno sforzo unitario da tutto il Sistema Paese e delle sue Istituzioni, accomunato da una comune visione strategica e una capacità di azione pragmatica.

«Il Mediterraneo è terra e mare insieme, è un mare circondato da terre, un’unica terra bagnata dal mare, è il mare della vicinanza», (Predrag Matvejevic)

Cos’è il Piano Mattei?

L’espressione è stata scelta dal Governo Meloni per sintetizzare un piano strategico per la costruzione di un nuovo partenariato tra Italia e Stati Africani, richiamando il nome dell’ex presidente di Eni, scomparso nel 1962, di cui si vuole emulare l’approccio democratico e non di mero sfruttamento del territorio.

Il 29 gennaio 2024, la Presidente Giorgia Meloni, nell’Aula del Senato della Repubblica ha presentato il cosiddetto Piano Mattei, di fronte a una platea composita, tra cui rappresentanti di 46 paesi e di 25 leader provenienti dal continente africano, tra cui anche il Presidente dell’Unione Africana.

Dal punto di vista strutturale, si tratta di un progetto complesso e articolato, le cui differenti ramificazioni dovranno essere delineate in maniera dettagliata in seguito.

Per adesso quel che sappiamo è che ci saranno nove Paesi africani coinvolti in progetti pilota: Marocco, Tunisia, Algeria, Egitto, Costa d’Avorio, Etiopia, Kenya, Repubblica democratica del Congo e Mozambico; che ci sarà una cabina di regia a guidare il progetto, presieduta dal Presidente del Consiglio, dal Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, da tutti i Ministri coinvolti nei progetti e dai dirigenti delle aziende pubbliche e delle istituzioni che collaborano al progetto.

I pilastri principali sui quali si vuole concentrare l’azione sono: Istruzione, Agricoltura, Salute, Energia e Acqua.

L’obiettivo generale è di costruire una linea di cooperazione che, a detta della Meloni, si distanzi da quell’approccio predatorio che ha costituito fino ad ora il rapporto tra Occidente e Stati Africani.

Dal punto di vista economico, verranno stanziati 5,5 miliardi di Euro, divisi in questo modo: 2,5 miliardi dai fondi della Cooperazione allo Sviluppo e 3 miliardi dal Fondo Italiano per il Clima, Fondo nato sotto il Governo Draghi, con la legge di bilancio per il 2022.  La Presidente Meloni ha dichiarato che il progetto si basa su un approccio nuovo, diverso nei rapporti e nella cooperazione con il continente africano, che non è predatorio, che non è paternalistico, che non è caritatevole.

La cooperazione che si vuole mettere in piedi coni Paesi africani è una cooperazione che tiene conto del fatto che l’Africa non è un continente povero. L’Africa è un continente che attualmente detiene il 60% di metalli e terre rare, il 60% di terre arabili, un continente in forte crescita demografica e quindi anche con un enorme potenziale di capitale umano, che non sempre è stato messo nella condizione di poter sfruttare al meglio quelle risorse per sé stesso prima di tutti, non per gli altri.


L’Europa in molti casi ha avuto – rispetto ad altri attori che pure sono molto presenti oggi nel continente africano – la capacità di cooperare lasciando qualcosa sul territorio – lo ha fatto anche l’Italia in diverse occasioni -, ma un approccio di questo tipo è un approccio che bisogna saper rafforzare e mettere a sistema se vogliamo essere competitivi con altri attori che sono molto presenti e che hanno però un atteggiamento diverso. 

La Presidente Meloni ha, altresì, ribadito che questa capacità di immaginare la cooperazione come un rapporto da pari a pari, e non come un semplice aiuto di chi ti vede in difficoltà e vuole essere a posto con la sua coscienza dandoti una mano, è una cosa che viene molto ben vista da questi interlocutori che sono stanchi di essere considerati o trattati semplicemente come persone che vanno salvate da qualcosa. Noi non ci siamo approcciati con i Paesi con i quali ci siamo incontrati, con i quali abbiamo dialogato e con i quali stiamo già lavorando, cercando di spiegare a loro cosa fosse necessario per loro.

Noi abbiamo detto quali erano secondo noi le priorità di intervento sulle quali l’Italia era anche meglio capace di lavorare, ma quello che noi stiamo facendo con il Piano Mattei è condividere con i Paesi nei quali operiamo attraverso il Piano, su quali siano, nell’ambito delle cose che l’Italia sa fare bene, quelle che per loro sono prioritarie. E quindi anche in questo c’è un rapporto da pari a pari e una cooperazione strutturale che diventa cooperazione di medio e lungo periodo nella capacità di costruire insieme risposte durature, non iniziative-spot. 

Quello che ho in mente è che l’Italia può essere pioniera in questo nuovo approccio, ma è fondamentale che noi riusciamo – con il nostro buon esempio e se dimostriamo che funziona – a coinvolgere a livello internazionale tanti altri: riguarda il tema dell’Unione europea, riguarda il tema del G7 – non è un caso che abbiamo aperto il G7 proprio con il Vertice Italia-Africa, non è un caso che il tema del rapporto con l’Africa, del ruolo del continente africano nell’attuale contesto geostrategico sia una delle principali questioni che l’Italia ha scelto di portare nella sua presidenza del G7, che ha scelto di portare al Summit dei leader, che come voi sapete si svolgerà tra il 13 e il 15 di giugno, ma lungo tutto l’anno della nostra Presidenza. 

Se noi vogliamo riuscire in questo sforzo di immaginare una strategia italiana, che però è utile non solamente all’Italia, e convincere gli altri, portarli su quella strategia, è importante che sappiamo farlo bene noi. Se non lo sappiamo fare bene noi difficilmente coinvolgeremo gli altri. Questa è la ragione per la quale abbiamo voluto una struttura e una convocazione così ampia che potesse davvero coinvolgere tutti coloro che possono fare la differenza.  (sls)

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