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Calabria: Ecce donna!

Tropea

La storia è la migliore attestazione di stima che un popolo possa avere. O lo celebra, o lo disprezza.

In essa c’è tutto il contenuto della sua gente. E o la elogia, o la critica. 

Ma che storia ha la nostra Calabria? 

È nobile? È ricca ? È povera o è paccia? 

Saremmo potuti rimanere qui e raccontarcela per giorni, per mesi e anche per anni, per quanto in essa è abbondante la gloria della gesta compiute, la virtù letterate, e la perseveranza dei suoi uomini, ma solo se i minchioni (uomini partoriti a male) non l’avessero portata al macello nel cammin della sua vita, frazionandola pezzo per pezzo. Sdogandola, osso per osso.

I calabresi erano stati chiamati, forti della loro tenacia, a custodia della  Calabria e delle sue meraviglie, ma con fare fuorviante, tentati d’altro, lungo la strada, se la sono praticamente perduta. Dispersa per colpa della malura, tra le semente della malaspina. E ora chiedere perdono al Padre non redime sufficientemente il peccato commesso.

***
La terra di Calabria viene con rinnovo di cariche, trascritta, e con sfregio, tra i patimenti d’Italia. Collocata tra le emergenze del pianeta. Mentre nelle tribune politiche televisive entra sanguinante ed esce dissanguata.

Ecce Donna!

Un porcello femmina appeso a testa in giù e squartato vivo. Costolette, sanguinaccio e morzello di Catanzaro.

Trivuli, malanovi, malura e sdegnu. 

Alternanza meschina di giudici e imputati, condanne e assoluzioni. 

Colpe che pesano come macigni al centro dello stomaco e spaccano il petto. Stracciano vesti e infrangono sogni. Indeboliscono psiche e terra.

La Calabria, da terra abbondante, finisce terra precaria. Come un’adultera resta in coda a tutte le file. E di lei non se ne cura nessuno.

È stanca, la terra dei Bruzi. Troppe accuse accumulate e mai nessuna opportunità. 

Il tempo che le è rimasto da vivere, è breve. O si salva, o muore. 

I giovani le partono ancora, Perdio santo, e nessuno li ferma. I suoi paesi chiudono, le sue storie finiscono, e tutto a causa delle scelte miserabili, scellerate e irresponsabili degli inetti che l’hanno distrutta. Per colpa dell’inoperosità dei responsabili, che ancora insistono nel suo tragicomico massacro. Per il torto e gli abusi, commessi dalla politica dirigente, e per l’ inerzia della lentezza, a volte indotta, della ‘falsa’ giustizia.

«Finalmente potrò parlare con la giustizia. Ché ci è voluto per poterla incontrare e dirle il fatto mio!» (Corrado Alvaro).

La Calabria va portata fuori dai bordelli mangiafranchi al più presto. La stanchezza dei calabresi va urgentemente convertita in forza. Serve uno scatto d’orgoglio per salvarla dal limbo.

E non è troppo tardi, come i falsi profeti recitano dai pulpiti. 

Ogni sera, presso la Fonte della Cucchiarella, a Paola, si rinnova ancora il miracolo dell’acqua di San Francesco. 

«La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose; il coraggio per cambiarle» (Sant’Agostino). (gsc)

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