CALABRESI E CALABRIA DEI TANTI PERCHÉ
E LO SMISURATO SENSO DI APPARTENENZA

di ORLANDINO GRECO – «Il calabrese è educato e sempre disponile. Chi altro parte dalla propria Terra per realizzarsi altrove, ed è pronto ad una nuova vita portandosi dietro l’educazione sempre presente dei propri genitori?»

È stata questa una delle frasi che ho sentito  con più vigore durante un incontro con alcuni importanti imprenditori milanesi e romani. Una sorta di mantra sulla Calabria e su i suoi figli che partono per il mondo e si realizzano.

Le nostre individualità inserite in contesti diversi diventano un’epifania di competenza e professionalità, a prescindere dai settori nei quali sono inseriti.

In fondo, siamo pur sempre la Terra dove la storia ha fatto il suo cammino, sempre immersa negli splendori della Magna Grecia con la scuola pitagorica che è diventata un’istituzione in tutto il globo. La Terra di Telesio; di filosofi e grandi personaggi storici.

Ma siamo anche la Calabria dei tanti perché, suddivisa in tempi antichi in Ulteriore e Citeriore, una divisione non solo geografica ma anche di usi, costumi, linguaggio e tradizione. Una regione così grande che ha in sé, un caleidoscopio di ricchezze e tesoro inestimabile.

E, proprio grazie a questa sua estensione territoriale, la Calabria e i calabresi hanno difficoltà ad essere un tutt’uno solido perché troppo distanti da essere popolo, nonostante ci sia un calabrese a rappresentarci in ogni angolo del mondo. E lo fa in ragione della sua forza, del suo smisurato senso di appartenenza ad una Terra bella e misteriosa ma capace di creare un legame forte ed indissolubile con le proprie radici e la propria storia millenaria.

Il calabrese è educato, lavoratore instancabile e persona perbene che riesce ad essere un valore aggiunto ovunque vada, tra un legame  forte alla famiglia e un alto senso del dovere. Rispetto per l’amicizia e per l’ospite, comunità inclusiva ed accogliente, comunità di persone generose che molte volte peccano per un pernicioso individualismo.

È l’essenza del nostro dna che diventa patrimonio collettivo di un popolo ancora in divenire e sempre con le radici ben piantate sulla propria Terra: Mamma Calabria e i suoi figli educati e perbene.  (og)

GIUBILEO, UN’OCCASIONE PER LA CALABRIA
BRAND PER VALORIZZARE IL TERRITORIO

di FRANCESCO NAPOLI – Il Giubileo 2025 è un evento religioso di portata mondiale che, secondo le ultime stime, porterà a Roma, la città eterna, il cuore della Chiesa cattolica, circa 30 milioni di pellegrini Un’occasione per l’intero sistema Paese e anche la Calabria non può farsi trovare impreparata. L’avviso della regione Calabria va nella direzione di quanto detto fine giugno.

Ad oggi mancano dati esatti sulla stagione turistica in corso, ma è certo che dopo il boom del 2023 l’industria delle vacanze comincia a mostrare i primi segni di frenata. Si spera nelle prenotazioni last minute e nella scelta di periodi diversi. Sono venuti meno soprattutto i turisti italiani, in parte perché colpiti dalla onda lunga della inflazione. Soffre la classe media che riduce la permanenza in vacanza.
Diventa dunque fondamentale lavorare per la valorizzazione di tanti siti turistici così come la creazione di nuove destinazioni. Il recupero, la tutela, la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e lo sviluppo turistico, per una regione come la Calabria, sono temi strettamente connessi, in quanto essa dispone di un ingente patrimonio culturale e ambientale. Molti i punti di forza (come ad es. i siti archeologici di antiche civiltà mediterranee della Magna Grecia) che possono dar luogo ad itinerari turistici di rilevanza eccezionale per il turismo internazionale e del bacino del Mediterraneo.
È ormai evidente che oggi non si parla più solo genericamente di turismo ma di “Turismi”, ovvero di tante forme di turismo che aiutano a destagionalizzare l’offerta. Come Confapi Calabria stiamo lavorando, proprio in vista del 2025, ad un progetto di turismo religioso e culturale che passi dalle tante location calabresi per lo più sconosciute ma di grande valore culturale: un vero e proprio Brand Calabria per il Giubileo che è ormai alle porte: dalla Porta Santa alle porte delle città, a cominciare dalle nostre località. Il turismo è un settore ad alta intensità di lavoro, in cui la qualità dell’offerta è fortemente legata alla qualità del servizio e alla professionalità degli operatori, in tutta la filiera dell’accoglienza.

Il recupero di competitività è associato a un ampliamento del prodotto e all’espansione della quantità e della qualità dell’occupazione nel turismo e nelle filiere collegate. I siti archeologici ed i monumenti, sono la risorsa culturale di maggiore rilevanza della Calabria e rappresentano, a livello internazionale, certamente qualcosa di eccezionale. La Calabria ha sette parchi archeologici, che si trovano nelle zone di: Sibari, Capo Colonna, Scolacium, Locri, Vibo Valentia, Lamezia Terme, Monasterace.

La nostra proposta è quella di una terapia d’urto che passi anche da iniziative informative riguardanti le bellezze della Regione Calabria, in quanto in Italia, in Europa e negli altri continenti, manca un’ informazione adeguata su di essi, sia in rete che in altri media. Pochi paesi al mondo possono vantare un insieme di siti archeologici come la Calabria. E, quindi, ciò che occorre, è innanzitutto un’ azione decisa di informazione in rete e l’attuazione di eventi di risonanza internazionale, atti ad attirare l’attenzione su di essi a livello italiano, europeo, mondiale. (fn)

[Francesco Napoli è presidente di Confapi Calabria]

COGLIERE L’OPPORTUNITÀ DI RIDISEGNARE
LA CALABRIA CHE L’ITALIA NON SI ASPETTA

di MIMMO CRITELLI – Gli ultimi avvenimenti, nazionali e regionali (Autonomia Differenziata, Bonifica Sin, etc.) che hanno riguardato il posizionamento degli schieramenti politici Calabresi (Cdx e Csx), spingono ad una riflessione di merito per coglierne i punti di forza piuttosto che quelli di debolezza.

A questo si somma anche il documento-riflessione promosso dal Comitato Magna Graecia, del quale mi pregio di far parte anche in termini di ispirazione teorica, relativamente l’immobilismo amministrativo della fascia jonica: pienamente condivisibile.

Non appaia pretenziosa la simmetria fra l’autonomia delle Regioni e la conseguente perifericità dell’Arco Jonico, dal momento che in esso si sommano tutta una serie di criticità speculari alla stessa differenza fra nord e sud del Paese.

Parafrasando Roberto Occhiuto: il Tirreno e i Capoluoghi “borbonici” (Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza) rappresentano una Ferrari, a differenza dello Jonio accostabile alla Panda tanto cara al “mio” Governatore.

Non è una semplificazione, ma semplicemente una presa d’atto. Ho apprezzato e difeso il comportamento tenuto dal “mio” Presidente in ordine alle zone d’ombra e alla frettolosità con le quali la maggioranza Parlamentare di Cdx ha approvato il disegno di legge che regola l’autonomia delle Regioni.

Una maratona notturna, come i “compari” di Pisa, alla quale si sono sottratti molti parlamentari PopolarLiberali, per come mi piace appellare quelli di Forza Italia, in special modo quelli calabresi.

Ebbene, trascorse alcune settimane da quel contraddittorio politico e istituzionale con la Lega e la costituzione di qualche “Osservatorio” sugli effetti e le implicazioni dell’applicabilità della legge, si è mancato di mettere in evidenza che, ancora una volta, il ministro Calderoli si è dimostrato un “prestigiatore” dei meccanismi parlamentari e legislativi.

Sono stati colti con le mani nella marmellata, Calderoli e Zaia, dalla loro stessa frettolosità propagandista, un pò come quegli ambulanti avventizi del mordi e fuggi.

La richiesta di autonomia del Veneto, per le molte ed importanti materie non soggette ai Lep, e senza la prescrizione di un’area perequativa che azzeri il criterio della spesa storica, ha di fatto svelato l’azione unilaterale della Lega che ha finito per spiazzare anche Fratelli d’Italia che oggi è un partito che raccoglie uniformemente il suo consenso nazionale.

La successiva iniziativa europea di collocazione della Lega nel partito dei “Patrioti” di Orban, per circoscrivere la leadership di Giorgia Meloni al campo nazionalista piuttosto che europeista, è stato l’altro tassello di una strategia lucida che prova a marginalizzare il ruolo dei Popolari-Liberali-Riformisti italiani.

Ormai non sono più da annoverare come movimenti carsici quello che sta avvenendo nel rapporto fra Lega e FdI, dalla costituzione del Governo, sbilanciato a favore della Lega rispetto a FI, passando per Autonomia, Premierato, Giustizia ed Europa.

Su questi capisaldi programmatici, FI riesce a difendere le sue radici liberali e riformiste solo grazie al Ppe. Ma ritornando alla Calabria, e alla controversa legge sull’autonomia differenziata, ho motivo di pensare che Occhiuto sia rimasto più condizionato dal suo ruolo nazionale, nel porsi sulla stessa linea degli altri Governatori del Sud, insieme a Bardi, a sostegno di un Referendum che surclasserà, in termini di firme e di esito elettorale, persino quello sul nucleare o sulla riduzione dei Parlamentari.

Questa legge farlocca, da “compari” di Pisa, può solo essere disinnescata dall’esito Referendario. In caso contrario, anche se dopo due anni per le materie LEP e da subito per tutto il resto, non c’è bisogno di aspettare il parere di illustri economisti per stabilirne gli effetti distorsivi e separatisti.

Quali speranze ha un Paese dal debito pubblico sproporzionato che, nel frattempo, ha persino accentuato il divario economico e sociale fra macro aree (anche al loro interno), di vedere crescere omogeneamente e in competetizione paritaria l’intero sistema Paese? A mio giudizio, nessuno.

E spero, ardentemente, di essere smentito anche dal più semplice studente di economia senza dover scomodare luminari. Cambiando lo scenario territoriale, la Calabria non si sottrae alle dinamiche nazionali.

Se per decenni, non qualche anno, lo sviluppo e le strategie progettuali hanno orientato risorse e infrastrutture sull’asse Tirrenico o Ten-T (trasversale europea), non è forse ciò che è avvenuto fra Nord e Sud del Paese?

Non è forse che sullo “storico” calabrese oggi sentiamo parlare più di Ponte sullo Stretto che di “Autostrada dei tre mari”? In tal caso mi lascio prendere dalla mia personale suggestione di congiunzione fra le due sponde mediane del Tirreno e dello Jonio per poi procedere verso l’Adriatico nell’ambito della Macro Regione Mediterranea. E chissà che quest’ultima non sia più di una suggestione ma, forse, la soluzione al problema dell’autonomia, dove il Sud e i suoi circa 20Ml di abitanti potrebbero rappresentare una opportunità per l’Italia e per l’Europa.

Non nascondo di aver temerariamente accostato Autonomia, Bonifica dell’area Sin e Provincia della Magna Graecia, appena ho appreso che Occhiuto ha impugnato il provvedimento del Governo, e del “suo” ministro Pichetto Fratin, di smaltire i rifiuti in discarica privata adibita a ricevere quelli speciali e altamente inquinanti che giacciono in mare, da 50 anni, e sulla “consortile” da almeno 20 anni. L’occasione di un Presidente temerario, oltretutto “mio” Presidente, mi ispira una conclusione.

Se lo Jonio sta alla Calabria, come la Calabria sta all’Italia, si colga l’opportunità di ridisegnare la nuova Calabria, un’altra Calabria che «l’Italia non si aspetta».

Non la Calabria delle 3 macro Province di emanazione Sabauda, ma l’inedita Calabria che non torna indietro, ma guarda avanti e recupera il protagonismo delle periferie, spesso per auto-afflizione ed irrilevanza.

Crotone e Corigliano-Rossano nuovo asse dello sviluppo poliedrico poggiato su Bonifica e rilancio produttivo del Sin di Crotone-Cassano-Cerchiara insieme all’ex sito Enel. La Zes unica come strumento programmatico ed economico per rilanciare la piattaforma logistica e intermodale del Mediterraneo orientale.

Senza campanilismi, ma in una visione ampia, solidale e di coesione.

Il sistema politico locale è inidoneo ad intravedere il futuro che si sta prospettando, salvo stracciarsi le vesti dopo prendendosela con gli altri e mai con il proprio pressappochismo.

Persino Cgil e Cisl si sono lasciati riaccorpare nell’area Centro, lasciando la sola Uil di Fabio Tomaino, alla quale mi sono iscritto, a resistere sull’autonomia organizzativa provinciale.

Si procede a grandi passi per un ritorno alle tre macro Province attesa l’irrilevanza delle piccole Crotone e Vibo.

Non voglio credere che il riformista Occhiuto, il liberalpopolare Occhiuto, il Presidente della scommessa di Governo nella Regione più depressa che sta affrontando con sicurezza e autorevolezza, possa assecondare un ritorno allo status quo ante 1993, senza aver tastato il polso ai cittadini, anche solo come parere consultivo come nella fusione di Cosenza Rende e Castrolibero e, mi auguro, anche di Montalto (inspiegabilmente esclusa dal virtuoso processo).

Nell’unica occasione di interlocuzione, de visu, che ebbi con Roberto Occhiuto nel luglio 2021 a Gizzeria, e della quale conservo piacevole ricordo e lo ringrazio, ne condivisi, insieme al compianto Peppino Cosentino, gli spunti e la visione progettuale.

Dal canto mio, gli espressi il convincimento che la Calabria avesse bisogno di un intervento meditato e partecipato, una conferenza interistituzionale regionale di riorganizzazione amministrativa, istituzionale e territoriale. I tempi sono maturi per lanciare anche questa sfida al sistema anchilosato dei partiti.

Il “mio” Presidente è in grado di andare oltre gli schemi, come ha dimostrato in questi tre anni di Governo, senza particolarismi ma con una visione generale e oggettiva?

La sfida del Governo si vince quando si recuperano gli ultimi e gli si offre una prospettiva migliore. Questo vale per la Calabria in Italia, come per lo Jonio in Calabria. (mc)

Ricordare Otello Profazio per arricchire la Calabria

di FRANCO CIMINO – Cari presidenti, car sindaci, scrivo a voi di Otello Profazio, che sono certo conoscerete meglio di quanto non l’abbiamo conosciuto tanti noi. Pertanto, di lui non dico molto. Non dico che è stato uno dei più grandi cantastorie, uno dei più grandi cantanti della tradizione popolare, uno dei più grandi cantautori, uno dei più grandi poeti, uno dei più grandi intellettuali, uno dei più grandi “sociologi e filosofi”, a modo suo, dell’intero panorama nazionale ed europeo.

Se lo dicessi, pensando che voi non lo sapeste, farei un danno non a voi, eccellentissime persone, ma all’intera Calabria, che con orgoglio lo annovera tra i più grandi personaggi della sua storia. Qui dico ciò che non dovrei dire per l’ulteriore considerazione che si dovrebbe avere di Lui. Otello Profazio è stato, a suo modo, un grande politico. Voi che fate politica e la Politica sono certo che pure farete, sapete meglio di me che essa significa, tutto insieme, analizzare la società, i suoi mutevoli fenomeni, alla luce del passato e nella prospettiva del futuro; denunciarne la gravità e i pericoli ricorrenti, in essi le ingiustizie che, in molteplici forme, agiscono in particolare “contro” i poveri, gli ultimi, i disarmati, i vinti, i rassegnati, gli abbandonati, i lottatori stanchi, i ribelli combattuti e isolati. Politica, altresì significa, immaginazione, fantasia, creatività. Sogno. Fiducia illimitata che Politica possa realizzarli, anche dal niente. Anche dalle rovine. Costruire dal basso, cioè, con la partecipazione della gente, la Felicità. Sì, la Felicità, che, come diceva il Nostro, non è promessa di un aldilà non rassicurante nella sua incertezza (la religione è sentire personale) per i condannati all’infelicità su questa terra. Condannati proprio da quei “padroni” o potenti, che usano quella promessa per tenerli, i poveri e gli sfruttati e gli ingannati, tutti buoni e “silenziosi”.

No, la felicità di cui parla Otello, è conquista dalle battaglie che il popolo deve fare per la Libertà. Che viene prima della Democrazia, essendoci in essa tutto ciò che serve alla Felicità, dalla giustizia all’eguaglianza. Dalla liberazione da tutte le catene “all’incatenzazione “di ogni arroganza, egoismo, prepotenza, cattiveria. E padronanza di persone e cose delle persone. Di pensieri, delle persone, e della loro sistemazione in un sistema organico, chiamato cultura. Profazio era politico, a suo modo. Lo era in modo particolare per la fiducia che aveva nelle singole persone e nel loro mettersi insieme per farsi popolo. Egli lottava, pensava, scriveva, suonava, cantava, e faceva politica, vedendo, nella sua mente e negli occhi di tutti, il futuro di ogni riscattata bellezza. Ma non c’è politica senza cambiamento e non c’è sofferenza di popolo senza lotta del popolo. Non c’è felicità senza la sconfitta dei costruttori dell’infelicità. Il nostro “cantatore”, narratore di storie e incitatore di animi ribelli, era, a suo modo, un rivoluzionario. Si dice fosse socialista, si diceva, negli settanta, quelli dell’avanzata del PCI, che lo invitava a tutte le feste dell’unità fino a quella nazionale, che fosse comunista.

Io che sono sempre stato democristiano, penso, al di là anche dei suoi orientamenti politici definiti, che lui fosse ribelle per amore. Un universale soldato della Pace. Un cristiano, puro o laico o ateo, che potesse pure essere definito (non mi sono mai domandato del suo sentire religioso). Era un combattente senza armatura, né fucile, contro la guerra. La sua arma, la chitarra e la voce. Insieme, unica arma, ché l’una e l’altra non erano separabili in lui. Con quella aggiuntiva ironia, che se ti “pigghiava” ti faceva a polpettine. Era un rivoluzionario e un cristiano, “socialistanarchicomunista”, liberale anticonformista, mettiamoceli tutti e senza separazione e distinzione, perché Otello era lui e basta. Il rivoluzionario! Vero, ché non ce l’aveva soltanto con i “padroni” e i potenti, ma anche con noi tutti che, per stanchezza o pigrizia, ignoranza o paura, li abbiamo lasciati fare.

Anche quando ce siamo andati, a milioni, senza disturbare, neppure con il pianto e il dolore di lasciare la nostra terra e le nostre famiglie, spezzandoci braccia e schiena, per farli più ricchi quelli là. Oppure, restando, perché “qui si campa d’aria”. Il rimprovero a noi, delicato e tenero, pur pieno di compassione e considerazione, non è mancato mai. C’è un suo canto lontano, data forse cinquant’anni, che pochi conoscono e lui stesso da tanto non lo proponeva( non ricordo in quale album si trovi), che dice in una sola strofa tutto. È collocato storicamente nell’ottocento dei Borboni. Dice testualmente: «cunnuti (si riferisce a noi) ca serviti lu guvernu (si riferisce ai governanti), sì voli Diu mi cangi lu guvernu, li robbi vi li tagghiu parmu a parmu».

Può, egregio signori, un uomo così, un poeta così, un intellettuale così, una bellezza come questa, essere trascurata, non celebrata degnamente, addirittura dimenticata? E possiamo prendercela solo con il Comune di Reggio Calabria, la sua Città, della quale è anche cittadino onorario, per non aver dato seguito, per motivi economici addirittura, all’impegno di ricordarlo artisticamente in occasione del primo anniversario della morte?

Ma no, anche perché voi stessi affermerete una verità incontrovertibile. Questa: per quanto amasse la sua Città, vivendola fino all’ultimo suo respiro pur avendo fatto il giro del mondo, Otello era, è, calabrese, uno dei più grandi e belli di tutta la storia di questa nostra-sua terra, di cui egli ha cantato dolori e gioie, asciuttezza e floridezza, sfregi e purezza. Chiedo, pertanto, con questa mia, di essere tutti voi a promuovere iniziative importanti, in tutta la Regione, per rendere non onore al calabrese illustre, che non ne avrebbe bisogno, ma onore e prestigio all’intera Calabria. Per farne anche l’eterno ambasciatore, voi saprete come, della Calabria bellissima. Insieme a lui, ora che vi trovate, tanti altri artisti calabresi, che, vissuti dimenticati, morti cancellati, della loro bellezza straordinaria, hanno lasciato un’eredità ricchissima. Voi direte le solite due cose: ” non ci sono soldi”, la prima; “ma con tutti i gravi problemi della Calabria…” la seconda.

Vi conosco personalmente e vi so onesti e sinceri. Ma consentimi di rispondervi con l’immaginata frase ironica che avrebbe pronunciato il più prezioso raccontatore della nostra terra: «ma cu tutti i picciuli chi iettamu in spettaculi chi venanu e fora, e cu i problemi veri chi ni scordamu, propriu cu mia, chi custu pocu…».

Certo della vostra benevola accoglienza di questa mia, consentimi di ringraziarvi anticipatamente, anche per i tempo utilizzato per leggermi qui. (fc)

GLI OCCHI DEL MONDO CHE PRODUCE
PER DUE GIORNI PUNTATI SULLA CALABRIA

di SANTO STRATI – Per due giorni gli occhi del mondo produttivo e del commercio saranno tutti puntati sulla Calabria, nell’incantevole Castello di Santa Trada, a Villa San Giovanni, dove si svolge il G7 Trade, ovvero quello dedicato al commercio mondiale.

Al di là degli specifici obiettivi della due giorni di incontri tra le delegazione dei 7 Grandi e i tanti altri Paesi invitati a partecipare, c’è da considerare la grande occasione che si profila per la nostra terra. Ovvero, sfruttare questa nuova vetrina di risonanza mondiale (la prima ce l’ha offerta la titanica impresa di Jaan Roose in equilibrio su un filo sullo Stretto: un miliardo di spettatori!) per creare opportunità di ricostruire la reputazione, macchiata da anni di gratuite insolenze e insinuazioni. Il mondo deve scoprire la Calabria attraverso queste iniziative, perché mentre si discute di affari, l’occhio può spaziare tra lo splendore dei paesaggi, la maestosità dei Bronzi e l’incanto dello Stretto. È un’occasione che non va persa, perché la due giorni di Santa Trada sia una sorta di prova generale di come si possa mostrare al mondo che la Calabria, oltre a essere una terra, fiera, può offrire offre mille attrazioni, non solo turistiche. Servono investimenti e la creazione di nuove opportunità di occupazione, ma non soltanto nell’ambito della cultura e del turismo che sono un attrattore straordinario e inimitabile, ma anche per il segmento produttivo, scientifico e tecnologico: ci sono tre Atenei che sfiorano l’eccellenza e sono in grado ospitare studenti di tutto il mondo.  E le nostre aziende cercano sbocchi di export anche oltre che nell’agroalimentare.

Benvenuto in Calabria, Mondo!  (s)

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Antonio Tajani: «La Calabria e il Sud saranno per due giorni la capitale economica mondiale»

«In questi due giorni porteremo a Villa San Giovanni e Reggio Calabria i Ministri del G7 e dei Paesi ospiti che insieme rappresentano il 54% del Pil mondiale: la Calabria e il Sud Italia saranno per due giorni la capitale economica mondiale». È quanto ha dichiarato Antonio Tajani, Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, in occasione della riunione dei Ministri del Commercio del G7 che si apre questa mattina a Villa San Giovanni.

«Sono quattro – ha spiegato – i temi centrali che affronteremo, cruciali per il futuro delle nostre economie: rafforzare il sistema commerciale multilaterale attraverso la riforma dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC); assicurare la parità di condizioni sui mercati globali; incoraggiare la sostenibilità ambientale nel commercio; migliorare la resilienza e la sicurezza economica. Sono i temi prioritari al centro dell’agenda della Presidenza italiana».

Oltre a tali temi, i lavori, che si svolgeranno a Villa San Giovanni, si concentreranno sulla situazione in Medio Oriente e nel Mar Rosso, arteria commerciale strategica in particolare per il nostro Paese, nonché sull’Indo-Pacifico, regione chiave per il commercio e le catene di approvvigionamento globali. Oltre ai Ministri dei Paesi G7, saranno coinvolti quelli di importanti Paesi partner come Brasile, Corea del Sud, India, Nuova Zelanda, Turchia e Vietnam, assieme alla Direttrice Generale dell’Omc e al Segretario Generale dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse).

I lavori inizieranno con un incontro dei Ministri del Commercio del G7 con i rappresentanti dell’Industria del G7 (B7), nel quale gli imprenditori presenteranno ai rappresentanti dei Governi la propria visione e le proprie priorità in termini di promozione della competitività e commercio equo e basato sulle regole, rafforzamento delle economie, nonché delle catene globali di fornitura a fronte della crescente instabilità geopolitica e massimizzazione dei benefici dell’Intelligenza Artificiale.

Nel corso della Ministeriale, i Ministri del G7 si recheranno al Porto di Gioia Tauro, primo porto italiano per traffico merci, dove verrà presentata l’iniziativa umanitaria italiana “Food for Gaza”. Verrà in particolare presentato uno scanner come quello recentemente partito per Cipro per potenziare e rendere più celeri i controlli di sicurezza dei container con aiuti umanitari che, tramite il corridoio umanitario marittimo incentrato sull’isola, vengono destinati a Gaza.

Domani, mercoledì 17 luglio, al termine dei lavori, si terrà la conferenza stampa conclusiva del Ministro Tajani. (rrm)

La Calabria protagonista all’incontro Lions di Salerno

di ARISTIDE BAVA –  Calabria protagonista a Salerno dove è stato solennizzato l’incontro programmatico del Distretto Lions 108 ya che comprende la Campania, la Calabria e la Basilicata, Tra i principali “attori” del congresso il neo presidente del Consiglio di amministrazione della Fondazione Lions, Franco Scarpino di Catanzaro e il primo vicegovernatore Pino Naim di Reggio Calabria accompagnati peraltro da una folta delegazione di soci dell’importante associazione provenienti da numerosi centri delle cinque provincie calabresi.

L’incontro programmatico ha sancito il cambio di guardia tra il Governatore uscente Pasquale Bruscino (Napoli) e il nuovo Governatore del Distretto, Tommaso Di Napoli (Battipaglia) che ha dato il via alla nuova annata sociale 2024/2025 e ha presentato il suo Dg team del quale fanno, appunto, parte Scarpino e Naim unitamente al secondo vicegovernatore Bruno Canetti. Sia Scarpino che Naim sono stati particolarmente applauditi nel corso della due giorni di Salerno per le loro relazioni che sono sembrate fortemente innovative ed indirizzate, soprattutto, alla ferma volontà di incentivare l’attività operativa lionistica a favore delle comunità locali in sinergia con gli organismi istituzionali e, dove possibile, anche  con le altre associazioni. 

A questo proposito il Governatore Tommaso Di Napoli ha anche evidenziato un significativo patto d’amicizia con l’associazione Rotary nella convinzione che, insieme, si potranno ottenere positivi risultati soprattutto in un campo decisamente importante qual è quello della disabilità. Presente, anche, un autorevole esponente di quella associazione è stato suggellato un “patto di amicizia” che porterà ad una collaborazione diretta tra Lions e Rotary.

Franco Scarpino, dal canto suo ha parlato del programma innovativo che come presidente del Consiglio di Amministrazione del Distretto ha intenzione di portare avanti. Secondo Scarpino la Fondazione oggi più che mai, dovrà svolgere un ruolo fondamentale per favorire l’azione lionistica nel distretto, attraverso services, campagne di raccolta fondi, pubblicazioni, iniziative finanziare, progetti umanitari e di crescita sociale, convenzioni con istituzioni universitarie, convegni, mostre e congressi, master sociali.

La Fondazione, in sintesi, diventerà il braccio operativo del Distretto, e rivestirà, dunque, un importante ruolo di sostegno organizzativo dello stesso, con l’obiettivo superiore di supportare lo sviluppo culturale, sociale ed economico del nostro mezzogiorno. Una conferma di quel “nuovo lionismo” che Scarpino, a suo tempo, ha lanciato come Governatore pro tempore del Distretto. Significativo anche l’impegno di Pino Naim che diventerà Governatore il prossimo anno.

«Oggi essere Lions significa altra cosa rispetto al passato – ha detto – non possiamo restare ancorati ad un passato che non ci appartiene più, perché sono cambiati i tempi, le condizioni, gli usi e i costumi, e perché è cambiato l’Associazionismo nella sua concettualità e nella sua metodologia. Il cambiamento, però, presuppone un percorso che può essere anche difficile, che richiede chiarezza, molta determinazione e  aiuto reciproco. Ecco perché come Lions siamo chiamati a camminare insieme, non da soli, e dobbiamo quindi allargare sempre più il cerchio delle persone coinvolte in un dialogo costante. Dobbiamo adeguarci e modificare il nostro lionismo e riscoprire la gioia del futuro con rinnovata speranza pensando a nuovi modi di vivere il territorio, di concepire il lavoro, di produrre effetti positivi per la società e per la nostra comunità».

Naim ha coniato, a questo proposito il suo slogan di un “lionismo semplice” dove i reali protagonisti saranno i soci e gli stessi cittadini delle varie comunità. L’importante incontro ha richiamato a Salerno centinaia di delegati delle tre regioni meridionali. (ab)

 

RISCHIO POVERTÀ ED ESCLUSIONE SOCIALE
È PRIMA LA CALABRIA: CAMBIARE LE NORME

di ANTONIETTA MARIA STRATI – La Calabria è tra le prime quattro regioni con la quota più alta di persone a rischio povertà ed esclusione sociale: lo afferma Eurostat e questo stato – terribile – è stato confermato dal VI rapporto Ca’ Foscari sui Comuni 2023, presentato nei giorni scorsi a Reggio. In Calabria c’è anche fin troppa disoccupazione, povertà ed esclusione sociale: nella nostra regione, infatti, il tasso di disoccupazione è al 16%, mentre a Reggio al 16,1% – secondo i dati Svimez – quindi emerge in maniera netta il bisogno di prevenzione e di tempestività, a partire dall’attuale quadro normativo che va modificato.

Dopo i saluti istituzionali del Vicesindaco di Reggio Calabria, Paolo Brunetti, che ha rimarcato le novità più recenti che interessano il Comune in tema di gestione del servizio idrico e, in prospettiva anche del settore dei rifiuti, vi è stato il saluto dell’Assessore al Bilancio, Domenico Battaglia, il quale ha sottolineato come eventi di questo genere siano fondamentali per offrire spunti necessari per una riforma. Battaglia ha ricordato come Reggio Calabria, proprio con riferimento alla criticità finanziaria, sia divenuta un caso di scuola.

È toccato al Direttore Generale del Comune, Demetrio Barreca, effettuare un lungo excursus storico delle tappe che hanno segnato la storia recente di Palazzo San Giorgio, a partire dall’ispezione del Mef del 2011, quando furono ravvisate delle criticità da cui emerse il disavanzo delle casse comunali, per giungere alle diverse deliberazioni della Corte dei Conti e poi al piano di riequilibrio.

«Il VI rapporto Ca’ Foscari sui Comuni 2023 è di tipo multidimensionale ed è importante, per i Comuni che esista. Si tratta di un rapporto continuativo, forse anche enciclopedico, che però riesce ogni anno ad affrontare temi differenziati che convergono nell’idea che il Comune è un elemento essenziale della nostra democrazia e della nostra capacità di governo territoriale», ha detto Andrea Ferri, responsabile Finanza Locale della Fondazione Ifel e dell’Anci.

«Uno dei punti di partenza della ricerca che da diversi anni caratterizza la nostra università insieme a Ifel, è la criticità finanziaria che in alcuni territori come la Calabria è molto importante», ha spiegato Marcello Degni, docente dell’Università veneziana.

«Abbiamo cercato di analizzare – ha aggiunto – le cause di tale criticità finanziaria e sono emerse alcune proposte di radicale riforma dell’attuale quadro normativo. Il titolo VIII del Tuel va riformato radicalmente. Il predissesto – ha proseguito Degni – si è rivelato un fallimento. Il dissesto è una procedura vecchia introdotta alla fine degli anni ‘80 che va completamente rivista». Da questa ricerca sono emerse delle proposte che sono state formulate al legislatore: «L’idea è che bisogna introdurre un sistema predittivo della criticità finanziaria che consenta di cogliere i segnali prima che si verifichino i problemi di criticità forte».

«Il secondo elemento – ha proseguito – è un intervento tempestivo, un affiancamento da parte del sistema multilivello dei comuni in difficoltà intervenendo con un supporto organizzativo e finanziario. Non si tratta solo di trovare dei fondi. In molti casi il dissesto è un fatto organizzativo e quindi occorrerebbe intervenire con un affiancamento, individuando professionalità e aiutando i comuni a uscire dalla situazione in cui sono pervenuti. Dunque: modello predittivo, affiancamento, sostituzione nei casi più gravi e tempestività. Le istruttorie che durano anni non sono funzionali al superamento della criticità finanziaria».

A delineare il progetto Ifel, a supporto dei comuni in criticità finanziaria è stato Fabrizio Fazioli, in collegamento audio-video. Questi ha sottolineato come le crisi finanziarie siano «da tempo sotto osservazione. Si tratta di un fenomeno importante perché in espansione. Si registra una tendenza generalizzata del comparto comunale ad una tensione finanziaria, con una grande difficoltà a gestire e svolgere le funzioni assegnate».

Fazioli ha ricordato come, in tal senso, vi sia una forte connotazione territoriale, considerato che gran parte dei comuni in difficoltà si trovi in Sicilia, Calabria e Campania. Situazione causata da «una molteplicità di fattori», fra cui ovviamente difficoltà strutturali a riscuotere le entrate ma anche «organici ridotti all’osso».

Dopo aver ribadito di ritenere il dissesto e il predissesto «strumenti non idonei» a risolvere le problematiche dei comuni, Fazioli ha spiegato come il progetto di Anci e Ifel sia quello di affiancare gli enti, in via sperimentale, con attività di supporto e assistenza. Attualmente sono 71 i comuni assistiti con una task force individuata in base all’esigenza degli enti per un totale di circa 120 esperti.

Francesco Consiglio, invece, dopo aver ringraziato i numerosi rappresentanti di tanti comuni della Calabria presenti all’evento, nel corso della tavola rotonda Esperienze di criticità finanziaria nei Comuni della Calabria, moderato dal segretario generale del Comune di Reggio, Antonio Criaco, ha ricordato come il tema dell’incontro rappresenti una questione «molto seria, una condizione in cui vivono i comuni della Calabria».

«C’è qualcosa che non sta funzionando – ha rimarcato Consiglio – se i comuni sono chiamati ad accantonare delle somme che poi non possono utilizzare». Il dirigente ha ribadito un concetto: «Il dissesto non equivale a un risanamento dei comuni che devono poi capire come andare avanti».

Per Consiglio diventa fondamentale utilizzare i fondi di accantonamento anche con una funzione di risparmio, così da «garantire i debiti tributari dei cittadini. Se il problema è la riscossione – ha evidenziato Consiglio – utilizziamo per una parte i nostri risparmi per aiutarla questa riscossione». Il dirigente si è domandato se i comuni siano organizzazioni complesse e, rispondendo positivamente, ha ricordato come non si sia mai vista una «verifica dell’adeguatezza della struttura amministrativa che dovrebbe essere effettuata obbligatoriamente dallo Stato».

Il dirigente del Settore Bilancio della Città metropolitana, Fabio Nicita, ha posto l’accento sui rapporti con i comuni e le modalità di riscossione passate da un metodo indiretto ad un metodo diretto.

Le conclusioni sono state affidate ad Andrea Ferri, Responsabile Finanza Locale della Fondazione Ifel e dell’Anci. «I comuni – ha spiegato – nel loro complesso rappresentano un comparto sano della pubblica amministrazione. Produciamo accreditamento ma non indebitamento netto per lo Stato. Non aumentiamo il debito pubblico e ci reggiamo su entrate largamente proprie, molto differenziate nel territorio».

Ad oggi, ha rimarcato Ferri, vi sono 450 crisi conclamate e 1300 comuni in sui quali è stata avviata un’iniziativa convergente. «Il rapporto – ha aggiunto – è nato nello scorso decennio con un’analisi sulla crisi in atto.  Oggi si è evoluto in modo multidimensionale».

«È stato attivato – ha detto ancora – progetto per supportare diverse decine di comuni in condizioni di instabilità e di crisi. Questo fa parte della nostra missione e ci fa capire una cosa fondamentale in generale: per risolvere questa fragilità, minoritaria ma importante con quasi tutte le città medie del sud coinvolte, che si integra con un tema di fragilità generale dei comuni, occorre trovare meccanismi perequativi radicalmente diversi che tengano conto di una sperequazione di risorse molto importante».

«La nostra perequazione è formalistica, “statisticistica” – ha aggiunto – basata su dati di ingegneria. Tutto bello e vero, ma poi alla fine inefficace. Il richiamo che ci viene dalla corte costituzionale con la sentenza 115/2020 è che la crisi è anche frutto di una debolezza strutturale. Noi ancora su questo, che riguarda soprattutto Sud e le aree interne, non stiamo intervenendo abbastanza».

«Quando capiremo, come sistema-Paese – ha concluso – che questo è un elemento di forza per tutto il Paese, come dimostrano gli investimenti Pnrr, daremo un forte contributo alla stabilità economica della finanza pubblica». (ams)

Kerry Kennedy in Calabria: Una Voce per i Diritti Umani e la Pace

di ELIANA GODINO – La Calabria ha accolto con calore e partecipazione Kerry Kennedy, presidente della Fondazione dedicata al padre Bob Kennedy (assassinato mentre correva per le presidenziali Usa), nel corso di una visita che ha portato alla luce tematiche cruciali come i diritti umani e la pace. L’avvocata e attivista per i diritti umani ha partecipato a un programma di tre giorni ricco di eventi ed incontri significativi, culminati nella manifestazione “Dirittinfesta”, svoltasi dall’11 al 13 maggio.

La visita è stata orchestrata nell’ambito del Programma Calabria Terra di Pace e Fratellanza, ideato e coordinato da Adriana Grispo, che si è realizzato in due anni di preparazione. Kerry Kennedy, accompagnata dalla figlia Cara Kennedy Cuomo e dal cagnolino Bellini, ha sottolineato la straordinaria ospitalità e la bellezza dei luoghi visitati, tra cui il castello di Corigliano, che l’ha particolarmente affascinata.

Uno dei momenti più toccanti della visita è stato l’incontro al Campo di internamento Ferramonti di Tarsia, un luogo carico di storia e memoria. Qui, Kerry Kennedy ha parlato del valore dei diritti umani, esprimendo profonda commozione: «Ho un colpo al cuore quando penso che persone innocenti sono state internate qui solo perché ebree o per la loro protesta non violenta contro il regime fascista. Lo vediamo succedere ancora oggi in molte zone del mondo e con la violazione di diritti umani che non si possono più tollerare. Ciò che fa questo museo è ricordarci che dobbiamo essere vigili. Ognuno di noi può fare qualcosa contro queste atrocità».

Il ricco programma ha coinvolto diverse comunità scolastiche e ha incluso attività culturali ed educative. L’11 maggio, all’auditorium del polo liceale di Rossano, il tema L’Educazione alla Pace e la Difesa dei Diritti Umani è stato esplorato con il contributo dell’orchestra scolastica “Don Bosco di Cantinella” e del coro di voci bianche “Colors for Peace”, composto da alunni e alunne di questo e altri Istituti comprensivi della Città di Corigliano Rossano Leonetti,  Erodoto, Tieri,  Rossano 1. Inoltre, gli studenti del Liceo Classico “San Nilo” hanno presentato una performance teatrale ispirata al progetto “Speak Truth to Power” di Kerry Kennedy, rafforzando l’importanza della verità e del coraggio nel difendere i diritti umani.

Il 12 maggio, la Signora Kennedy ha visitato il Parco archeologico di Sibari, il Museo diocesano del Codex e il Museo internazionale della Memoria di Ferramonti di Tarsia. In serata, al Castelloducale di Corigliano, la settima figlia di Bob Kennedy, è stata omaggiata con una scultura in bronzo raffigurante San Francesco di Paola, opera del maestro Carmine Cianci.

Il 13 maggio ha visto una ricca mattinata di attività al Parco periurbano “Fabiana Luzzi” di Corigliano, con performance artistiche e musicali delle scuole locali. La Signora Kerry Kennedy ha partecipato attivamente, prendendo parte anche a una danza della pioggia, insieme ai ragazzi presenti. Gli stand espositivi “Speak Truth to Power” e la mostra “Colors for Peace” hanno arricchito ulteriormente l’evento, culminato con la piantumazione dell’Albero della Pace dedicato a Umberto Paradossi, “Giusto tra le Nazioni”, a cura della Sezione Fidapa di Corigliano. In questa occasione è stata realizzata a cura della stessa associazione, una raccolta farmaci da destinare.

La manifestazione ha visto la collaborazione di numerose istituzioni, tra cui il comune di Tarsia, l’associazione “Colors for Peace” di Sant’Anna di Stazzema, l’organizzazione internazionale “Robert F. Kennedy Human Rights Italia” e l’associazione internazionale di tedofori “Peace Run Italia”. Presenti anche figure istituzionali di rilievo, come il consigliere regionale Luciana De Francesco, il sindaco di Tarsia Roberto Ameruso e alcuni membri del comune di Corigliano-Rossano.

L’evento ha dimostrato l’importanza della collaborazione tra enti locali, scuole, associazioni e fondazioni nel promuovere valori di pace e diritti umani. Kerry Kennedy ha lasciato la Calabria con un messaggio chiaro: l’impegno per i diritti umani e la giustizia sociale è una responsabilità collettiva, e ogni azione, piccola o grande, può contribuire a creare un mondo più giusto e pacifico.

«La presenza del Robert F. Kennedy Human Rights in Calabria, sarà garanzia di continuità per azioni concrete, finalizzate alla diffusione della cultura del rispetto dei Diritti Umani, dell’ educazione a quella pace positiva, che non è  mera assenza di guerre guerreggiate , ma costruzione di ponti istituzionali, culturali , sociali che possono portare l’ Umanità intera verso mete di uguaglianza, equità , giustizia, come emerge dall’ Enciclica  Fratelli tutti di Papa Francesco», ha dichiarato la coordinatrice Adriana Grispo. (eg)

PONTE, QUELLE CONTINUE FAKE NEWS DI
QUANTI VOGLIONO FRENARE IL MERIDIONE

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – Volano gli stracci. È bastata una dichiarazione dell’amministratore delegato della società Stretto di Messina che, nel corso di un suo  intervento a Rai Radio 1, ha affermato che non sarà possibile rispettare la scadenza prevista dal decreto, convertito in legge nel maggio 2023, che prevedeva la conclusione dell’iter della progettazione esecutiva entro il 30 luglio per scatenare una canea di commenti.

Il Fatto Quotidiano, certamente capofila tra gli oppositori all’opera, ha titolato “Ponte, disfatta di Ciucci & Salvini: “Se ne riparla a fine anno” (forse).

Mentre il pensiero che aveva espresso il presidente di Libera, che il ponte invece di unire due coste avrebbe unito due cosche, viene quantificato da Leoluca Orlando, più volte primo cittadino di Palermo che dichiara: «Il Ponte è un’opera di 14 miliardi che non si farà, perché le stesse commissioni tecniche nominate dal ministero hanno sollevato più di 200 osservazioni».

E ancora, sempre Orlando: «A cosa serve allora spendere così tante risorse? Forse per prevedere due o tre miliardi per qualche progettista amico, per qualche tangente nascosta?».

Una bella tangente addirittura da due, tre miliardi. Altro che Mose di Venezia che, ideato negli anni ’80, cominciato nel duemila, ha sofferto di un sistema di tangenti scoperto tra il 2013 e il 2014.

Secondo gli inquirenti attorno al Mose sarebbero state emesse 33 milioni di euro di fatture false: almeno la metà – 16/17 milioni – sarebbero servite a pagare tangenti. Altre stime, invece, portano a ipotizzare quasi cento milioni di euro di mazzette. Una bazzecola rispetto all’uno, due miliardi di cui parla Orlando.

Siamo a numeri in libertà ovviamente, Angelo Bonelli, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra e portavoce di Europa Verde, non perde l’occasione e va a ruota libera.

La domanda che si pone riguarda il fatto che  un ponte che non può essere utilizzato per il trasporto non servirebbe a nulla.

Ed avrebbe ragione se non fossero parole in libertà assoluta, senza alcun fondamento reale. E poi che le grandi navi crociere non passerebbero sotto. E qui una polemica basata sul sesso degli angeli perché poi le informazioni corrette vanno in tutt’altra direzione.

Grazie alle sue ciminiere retrattili, la più grande nave da crociera del mondo, la Allure of the seas, è passata sotto al ponte Storaebelt, in Danimarca, proseguendo la sua rotta in uscita dal mar Baltico.

La nave, 225.282 tonnellate di stazza e 16 ponti, della compagnia statunitense Royal Caribbean, che è in grado di ospitare 5.400 passeggeri in 2.700 cabine aveva lasciato giovedì il cantiere Stx di Turku, in Finlandia, ed è diretta a Fort Lauderdale, in Florida, dove sarà inaugurata a fine novembre.

Il limite internazionale stabilito dall’Imo per il franco sul mare è di 65 mt; le grandi navi da crociera passano tranquillamente sotto i ponti sul Bosforo o tra Svezia e Danimarca, semplicemente abbassando le ciminiere retrattili. Inoltre possono anche alzare temporaneamente la linea di galleggiamento. Quindi anche in tal caso nulla di serio.

In realtà la società Stretto di Messina ha adottato un profilo di understatement e non replica quasi mai. Anche se tutte le informazioni corrette sono sul sito.

Non se l’è tenuta solo con Mario Tozzi e  replica alle critiche del geologo, che aveva parlato di pressappochismo sconcertante sul Ponte, con una dichiarazione piccata e pesantissima. Per rispondere alle «superficiali affermazioni di Tozzi – scrive l’ufficio stampa della società – è sufficiente andare sul sito della Stretto di Messina e scorrere le risposte alle domande frequenti di natura tecnica (passaggio treni, aspetti sismici, vento, allontanamento coste e molto altro).

In ogni caso non c’è nulla di “vecchio”, il progetto definitivo del Ponte rappresenta i massimi standard di ingegneria. Già negli anni passati — afferma la società — avevamo capito che a Tozzi l’opera non piace, ma un ponte aperto a treni e auto 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno è la migliore risposta alla domanda di un più efficiente e moderno sistema di collegamento tra la Sicilia, la Calabria e il resto del Continente. Resta però lo stupore con cui si continuano a fare citazioni prive di fondamento, come i dubbi sull’acciaio del Ponte, mai sentiti».

Insomma da qui alla chiusura della campagna elettorale del 9 giugno il ponte sarà un protagonista assoluto.

Intanto Pietro Ciucci manifesta sicurezza malgrado il fuoco di fila a cui è sottoposto: «Non cambia assolutamente nulla nell’evoluzione del procedimento. Il termine era stato fissato dal decreto del marzo 2023, poi convertito in legge, e ha fornito un orizzonte temporale importante, entro il quale andava riavviata l’intera complessa macchina della progettazione del collegamento stabile».

Non drammatizza sui piccoli ritardi: «Il progetto esecutivo sarà pronto entro la fine dell’anno, poi tutto dipenderà da quando si pronuncerà il Cipess sull’aggiornamento del progetto definitivo. Nessuna battuta d’arresto, nessuno stop imprevisto, si sta lavorando al massimo delle nostre competenze e professionalità», ribadisce l’amministratore delegato Pietro Ciucci.

Ma la telenovela continua tra attacchi concentrici  su notizie spesso false e reazioni molto contenute della società dello stretto che sembra dire “Addá passá a nuttata”.

La personalizzazione che ne ha fatto Matteo Salvini certamente bene al ponte non fa, anche se non bisogna dimenticare che se si è a questo punto, pronti per partire,  il merito maggiore è proprio del leader leghista.

Intanto prima ancora di essere costruito il ponte ha messo sotto i riflettori del Paese l’esigenza che il Sud venga infrastrutturato adeguatamente. Che per andare da Trapani a Ragusa non si impieghino più 12 ore, che è la litania dei benaltristi per dire che bisogna intervenire su strade e ferrovie siciliane. Anche se la domanda che sorge spontanea è dove erano tutti questi fautori della Trapani Ragusa quando di ponte non si parlava e perché non hanno manifestato allora a favore invece di scendere ora in piazza contro il collegamento stabile. Ma la risposta è semplice  se fossero scesi in piazza prima non sarebbero benaltristi. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud  – L’Altravoce dell’Italia]

SMART E SOUTH WORKING, LA POSSIBILITÀ
PER IL SUD CONTRO LA DESERTIFICAZIONE

di PIETRO MASSIMO BUSETTA –  Qualcuno pensava che sarebbe stato la soluzione dei problemi di occupazione del Mezzogiorno e a quelli di intasamento del Nord del Paese. 

In realtà sono stato sempre convinto che finita l’emergenza si sarebbe ritornati alla gestione ordinaria e che tale metodo di lavoro sarebbe stato adottato soltanto dalle aziende più innovative. Anche la normativa si è adattata a tale visione e dal primo di aprile lo smart working è tornato alla gestione ordinaria.       

Eppure ormai è un piccolo esercito il numero dei lavoratori in smart working. Passati dai 570 mila del 2019 ai tre milioni e mezzo del 2023, si avvia a raggiungere i tre milioni seicentocinquantamila  entro la fine del 2024, numero che rappresenta oltre il 10% degli occupati complessivi. 

Ma la domanda che rimane in sospeso è quanto lo smart working, al di là dei numeri, possa cambiare invece veramente l’organizzazione del lavoro e influire sullo sviluppo del Sud. 

Anche se bisogna precisare che la base seria di uno sviluppo di tale area rimangono i tre pilastri di cui si è sempre parlato. E cioè il manifatturiero, il pilastro più grande di ogni progetto, sopratutto con l’attrazione di investimenti dall’esterno dell’area, che dovrebbe essere favorita dalla Zes, adesso unica; dalla logistica che con i massicci investimenti nell’infrastrutturazione dovrebbe portare i due porti di Gioia Tauro e di Augusta a diventare i primi porti del Paese, magari permettendo che possa avvenire anche lo sdoganamento dei containers e la lavorazione dei semilavorati nei retroporti.

Ed infine un’attività turistica, trasformata nell’industria del turismo, che raggiunga numeri doppi, in termini di presenze, rispetto a quelli che si ottengono adesso, continuando ed implementando quel processo che sta attraversando la branca sopratutto nei grandi centri del Sud. 

Ma lo Smart working può essere uno strumento interessante. Perché, soprattutto molti giovani, sarebbero propensi a optare per un’organizzazione flessibile, per obiettivi. 

La possibilità di gestire al meglio gli orari, di vivere in un posto salubre che magari si ama, in villaggi interni senza dover per forza spendere la metà dello stipendio in affitto in una città, opportunamente vicini ai propri genitori, rimane un desiderio fondamentale di molti. 

Ma conclusa la fase di emergenza, determinata dal Covid, che ha permesso di lavorare da remoto anche tutti i giorni, senza alcun bisogno di ottenere il consenso del datore di lavoro, ora si torna alla “normalità”, e quindi, dal punto di vista delle procedure, all’accordo individuale con il datore di lavoro.

Ma nel frattempo la realtà del mondo del lavoro è cambiata profondamente, la possibilità di fare tutto in remoto, l’apprendimento veloce a cui ci ha obbligati la pandemia, l’implementazione degli strumenti hardware e software, ci ha fatto capire che lo spostamento, peraltro estremamente costoso ed inquinante, non è sempre necessario. 

Tanto che l’abitudine a fare riunioni in web, anche se si è nello stesso edificio, o di lasciare che i collaboratori rimangano nelle proprie case, anche se abitano nella stessa città, si è diffusa notevolmente. Con risparmi per le aziende di spazi e ed energia per illuminare e riscaldare.

Vi sono alcuni esempi virtuosi, che non possono evidentemente rappresentare modelli replicabili, ma che ci fanno capire che si è aperta una frontiera nuova, che porterà nel tempo a una diversa organizzazione del lavoro e alla globalizzazione di esso. 

Con tutti i vantaggi ma anche i pericoli che una nuova organizzazione pone. Tra i vantaggi, come detto, quello di evitare di doversi concentrare tutti nelle megalopoli, con tutti i problemi conseguenti, in termini di mancanza di controllo sociale che porta anche a maggiore forme di criminalità. 

Tra gli svantaggi una diversa distribuzione della ricchezza che porta però interessi consolidati a pressare per il ritorno in ufficio, magari per favorire chi aveva investito in immobili, o in attività commerciali o di ristorazione nei centri storici delle grandi città. Ma anche una competizione al ribasso nel costo del lavoro.

Nel 2019 è tornato in Italia da New York e si è stabilito a Milano, per lavorare in una multinazionale delle telecomunicazioni, Roberto Ceravolo, giovane ingegnere calabrese, ha deciso poi di tornare a casa, a Pizzo Calabro,  in provincia di Vibo Valentia, continuando a lavorare da là. 

Dove ha trovato una dimensione umana diversa con la vicinanza al  mare, la possibilità di ritrovare le radici e la famiglia. La sua azienda è passata da uno schema 80%/20% del lavoro agile e in presenza a uno 60% – 40%, ma con molta flessibilità. 

È così accade che chi vuole distribuisce i giorni di smart working durante la settimana. Altri vanno nella sede dell’azienda una volta al mese, che si trovi a Milano, Londra o New York.  Spesso capita che i giornalisti di una testata di Los Angeles vivano in India con notevoli risparmi in termini di retribuzione delle testate. Un mondo a parte e quando le aziende sono flessibili e adottano il lavoro agile  i risultati arrivano. 

Senza contare che i Millennials e soprattutto la Gen Z sono disposti anche a guadagnare meno pur di lavorare da remoto. La dicitura “Generazione Z” rappresenta l’ultimo elemento di una sequenza alfabetica che identifica le generazioni precedenti con le lettere X e Y ed è nata  o cresciuta  subito dopo l’11 settembre.  

Il loro rapporto particolare con il mondo digitale e la loro familiarità con le nuove tecnologie sono alcuni degli aspetti che li definiscono. 

Pur avendo chiaro che  il lavoro agile non possa essere sostitutivo di uno sviluppo dei territori del Sud, è evidente che bisogna attrezzarsi adeguatamente per far sì che questa possibilità possa essere vissuta nelle città e nelle realtà periferiche meridionali. 

L’inserimento di piccole comunità di generazione Z può essere un lievito importante per far crescere il capitale umano esistente in tali aree, per compensare quello che si perde con le partenze continue che hanno desertificato il Mezzogiorno. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]