«La Società debba assumere una posizione di profonda chiarezza nei confronti della Città e dell’intera comunità sportiva reggina, che ha diritto a conoscere le reali evoluzioni della vicenda». È quanto è stato ribadito in una nota congiunta del Comune e della Città Metropolitana di Reggio Calabria, in merito alla vicenda della Reggina.
«Sarebbe opportuno – continua la nota – che la compagine societaria chiarisse in merito ai proclami avanzati negli ultimi dodici mesi, nel corso dei quali si è sempre fatto riferimento ad un progetto di durata triennale, con i vertici societari che dovrebbero dimostrare pieno rispetto delle prerogative dei tifosi, ai quali ad oggi non sono state fornite notizie chiare e trasparenti come auspicavamo».
«I dubbi e gli interrogativi che abbiamo sollevato nelle ultime settimane, anche pubblicamente, si sono purtroppo rivelati fondati – si legge ancora –. Il dispositivo Covisoc evidenzia temi che oggi la società ha tutte le possibilità di superare, fermo restando il merito della compagine sportiva che la serie B, e perfino i playoff per la Serie A, nonostante tutte le difficoltà riscontrate, li ha ottenuti sul campo».
«Entrando nel merito c’è da dire che la Covisoc afferma – si legge ancora nella nota congiunta – che l’omologa concessa dal Tribunale non sia definitiva in quanto ancora impugnabile. È evidente che potrà essere impugnata ad esempio da altre squadre interessate, dall’erario e da altri enti come Inps e Inail con appelli o ricorsi in Cassazione che potrebbero durare per lungo tempo, anche anni, ma bisogna tenere presente che le sentenze, anche quelle di primo grado, sono esecutive».
«Il mondo del calcio – viene evidenziato – può anche presumere di avere sue regole e sue scadenze ma non può modificare il principio di esecutività di un provvedimento in primo grado. Se un provvedimento non viene considerato esecutivo in quanto potenzialmente impugnabile si rischia di andare avanti per anni, consentendo ad altri soggetti interessati di proporre anche impugnazioni strumentali per non consentire l’applicazione di una sentenza. In sostanza se per il mondo del calcio un’omologa per essere utilizzabile deve essere definitiva, di fatto l’omologa non può mai essere utilizzata nel mondo del calcio».
«Relativamente al 5% non pagato nei tempi della giustizia sportiva ed oggi contestato – continua la nota – è utile ricordare che esiste una fideiussione di Buoni del Tesoro già depositata in Tribunale da 5 milioni di euro. Il compito della Covisoc dovrebbe essere quello di assicurarsi che le squadre siano sostenibili economicamente. In questo senso, considerando la fideiussione, è come se i debiti in sostanza fossero già stati pagati».
«Ulteriore elemento da considerare – si legge – è che probabilmente non tutte le squadre tra serie A e serie B hanno saldato i propri debiti al 31 dicembre 2022. Da quello che si legge sulla stampa nazionale tutte le società professionistiche italiane hanno aderito a strumenti di legge (il cosiddetto “salva calcio”) o transazioni, come nel Codice della crisi, per dilazionare il proprio dovuto nelle scadenze fissate da accordi con gli Enti impositori o con l’Agenzia delle Entrate. Non si capisce perché invece per la Reggina il pagamento debba obbligatoriamente avvenire immediatamente e non nella scadenza prevista dalla transazione, omologazione, il 12 luglio. Ancora una volta il rischio sarebbe quello di applicare due pesi e due misure diversi, per ragioni che oggettivamente ci sfuggono».
«La ratio del cosiddetto Salva aziende, – continua la nota – confermato recentemente dal Governo, è la tutela sociale, economica ed occupazionale di una società. Pensiamo quanti posti di lavoro si perderebbero se la Reggina dovesse fallire, oltre alle chiare difficoltà di carattere sociale che l’ipotesi di fallimento genererebbe per la città, con evidenti danni di immagine per l’intero territorio. Come può la Federazione consentire il fallimento di una Società mentre è pienamente pendente il termine ad adempiere dato dallo Stato? In questo modo il rischio è che venga mortificata la legge e un gran numero di principi costituzionalmente garantiti in ragione di una “autonoma” parità di trattamento che vale solo per le sentenze di omologazione ma non vale per i vari “salva calcio”».
«Il mondo del calcio – conclude la nota – non può rivendicare la propria autonomia a convenienza sulle leggi dello Stato. Oppure rivendicare autonomia solo quando spinta da ricche squadre del nord che bruciavano i faldoni con le fideiussioni false, ma forse sono più utili da tenere in vita per motivi che nulla hanno a che fare con il vero merito sportivo e che sono retrocesse sul campo». (rrc)