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Contro il Ponte anche una fiction-web coi luoghi comuni di mafia e potere

The Bad Guy

di ROBERTO DI MARIA – A intervenire contro il Ponte sullo Stretto, che con il nuovo governo è tornato ad essere di attualità, ultimamente sono in tanti: oltre, ovviamente, ai rappresentanti dell’opposizione ed ai giornalisti affini, abbiamo ascoltato le dotte dissertazioni di attori, cantanti, comici, sindacalisti e finti esperti di ogni tipo. Ci mancavano soltanto gli sceneggiatori televisivi, ma si sono appena aggiunti anche quelli.

In una delle prime puntate della fiction The Bad Guy, visibile su un canale streaming, viene infatti rappresentato, in un tempo futuro non meglio precisato un inguardabile Ponte sullo Stretto, con tanto di pilone piazzato nel bel mezzo di una spiaggia ed impalcato che passa direttamente sulle ridenti casette di un borgo marinaro. Una collocazione completamene diversa da quella prevista nel progetto, che con tutta evidenza gli sceneggiatori sconoscono del tutto.

Sul Ponte, infatti, passa soltanto un’autostrada a tre corsie (non quella di emergenza, ma si sa, chi scrive è di palato fine…) e manca completamente la prevista ferrovia. Una rappresentazione del Ponte che più impattante non si può, sia per l’assenza del mezzo di trasporto meno inquinante (il treno) sia per la devastante collocazione di cui sopra. Il tutto reso ancora più tetro da un’ambientazione opprimente, caratterizzata da un’insolita nebbia; unica eccezione, a quanto pare, ai classici luoghi comuni che riguardano la Sicilia.

Ma questo è niente, perchè la rappresentazione renderizzata serve a fare da scenario ad un evento che gli arguti sceneggiatori hanno ritenuto indispensabile nell’economia della storia: il crollo del Ponte. Niente di più drammaticamente spettacolare, alla luce dei crolli a cui, purtroppo, la realtà ci ha abituati di recente. Le immagini dello spezzone di ponte crollato, infatti, richiamano in maniera sinistra quelle, reali, di Genova.

Ma in questo caso la carenza di manutenzione non c’entra. Siamo tra Sicilia e Calabria, se qualcuno se ne fosse dimenticato. E i TG (condotti da speaker reali che si sono prestati a questo “prodotto artistico”) annunciano immediatamente che il Ponte è crollato perché “appaltato ad imprese vicine a Cosa Nostra“.

Naturalmente gli sceneggiatori si sono rifatti alla facile equazione che da sempre ispira film e serie televisive, dalla Piovra in poi: Sicilia=Mafia. Dove i mafiosi parlano in dialetto stretto e gli onesti che li combattono in perfetto italiano. E dove le Opere Pubbliche sono tutte in mano alla criminalità organizzata: una cosa che, ovviamente, succede solo nella irredimibile Italia meridionale.

Non si tratta, semplicemente, di una pagina di pessima televisione. Si tratta, con tutta evidenza, della rappresentazione filmica di un coacervo di luoghi comuni, che accomuna non soltanto una comunità, ma persino le cose ad essa associate. D’altronde, non è nata certo con questa fiction la storia del ponte “regalo alla mafia” che unisce “non due coste, ma due cosche”.

Di certo, chi si era illuso che un certo modo di vedere la Sicilia, ed il sud in generale, fossero andati fuori moda, si deve ricredere. Gli sceneggiatori di The Bad Guy, infatti, proiettano i loro pregiudizi anche sulla Sicilia futura. E ad un Ponte sullo Stretto che, fatalmente, risulta realizzato dalla mafia, che lo costruisce come avrebbero fatto i più abusivi dei palazzinari. Gli stessi che hanno causato, nell’immaginario collettivo di stampa e TV, i disastri di Giampilieri e, recentissimamente, di Ischia.

Il messaggio che arriva irrimediabilmente allo spettatore, nemmeno tanto velato, è: attenti, queste cose al sud finiscono male. Meglio, quindi, non farle, per non alimentare il malaffare e gli speculatori che, da quelle parti, pullulano.

Colpisce la virulenza con cui ci si scaglia, in certi ambiti culturali, contro lo sviluppo infrastrutturale di una parte consistente del territorio nazionale. Ed, in particolare, contro un’opera pubblica la cui importanza viene rivendicata non dai vertici di Cosa Nostra, ma dall’Unione Europea, pronta (è notizia di qualche giorno fa) persino a finanziarla.

Un attacco che si unisce al coro di commenti negativi che ricordavamo in premessa, con un curioso tempismo. Certo, all’epoca in cui fu scritta la sceneggiatura della fiction, realisticamente qualche anno fa, non poteva sapersi in anticipo delle intenzioni del nuovo governo di riprendere la realizzazione del Ponte sullo Stretto. Nè sappiamo se la programmazione abbia subito qualche variazione per non perdere l’appuntamento con l’attualità.

Di certo, abbiamo una conferma: il Ponte rimane l’opera più discussa, avversata, e, spesso, odiata che la storia d’Italia ricordi. Varrebbe la pena, in questo contesto, alimentato da speculazioni politiche, disinformazione ed ignoranza allo stato puro, che qualcuno facesse sentire autorevolmente la propria voce. A difesa non tanto del Ponte stesso, ma anche del diritto di intere regioni italiane di avere un futuro. Possibilmente diverso da quello immaginato da certe fiction televisive. (rdm)

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