di ALESSIA BONO ed EVA COLLOCA – Noi ragazzi del triennio del corso A del Liceo Scientifico Giuseppe Berto di Vibo Valentia, abbiamo usufruito della grandissima occasione di partecipare al viaggio di istruzione nella storica e affascinante Napoli.
Il viaggio è stato fortemente voluto e proposto dalla professoressa Eleonora Cannatelli, nostra docente di storia e filosofia, alla nostra dirigente scolastica Caterina Calabrese, che si è unita a noi insieme al nostro docente di inglese Reno Simonetti. In occasione del Centocinquantesimo anniversario della prima rappresentazione al cairo dell’opera lirica Aida di Giuseppe Verdi, grazie al progetto T.E.R.R.A., in collaborazione con il Sistema Bibliotecario Vibonese, abbiamo vissuto un’incredibile emozione al teatro San Carlo di Napoli.
Vivere, come noi, in una città, Vibo Valentia, senza teatro significa non vivere, poiché il teatro è una forma d’arte insostituibile.
La Calabria è una regione che da anni combatte il fenomeno della dispersione scolastica, che si attesta sopra il 20% nelle ultime rilevazioni. Un dato che in piena pandemia non poteva che peggiorare considerando le disuguaglianze digitali e le contraddizioni della didattica a distanza.
Gli ultimi anni hanno piegato il Mondo e la nostra Italia in ginocchio, mettendo a dura prova l’equilibrio governatore di tutte le cose. In periodi di tale sofferenza, l’arte giunge a salvarci ancora una volta.
In questo viaggio, più che mai, abbiamo percepito, nel senso più puro del termine, tutta la potenza consolatrice dell’arte che il filosofo Arthur Schopenhauer giunge ad identificare come una delle 3 vie (arte, etica della pietà e ascesi) per sfuggire al dolore. L’Arte come catarsi, liberazione: nel travaglio di Aida ci siamo riconosciuti, attraverso il suo pianto ci siamo liberati.
È stato bellissimo osservare gli occhi dei nostri compagni meravigliati dalla maestosità del teatro San Carlo, il più bello d’Europa. L’esperienza è stata preceduta da una qualificata preparazione per poter fruire al meglio di una delle opere più belle del genio verdiano. Abbiamo compreso che cosa si intende per sindrome di Stendhal: l’estasi contemplativa al cospetto di un’opera d’arte di tale bellezza. Insieme alla nostra docente, la professoressa Eleonora Cannatelli, abbiamo svolto un prezioso lavoro di preparazione.
L’Aida di Verdi è un’opera lirica tutta incentrata sul tema dell’amore. La conoscenza del genio verdiano è prima di tutto educazione ai sentimenti, conoscenza del vero significato dell’amore in un’epoca che ha svuotato il più alto dei valori di contenuto. Abbiamo sperimentato l’orrore e la meraviglia, la fragilità e la potenza di un sentimento tanto semplice quanto devastante.
Ci siamo immedesimati nella protagonista, dilaniata da due amori: quello verso la patria, e quello verso il suo Radamès. Assistiamo a un finale che Shakespeare con Romeo e Giulietta ha precedentemente reso disponibile all’immaginario collettivo, cioè il legame disperante tra amanti che non può che condurre alla morte.
Abbiamo interiorizzato come la cultura del teatro ha effetti non solo astratti bensì concreti nella vita di ognuno di noi, un teatro che diffonde bellezza in tutte le sue forme come il San Carlo può diventare un punto di riferimento per la comunità poiché educa al culto della bellezza, della dolcezza e della tolleranza.
È necessario che chiunque lavori in questo campo sia consapevole del fatto che ricopre un ruolo di veicolo sociale, di donatore di buoni principi e valori di pace, solidarietà, come ha dimostrato l’abbraccio tra il soprano ucraino Liudmyla Monastyrska che interpretava Aida e il mezzo soprano russo Ekaterina Gubanova, che impersonava Amneris, la figlia del faraone e promessa sposa di Radames.
Lo stesso teatro da noi visitato possiede una sezione dedicata a tutte le associazioni che si occupano di chi soffre, devolvendo parte dell’incasso delle prove generali. La cultura del teatro dimostra che con l’arte non solo si può vivere, ma ci si può redimere. Sfortunatamente è fortemente penalizzato da una politica che non vede in esso uno strumento catartico, capace di risollevare dai turbamenti della vita, soprattutto per i giovani, in quanto è proprio nei momenti di sofferenza, come suggerisce Schopenhauer, l’arte è la migliore via di liberazione dell’individuo poiché si propone come uno spazio in cui potervi sentirci autentici.
In questo viaggio intenso, grazie al supporto di preparati archeologi per noi guide insostituibili, abbiamo assaporato l’intensa storia che ha caratterizzato la città di Napoli dall’occupazione greca, per poi passare a quella romana, agli angioini, agli aragonesi, ai Borboni, fino a giungere ai giorni nostri.
Una città piena di vita, colori, gusti e tradizioni. “Napoli è mille colori, Napoli è mille paure” cantava Pino Daniele, nella canzone che più di tutte riesce a dipingere con fedeltà la bellezza di una città del sud Italia tutta da difendere. Meravigliosi i siti da noi visitati: la Certosa di San Martino, la basilica di San Lorenzo Maggiore, il duomo di San Gennaro, Napoli sottoterra, Spaccanapoli, via San Gregorio Armeno, Ercolano.
Napoli è un’esplosione di suggestioni ed emozioni. Napoli è un teatro di vita a cielo aperto, animato da una moltitudine di interpreti che diffondono musicalità, con l’accento, la cadenza e il dialetto, il tutto accompagnato da sorrisi sinceri e sguardi calorosi.
I posti che la nostra classe ha avuto l’opportunità di scoprire e visitare, hanno rappresentato una possibilità sempre nuova di scoprire dei lati spesso nascosti di una città variopinta. Abbiamo imparato quanto Napoli sia una città avvolta spesso dal mistero e dall’esoterismo, piena di simboli nascosti. Superstizione e fede si fondono insieme penetrando nell’anima dei napoletani. Vita e morte sono stati due concetti attorno ai quali ogni tappa del nostro viaggio gravita, due opposti, come Eraclito ci insegna, fortemente interconnessi.
«Esiste un’armonia nelle cose come nell’attrito, come nel caso dell’archetto e della lira. L’archetto si chiama vita, ma lavora per la morte».
Morte che impregna Napoli, morte che diventa verità con cui convivere. Morte e vita che diventano una cosa sola, come due ali – è questa l’armonia nascosta.
Questo viaggio, seppur breve ma intenso, ci ha fatto riflettere su quanto noi studenti del liceo Berto di Vibo Valentia siamo stati fortunati ad avere avuto la possibilità di godere della bellezza di questa meravigliosa città che è Napoli. Spinti dal progetto T.E.R.R.A. abbiamo compreso quanto sia importante superare la povertà educativa e la voragine della dispersione scolastica, oggi diffusissima.
La povertà educativa è una povertà che pochi vedono e pochi denunciano ma che agisce sulla capacità di ciascun ragazzo di coltivare il proprio talento, le proprie inclinazioni, di credere in un futuro possibile.
[Alessia e Eva sono studentesse dalla 5A]