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EOLICO E FOTOVOLTAICO, ENERGIA PULITA
MA ARRECANO DANNI ALLE AREE AGRICOLE

EOLICO E FOTOVOLTAICO, ENERGIA PULITA MA ARRECANO DANNI ALLE AREE AGRICOLE

di GIOVANNI MACCARRONEMolti cittadini non si stanno rendendo conto di quanto sta succedendo al nostro territorio. Sempre più società di energia solare ed eolica si stanno espandendo sui terreni agricoli della Calabria. Come già segnalato in un precedente articolo, nel novembre 2023 risultavano già attivi nella nostra regione 440 impianti eolici – il 70% si trova nelle province di Crotone e Catanzaro e sono pure in aumento le richieste di concessioni (attualmente 157 sono in corso di valutazione). Invece, come rilevato dal Rapporto sul consumo di suolo 2023 dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), nel 2021/2022 a livello nazionale risultano consumati dall’installazione di nuovi impianti fotovoltaici a terra circa 243 ettari di suolo. Per la Calabria non risultano dati certi, ma non c’è dubbio che anche nella nostra regione una parte cospicua di terreno agricolo venga consumato da fotovoltaico installato a terra. 

Con la conseguenza che negli ultimi anni si sta assistendo allo sgombero di terreni agricoli per far sempre più posto a impianti di produzione di energia elettrica da “fonti rinnovabili di energia o assimilate”.

Risulta ormai evidente (sia a livello europeo che a livello italiano) che il ricorso a tali fonti energetiche costituisca uno degli strumenti più efficaci per l’affrancamento dalle fonti energetiche fossili ‒ auspicabile anche in chiave di sicurezza degli approvvigionamenti ‒ e per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra (sul punto si vedano i primi 5 considerando della Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili).

Così come appare del tutto evidente che soprattutto a livello europeo, oltre ad una riduzione delle emissioni di gas serra, si voglia tendere verso un miglioramento dell’efficienza energetica con una quota di soddisfacimento del consumo energetico da fonti rinnovabili pari almeno al 27 % (cfr. la Comunicazione della Commissione Com (2014) 0015 – Quadro per il clima e l’energia 2030), 

Tuttavia, a fronte di queste valide considerazioni, c’è chi, come me, evidentemente insoddisfatto, tenta di sottolineare gli effetti negativi di un possibile ulteriore aumento dell’installazione sui terreni agricoli di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra

È ormai acclarato, infatti, che il fotovoltaico a terra produca impermeabilizzazione del suolo e impoverimento del terreno e della biodiversità

Da qui l’idea, fatta propria dal legislatore, di impedire che quanto sopra possa concretamente realizzarsi. A questo proposito giova ricordare che con il decreto legge 15.05.2024 n. 63 (DL Agricoltura), convertito, con modificazioni, dalla Legge del 12 luglio 2024 n. 101, (contenente disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale) è stato previsto all’art. 5, comma 1, che “All’articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, dopo il comma 1 è aggiunto  il  seguente:  «1-bis.  L’installazione degli impianti fotovoltaici con  moduli  collocati  a  terra  di  cui all’articolo 6-bis, lettera b), del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, in zone classificate agricole dai piani  urbanistici  vigenti, è consentita esclusivamente nelle  aree  di  cui  alle  lettere  a), limitatamente   agli   interventi    per    modifica,    rifacimento, potenziamento  o  integrale   ricostruzione   degli   impianti  già installati, a condizione  che  non  comportino  incremento  dell’area occupata, c), c-bis), c-bis.1), e c-ter) n. 2) e n. 3) del  comma 8 “.

Ne consegue che, a decorrere dal 14 luglio 2024 (data di entrata in vigore della legge), non è più possibile installare i pannelli solari sui terreni agricoli. Anche se, è bene evidenziarlo, nella bozza del Dl l’art. 6 modificava l’articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 aggiungendo le seguenti parole: “Le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici sono aree non idonee all’installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra di cui all’articolo 6-bis, lettera b) del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28. I procedimenti di autorizzazione in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto sono conclusi ai sensi della normativa previgente”.

Invece, successivamente, è stata introdotta la possibilità di derogare al divieto di installazione di pannelli solari su terreni agricoli, Secondo quanto prevede l’art. 5, comma 1, secondo periodo, della legge 101/2024 “il divieto in questione non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunità energetica rinnovabile ai sensi dell’articolo 31 del decreto nonché in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), approvato con decisione del Consiglio Ecofin del 13 luglio 2021, come modificato con decisione del Consiglio Eco Fin dell’8 dicembre 2023, e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al Pnrr (Pnc) di cui all’articolo 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, converti to, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del Pnrr”.

Quindi, se in un primo momento il decreto legge in questione vietava in maniera assoluta l’installazione di impianti fotovoltaici su terreni agricoli, in sede di conversione si è deciso di essere meno severi concedendo la possibilità di superare il citato divieto in limitate ipotesi.

Non è questa la sede per dar conto dell’ampio dibattito scaturito, soprattutto in seno alle associazioni ambientaliste nazionali, sul senso da dare a quest’ultima soluzione, anche perché, per quel che ci riguarda, dal 14 luglio 2024 in molti casi è impedito l’utilizzo del terreno agricolo per realizzare impianti fotovoltaici. E’ questo rimane un grande successo. Sta di fatto, però, che se da una parte il legislatore è intervenuto in qualche modo su tale tipo di impianto, dall’altra parte, invece, è impressionante la mappa delle concessioni di impianti industriali per la produzione di energia mediante lo sfruttamento del vento (centrali eoliche) rilasciate sul nostro territorio.

Lo abbiamo già visto sopra. Da moltissimi anni sono stati attuati in Calabria (in particolare nelle province di Crotone e Catanzaro) progetti di invasione di pale eoliche, a terra e tra qualche tempo anche in mare. 

Nessuno ne parla. Al contrario, c’è un assordante silenzio su quanto sta accadendo da noi. Ampie zone stanno ormai perdendo le loro caratteristiche naturalistiche, agricole, storico-culturali, la stessa identità, ad opera dell’accaparramento dei terreni per l’installazione di centrali eoliche da parte di società energetiche.

Sappiamo tutti che da diverso tempo vengono stipulati atti aventi ad oggetto locazioni ultra novennali di terreni agricoli e diritti di superficie su parti di terreni anch’essi agricoli allo scopo di avere la disponibilità dei terreni sui quali realizzare impianti eolici. E sappiamo pure che la costruzione di un parco eolico può avvenire non solo su un terreno detenuto a titolo di proprietà ma anche su un terreno detenuto per effetto di un contratto di locazione, oppure su un terreno sul quale sia stato costituito un diritto reale di godimento (come il diritto di superficie). 

Per quanto di interesse in questa sede risulta, però, che l’installazione di un impianto eolico costituisce a tutti gli effetti un buon investimento per tutti coloro che possiedono un terreno ma non desiderano o non vogliono coltivarlo; i rendimenti per ettaro ottenibili, infatti, sono molto elevati.

Siffatta ragione sta spingendo i possessori (a qualsiasi titolo) di terreni soprattutto agricoli ad investire nell’eolico, o meglio a cedere i propri terreni in cambio di un guadagno facile, dimenticando tuttavia che il paesaggio, i beni ambientali e culturali e la biodiversità non hanno prezzo e rappresentano un patrimonio inestimabile la cui preservazione deve essere una priorità imprescindibile.

Ricordiamo a tutte queste persone che i parchi eolici presentano problemi enormi in vari ambiti. In particolare, i parchi in questione richiedono l’installazione di infrastrutture su ampie aree di terreno sottratto all’agricoltura, agli allevamenti di bestiame e a praterie a pascolo. Decine e decine di migliaia di ettari di terreni agricoli, pascoli, boschi spazzati via, paesaggi storici degradati, aziende agricole sfrattate, questo sta diventando il panorama in larghe parti del territorio calabrese (così come nei territori della Puglia, della Tuscia, della Sicilia e della Sardegna)

Si ricordi a tal proposito che, oltre al posizionamento degli aerogeneratori, la realizzazione di parchi eolici può comportare anche opere civili quali strade d’accesso, fondazioni, piazzole per il montaggio, scavo e ricopertura linee, opere accessorie sottostazione elettrica, regimentazione idraulica, sistemazione morfologica, opere queste che potrebbero risultare incompatibili, o quanto meno gravare sulla destinazione d’uso del territorio circostante.

Non c’è dubbio, tra l’altro, che spesso i progetti per la realizzazione di questi impianti possono richiedere l’abbattimento di alberi e la raschiatura di erbe e, in molti casi, le turbine di tali impianti (alti come un palazzo di 18 piani) possono uccidere uccelli e pipistrelli (come è stato bene evidenziato “l’impatto con gli uccelli può avvenire o direttamente, per scontro con le turbine e o indirettamente per perdita dell’habitat in conseguenza della fase di cantiere, con disturbi della nidificazione e cambi di rotte migratorie”).

Altrettanto importante è l’aspetto legato all’inquinamento acustico (riferito ovviamente al rumore generato dalle pale eoliche). A questo proposito giova ricordare che il d.lgs. 42/2017, colmando quella che con tutta evidenza appariva ormai come una vera e propria lacuna, ha inserito (art.18) gli impianti eolici tra le «sorgenti sonore fisse» di cui all’art.2, comma 1, lett.c, della legge 447/1995, affidando a successivi decreti ministeriali – peraltro ad oggi non ancora emanati, malgrado il termine per l’adozione scadesse il 16 ottobre 2017 – la disciplina dell’inquinamento acustico (art.14) come pure la fissazione di criteri per la misurazione del rumore emesso dagli impianti e per il contenimento del relativo inquinamento (art.19).

È innegabile, quindi, che il rumore generato dalle pale che girano sia di forte impatto sulle popolazioni locali ed è per questo che viene esclusa la possibilità di collocare un aerogeneratore a una distanza inferiore a 400 m da ogni abitazione (qualcuno dice che anche l’effetto Flickering, ovvero l’ombra intermittente generata dalla rotazione della pala sul suolo considerando la variazione della posizione e angolazione del sole, può dare fastidio ai residenti).

Ma anche a prescindere da quanto finora detto, quello che comunque si dovrebbe tenere presente è che gli impianti per la produzione di energia mediante lo sfruttamento del vento sono pur sempre “impianti industriali”. Pertanto, le turbine eoliche, specialmente quelle di grandi dimensioni, possono avere un impatto visivo notevole sul paesaggio. Torri alte fino a 180 metri e pale lunghe fino a 100 metri possono essere visibili a grande distanza, alterando la percezione visiva di aree naturali o rurali, in particolare in zone considerate incontaminate o di particolare valore naturalistico e paesaggistico.

Insomma, siamo messi proprio bene: tra consumo di suolo, rumore, impatto paesaggistico e sulla biodiversità il nostro territorio è ridotto proprio male.

Eppure le grandi associazioni ambientaliste nazionali parlano dell’eolico come passaggio cruciale per il futuro del nostro territorio e anche per le politiche energetiche nazionali (in tal senso anche Tar Calabria n. 32/2011).

Anch’io dico sì alle fonti rinnovabili ma allo stesso tempo dico no alla speculazione energetica. Va bene la riduzione dei consumi, il fotovoltaico sui tetti degli edifici pubblici e delle zone industriali e la costituzione di comunità energetiche, ma detto questo non possiamo proprio accettare che detti impianti possano essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, In merito, corre l’obbligo di tenere conto delle norme in tema di sostegno nel settore agricolo (valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, tutela della biodiversità, del patrimonio culturale e del paesaggio rurale).

È vero, dal punto di vista economico, che gli impianti eolici rendono di più della produzione agricola. Lo sappiamo benissimo. Ma in nome di quanto detto sopra non affittate il vostro terreno, con rendimenti che in un dato momento superano sicuramente quelli dell’attività agricola, dato che successivamente il terreno verrà restituito in condizioni non sane e con gli effetti devastanti che abbiamo descritto e a cui ciascun proprietario avrà purtroppo e suo malgrado sicuramente contribuito.

Tra l’altro bisogna ricordare che è possibile produrre energia elettrica senza dover necessariamente deturpare l’ambiente e il paesaggio. Si pensi all’energia elettrica prodotta dalle centrali idroelettriche. In Calabria ne abbiamo tante: la più famosa è quella di Timpagrande (situata nel comune di Cotronei) realizzata nel 1927 dalla S.M.E. (Società Meridionale di Elettricità), ma esistono anche quelle di Albi (CZ), Magisano (CZ), Orichella (San Giovanni in Fiore – CS), Calusia Nuova (Caccuri – KR). Si pensi anche all‘energia che sfrutta il calore naturale proveniente dall’interno della Terra (energia geotermica) e all’energia prodotto attraverso la decomposizione di materia organica, come rifiuti alimentari o letame animale, che rilasciano metano (Gas Naturale Rinnovabile – GNR)

Insomma, per la produzione di energia elettrica dobbiamo necessariamente pensare a queste ulteriori fonti rinnovabili e, soprattutto, alle potenzialità dei nostri territori rispetto ad alcune di esse. Così facendo si eviterà certamente di ricoprire il nostro territorio di mega costruzioni installate per lo più su terreni agricoli. 

Si noti, poi, che, paradossalmente, la Calabria non necessita in alcun modo di tutto questo fabbisogno energetico neppure adeguatamente verificato. Da noi, a bene vedere, la popolazione è poco più di 1.834.518 abitanti. Pertanto, se davvero si dovesse continuare a realizzare tutto quel quantitativo di installazioni indicato all’inizio, l’eventuale energia prodotta da queste mega costruzioni verrà utilizzata solo in pochissima parte del territorio calabrese. L’energia verrà portata in Italia, per soddisfare i bisogni del resto d’Italia, mentre la Calabria sarà una delle regioni che pagherà il prezzo sull’impatto ambientale e paesaggistico.

La Calabria è una terra meravigliosa, unica in Italia, ma di recente è risultata la seconda regione dell’Unione Europea (dopo la Guyana francese) per quote di persone a rischio povertà o esclusione sociale (dati Eurostat). Anche per questo è stata invasa e violentata da sempre. In futuro, quindi, evitiamo, che la Calabria possa essere assaltata da impianti eolici on-shore (sulla terraferma) e off-shore (a mare) per la produzione di energia elettrica. 

Difendiamo la bellezza della nostra terra, proteggiamo il nostro territorio, così come sta facendo da diverso tempo il popolo sardo.

Speriamo bene. (gm)

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