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I consiglieri di Reggio Calabria chiedono al Governo di rivedere le quote di ripartizione del Recovery per il Sud

Recovery Fund

La maggioranza e l’opposizione di Reggio Calabria sono d’accordo su un fatto: che serve rivedere le quote di ripartizione ritenute insufficienti e penalizzanti per il Meridione d’Italia. Per questo, è passata a maggioranza la mozione presentata alla Commissione Bilancio dal presidente Armando Neri, che invita il Governo ad una più equa distribuzione delle risorse inserite nel programma del Recovery Fund.

«Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – è spiegato nella mozione – costituisce un’occasione imprescindibile per rilanciare lo sviluppo del Mezzogiorno, colmando il gap storico che lo relega in una condizione di arretratezza socioeconomia rispetto alle altre aree del Paese e di tutta Europa, e determinando anche un’importante opportunità per la crescita e lo sviluppo dell’intero Paese nel contesto internazionale. Attualmente, il piano impostato dal Governo, in questi giorni oggetto di confronto nelle aule della Camera e del Senato, pur con alcune significative novità positive, non risulta in linea con le indicazioni dell’Unione Europea, che ha stanziato il Recovery Fund sulla base di tre fattori: la popolazione, la media della disoccupazione degli ultimi cinque anni e il basso Pil pro capite». 

«Sulla base di questi criteri – si aggiunge – la cifra che dovrebbe spettare al Mezzogiorno si aggirerebbe fra il 66 e il 68%. Percentuali che risultano in linea con le aspettative espresse dai sindaci del Sud, riuniti in una piattaforma denominata Recovery Sud, ed enunciati anche dallo stesso Ministero per il Sud e la Coesione che, in più occasioni, ha affermato che al Mezzogiorno spetta una percentuale superiore al 60% delle risorse previste dal Recovery Fund. La stessa Svimez, tra i più autorevoli riferimenti per le politiche dello sviluppo nel Mezzogiorno, ribadisce l’esigenza di orientare le risorse aggiuntive del Piano all’obiettivo della coesione territoriale tra nord e sud del Paese, tra aree più avanzate e regioni caratterizzate da un regime di arretratezza socioeconomica, soprattutto per quanto riguarda le dotazioni infrastrutturali e sociali e per le politiche volte a migliorare la qualità e il livello dei beni e dei servizi pubblici essenziali».

Ed ancora: «Al Sud si concentrano infatti i ritardi più rilevanti in termini di offerta di servizi pubblici essenziali e, allo stesso tempo, le più rilevanti opportunità in termini di contributo alla transizione del Paese verso un’economia più sostenibile. Se cresce il Sud, cresce l’Italia. Ma se non si destinano al Sud risorse adeguate a superare questi ritardi e ad attivare tali potenzialità, il Piano non raggiungerà il suo obiettivo di ricostruire un processo di crescita più equo e più stabile».

«A tal riguardo – specifica il documento – Svimez ha anche elaborato una simulazione dei possibili effetti sulla crescita del Pil derivante dall’impiego delle risorse mobilitate dagli interventi previsti dal Pnrr. Dalle stime risulta che una distribuzione territoriale delle risorse più favorevole al Mezzogiorno, ed in linea con l’obiettivo europeo della coesione territoriale, avrebbe l’effetto di incrementare significativamente la crescita del Pil meridionale, dall’8,1% all’11,6%, per impatto incrementale cumulato tra il 2021 e il 2026, determinando anche una maggiore crescita complessiva dell’economia nazionale di circa un punto percentuale. In queste settimane tanti Comuni del Sud Italia, hanno espresso anche formalmente una proposta nei confronti del Governo affinché i fondi previsti dal Recovery siano indirizzati nella direzione auspicata dall’Unione Europea e da Svimez». 

«I sindaci e gli amministratori del Sud, costretti a governare Comuni con scarsissime risorse, insufficienti a erogare servizi sociali per una domanda di protezione sempre crescente o a curare la manutenzione di chilometri e chilometri di strade – prosegue – non riescono a comprendere perché il Governo abbia scelto invece di limitare al 40% la quota destinata al Sud.  Tale ripartizione ci appare un grave torto alle comunità dei cittadini del Mezzogiorno, comunità che annoverano al loro interno aziende industriali, agricole, zootecniche e artigiane di grande qualità, nonché giovani, professionisti, operatori del turismo e della cultura che rappresentano straordinarie eccellenze sul piano produttivo e potrebbero essere ancora più performanti se avessero le stesse opportunità, in termini infrastrutturali, di altre regioni d’Italia e d’Europa».

Per tale ragione – conclude la mozione – invitiamo il Governo a rivedere la ripartizione dei fondi, allineandola ai parametri auspicati dall’Unione Europea e contestualmente chiediamo a tutti i deputati e ai senatori eletti nelle regioni del Sud di sottoscrivere la nostra proposta, rappresentandola in sede parlamentare durante la discussione del provvedimento».

Nel corso della discussione, il consigliere Antonino Minicuci ha fatto presente che, secondo un recente studio, «per ogni euro speso al Sud ben 0,40 centesimi finiscono al Nord» e che il Governo, piuttosto, «deve abbandonare il criterio della spesa storica definendo, in maniera netta, i Livelli essenziali delle prestazioni».

Al temine della riunione, il presidente Armando Neri ha ringraziato i consiglieri di maggioranza e minoranza per «la maturità dimostrata nell’incardinare una battaglia che non conosce colore politico, ma che rivendica il diritto del Sud e della Città di Reggio in particolare a poter avere pari diritti e dignità del resto del Paese».

L’unica ad astenersi è stata la consigliera Filomena Iatì, che, per la Primavera Democratica, «è davvero incomprensibile».

 Il consigliere Filippo Burrone di Primavera Democratica ha stigmatizzato, in una nota stampa, la presa di posizione dell’esponente di minoranza. «Sul Recovery si gioca il futuro del nostro territorio», ha detto, aggiungendo: «Oggi la sfida vede coinvolte le future generazioni. Non possiamo permetterci, come avvenuto in passato con lo scippo dei fondi Fas, di perdere questo treno. Tutti lo hanno compreso fuorché la Iatì, arroccata evidentemente su posizioni personalistiche contro uno o contro l’altro, ma non certo a favore dei cittadini reggini e meridionali che reclamano maggiore attenzione da parte del Governo. La mozione approvata dalla maggioranza dei consiglieri, compreso il leader del centrodestra e già candidato sindaco Nino Minicuci, dimostra come la partita non conosca colore politico».

«È una battaglia – hanno ribadito – che ognuno di noi deve combattere, perché al Mezzogiorno vengano finalmente riconosciuti quei diritti e quella dignità fino ad oggi troppo spesso negati. Non ce lo inventiamo noi che il 37% delle risorse riservate al Meridione non sia sufficiente ad assottigliare le differenze che esistono fra i due lembi del Paese. Anche lo Svimez, sposando la causa dell’Anci e di numerosi amministratori del Sud, sottolinea come addirittura il 60% delle risorse non basterebbero ad eliminare le disuguaglianze fra Settentrione e Meridione d’Italia. Soltanto la consigliera Iatì, con la sua astensione, dimostra di non essersene accorta».

«Fa ancor più riflettere – ha proseguito Primavera democratica – la circostanza secondo cui la Iatì, per sua stessa ammissione, avrebbe votato favorevolmente alla mozione qualora a questa non fosse seguita alcuna comunicazione da parte di partiti o esponenti politici. Nessuno, ovviamente, può limitare la libertà di opinione e di espressione di alcuno così per come stabilisce la nostra Costituzione. E, a differenza della Iatì, noi accettiamo, sì perplessi, la sua curiosa presa di posizione, ma ciò non ci impedirà di continuare a gridare forte la nostra contrarietà a scelte che escludono e limitano il Sud da una piena e concreta possibilità di sviluppo e rilancio economico, sociale, civile ed occupazionale». (rrc)

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