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GOVERNO MELONI: PRIMA DONNA PREMIER
ALLA SALUTE VA IL CALABRESE SCHILLACI

Il Presidente Mattarella e la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni

di SANTO STRATI – Nasce il Governo Meloni, il primo nella storia della Repubblica a guida femminile. Giorgia Meloni è riuscita in un’impresa che solo alcuni mesi fa sembrava impossibile, ma adesso fatto il Governo bisognerà governare e il percorso che si profila innanzi non è sicuramente privo di insidie e di problemi di difficile soluzione. Vinta a piene mani la “scommessa” la Presidente Meloni dovrà fronteggiare una situazione economica di grande complessità, con un’inflazione galoppante che si avvia a diventare a due cifre e la gravissima crisi energetica con l’insostenibile rincaro della bolletta di luce e gas (e ovviamente dei carburanti). Affrontare queste criticità e trovare una soluzione rapida (e soprattutto indolore) è una “mission impossible” che non è riuscita nemmeno a Draghi che poteva, peraltro, contare su un’autorevolezza e una reputazione a livello mondiale che gli hanno facilitato la vita, ma non sono state sufficienti a individuare le soluzioni più efficaci e pertinenti. Il Paese è davanti a una catastrofe finanziaria senza precedenti con il rischio di chiusura di migliaia di imprese e la conseguente, inarrestabile, esplosione di licenziamenti. Centinaia di migliaia di lavoratori rischiano il posto di lavoro, le imprese non ce la fanno a sostenere gli assurdi aumenti dei costi dell’energia: ma chi controlla i prezzi, visto che a fronte di bollette triplicate risaltano i megaprofitti delle imprese che distribuiscono energia? La prima cosa che dovrà fare il Governo Meloni sarà una supertassazione degli utili delle Utilities e un brusco stop a profitti ingiustificati e in alcun modo ammissibili.

La Meloni ha mostrato carattere e decisionismo, il che non guasta: ha confermato di voler privilegiare le competenze sulle opportunità politiche (con qualche inevitabile eccezione), ma nello “scontro” con Berlusconi ha mostrato di tenere il banco nel tavolo della coalizione. Scelte in gran parte apprezzabili: una su tutte, quella per il dicastero della Salute affidata al Rettore dell’Università di Tor Vergata Orazio Schillaci, medico specialista di Medicina Nucleare e scienziato di riconosciuto valore, che peraltro ha origini calabresi di cui è largamente fiero. Il padre di Reggio Calabria, la madre di Amantea e le vacanze estive passate sul Tirreno tra Campora e Amantea. Per la Sanità c’è da affrontare il rischio non ancora sopito di un ritorno della pandemia, ma soprattutto va riorganizzato l’intero settore che, soprattutto nel Mezzogiorno, presenta vistose falle. In Calabria conosciamo la profonda crisi dovuta a 12 anni di commissariamento, con ospedali chiusi e assunzioni bloccate, anche se la decisa azione del presidente Roberto Occhiuto con l’Azienda Zero guidata dal manager Giuseppe Profiti sta facendo intravedere qualche sbocco importante. I calabresi vanno a curarsi fuori della regione, pur avendo fior di specialisti nella propria terra, con un costo pubblico di 300 milioni l’anno, a cui bisogna assommare almeno il doppio di spesa per i costi affrontati dai familiari dei ricoverati per viaggi e soggiorni.

Il Ministero per il Sud si allarga e comprende un inedito (ma quanto mai necessario) ministero del Mare: la scelta dell’ex governatore siciliano Nello Musumeci potrebbe risultare più che azzeccata. Musumeci conosce perfettamente le criticità del Mezzogiorno e ha una non trascurabile visione di futuro. È un fiero e forte sostenitore del Ponte sullo Stretto  e, a prima vista, la delega alle Infrastrutture e alle Mobilità sostenibili a Matteo Salvini lascerebbe immaginare una strada in discesa per la sua realizzazione. Ma non lasciamoci ingannare dalle apparenze, pur avendo più volte espresso Salvini pareri favorevoli sull’attraversamento stabile dello Stretto: la realizzazione del Ponte equivale a dare centralità mediterranea a tutto il Mezzogiorno e assegnare un ruolo principale a Gioia Tauro e al suo Porto che sta cominciando  a dare qualche maldipancia a quelli di  Genova e Trieste. Nonostante l’obbligato ottimismo, c’è qualcuno disposto a credere che le ricche regioni della portualità del Nord permetteranno mai lo sviluppo di Gioia e dell’area mediterranea del Mezzogiorno? Non lo crediamo proprio. E sarà questa una delle sfide più impegnative che il governo guidato da Giorgia Meloni dovrà affrontare: la riapertura di una “questione meridionale” che offra la possibilità di individuare strategie e iniziative per ridurre il divario, sempre più crescente tra Nord e Sud. Le disuguaglianze – soprattutto nel campo della sanità, dell’istruzione, della formazione, del lavoro, sono così evidenti che in tanti dovrebbero provare imbarazzo, se non vergogna, per queste infami disparità. I bambini degli asili del Trentino possono contare su una cinquantina di euro a testa, per quelli delle regioni meridionali ci sono solo pochi spiccioli. Una situazione che sarà ancor di più aggravata dalla paventata autonomia differenziata che Emilia, Piemonte e Lombardi da anni stanno inseguendo (fino ad oggi senza successo) e che il ministro Calderoli farà di tutto per realizzare.

Giorgia Meloni dovrà avere in agenda il Mezzogiorno, come motore di sviluppo di tutto il Paese, e mediare, a favore delle regioni del Sud, contro il criterio della spesa storica che penalizzerà le aree e i territori più disagiati (e più poveri). Meno hai speso e meno avrai, recita in sintesi l’idea di fondo del federalismo fiscale che il Nord va cercando per il proprio tornaconto. Chi più ha speso avrà maggiori risorse a disposizione, a tutto scapito dei “poveracci” del Sud.

E dire che il PNRR ha premiato l’Italia con il maggiore finanziamento proprio per le aree disagiate del Mezzogiorno: per ridurre (se non eliminare) il divario: in realtà il Piano di Ripresa e Resilienza vedrà gran parte dei fondi finire al Nord, soprattutto per mancanza di progettualità e di tecnici specializzati nella redazione di progetti. Intanto, congratulazioni, Presidente Giorgia. Ma ci faccia sperare che penserà al Sud!  (s)

IL NUOVO GOVERNO

PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
on. GIORGIA MELONI (FdI)

Ministro degli Affari Esteri  (vicepremier)
on.  Antonio Tajani  (Forza Italia

Ministro delle Infrastrutture e Mobilità sostenibili (vicepremier)
sen. Matteo Salvini (Lega) 

Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio
Alfredo Mantovano (esterno)

Ministro dell’Economia
on. Giancarlo Giorgetti (Lega)

Ministro dell’Interno
Matteo Piantedosi (esterno)

Ministro della Giustizia
on. Carlo Nordio (FdI)

Ministro della Difesa
Guido Crosetto (esterno)

Ministro della Salute
Orazio Schillaci (esterno)

Ministro della Cultura
Gennaro Sangiuliano (esterno)

Ministro del Turismo
sen. Daniela Garnero Santanchè (FdI) 

Ministro delle Imprese e del Made in Italy
sen. Adolfo Urso (FdI)

Ministro dell’Agricoltura e Sovranità alimentare
on. Francesco Lollobrigida (FdI)

Ministro dell’Ambiente e Sicurezza energetica
on. Gilberto Pichetto Fratin  (Forza Italia)

Ministro del Lavoro e Politiche Sociali
Marina Calderone (esterna)

Ministro dell’Istruzione e Merito
Giuseppe Valditara (esterno)

Ministro dell’Università e Ricerca
sen. Anna Maria Bernini (Forza Italia)

Ministri senza portafogli

Ministro dei Rapporti con il Parlamento
sen. Luca Ciriani (FdI)

Ministro della Pubblica Amministrazione
sen. Paolo Zangrillo (Forza Italia)

Ministro degli Affari regionali  e Autonomia
sen. Roberto Calderoli (Lega)

Ministro per il Sud e Politiche del Mare
sen. Nello Musumeci (FdI)

Ministro dello Sport e dei Giovani
Andrea Abodi (esterno)

Ministro della Famiglia, Natalità e Pari Opp.

on. Eugenia Roccella (FdI)
Ministro della Disabilità

Alessandra Locatelli (esterna)
Ministro delle Riforma
sen. M. Elisabetta Alberti Casellati (Forza Italia)

Ministro degli Affari Europei
on. Raffaele Fitto  (FdI) 

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