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«IL SUD NON È IN VENDITA»: MOLTI SINDACI
MERIDIONALI CONTESTANO L’AUTONOMIA

La manifestazione della Rete Recovery Sud a Napoli

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Buona la prima, per la prima manifestazione nazionale contro l’autonomia differenziata a Napoli. Sotto il claim di Uniti e Uguali, sindaci del Sud e cittadini hanno sfilato per la città per ribadire che «il Sud non è in vendita», come recita uno dei tanti striscioni della manifestazione.

Una iniziativa che arriva dopo il nuovo via libera da parte del Governo al nuovo DDL Calderoli, il cui obiettivo – si legge nel testo – «non è quello di dividere il Paese, né favorire Regioni che già viaggiano a velocità diversa rispetto alle aree più deboli dell’Italia».

Un obiettivo non condiviso dai cittadini e dai sindaci del Sud – tra cui molti calabresi –, che non hanno esitato a ritrovarsi in Piazza e «festeggiare» il 162esimo anniversario dell’Unità d’Italia con la manifestazione indetta dalla rete dei sindaci Recovery Sud, che hanno consegnato al prefetto di Napoli un documento in cui si chiede il ritiro del ddl Calderoli.

«Un segnale forte che viene dalle città e dai piccoli comuni», ha detto all’Ansa il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi.

«Si vuole mandare un segnale al Paese che lo stesso Paese si regge perché rappresentano le comunità, erogano i servizi di prossimità e quindi qualsiasi riforma si fa non può non partire dai Comuni», ha detto ancora, aggiungendo che «noi stiamo dando un grande messaggio di democrazia, ma chiediamo grande attenzione al Governo e al Parlamento che non devono dimenticare i Comuni perché dimenticare i Comuni significa dimenticare i cittadini».

Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell’Anci, nel corso dell’assemblea nell’Aula di Santa Maria La Nova, ha ricordato – riporta La Gazzetta del Mezzogiorno – come «la Repubblica deve rimuovere ogni ostacolo di natura sociale, di natura economica», dal quale discende «una responsabilità della politica» ma con l’autonomia differenziata «si va verso un centralismo regionale».

«Non è una questione di destra o di sinistra  – ha detto ancora De Caro – perché io ero contrario quando il governo Gentiloni firmava l’intesa con tre regioni» ed ha stigmatizzato anche la riforma dell’articolo V «ricordando alla nostra parte politica che tutto parte da lì».

«I Comuni in questi anni – ha concludo – hanno dato di più a chi aveva più bisogno, semmai togliendo a chi aveva meno bisogno. E le Regioni non lo l’hanno fatto. Se non lo hanno fatto sino adesso lo vedo difficile per il futuro».

Presenti, diversi sindaci calabresi, tra cui il sindaco di Cosenza, Franz Caruso, il sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita, il sindaco di Cassano allo Ionio e delegato a traghettare l’Anci Calabria fino al prossimo congresso, Gianni Papasso, il sindaco di Cinquefrondi, Michele Conia, il sindaco di Roseto Capo Spulico, Rosanna Mazzia, il sindaco di Polia, Luca Alessandro.

Il sindaco Fiorita ha ribadito come «questa riforma non serve al Paese e nuoce gravemente al Sud e alla Calabria».

«La legge sull’Autonomia Differenziata – ha proseguito – maschera un progetto arrogante e che vuole solo togliere fondi, energie e risorse ai territori più deboli. Ma c’è un disegno ancora più offensivo, distruggere l’idea di solidarietà che tiene insieme una comunità».

«n provincia di Catanzaro, nei giorni scorsi – ha ricordato – abbiamo chiamato a raccolta 57 sindaci che hanno presentato un documento al prefetto che ha evidenziato come fosse minacciata l’eguaglianza dei diritti, la certezza della scuola, l’uniformità dei servizi sanitari, gli investimenti».

Il sindaco di Cosenza Caruso, al Corriere della Calabria, ha ricordato come «qui rappresentiamo le ragioni dei territori del Mezzogiorno contro un disegno di legge che divide l’Italia in due aumentano la forbice tra Nord e Sud sul piano della sanità, delle infrastrutture, dell’istruzione».

«Oggi è una data simbolica – ha continuato – perché l’unità d’Italia risale al 17 marzo 1861. Noi difendiamo l’unità d’Italia e i nostri territori che sarebbe enormemente penalizzato da un disegno, quello voluto dal ministro Calderoli, che crea 20 “repubblichette”. Noi vogliamo l’unità d’Italia e soprattutto vogliamo che sia sfruttata la risorsa del Sud per far crescere».

Il sindaco Papasso, sempre al Corriere della Calabria, ha detto come «oggi (venerdì ndr) i sindaci vogliono far sentire la loro voce contro un disegno di legge che di fatto avvia l’autonomia differenziata in Italia senza prima adottare tutti quei provvedimenti necessari per livellare le diverse regioni d’Italia applicando i Lep, i livelli essenziali di prestazione».

«Così come è configurato questa autonomia differenziata spacca in due il Paese – ha aggiunto – crea anzi due paesi, uno, il Centro Nord che guarda sempre più all’Europa, e l’altro, il Sud che si avvicinerà sempre più alle sponde dell’Africa».

«Siamo qui per protestare contro questo decreto del Governo che aumenterà ancora di più i divari tra regioni del Nord e del Sud – ha detto il sindaco Polia al Corriere della Calabria – e colpirà la vita dei cittadini, con sempre minori servizi per quelli del Sud. È un nostro dovere oggi manifestare».

«In un paese che conosce ancora enormi divari tra nord e sud, come tra città e aree interne, il progetto di autonomia differenziata del governo non solo rischia di acuire le disuguaglianze, ma di far saltare il basilare principio di solidarietà che tiene unito un Paese.», ha detto in un messaggio il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, sostenendo la manifestazione.

Per il primo cittadino, si tratta di una «riforma sbagliata, che, se non fermata, inciderà in modo negativo sulla vita di tante persone, negando o svuotando diritti fondamentali come quello di essere curati, formati e di trovare un lavoro dignitoso».

«Bologna conosce da vicino – ha ricordato – la realtà di chi si sposta da regioni diverse per essere curato, ma anche per cercare lavoro o per motivi di studio. Siamo una città che accoglie, che mette a disposizione degli altri le proprie eccellenze, ma allo stesso tempo non sarebbe quello che è senza il Sud e le tante energie che arricchiscono da sempre la nostra città. Credo che la solidarietà tra territori sia il tessuto connettivo sulla quale si possono creare scambi virtuosi, ma anche garantire in ogni luogo i diritti fondamentali, nel concreto, offrendo servizi di qualità accessibili a tutti».

«C’è una distonia – ha concluso – forte tra questo governo e le comunità territoriali. In questo dibattito sulle autonomia differenziata c’è un grande assente che sono le città, le istituzioni di prossimità che per prime ed in ogni caso si fanno carico dei bisogni delle persone. Città di grandi e piccole dimensioni, senza le quali non possiamo parlare di unità nazionale. Anche per questo i sindaci sono in prima linea su questa battaglia che è politica e di civiltà».

Quella dei primi cittadini calabresi è una chiara e netta posizione che si contrappone a quella del presidente della Regione, Roberto Occhiuto, “reo” di aver detto sì all’autonomia in Conferenza Stato-Regioni.

«Sull’autonomia differenziata la mia linea, e dunque quella del governo regionale che guido in Calabria, è chiara: attuare per interno la Costituzione può rappresentare una grande opportunità anche per le Regioni del Sud», ha detto il Governatore, sottolineando come «quando dico attuare per intero quanto prescritto dalla nostra Carta fondamentale, non mi riferisco soltanto all’articolo 116, quello appunto sull’autonomia, ma anche al 117 e al 119, quelli che regolano i diritti sociali e civili – che vanno garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale – e la perequazione».

Una posizione, quella del Governatore, molto criticata ma che, in realtà, nasconde molto di più. Come scritto in un articolo sul nostro giornale lo scorso 12 marzo, a firma di Paolo Bolano, Occhiuto ha «gabbato l’autonomia».

«È riuscito – ha scritto Bolano – a far modificare la legge sull’Autonomia Differenziata. Prima vanno realizzati i Lep (livelli essenziali di prestazione) e dopo si parlerà di autonomia. In soldoni significa che prima bisogna investire per colmare il divario Nord-Sud e poi si vedrà. Bel colpo presidente! E gli 80-100 miliardi che servono per attuare la legge dove si prendono? Chi paga per questo pegno? Il Nord? La vedo dura. Comunque il tema è scottante da qualunque lato lo si prenda. Nei prossimi mesi scenderanno in campo partiti e sindacati e tantissimi lavoratori che chiederanno conto finalmente del divario Nord-Sud».

«In questi anni – scrive ancora Bolano – il Nord ha ricevuto a causa del divario 60 miliardi di più del Mezzogiorno. Allerta amici che leggete questi dati. È l’ora del risveglio. Sproniamo la politica e i partiti che sono  partiti , ma che debbono tornare. Il Sud ha bisogno di una nuova classe politica, di più democrazia. Si sostiene da più parti  che con il PNRR il Mezzogiorno sboccerà. Ce lo auguriamo tutti. Servono però gli attori sul palco che sono mancati in questi anni, i politici, i partiti. Popolo del Sud, salite voi intanto sul palcoscenico. Recitate i bisogni, incalzate la politica e svegliate i governanti che stanno li tranquilli spesso  a riscaldare le sedie negli enti locali, mentre i cittadini soffrono per le tante mancanze». 

«Siamo circa 25 milioni di cittadini nel Mezzogiorno – si legge – che cerchiamo giustizia sociale, dignità umana e uguaglianza. Diciamo basta all’emigrazione, anche giovanile, basta! I nostri paesi sono ormai spopolati, nei nostri borghi vivono ormai vecchi e bambini. Servono risorse, investimenti e uomini capaci di rilanciare il nostro mezzogiorno. Ecco perché vanno finanziati i LEP (livelli essenziali di prestazioni). Vogliamo riprendere il cammino. Vogliamo raggiungere l’Europa, ma al tempo stesso non perdere di vista l’Africa, il nostro futuro. Serve un’operazione verità per il Mezzogiorno».

«Intanto, chiedo ad alta voce e in modo democratico un sussulto dei partiti regionali: cosa hanno fatto le amministrazioni regionali, la Regione Calabria, in cinquant’anni di vita? Dov’è la crescita del territorio e dei cittadini? Si, è vero, c’è: nell’emigrare. È incredibile!  Con L’autonomia le venti regioni diventeranno piccoli staterelli. Anche adesso spendono e “spandono”. Pensate, già oggi  hanno gli uffici di rappresentanza a Bruxelles, buttano i soldi. Sono lì e non riescono trattenere il denaro che non spendono. Le altre nazioni ringraziano». (ams)

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