di SANTO STRATI – Sul regionalismo differenziato Calabria.Live ha dedicato ampio spazio nel corso di questi mesi, sono stati avviati discussioni, dibattiti, c’è stata la mobilitazione di diverse regioni del Mezzogiorno, ma ad oggi non si registrano grandi risultati. In settimana arriva a Montecitorio il provvedimento elaborato dalla ministra Erika Stefani e ci sarà da aspettarsi di tutto. Sull’autonomia differenziata richiesta da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, che rischia di spaccare l’Italia, ci sono posizioni contrastanti. Prima su tutte quella dei 5 Stelle: se vogliono regalare una ulteriore paccata di voti (del ricco Nord) a Salvini, non hanno che da calare la testa davanti al provvedimento e giocarsi il futuro (e non solo nel Mezzogiorno). La Lega, ovviamente, difende a spada tratta l’autonomia, ignorando i guasti inevitabili che la stessa potrebbe portare, e, incredibilmente, prosegue nel raccogliere proseliti al Sud. Con quale faccia non è ancora chiaro. Certo, “leghista del Sud” è un bell’ossimoro difficile da digerire, eppure crescono le simpatie per Salvini & Co. anche nelle lande dimenticate del Mezzogiorno d’Italia, che, ove passasse l’autonomia regionale, sarebbero ancor più desolate e dimenticate.
Già, perché quello che ancora in tanti non vogliono capire è che la cosiddetta “autonomia differenziata” crea – con buona pace del dettato costituzionale – una inaccettabile disparità di trattamento tra gli italiani delle regioni ricche e quelli delle regioni tradizionalmente “povere”. Lo schema del provvedimento è abbastanza semplice: si fa riferimento alla cosiddetta “spesa storica”, nel passaggio delle competenze specifiche previste per le regioni: scuola, sanità, beni culturali, porti, aeroporti, professioni, ecc. In poche parole chi aveva e spendeva 1000 avrà ancora 1000, chi aveva zero e spendeva zero avrà inevitabilmente un altro zero. Scusate la semplificazione, ma, visto che i sostenitori del provvedimento parlano di saldo zero nell’impatto con la finanza pubblica, è opportuno specificare che è una grande panzana, giacché il riferimento al cosiddetto “costo storico” provocherebbe inevitabilmente le evidenti disparità appena accennate.
Il rischio che si crei un’Italia di serie A e una di seconda categoria è ampio e la sensazione, abbastanza forte, è che, in verità, l’obiettivo sia quello di creare nuove (ricche) regioni a statuto speciale che possano gestire la cosa pubblica (ovviamente di loro stretta pertinenza), con buona pace dei meridionali e delle regioni meno fortunate. Lo scippo al Sud di cui costantemente – e meritoriamente – parla il direttore Roberto Napoletano sul Quotidiano del Sud – L’altravoce dell’Italia sin dal primo numero apparso in edicola qualche mese fa, è una cosa reale e vergognosa, peraltro sottolineata anche dalla Svimez e da illustri economisti che non si lasciano influenzare dal potere di chi tiene, al Nord, i “dané”. Oltre 61 miliardi sottratti al Mezzogiorno a favore delle regioni del Nord: sono questi i numeri che andrebbero discussi a Montecitorio quando si comincerà a trattare sulle carte predisposte dalla ministra Stefani (e già ampiamente contestate nelle cifre indicate), sono questi gli argomenti che i parlamentari delle regioni meridionali, anche su posizioni trasversalmente opposte, dovrebbero portare avanti, in maniera forte e soprattutto unitaria, per contrastare il diabolico disegno di Luca Zaia, Attilio Fontana e Stefano Bonaccini (rispettivamente governatori di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna) supportato dal vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini.
C’è, questa volta sì, materia per far cadere il Governo, ma – temiamo – che Di Maio e company non riescano a rendersi conto del regalo (in termini elettorali) che andranno a fare alla Lega, votando un provvedimento che “serve” solo a un terzo dell’Italia (19milioni gli abitanti totali delle tre regioni che vogliono l’autonomia). Suggeriamo ai responsabili della buvette di Montecitorio di aumentare la dose di arabica nel caffè: magari, i grillini è la volta buona che si svegliano. (s)