COSENZA – Il convegno su Mezzogiorno e Regionalismo differenziato

Questo pomeriggio, a Cosenza, alle 17.00, nella sala degli spechi del Palazzo del Governo, il convegno su Mezzogiorno. Valorizzazione dei tesori e dei talenti nascosti tra vocazione euro mediterranea e Regionalismo differenziato: strumenti.

L’iniziativa, presieduta e coordinata dalla giornalista Carmen Lasorella, si terrà proprio in occasione della presentazione alla Città della Rivista MYRRHA – Il dono del Sud – pubblicazione trimestrale, telematica e senza scopo di lucro, che nasce per dare rilievo e visibilità alle realtà culturali e imprenditoriali del Mezzogiorno d’Italia.

I lavori saranno introdotti dal presidente della Provincia di Cosenza, Franco Iacucci, dal presidente della I Commissione del Consiglio Regionale – Presidente Koinos, Franco Sergio, e dal direttore della Rivista “MYRRHA – Il dono del Sud”, Giorgio Salvatori.

Ne discutono Cesare Imbriani, presidente della Università degli Studi di Roma “Unitelma Sapienza” – Ordinario di Economia Politica, Carlo Curti Giardino, ordinario di Diritto dell’Unione Europea Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Giuseppe Soriero, componente Comitato Presidenza Svimez;, Paolo Naccarato, dirigente generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Angela Dalmazio Tarantino, notaio del Distretto di Cosenza e Francesco Saverio Sesti, civilista – Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. (rcs)

La secessione dei ricchi arriva in Parlamento Sud e Calabria future vittime dell’autonomia

di SANTO STRATI – Sul regionalismo differenziato Calabria.Live ha dedicato ampio spazio nel corso di questi mesi, sono stati avviati discussioni, dibattiti, c’è stata la mobilitazione di diverse regioni del Mezzogiorno, ma ad oggi non si registrano grandi risultati. In settimana arriva a Montecitorio il provvedimento elaborato dalla ministra Erika Stefani e ci sarà da aspettarsi di tutto. Sull’autonomia differenziata richiesta da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, che rischia di spaccare l’Italia, ci sono posizioni contrastanti. Prima su tutte quella dei 5 Stelle: se vogliono regalare una ulteriore paccata di voti (del ricco Nord) a Salvini, non hanno che da calare la testa davanti al provvedimento e giocarsi il futuro (e non solo nel Mezzogiorno). La Lega, ovviamente, difende a spada tratta l’autonomia, ignorando i guasti inevitabili che la stessa potrebbe portare, e, incredibilmente, prosegue nel raccogliere proseliti al Sud. Con quale faccia non è ancora chiaro. Certo, “leghista del Sud” è un bell’ossimoro difficile da digerire, eppure crescono le simpatie per Salvini & Co. anche nelle lande dimenticate del Mezzogiorno d’Italia, che, ove passasse l’autonomia regionale, sarebbero ancor più desolate e dimenticate.

Già, perché quello che ancora in tanti non vogliono capire è che la cosiddetta “autonomia differenziata” crea – con buona pace del dettato costituzionale – una inaccettabile disparità di trattamento tra gli italiani delle regioni ricche e quelli delle regioni tradizionalmente “povere”. Lo schema del provvedimento è abbastanza semplice: si fa riferimento alla cosiddetta “spesa storica”, nel passaggio delle competenze specifiche previste per le regioni: scuola, sanità, beni culturali, porti, aeroporti, professioni, ecc. In poche parole chi aveva e spendeva 1000 avrà ancora 1000, chi aveva zero e spendeva zero avrà inevitabilmente un altro zero. Scusate la semplificazione, ma, visto che i sostenitori del provvedimento parlano di saldo zero nell’impatto con la finanza pubblica, è opportuno specificare che è una grande panzana, giacché il riferimento al cosiddetto “costo storico” provocherebbe inevitabilmente le evidenti disparità appena accennate.

La ministra Erika Stefani
Erika Stefani, ministro per gli Affari regionali

Il rischio che si crei un’Italia di serie A e una di seconda categoria è ampio e la sensazione, abbastanza forte, è che, in verità, l’obiettivo sia quello di creare nuove (ricche) regioni a statuto speciale che possano gestire la cosa pubblica (ovviamente di loro stretta pertinenza), con buona pace dei meridionali e delle regioni meno fortunate. Lo scippo al Sud di cui costantemente – e meritoriamente – parla il direttore Roberto Napoletano sul Quotidiano del Sud – L’altravoce dell’Italia sin dal primo numero apparso in edicola qualche mese fa, è una cosa reale e vergognosa, peraltro sottolineata anche dalla Svimez e da illustri economisti che non si lasciano influenzare dal potere di chi tiene, al Nord, i “dané”. Oltre 61 miliardi sottratti al Mezzogiorno a favore delle regioni del Nord: sono questi i numeri che andrebbero discussi a Montecitorio quando si comincerà a trattare sulle carte predisposte dalla ministra Stefani (e già ampiamente contestate nelle cifre indicate), sono questi gli argomenti che i parlamentari delle regioni meridionali, anche su posizioni trasversalmente opposte, dovrebbero portare avanti, in maniera forte e soprattutto unitaria, per contrastare il diabolico disegno di Luca Zaia, Attilio Fontana e Stefano Bonaccini (rispettivamente governatori di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna) supportato dal vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini.

C’è, questa volta sì, materia per far cadere il Governo, ma – temiamo – che Di Maio e company non riescano a rendersi conto del regalo (in termini elettorali) che andranno a fare alla Lega, votando un provvedimento che “serve” solo a un terzo dell’Italia (19milioni gli abitanti totali delle tre regioni che vogliono l’autonomia). Suggeriamo ai responsabili della buvette di Montecitorio di aumentare la dose di arabica nel caffè: magari, i grillini è la volta buona che si svegliano. (s)

Regionalismo differenziato. Oliverio scrive ai governatori del Sud

Il presidente della Regione Mario Oliverio ha inviato una lettera ai governatori delle regioni meridionali per un incontro che affronti in modo corale e condiviso le preoccupazioni del regionalismo differenziato.

«Nelle prossime settimane, – si legge nella lettera di Oliverio –  la bozza di intesa ministeriale finalizzata a delineare un nuovo rapporto tra lo Stato ed alcune singole Regioni, potrebbe pervenire  ad una definitiva approvazione. Non è, comunque, trascurabile il fatto che lo stesso dibattito, che si è sviluppato intorno al cosiddetto progetto di autonomia differenziata, abbia già concretamente modificato ed alterato il confronto tra Stato e Regioni. La stessa conferenza Stato-Regioni rischia di essere vanificata nelle proprie prerogative istituzionali, mentre il Parlamento rischia di essere svuotato della sua centralità e funzione essenziale, su un  nodo sostanziale relativo alla definizione del rapporto Stato e Regioni. Un fattore certamente non secondario per le prospettive del Paese e per la stessa coesione nazionale. Il mio allarme è, dunque, teso a sollevare non solo una questione di metodo. Ovviamente, esso è motivato soprattutto dalla preoccupazione che la revisione costituzionale relativa ad una molteplicità  di materie e funzioni, ad esclusivo vantaggio di alcune regioni ed aree forti del Nord, possa acuire gli squilibri accumulati e non risolti nel corso di decenni a netto svantaggio del Sud e delle sue popolazioni. In particolare, saranno i giovani costretti in larga maggioranza ad abbandonare la propria terra. Una impostazione che di fatto mette in discussione il Patto Nazionale su cui si regge l’impianto istituzionale e democratico. Il rischio che si possa creare una grave frattura sociale ed istituzionale è reale».

»È innegabile – prosegue il documento – che tale frattura possa mettere in discussione il principio della parità dei diritti universali e di cittadinanza. Nessun parametro fiscale  può essere assunto come elemento regolatore per definire i livelli essenziali di prestazione (lep) e i costi standard per i servizi primari. Saremmo costretti, inevitabilmente, a registrare una classificazione diversificata  tra territori e cittadini di serie A e altri di serie B o di categorie ancora più inferiori. Ciò nega il principio di eguaglianza per garantire pari dignità e libertà a tutti i cittadini. Tale rischio è assolutamente da evitare. Ci si troverebbe di fronte ad un processo di secessione erosivo delle fondamenta dello Stato unitario e Nazionale. Penso conveniaTe che le regioni, a cui ci è stato attribuito il dovere di rappresentanza, siano le più esposte ai contraccolpi di una politica rivolta a potenziare solo l’interesse di alcune del nord. Va da sé che non è mia intenzione sollevare o soffiare su vecchi e nuovi conflitti tra Nord e Sud del Paese. Nella attuale contingenza  il tema è ben altro: la necessità di un rilancio della forza e della capacità di competere dell’intero nostro Paese. Sarebbe un errore storico, di grave miopia politica, se si dovessero consegnare interi sistemi territoriali meridionali ad una condizione di abbandono e marginalità. Il danno non sarebbe soltanto quello di una accentuazione del dualismo storico ma quello della penalizzazione e della mancata crescita economico-sociale dell’insieme del Paese. Tutto ciò sarebbe ancor più miope, di fronte alla necessità di un rinnovato rapporto con l’Europa. Anche a questo fine, un Sud meno residuale ma più produttivo e moderno è una convenienza per l’ Italia intera. Al fine di un approfondimento di questi temi e con l’intento di poter pervenire ad una proposta unitaria da parte delle Regioni del Mezzogiorno, vorrei con la presente chiedere la Vostra disponibilità a partecipare ad un incontro tra i Presidenti delle Regioni del Sud e, dunque, concordare telefonicamente data e luogo di questo nostro appuntamento. Tale incontro ritengo debba essere aperto alle forze sociali, alle Università e ai rappresentanti delle amministrazioni locali». (gsc)

Un nuovo piano di infrastrutture in Calabria contro l’ «autonomia» delle regioni ricche

Il rinvio del provvedimento del Consiglio dei ministri che doveva “legittimare” la richiesta di autonomia avanzata da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna è una buona opportunità per una seria riflessione sulle cose da fare e quelle non fatte. Diciamo la verità, il costante e crescente divario tra le regioni settentrionali e quelle del Mezzogiorno non è dovuto “soltanto” alle migliori chances offerte negli ultimi decenni dai governi al Nord, ma anche e soprattutto all’inezia e all’incapacità della classe politica meridionale di far valere le ragioni di un Sud che ha un potenziale di crescita enorme, mai messo a profitto.

Da questo punto di vista, appare molto interessante la proposta lanciata dalla deputata cosentina Jole Santelli sulla necessità di avviare subito «un grande piano infrastrutturale per il Meridione, a partire dall’esercizio in corso, in grado di recuperare sia pure in parte i ritardi nei settori chiave». La Calabria – sostiene correttamente la Santelli – è la regione più esposta e fragile se dovessero passare le richieste “federaliste” di autonomia basate sui costi storici. Sarebbe, in effetti, una partita persa a tavolino: è evidente che i numeri delle regioni “sottosviluppate” non possono competere con quelli delle regioni “ricche”. «È necessario – dice la Santelli – che si definiscano i fabbisogni standard di ogni regione allo scopo di assicurare a tutti i cittadini italiani gli stessi livelli essenziali».

Quella che la deputata cosentina definisce senza mezzi termini la “deriva secessionista” è, per il momento, bloccata e resterà, quasi certamente, ferma almeno fino alle prossime elezioni europee. In questo spazio temporale sarà utile confrontare le varie voci che si sono levate e si leveranno, con un’avvertenza: mano parole, per favore, e più fatti. Il presidente “dimezzato” Oliverio (è ancora costretto dalla magistratura a stare lontano dalla Cittadella regionale di Germaneto) sostiene che andrebbe considerato «come sono state spese le risorse sin ad ora e soprattuto dove sono state spese. La negoziazione – dice Mario Oliverio – deve essere complessiva, non soltanto sul credito che le Regioni possono avanzare, ma anche sul debito maturato dal Paese a causa degli investimenti fatti in quelle regioni che oggi vogliono l’autonomia differenziata». Bene, quante e quali risorse sono state utilizzate soprattutto per favorire l’occupazione giovanile e la nascita di nuove imprese che portano, evidentemente, nuove opportunità di occupazione? Poche e tutte oppresse e schiacciate da una burocrazia intollerabile che allontana investitori e scoraggia l’imprenditoria giovanile.

Il dibattito non è solo incentrato sul “nuovo” regionalismo che in Mezzogiorno deve sostenere. C’è anche chi continua a vedere il pericolo secessionista. A Cosenza, nel corso di un dibattito – il prof. Gianfranco Viesti, ordinario dell’Università di Bari – ha sottolineato che «Ancora non è chiaro se il Parlamento avrà la possibilità o meno di emendare i testi dopo la firma di Conte, ma nel momento in cui le Camere avranno approvato con legge di ratifica – dunque una legge atipica e rinforzata – non si potrà invocare un referendum. Non resterà che il ricorso alla Corte costituzionale, mentre il controllo democratico dei cittadini su tutto il processo sarà pari a zero. Tutto sarà affidato a una commissione paritetica e state certi che all’interno non ci saranno calabresi o campani» – ha avvertito il prof. Viesti.

A Vietri sul Mare, invece, nel corso del convegno Più Sud più Italia, promosso da Fratelli d’Italia, il consigliere regionale Alessandro Nicolò (FDI) a proposito del tentativo di “secessione velata” ha detto che «occorre sviluppare un confronto serrato, raccogliere la sfida rappresenta anche occasione per ridisegnare un regionalismo che consideri il Sud non più un fardello ma una risorsa».

Il concetto di Mezzogiorno “parassita”, purtroppo, non è nuovo ed è spesso speso da molti politici non riescono a capire che se non decolla il Sud non riparte l’Italia: le risorse umane, il capitale umano del Mezzogiorno è straordinario (chiedetevi perché nei posti chiave delle istituzioni, nei ruoli apicali, in ogni campo, nel Centro e nel Nord “ricco e prosperoso” ci siano sempre calabresi che mostrano competenza, cultura del fare, generosità e impegno. I calabresi non sono più bravi, ma si impegnano di più a farlo vedere e chi crede nel merito non può ignorare queste capacità. Così continua l’emigrazione intellettuale dei nostri giovani che andranno a offrire competenza e capacità a chi sa valorizzarli.

Perciò, come non condividere l’editoriale odierno di Gianni Festa, condirettore dell’edizione irpina del Quotidiano del Sud, che che si chiede a proposito dei fondi europei: «Come mai le risorse concesse alle regioni settentrionali si esauriscono, salvo qualche rara eccezione, nei termini stabiliti e, invece, quelle destinate al mezzogiorno non sono utilizzate e trornano all’Europa che le destina ad altri paesi?». Non è una domanda retorica, cui Festa risponde drasticamente che serve: «uno straordinario cambiamento di mentalità, l’abbandono del fatalismo inconcludente, di quell’assistenzialismo con cui si delega agli altri l’impegno per la rinascita».

I Calabresi, ma tutto il Mezzogiorno, in realtà, hanno capacità e risorse umane: è mancato il coordinamento negli investimenti (che tutt’ora latita) e serve una forte determinazione a contrastare il vero nemico dello sviluppo, che è la burocrazia. Che schiaccia, soffoca, mortifica, umilia e deprime qualunque voglia di cambiamento, di imprenditoria, di industrializzazione. Dovrebbe essere questo il primo impegno del futuro governo regionale. Quello attuale ha finito, inutilmente, il tempo a sua disposizione. (s)

Frenata del Governo sull’autonomia del Nord. Il rischio secessione è (per adesso) scampato

Il capitolo regionalismo differenziato, ovvero la maggiore autonomia amministrativa richiesta da Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna è per il momento accantonato. Ieri il Consiglio dei Ministri (che aveva anticipato di un giorno la scadenza per la discussione) ha deciso di prendere tempo e al ministro degli Affari regionali Erika Stefani, che in mattinata in RAI ad Agorà aveva trionfalmente presentato la cosa come fatta, non è rimasto che prendere atto del rinvio obbligato.

Su queste pagine, il presidente del Consiglio regionale Nicola Irto due giorni fa aveva messo in guardia sulla “secessione mascherata” che il provvedimento avrebbe potuto provocare. E la dura presa di posizione del governatore della Campania Vincenzo De Luca e di quello della Puglia Emiliano, aveva già ieri mattina fatto sperare che i ministri non decidessero di accogliere le richieste dei governatori delle regioni “ricche”. Per la verità, proprio dal Consiglio regionale della Calabria, con voto unanime, era partita qualche settimana fa una decisa risoluzione contro il federalismo differenziato, ovvero la pretesa di maggiore autonomia delle regioni più prosperose a tutto svantaggio del Mezzogiorno, accolta anche dalla Campania.

Non è stato, in realtà, l’appello di Irto né quello degli altri due governatori a far cambiare idea al Governo. Il retroscena è squisitamente politico e di sapore assolutamente elettorale e lascia, ancora una volta intravvedere come le distanze tra i due alleati di governo siano sostanzialmente sempre più ampie. Il ragionamento fatto dai 5 stelle è stato molto semplice: a pochi mesi dalle Europee, il provvedimento sull’autonomia di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, se fosse stato approvato, sarebbe diventato un clamoroso assist per la Lega, che avrebbe moltiplicato i consensi proprio in quelle regioni, potendo vantare un risultato di grande valore per tutto il Settentrione. Quindi, il rinvio (probabilmente se ne parlerà dopo le elezioni di maggio) è diventato inevitabile per evitare ai pentastellati di favorire l’amico-nemico Salvini.

Alle popolazioni del Mezzogiorno, per la verità, le ragioni politiche che stanno dietro alla frenata del Governo interessano poco: occorre, semmai, ribattere che la coesione e l’unità del Paese non vanno messe in discussione (e comunque sarebbero partiti tanti ricorsi alla Corte costituzionale contro l’eventuale provvedimento) e che il Sud, dimenticato nel contratto di governo tra Lega e 5 Stelle deve, invece, cominciare ad avere l’attenzione necessaria. Se non riparte il Mezzogiorno, non riparte l’Italia, questo sembra chiaro a tutti, tranne che all’attuale governo. Il ministero per il Sud Barbara Lezzi non si è fatta notare per iniziative e provvedimenti di alcun genere, mentre sono tantissime le questioni irrisolte, alcune molto gravi come quella del Porto di Gioia Tauro.

Il presidente Irto aveva lanciato un appello “alla ragione” in particolar modo ai deputati pentastellati della Calabria e a tutta la compagine parlamentare calabrese: non ci sarà, per ora discussione alla Camera, ma l’invito del presidente del Consiglio regionale calabrese andrebbe fatto valere per l’attività (scarsa) di gran parte di deputati e senatori che rappresentano la Calabria. Fatte le dovute e meritorie eccezioni (chi ha voglia si guardi le nostre pagine dedicate all’attività dei parlamentari calabresi nella sezione Calabria Parlamento) si parla e si discute poco di provvedimenti finalizzati al rilancio, allo sviluppo, alla crescita della regione.

In tutto questo contesto, va segnalata la battuta divertente del ministro Stefani al governatore De Luca: “fate richiesta di autonomia anche voi!” Non è però il tempo delle frasi che invitano al sorriso: il ministro (ovvero la ministra) degli Affari regionali minimizza sull’accaduto e rimane ottimista: «Restano da sciogliere alcuni nodi politici – ha dichiarato ai giornalisti all’uscita da Palazzo Chigi – credo che riusciremo a farlo già la prossima settimana per riportare il testo, questa volta definitivo, al Consiglio dei ministri e quindi sottoporlo ai presidenti di regione per verificarne il gradimento».

Difficile condividere l’ottimismo della ministra, visto che il vicepremier Di Maio ha già lanciato il diktat “niente leggi prima delle elezioni”, ma, ad ogni buon conto, i calabresi e tutto il Mezzogiorno stiano in guardia. La battaglia contro l’autonomia è appena iniziata. (s)

Nella foto di copertina, il ministro Erika Stefani