Adottare immediate azioni finalizzate ad ottenere una diversa valutazione del rischio epidemiologico e, quindi, ad una diversa classificazione della regione al momento qualificata come Zona Rossa. È la richiesta che Maurizio Mottola di Amato, presidente dell’Associazione Catanzaro dentro le mura, Alberto Tiriolo, del Centro Studi Politico-sociali “Don Francesco Caporale” e Carlo Piroso, presidente dell’Associazione Liberamente hanno fatto, tramite lettera, al presidente f.f. della Regione Calabria, Nino Spirlì.
«Ci permettiamo di osservare – si legge nella lettera indirizzata a Spirlì – che più che impugnare il Dpcm al Tar Lazio, dovrebbe, a nostro sommesso parere, valutare le criticità sottese al documento dell’Istituto Superiore della Sanità cui hanno partecipato le regioni. E infatti, la Calabria non è stata individuata Zona Rossa solo per la mancanza di posti letto covid, bensì è stata considerata una regione che presenta “una situazione di trasmissibilità non controllata e che presenta una criticità nella tenuta del sistema sanitario nel breve periodo”».
«Ebbene – si legge ancora nella lettera – l’algoritmo che si applica per determinare il colore da dare alle diverse regioni dell’Italia tiene conto del sistema sanitario nel suo complesso, e quindi, tra l’altro: del numero del personale medico e paramedico in relazione alla popolazione residente; del numero dei posti letto disponibili in relazione alla popolazione residente del tempo impiegato a processare i tamponi e comunicare l’esito agli interessati. Riteniamo, dunque, che la sua azione possa andare, senza indugio, nella direzione di: assumere immediatamente personale medico e paramedico a tempo determinato; sollecitare il prefetto a requisire i posti letto disponibili nelle strutture pubbliche e/o private per come consente la legge ai sensi del decreto c.d. “Cura Italia”; e/o attivarsi nella sua qualità per acquisire la disponibilità di cliniche e case di cura private».
«In tale quadro – continua la lettera – l’art. 3 del decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020 (L. n. 27 del 2020) ha normato tali raccomandazioni prevedendo che, nel periodo emergenziale per Covid-19 (quindi entro il termine del 31 luglio, prorogato al 15 ottobre 2020 e in ultimo rinviato al 31 dicembre 2020) le Regioni e le Province autonome potessero stipulare accordi contrattuali con strutture private accreditate ai sensi dell’art. 8-quinquies del D. Lgs.502/1992, e con strutture private non accreditate, purché autorizzate ai sensi dell’articolo 8-ter del medesimo D.Lgs. 502/1992), in deroga al limite di spesa previsto a legislazione vigente. Tale limite è pari al valore della spesa consuntivata nell’anno 2011 (limite di spesa previsto per tali accordi dall’art. 45, comma 1-ter, del decreto legge 124/2019) per l’acquisto di prestazioni e servizi. L’efficacia di tale norma è stata prorogata dall’Allegato 1 n. 4 del decreto legge n. 83 del 2020, come modificato dall’art. 1, comma 3, del decreto legge n. 125 del 2020, al 31 dicembre 2020».
Mottola Di Amato, Tiriolo e Piroso chiedono, inoltre, di «acquisire ogni elemento utile a comprendere per quale motivo in alcune regioni ci sono strutture che per processare un tampone e comunicarne l’esito all’interessato impiegano poco tempo e trasferire tale esperienza immediatamente al personale che opera nella nostra regione».
«Riteniamo – conclude la lettera – che ponendo in essere simultaneamente ed immediatamente tali azioni, si riesca ad ottenere una valutazione del rischio epidemiologico ben diversa da quella odierna e, sicuramente, tale da far classificare la nostra regione al pari delle regioni italiane più virtuose. La salute è il bene più prezioso che abbiamo ed abbiamo il dovere di tutelarlo ad ogni costo». (rrm)