di GIUSY STAROPOLI CALAFATI – Cara, Susanna Tamaro, se scrivere ai bambini, come dici tu, è un atto di fiducia verso di loro, anche raccontare loro la verità su Malpelo lo è. Dichiarando apertamente chi sono pure La Lupa e Nedda, I Malavoglia e Mastro don Gesualdo.
Tutti abbiamo una stella, Susanna, e Giovanni Verga è la nostra. Di noi del Sud, di noi italiani. Te lo ha già detto Marcello Fois, ma lo ribadisco anch’io: «senza Verga non capiremmo molte manifestazioni contemporanee».
Chi spegne le stelle degli altri, Susanna? E perché? Che peccato sarebbe lasciare ai “vinti” la notte senza la luce? Non tocca forse anche a loro avere una speranza per la disperazione che troppo spesso li prova? E a noi dare loro la speranza che meritano?
Verga racconta la loro ricchezza interiore, gli altri non lo fanno; neppure raccontano loro del coraggio con cui affrontare le cose. Tu parli spesso di cuore, e mi piace, eppure oggi mi chiedo com’è che il tuo cuore ti abbia distratta dalla dolcezza di Nedda la varranisa, accoccolata su di un fascio di legna, gli occhi aridi e asciutti, e il pensiero suo costante e dolce alla mamma che sta per morire, e ti abbia portata altrove. È Nedda il miracolo del vero della scrittura, Verga il suo più gran bel verista!
Mi domando inoltre com’è che sempre il tuo cuore non ti abbia fatta innamorare nemmeno un po’ di Rosso Malpelo. La prima volta io lo lessi alle medie. Lui scalpitava come al solito, mentre io seguivo composta la lezione. Da allora porto con me il ricordo di questo ragazzo dai capelli rossi e gli occhi grigi. Ben decantato nelle mie fibre.
Va dove ti porta il cuore lo lessi quando ero pienamente adolescente, davvero un bel libro, ma con Rosso Malpelo – in cui il dolore diventa valore umano – ho pianto e ho riso con commozione, e lo faccio ancora adesso quando ci penso, con spontaneo coinvolgimento. Quasi sento nelle mani la rena sotto cui Malpelo ha perduto suo padre. Poche cose intime certo, che forse a capire si fa pure fatica, ma che senza alcuna ovvietà vanno provate, vissute, e infine fatte proprie. E questo accade leggendo Verga, ma potrebbe non succedere più lì dove, andando dove il cuore porta, si arriva già smarriti.
Conta il Sud, Susanna, in questo Tamaro vs Verga? Se sì, perché? In che misura?
È grazie ad autori come Verga, Pirandello e Corrado Alvaro che, da dopo l’Unità d’Italia, i vinti trovano speranza, le forme riescono a scomporsi e si indagano le memorie del mondo sommerso. Le condizioni di assoluta indigenza in cui sprofonda il Mezzogiorno vengono tutte alla luce. E per fortuna! Se solo queste di verità i nostri ragazzi non venissero a conoscenza, mancherebbero non solo di un cuore da seguire, ma risulterebbero completamente privi di quello che batte. E scomporre in questo senso, è un delitto.
Verga lo hai odiato tu, e oggi probabilmente ammettendolo ne prendi maggiore consapevolezza, ma perchè pensi che anche altri abbiano verso di lui il tuo stesso risentimento? Quanti odiano la Tamaro e amano invece la Deledda, per esempio? Eppure non si è mai sentito: levate via Susanna dalle librerie e mettetene un’altra al posto suo. Su Giovanni Verga, io stessa aprii bocca al mio esame di maturità. Era il 1997. I Malavoglia erano il mio cavallo di battaglia, le cinque dita della mano che mostrai alla commissione. Non tutti lo abbiamo odiato quindi, mai tutti lo odieranno.
La scuola ha un suo carattere formativo, Susanna Tamaro, e su questa base forma gli uomini e le donne della società del domani. Se però si smarrisce questo aspetto solido della struttura, i vinti saranno davvero condannati a morte per sempre, e non vi saranno mai più neppure vincitori, né nei libri né altrove.
Cosa essenzialmente di Verga potrebbe essere tossico per i nostri ragazzi, addirittura ripugnante? L’attualità dell’opera verghiana tanto è palese, che a volte confonde. In quale tempo è possibile collocare esattamente Giovanni Verga? Ieri, oggi, domani? La letteratura è magnifica perchè ha un tempo che è uno e trino, è solo lo stato d’animo con cui ci si pone davanti alle sue storie, che rende l’individuo critico nei confronti dei narratori, dei pensatori e degli intellettuali.
Una questione soggettiva. E cos’è l’amore? E cos’è la letteratura. È attenzione l’una, è attenzione l’altra. letteratura non si toglie mai, Susanna, si aggiunge piuttosto. Succede infatti che, mentre tu vorresti si togliesse il Verga, arrivo io che a Verga e Pirandello vorrei si aggiungesse Corrado Alvaro. E noi due, potremmo essere benissimo mamma e figlia.
È forse un’anima retrograda la mia, Susanna Tamaro, che da Verga non mi separa che lo Stretto, e vado nelle scuole, tra gli studenti e i giovani adolescenti, a presentare, leggere e narrare autori come Alvaro, Strati, Perri, La Cava, Repaci, Seminara, Costabile, Calogero? (Conosci?) Forse sì, ma i ragazzi ne sono entusiasti, e per tutta risposta, aggiustano testine, alla maturità, proprio con questi nomi e con quelli delle opere che gli appartengono.
Se c’è una cosa di cui la scuola non ne può più, cara Susanna, è il nostro essere saccenti che spesso ci impedisce di essere insegnanti. Non è affatto vero che è di Verga che i ragazzi non ne possono più, ma di quei docenti che non si scoprono ancora pronti a contestualizzare prima e attualizzare poi, il pensiero di Verga stesso e quello di molti altri autori, facendo odiare così la letteratura. Ed è grave contribuire a forme di odio contro la bellezza. I classici lo sono. Riconoscerlo è questione di onestà intellettuale.
Ora devo lasciarti, sono arrivata a destinazione, esattamente dove mi ha portata il cuore. Prima di salutarti però, vorrei provare a tradurre le tue affermazioni, con le parole di Giovanni Verga, cogliendole come una provocazione al Malpelo che c’è in ognuno di noi: “To’, bestia! Bestia sei! Se non ti senti l’animo di difenderti da me che non ti voglio male, vuol dire che ti lascerai pestare il viso da questo e da quello!” Magari il senso di ciò che hai voluto esprimere sta tutto qui (spero).
Un bacio “vero” dal mio cuore al tuo. (gsc)