Dell’importante ruolo che Confartigianato ha nell’affiancare le imprese che intendono affiancare lo Stato nel recupero di beni e aziende confiscate alla mafia, se ne è parlato nel corso di un webinar, dal titolo Beni confiscati alla mafia: problematiche e possibilità di sviluppo produttivo, organizzato da Confartigianato Imprese Calabria, tenuto nei giorni scorsi alla presenza, oltre che dottor Walter Ignazitto, sostituto procuratore Dda Reggio Calabria, di Alessandro Messina, direttore generale di Banca Etica, Bruno Panieri, direttore Politiche Economiche della Confartigianato Imprese e Silvano Barbalace, segretario regionale di Confartigianato Imprese.
Ad aprire i lavori, il segretario regionale Barbalace, che ha evidenziato come «questi beni costituiscono oramai una quota importante dell’economia italiana e del sistema produttivo del Paese. La nostra Organizzazione svolge un importante ruolo anche di attore sociale per lo sviluppo di comunità e territori sani».
«Le mafie – ha aggiunto – sono forti e radicate ben oltre i confini entro cui convenzionalmente si ritiene operino e crescano. C’è quindi una mole di patrimoni immobiliari e anche aziendali che finiscono per essere confiscati, ed il loro riutilizzo ha non solo una finalità sociale ovviamente di riscatto per la comunità, ma anche un’ importante forza culturale ed economica per quel territorio e quella comunità. Confartigianato deve accompagnare le proprie imprese in questo percorso».
Il Direttore generale di banca Etica, Messina, si è soffermato sulle problematiche connesse all’applicazione della normativa, portando l’esperienza della propria banca che ha sostenuto molti processi diretti al riutilizzo di beni confiscati. Nel 2020, ha sostenuto 24 organizzazioni impegnate sui temi della legalità attraverso finanziamenti per un totale di 2,8 milioni di euro. Tra queste organizzazioni, 20 realtà operanti sui beni confiscati sono state sostenute con finanziamenti per 2 milioni di euro.
«Il riuso sociale dei beni confiscati è una delle forme più efficaci di contrasto alla mafia – ha spiegato il direttore generale Messina –. Per realizzare l’effettiva destinazione sociale dei beni confiscati c’è bisogno però di risorse finanziarie sia per il ripristino delle strutture che per la gestione ad uso sociale. Ed è qui che entra in gioco la finanza etica. Banca Etica è da sempre al fianco delle organizzazioni che si battono per la legalità e il contrasto all’usura».
«Quando c’è un’impresa malata, nel senso di infiltrazione criminale, il rischio che questo marciume si estenda alle aziende che si muovono accanto, nello stesso contesto, è altissimo. È nell’interesse di tutti arginare questo fenomeno, vaccinarci un po’ tutti» , ha esordito Walter Ignazitto che riconosce come spesso i procedimenti di affidamento dei beni confiscati «sono lunghi, farraginosi e complicati».
Ignazitto ha, però, posto l’accento su una novità introdotta al codice antimafia nel 2017: l’imprenditore sano può diventare una specie di consulente dello Stato e affiancarlo nella gestione dell’impresa confiscata. Per farlo ci vuole un grande coraggio e grande impegno, ma lo Stato riconosce un diritto di prelazione sull’azienda ‘risanata’.
Per Bruno Panieri, quindi, lo spaccato fornito da Ignazitto offre interessanti spunti applicativi su cui Confartigianato può e deve ragionare.
«Ci siamo dati una missione molto rigorosa – ha spiegato – nell’accompagnamento delle imprese nella cultura della legalità. Affiancare gli imprenditori che si vogliono mettere in gioco, fornire la necessaria assistenza alla gestione, rimettere in circolazione una impresa, vuol dire che l’associazione è pronta a fare da rete di protezione per salvaguardare un contesto di valori per il territorio».
«Significa – ha concluso Panieri – creare occupazione, contaminare il territorio con imprese sane e togliere le imprese criminali, e questo è uno dei compiti che ci può aspettare in prospettiva». (rcz)