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L’OPINIONE/ Filippo Veltri: Pd, la strada è ancora lunga

Enrico Letta

diFILIPPO VELTRI –  Domani i ballottaggi (e il risultato di Cosenza non sarà meno importante di quello di Roma, Torino o Trieste) ci diranno davvero chi ha vinto al 100 per cento in questa tornata. 

I fattacci di sabato 9 ottobre a Roma peseranno certamente, localmente e nazionalmente.

Per ora ha vinto una sinistra che ha saputo fare larghe alleanze. Certo, anche con il M5s: i casi di Napoli e Bologna sono assai significativi. Non è andato perduto il lavoro fatto da Zingaretti. Le difficoltà di un partito esploso nel 2013 e nel 2018, che ha saputo raccogliere un consenso dato dalla crisi verticale della politica, ma che non ha saputo radicarsi nei territori, erano prevedibili e da noi in Calabria, però, non letti manco in superficie!

Ma sarebbe un errore fondamentale non dare sponda al tentativo che fa Giuseppe Conte di una chiara ricollocazione a sinistra del movimento. Come si vede, per l’inaffidabilità della Lega, anche da questa saldatura dipenderà la stabilità necessaria per garantire il successo dell’impresa avviata per la realizzazione del Pnrr.

Vince una sinistra che ha scelto, spesso, i candidati giusti. Nelle grandi e medie città il Pd può schierare una classe dirigente forte, fatta di sindaci che hanno conquistato consenso sul campo, con la fatica della prossimità e con una buona capacità d’innovazione: un valore che non può essere ancora confinato a livello locale.

Ma per contare questo valore deve essere parte della rigenerazione di un partito e di un campo di alleanze, animatori di programmi ambiziosi, di svolta. 

In ultimo, ma non certo ultimi per importanza, i dati dell’astensionismo e il computo dei voti assoluti, dicono che l’impresa del consolidamento di un primato della sinistra è tutt’altro che compiuta. 

  C’è ancora un muro da sfondare. C’è una parte della società che si sente esclusa, da integrare, che dichiara sfiducia. Non va data per persa. Oggi non vota o continua a votare a destra, per chiusure culturali, contro i propri interessi, come dicono alcune prime rilevazioni. C’è una parte essenziale del lavoro dipendente da rappresentare, rispondendo risolutamente a fatti che gridano giustizia, in dialogo con il sindacato. Ciò in alleanza con le sensibilità e gli interessi di ceti urbani, di un ceto medio insidiato e anche impoverito. Contro tutte le rendite.

Ci sono campi d’impegno nuovi, che hanno bisogno d’intelligenza collettiva e di passione civile e politica, come quello per la transizione ecologica. Papa Francesco ha fatto un drammatico appello ai giovani, nell’ultima tappa del percorso di Economy of Francesco: «voi siete forse l’ultima generazione che ci può salvare, non esagero».

Insomma, per affermare la sua leadership e fare le alleanze necessarie, per preparare il dopo-Draghi, la sinistra deve fare la sinistra, deve avere un profilo insieme radicale e affidabile, volto al futuro, deve ricreare partecipazione senza chiusure di ceto politico, cambiando il partito maggiore. Dopo la pandemia, come ci dicono i successi di Biden e della SPD di Olaf Scholz, c’è una forte richiesta di protezione sociale e, magari ancora inespressa, compressa dagli individualismi egoisti o imitativi, di uguaglianza, di giustizia sociale. 

Cambiano i paradigmi imposti dal neoliberismo. Spesso si rovesciano e rispecchiano finalmente la realtà. Non si deve avere paura a dirlo e ad agire di conseguenza, con la velocità e la chiarezza necessarie. 

Il consolidamento di Letta, dovuto alla correzione di certi errori analitici commessi sinora, comporta la registrazione dell’esaurimento del ruolo di una generazione di quadri provenienti dal Pci che ha declinato i canoni di una tradizione di grande realismo politico.

 Infine il problema dei problemi: mettere mano alla forma e organizzazione del partito. Così non va affatto bene e la frammentazione correntizia non accenna a diminuire. Anzi. Ovviamente in Calabria siamo al punto peggiore e gli esiti si sono appena visti, per l’ennesima volta: qui il PD è ai piedi della salita, con decine e centinaia di errori già illustrati nei nostri precedenti articoli, ma che non sembrano affatto avere smosso il ceto dirigente di quel partito.

La non iscrizione della Bruni al gruppo PD alla Regione e’ l’ennesimo e ultimo esempio di un altro investimento andato a vuoto. Ora si è, infine, aperto il capitolo del tesseramento (on line e con mille problemi) in vista dei congressi annunciati dal commissario e si spera che non si ripetano i pacchetti di tessere in stile vecchia DC, come già peraltro era successo nel PD calabrese di alcuni anni fa. Sarebbe la fine di tutto. (fv)

 

 

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