di FRANCO CIMINO – Benjamin, ti ho chiesto di fermarti e non ti sei fermato. Te l’ha chiesto cento volte Francesco in nome del Dio che vi accomuna, e non ti sei fermato. Te l’ha chiesto, almeno formalmente, di certo strumentalmente, probabilmente fintamente, Biden, e non ti sei fermato.
Te l’hanno chiesto, 360 giorni fa, i familiari dei tuoi concittadini rapiti in quell’orrore di Hamas, e non ti sei fermato. Dove vuoi arrivare? Hai vinto tutte le battaglie che hai ritenuto di fare sul duplice terreno della difesa del tuo paese e della vendetta, due campi che non stanno a lungo bene accanto, se non quando ne diventano uno soltanto, quello dell’orrore che continua, si estende e contagia. Sei riuscito, nell’ignoranza generale, o complicità da furbizia a futura memoria, a cambiare la matematica e la regola del conteggio aritmetico.
La tua nuova dice che due più due non fa più quattro, ma deve fare milleduecento più trecento per quattro. Totale quarantacinquemila circa, mille in più mille in meno, non fa differenza sul tuo quaderno a quadretti. Tanto equivale il rapporto che tu hai inventato con la nuova regola: «se ne ammazzi dieci dei miei, io ne ammazzerò quaranta dei tuoi». Su questa aritmetica hai elaborato una nuova etica, o pensiero filosofico se questo più ti garba. E, cioè, che la vita di un israeliano, vale quattro vite di un palestinese. Una sorta di inversione, o nuova scrittura, di quella pagina che ottant’anni fa quel pazzo aveva inventato. In essa c’era stampato, a caratteri cubitali, con l’inchiostro più nero, che gli ebrei appartenessero a una razza inferiore.
La peggiore tra quelle inferiori, con i disabili e gli omosessuali, da distruggere totalmente. Nei tuoi assalti in quella stretta lingua di terra, che si affaccia sul mare e si rappresenta, nel volgersi verso la tua, piccola e bella, come fascia di collegando per l’amicizia tra i popoli, anche quelli europei, tu hai lanciato un numero incalcolabile di assalti, di cielo e di terra, da lontano e da vicinissimo. Cercavi i guerriglieri di Hamas, per cancellare il pericolo che essi continuino a colpire il tuo paese con l’odio che li spinge a volere la sua cancellazione. E fin qui, anch’io, pur perplesso dinanzi al mio principio inderogabile del no alla violenza sempre, e alle guerre sempre, mi stavo sforzando di capirti.
Non ti avrei giustificato, ma ti avrei considerato con prudenza e senso umano della realtà imposta. Ma le donne, i vecchi, che c’entrano? I bambini, soprattutto, che c’entrano? Anche qui, mi sembra che tu abbia inventato una nuova teoria, anch’essa da diffondere e, come il silenzio generale fa temere, mettere nel cassetto di tutti a futura convenienza. La teoria, che dovrebbe liberare la tua coscienza dalle colpe “omicidiarie” e alleggerire quella dei tuoi alleati, sembrerebbe essere quella per la quale si uccidono i bambini palestinesi nella certezza che, crescendo, diventeranno terroristi o guerriglieri contro Israele. E mi fermo a questo, non volendo lontanamente immaginare che l’accusa di genocidio, che ti viene mossa anche dai tribunali dell’Europa, e dalla quale hai molte difficoltà a difenderti oggi, diventi la constatazione di una ideologia nefasta applicata già. Fermati, Benjamin, di Gaza non è rimasto più nulla. I tunnel e i corridoi sotterranei, dove si nascondono i “ terroristi” o i guerriglieri, e i loro capi impartiscono gli ordini nelle strategie “belliciste” ivi elaborate, li hai perlustrati e occupati tutti. Volevi cercare gli ostaggi, non ne hai trovato uno. Dalla differenza, anche qui la tua aritmetica, trecentoventidue meno i duecento uccisi, dovrebbero esserne rimasti centiventidue.
I tuoi Servizi Segreti, che sanno tutto, tranne di quel sette ottobre “sorprendente”, un anno fa, ti hanno detto dove si potrebbero trovare? E quanti ancora in vita? Oppure, sai già tutto e quei povericristi, scusami la parola, del cui destino sai già tutto, restano l’unica scusa che ti resta per continuare le tue assurde guerre? Dici che vuoi attaccare l’Iran, l’asse del male, il tuo nemico più pericoloso. E a me sembra che te la fai sotto per la minaccia che Teheran non l’attuerà mai per la stessa paura che senti tu. E di ciò ringrazio il nostro Dio, lo stesso dei musulmani. E che Lui non voglia che tu o Khamenei cambiaste idea.
E, però, ti sei portato in Cisgiordania, la terra piccola piccola, che potrebbe rappresentare una gran parte della soluzione dell’annoso problema. Lo spazio tramite il quale i due famosi stati autonomi, da vent’anni e più già concordati, potrebbero prendere finalmente corpo. Che vuoi fare, raderla al suolo, completamente? Bene, accomodati! In attesa ti viene più comodo il Libano. Bombardarlo in gran parte, occuparlo tutto, ti consentirebbe di eliminare quello strano esercito degli Hezbollah, il braccio armato di Teheran contro Israele. Hezbollah ha nel Libano il suo campo di addestramento militare e la sua forza organizzativa, le sue armi, anche quelle micidiali dei missili che sono lanciati contro Israele. Qui avresti ragione, perché ciò che dici è vero.
Ma distruggere quel bel Paese, anch’esso utile alla costruzione di un futuro “pacificato”, se ancora questo la comunità internazionale vuole, a che serve? Rovinare definitivamente ogni possibilità che esso possa essere restituito, finalmente dopo decenni, a una normalità di Stato libero, autonomo, indipendente, democratico possibilmente, anche unito al suo interno dalle tante fazioni che l’hanno impoverito, è giusto e utile? Soprattutto, ti risulta utile?
E quando, in fondo al suo territorio, quello che muove verso il suo nord, avessi fatto creare dalla comunità internazionale un altro enorme disumano campo profughi, in cui seppellire altri milioni di esseri umani, sarai contento? Vuoi continuare, continua, tanto il mondo dice, ipocritamente, che dobbiamo aspettare le elezioni americane per sapere che fine farà il Medio Oriente e le persone che lì vivono. Mancano ancora venti giorni all’esito elettorale. A proposito, tu per chi tifi tra Kamala e Donald? Chi ti conviene che vinca? Trump, il cui cipiglio machista è simile al tuo? Dio, il mio Dio nella volontà degli americani, non voglia questo. Mancano venti giorni esatti, però. Secondo la tua aritmetica, dovrebbero crollare sotto le bombe le case e le scuole e gli ospedali, quei pochi rimasti, e venire uccisi tre- quattro mila persone. Dico persone, non soldati. Persone indistinte, nelle quali vi sono anche le tue, le nostre, di Israele. Del mondo. Tutti chiedete la tregua, ché la Pace è una parola tanto bugiarda quanto sconosciuta.
Ma se tregua dovrà esserci, perché non la fai oggi? Che ti costa? Fermiamo le distruzioni adesso! Il sei novembre ne parleremo magari da riposati. Ché anche tu ha bisogno di riposarti bene, così che possa finalmente essere lucido nel valutare i disastri. Con gli occhi del mattino si vede meglio. Anche la morte. E la rovina. La pelle riposata sentirà più chiaramente l’odio che le cammina sopra. Negli ultimi due giorni, poi, un fatto che è più assurdo che grave. Dall’esercito tuo, che si muove, tuo vanto, con una precisione millimetrica, l’hai dimostrato ampiamente, nel colpire gli obiettivi, sono partiti due attacchi contro Unifil, il presidio miliari in Libano, che l’Onu ha lì collocato per la tutela delle popolazione e degli edifici essenziali alla vita delle persone. Nessuna vittima, per fortuna. Solo quattro feriti, due militari pachistani e due, ieri, dello Sri Lanka. Stasera la notizie di un terzo attacco, due soldati indonesiani colpiti.
Le prime reazioni internazionali non mi sono piaciute affatto. Quelle del ministro degli Esteri del mio Paese, innanzitutto. Quel “i soldati italiani” non si toccano, nel mezzo lessicale tra la minaccia e la preghiera, mi sono apparse quantomeno improprie. Non si tocca nessuno, né tra i militari, né tra i civili. Non si tocca alcuno, in particolare, che si trovi in quei territori per salvare e proteggere vite umane. Non mi è piaciuta neppure la dichiarazione congiunta dei sette capi di governo europeo, tra i quali Macron e Meloni, che hanno lanciato, come una un proiettile a salve, il loro moto di indignazione nei confronti di Israele per l’attacco ai presidi Onu.
E per gli attacchi continui ai diversi territori, e per le rovine che procurano alle popolazioni inermi, perché quella diplomazia timida si trova unità in quella frase stereotipata” noi siamo con Israele, però un po’ sta esagerando?” Pressapoco questo il significato. Esagerando? Come e dove e quando? Oggi? E come e dove? Ipocrisia al netto degli interessi per nulla mascherati. Per restare in Medio Oriente, ché dell’Ucraina e di altre guerre non cesseremo di dire le stesse cose, è giunto, pur tardivo, il tempo di dire Bsta! Basta inutili assalti, basta altre morti. Basta nuove rovine. Basta. Netanyahu, fermati! Adesso. Poi, vedremo che fare. Poi, domattina, evidentemente. Ma oggi, fermati. Senza condizioni. Le regole nuove, saranno scritte nel posto che più è legittimato, se smetterà di essere una succursale immobile delle superpotenze, a scriverle, l’Onu.
È qui che si potranno finalmente avviare quei processi di interruzione dei conflitti, necessari per la costruzione, in un futuro ancora lontano purtroppo, della Pace possibile in questo tempo dell’umanità, che ha perso il senso di sé stessa. Basta, intanto te lo dico io, stanco anche di scrivere tutti i giorni del mio orrore verso la guerra. Verso tutte le guerre.
E di più, addolorato per la fatica che mi costringi a fare, alla mia età ancora aperta alla speranza, di tenere distinti la storia degli ebrei, e la mia totale adesione al loro cammino nella storia, dal potente Stato di Israele, che porta in modo sbagliato le sue pur legittime ragioni di vivere in pace nell’unica Terra, il mondo, terra di tutti. Ti fermerai, Benjamin, vero? Adesso? Sì? Grazie. (fc)