di GIOVANNI MACRÌ – Lo abbiamo già detto e lo ribadiamo: restiamo in attesa di ricevere e di leggere attentamente le motivazioni che avrebbero obbligato allo scioglimento per presunte infiltrazioni mafiose del Consiglio Comunale di Tropea. In attesa, però, che questo fondamentale e costituzionale diritto di difesa riconosciuto a tutti dal nostro ordinamento venga con urgenza garantito anche alle istituzioni pubbliche ed alla comunità di Tropea, non possiamo comunque non condividere l’analisi ed il principio giustamente del giornalista e saggista Klaus Davi, che ringrazio, nel corso del suo intervento a Buongiorno Regione su Rai Tre.
È doveroso distinguere i campi e le analisi. Noi dobbiamo ricevere e leggere le motivazioni perché, pur essendo unanime ormai il giudizio negativo su una legge che è medioevale, antidemocratica, anticostituzionale e da abrogare, oggi è soltanto sulla base delle motivazioni che dovremo difenderci subito nelle sedi competenti, facendo ricorso e, nel caso emergessero soltanto sospe
E tuttavia, lo ripeto, pur senza poter entrare ancora nel merito di ciò che solo noi non conosciamo ma che ogni indagato per qualsiasi reato anche gravissimo in Italia ha il diritto di conoscere e per tempo, quanto accaduto e sta accadendo a Tropea, con la sequela di effetti negativi pesantissimi a catena che tutto ciò determinerà sull’immagine, sull’economia delle filiera turistica territoriale e sull’intera Calabria, ha semplicemente dell’assurdo e dell’insostenibile da tutti i punti di vista, per i tempi, per le modalità e per gli stessi riconoscimenti e traguardi pubblici ed incontestabili conquistati da Tropea fino a ieri, quello di Borgo dei Borghi 2021 in primis.
Perché, esattamente come ha scandito Klaus Davi, sembra di assistere ad una Calabria che prima crea e che poi distrugge se stessa. Perché questo scioglimento, alla luce di tutto quanto accaduto ed apprezzato dallo stesso Stato fino a ieri, sembra purtroppo fatto apposta per fare male, per colpire Tropea e la Calabria e per distruggere tutte le ambizioni finalmente governate di sviluppo turistico di questa terra alla quale, tolta l’industria turistica, non resta molto altro.
Ha quindi ragioni da vendere Davi quando argomenta che non è più possibile, nel 2024, nell’epoca dei social, imporre dall’alto parentesi della democrazia e dello sviluppo, tanto più in destinazioni turistiche mature e che hanno dimostrato orgoglio e capacità di vendersi e di poter competere su scala globale, secondo tempi burocratici del 1800.
Il turismo, le politiche e le dinamiche turistiche non possono permetterselo e non aspettano i tempi morti di mesi e mesi commissariamento e ancora peggio l’aggiustamento dopo anni degli errori e dei fallimenti causati, così come è ampiamente dimostrato, da gestioni esterne affidate a burocrati di Stato, sicuramente eticamente irreprensibili, ma dalle dubbie capacità di governo dei territori e delle strategie di sviluppo turistico.
Ecco perché siamo pienamente d’accordo con lui quando dice che c’è qualcosa che non va all’interno dello stesso Stato che prima premia e poi distrugge, causando già adesso un danno gigantesco a tutto quanto era già stato messo in moto ed avviato su scala e con proiezione internazionale (in primis la partecipazione di Tropea ad Osaka 2025), con passione, determinazione e capacità dalle istituzioni locali e sempre in sinergia con la rete imprenditoriale, produttiva, cultuale e associativa di questa straordinaria comunità che, fino ad oggi, non soltanto ha lavorato e portato evidentissimi benefici in termini di immagine e di riposizionamento turistico 12 mesi all’anno a tutta la Calabria ma che è stata anche e soprattutto un inattaccabile presidio di legalità. (gm)
[Giovanni Macrì è sindaco di Tropea]