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L’OPINIONE / Gregorio Corigliano: Le buste da lasciare ai parroci un dovere

Mendicino Chiesa di Cristo Salvatore

di GREGORIO CORIGLIANODon Gerlando Argento, parroco e missionario calabrese, ha voluto e dovuto essere chiaro. La busta è indispensabile anche in Chiesa. Naturalmente non parlava delle bustarelle che una volta (o ancora oggi?) venivano consegnate per ottenere favori ovviamente illeciti. Non lo avrebbe mai pensato, il sacerdote. Ha voluto far capire – chiedendo pubblicamente un’offerta – che il dono in una busta consegnato in Chiesa è un atto di fede. C’era e c’è gente che non voleva capirlo.

Si va ad un matrimonio e non si porta la busta? Certo che sì, piuttosto non si va e agli sposi si manda un telegramma o al ritorno del viaggio di nozze un galletto di campagna come buon augurio. Se invece si va al ricevimento perchè invitati, da sempre si porta una busta. Domani non venire a trovarmi diceva mio nonno perché sono al matrimonio di un figlio del mio compare che quando mi sono sposato io mi ha portato la busta con diecimila lire. Ed io devo ricambiare andando al ricevimento con la busta della mia famiglia. Questa era l’occasione classica della busta. Don Gerlando ha tirato, giustamente, fuori l’offerta dell’obolo, chiamandola busta, perché in occasione di battesimi, matrimoni e funerali al prete è giusto che si consegni proprio una busta.

Il battesimo non presuppone l’impegno della Chiesa, con preparativi speciali per la funzione, specialmente se si tratta di battesimo privato, cioè di un solo neonato? Se poi si chiede anche la celebrazione della Messa, l’impegno è almeno raddoppiato. Normalmente al rito partecipano genitori, nonni, zii, fratelli ed amici. Ed il matrimonio? Anche questo sacramento prevede un’adeguata preparazione che dura non meno di due-tre settimane per i due nubendi ed una mezza giornata il giorno della celebrazione. Se poi si chiedono pure i pueri cantores col coro e con il suono dell’organo, l’impegno è notevole. E la pulizia della Chiesa dove la mettiamo, visto che sui banchi rimangono fiori e riso da lanciare, dopo il sacro rito in faccia agli sposi come augurio? Ed i funerali perché non dovrebbero prevedere una busta? Già nel momento in cui si comunica al sacerdote la scomparsa del congiunto, preceduta dall’estrema unzione, c’è il ruolo, affatto secondario, della Chiesa.

E se un tempo al defunto si dava una semplice benedizione, oggi nessuno fa a meno del funerale, con Messa, spesso cantata con organista e coro. Anche quando, al trigesimo o all’anno ci si rivolge al sacerdote per il ricordo, non è giusto porgere, dopo il rito, andando in sacrestia, la busta? Perchè ha destato meraviglia la presa di posizione di don Gerlando che, sui social più accorsati, ha rilevato la necessità della busta? Perchè non c’è un adeguato impegno nella parrocchia di Santa Maria Le Grotte a San Martino di Finita, nel cosentino? Ed inoltre non è una busta che finisce in tasca al sacerdote, ma va a rendere meno supplichevoli le casse, sempre pressocché vuote di tutte le Chiese. D’altro canto la famiglia del de cuius non spende tanti soldi per fiori, manifesti, qualche volta la banda di paese? E perché, per il sostentamento della Chiesa, non si deve pensare ad una busta? Per il matrimonio non ci sono spese? Eccome se ci sono. E non sono solo i confetti! E per il Battesimo? La stessa cosa. Solo che si spende e si spande ma quando si va in Chiesa tutto dovrebbe essere dovuto. Lo è, ma aggiungere, ai tanti soldi programmati anche quelli destinati alle funzioni religiose perchè mena scandalo? 

Chi non adempie a ciò viene meno ad uno dei Cinque precetti generali della Chiesa che dice “soccorrere alle necessità della Chiesa secondo le leggi e le usanze”! E giustamente, don Gerlando, che non conosco, ed a cui deve andare tutta intera la nostra stima e la nostra solidarietà, ha voluto rilevare: “non dite che i preti cercano sempre soldi, spendete centinaia(?) di euro per fiori, fotografi, pranzi e cene, perchè non un pensiero in busta per le necessità della Chiesa?” Non ci sono spese in Chiesa? Don Gerlando, una volta, aveva lasciato una Chiesa senza adeguata illuminazione perché non aveva potuto pagare le bollette della luce. E le spese per i ventilatori o i riscaldamenti non sono da tenere presenti? Basta riflettere e mettersi la mano sulla coscienza. Perché deve suscitare scandalo e indignazione una presa di posizione come questa del prete del cosentino? Basta solo pensare un po’ per capire, se si vuole capire… (gc)

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