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“MALEDETTA PRIMAVERA”: È ANNA FALCONE
LA VERA SPINA NEL FIANCO DELLA SINISTRA

Anna Falcone

ñdi SANTO STRATI – Ufficialmente non è candidata, non si è proposta e nessuno l’ha candidata: la dolorosa spina nel fianco della sinistra calabrese si chiama Anna Falcone. Avvocata di Cosenza, esperta giurista, la politica nel sangue per patrimonio genetico, la Falcone rappresenta la vera grande incognita delle prossime elezioni regionali calabresi. Bene o male è una “fastidiosa” presenza anche per la destra, perché potrebbe sconvolgere l’instabile equilibrio che appare sempre più difficile da raggiungere. Dal centro-destra è venuta almeno un’idea di unitarietà che dovrebbe garantire – vista la “rinuncia” della sinistra – una vittoria quasi a tavolino, ma in politica mai dare le cose per scontate. Il rischio per la destra (molto modesto vista la posizione rassegnata degli esponenti di centro-sinistra) è che Anna Falcone non riesca a provocare una scintilla inaspettata, in grado di appiccare (in termini positivi) quell’incendio che riscaldi l’anima depressa della sinistra.

Il suo nome è venuto fuori in un momento di “disperazione”, quando a sinistra hanno cominciato a pensare a potenziali candidati alternativi a Nicola Irto. Alternativi non si capisce perché, ma questa è un’altra storia. 

È una donna che ha risorse da spendere per la “sua” Calabria, e mescola capacità e competenze, due elementi che, abitualmente, giocano a sfavore nella nostra terra, dove si accantona il merito per far posto a interessi di bottega. La sua “non candidatura” è un elemento che dovrebbe far riflettere la sinistra calabrese: il suo appoggio a De Magistris rischia di disperdere un’opzione rilevante di “recupero del territorio” da parte delle forze “progressiste”, ma la dirigenza del Pd continua a cercare ancora un Callipo-bis con cui perdere clamorosamente ancora una volta. L’indicazione della candidatura della presidente di Unicef Calabria Maria Antonietta Ventura lo conferma: una persona a modo, grande manager, persona equilibrata. Ma sembra di rivedere il film di Callipo, con Zingaretti in camice bianco in visita allo stabilimento del tonno, con la differenza che, almeno, Callipo godeva di una certa notorietà. 

La dottoressa Ventura è una “illustre sconosciuta” della politica, il che potrebbe persino segnare qualche punto a suo favore, ma la Calabria – questo non vogliono capire a sinistra (e a destra?) oggi ha bisogno di politici – onesti, puliti e capaci – ma politici, perché per governare questa terra difficile bisogna aver masticato pane e politica per un bel po’. Serve l’esperienza politica per dominare i dinosauri della burocrazia, inamovibili mostri che fermano tutto e spengono entusiasmo e iniziative produttive, che traducono in complicazione eterna anche la cosa più semplice.

Lo stesso ex presidente Mario Oliverio, con tutto il rispetto per la Ventura, ha contestato il “metodo” e ha dichiarato che «c’è un disagio larghissimo nel centro-sinistra, nella base del Pd, negli amministratori locali». E i malumori crescono ora dopo ora.

In questo scenario, parliamo con Anna Falcone, del suo progetto politico, che un mago del marketing non avrebbe potuto chiamare meglio (Primavera della Calabria), delle sue idee, della sua visione della Calabria. È una donna decisa e determinata, cosciente delle sue capacità, fiera delle sue competenze, dotata di una visione ampia che strategicamente può trovare un solo ostacolo: la “tigna” di alcuni dirigenti di sinistra e il tempo. Con i primi la battaglia si annuncia dura perché c’è astio, diffidenza e livore contro di lei, ma anche il tempo non gioca a suo favore. Il suo “laboratorio politico”, come ama chiamarlo, avrebbe bisogno di più respiro per conquistare un consenso che, a prima vita, potrebbe non mancare. 

– Cominciamo dal laboratorio “Primavera di Calabria”.

«È un luogo di partecipazione politica. È quello che avrebbero dovuto garantire i partiti se in Calabria ci fosse una situazione di normalità democratica: è un luogo al quale partecipano tante donne, tanti uomini, molti giovani anche per fortuna e per discutere all’interno di una cornice costruita da quattro parole, quattro pilastri. Il nostro – abbiamo detto – è un laboratorio politico progressista ecologista femminista europeista per discutere di un progetto politico e innovativo per la Calabria e che abbia una caratteristica fondamentale che noi abbiamo individuato nella parola conchiudenza: è una parola del nostro dialetto, intraducibile in italiano perché molti dicono concretezza. No è anche di più, è chi è concreto e chi raggiunge gli obiettivi. Noi abbiamo lavorato su gruppi di lavoro che sono permanenti, perché il laboratorio politico non nasce per le elezioni e avrà una vita anche oltre le elezioni e quindi affronta i problemi. E si discute. Tra l’altro all’interno di questo laboratorio ci sono veramente tante belle intelligenze, tanti giovani con veramente dei curricula interessanti e delle idee assolutamente innovative e originali e noi proponiamo delle soluzioni. Le proponiamo all’interno di una cornice che abbiamo chiamato, detto, progressista perché sicuramente ci muoviamo nell’ambito di un’area e vasta e plurale che pone la lotta alle diseguaglianze e la valorizzazione dei talenti e anche una revisione del ruolo del Mezzogiorno all’interno del Paese.

Noi siamo stati fortemente colpiti dalla cattiva attuazione del Titolo quinto della Costituzione e adesso lo saremo ancora di più dalla attuazione della autonomia differenziata, quindi ragioniamo anche su quello che deve essere il ruolo della Calabria e del Mezzogiorno nel contesto economico politico e sociale e nazionale. Quindi per noi le nostre priorità sono sicuramente quelle dei diritti sociali ma anche le fragilità delle partite iva e di tutti quelli che sono diventati i nuovi poveri della classe media che è sprofondata a livelli mai visti dal dopoguerra, ma anche i problemi dell’innovazione, di come la transizione energetica può essere una risorsa per il Paese.

Abbiamo ragionato di una rete fra i centri universitari e i centri di ricerca: in Calabria c’è anche l’economia della conoscenza che se fosse messa a sistema potrebbe davvero diventare il core business della regione ed essere un punto di attrattiva per tutto il Mediterraneo. Stiamo ragionando di internazionalizzazione perché la Calabria è anche una regione dove ci sono tantissime startup di giovani e startup innovative che rilanciano ricchezze territoriali a partire dall’agricoltura, l’ambiente, alle energie: tanti settori, ma noi dobbiamo essere bravi anche a garantire una rete internazionale per farle conoscere e per farle ampliare.

C’è un articolo della Costituzione 117 ultimo comma che consente alle Regioni anche di lavorare su questo e avere delle relazioni non solo con lo Stato addirittura al di fuori dello Stato con altri Paesi con altre regioni e altre realtà territoriali, ma di fatto nessuno l’ha mai messa in pratica. Stiamo ragionando in maniera innovativa, stiamo ragionando in un’ottica anche circolare, cioè il nostro è veramente un luogo di grande democrazia interna e ragioniamo tutti con lo stesso diritto di parola e ci muoviamo secondo quella è un’ottica femminista: noi lavoriamo come lavorano le donne. Di solito ognuno fa quello che sa fare, mette a sistema i suoi i suoi talenti, le sue possibilità. Io sono un portavoce, non sono un capo. Proprio perché ci interessa tirar fuori insieme quello che possiamo fare insieme meglio e che da soli non riusciremmo a fare. Ovviamente femminista anche perché per noi la parità di genere, la valorizzazione del ruolo delle donne è fondamentale e, da questo punto di vista, ci siamo detti che le donne e i giovani devono essere il motore di questa rivoluzione della conchiudenza perché sono stati quelli più colpiti dalla crisi e sono quelli che soffrono di più in Calabria e nel Mezzogiorno. E come sempre accade, le persone che più hanno sofferto i disastri del mancato sviluppo, i disastri della malapolitica e i disastri, insomma, anche di una classe dirigente assolutamente inadeguata, sono probabilmente quelli che più degli altri possono reagire. 

«Oltre a questo, ecologista perché nessuna politica di battaglie sociali può essere fatta oggi al di fuori di un contesto che non metta l’ambiente anche l’energia verde, la valorizzazione dei territori, la messa in sicurezza: abbiamo tantissimi problemi dal punto di vista proprio dell’inquinamento delle acque dell’inquinamento del mare, dell’inquinamento ambientale occulto perché non le sfuggirà come in Calabria ci siano delle zone dove in maniera non adeguatamente approfondita un’incidenza di tumori è molto più alta della media nazionale. E però, nessun registro nazionale tumori, nessuna analisi reale che ci faccia capire come è stato utilizzato il nostro territorio. 

E poi, europeista perché in questo contesto noi pensiamo che l’Europa debba giocare un ruolo fondamentale. Il PNRR può essere, deve essere un’occasione di sviluppo importante per il Mezzogiorno ma può esserlo soltanto se c’è una classe dirigente, una classe politica che sa utilizzarlo. Utilizzarlo bene, non per i propri interessi ma per veramente rilanciare il Mezzogiorno con le sue peculiarità, se soprattutto vota in maniera autonoma anche a livello nazionale. Cosa che non è fatta alle quando è stato varato il piano nazionale». 

– Il progetto è sicuramente suggestivo ed entusiasmante per certi versi e naturalmente voi non vi state rivolgendo solo la Calabria perché il laboratorio, se ho capito bene, ha un’ampiezza di valenza nazionale. Naturalmente c’è l’occasione delle elezioni regionali in Calabria dove lei e c’è nata e conosce comunque il territorio. Il suo vecchio slogan di democrazia uguaglianza – che non è uno slogan ma un modo di intendere la politica – rimane oggi più che mai attuale soprattutto alla luce della di questa crisi irreversibile della sinistra. Perché è evidente che il laboratorio Primavera della Calabria va a innestarsi laddove c’è questa crisi quasi di dissolvimento dell’unità della sinistra che da tanto tempo ormai non c’è più in Calabria. Ricordiamo che è da tre anni che il Pd è commissariato. In a ottica, come pensa di convincere il deluso del Partito Democratico e il perplesso della dell’altra sinistra, quella che si pone sempre in posizione un po’ critica anche rispetto agli stessi democratici? Come pensa di riuscire a convincere della bontà di questo progetto considerando che non è che ci sia tantissimo tempo davanti? Intendiamoci questo forse è l’unico vero.

«In Calabria ci sono nata, ci sono vissuta e continuo a viverci perché io continuo ad avere una casa in Calabria la mia famiglia continua a vivere in Calabria e a Roma. Io continuo a fare le vacanze anche solo quelle di tre giorni le passo in Calabria. 

Allora, le dico Primavera della Calabria non è un progetto che prende le mosse da “democrazia e uguaglianza”, quella è un’operazione nazionale che nasceva da un momento storico molto molto diverso. Prende le mosse da un’esigenza proprio della Calabria e del Sud e sicuramente si rivolge anche a livello nazionale perché noi abbiamo detto un progetto dal Sud per il Paese. Perché siamo convinti che nel momento in cui si liberano le risorse migliori si mettono insieme le persone che veramente vogliono rompere i meccanismi di potere e partecipare secondo questo modello della democrazia partecipativa che poi dovrebbe essere il modello a cui quando si ha una costituzione dovrebbero ispirarsi tutti quanti i partiti politici non soltanto quelli del centrosinistra. Il nostro non è un progetto di centrosinistra, si rivolge a un’area progressista larga, nella quale possa rientrare tranquillamente anche chiunque si riconosca magari anche in un pensiero liberale o anche in un pensiero della sinistra. Io credo che la sinistra tra l’altro non sia in crisi in sé, sono in crisi alcuni partiti della sinistra che hanno perso di vista quelli che erano i loro obiettivi e che hanno trasformato i partiti in luoghi di potere personale…

– Nicola Irto li ha chiamati feudi…

«Nicola Irto ha ragione e non posso che dire che è stato molto sincero e molto onesto. Del resto, non è un caso che già moltissimi elettori ed elettrici del partito democratico, persone che hanno già militato in partiti della sinistra hanno aderito al nostro laboratorio, ma così come hanno aderito persone che non avevano una storia politica alle spalle ma semplicemente vogliono lavorare a un progetto di riscatto del Sud. Il nostro motto, infatti, è dal ricatto al riscatto e noi ci rivolgiamo innanzitutto a tanti calabresi che non votano, non votano più, e pensiamo che per questo, diciamo così, risveglio democratico noi di Primavera della Calabria ci siamo. Per questo motivo vogliamo sollecitare una sorta di risveglio democratico e riteniamo debba essere un risveglio trasversale in cui chiunque si riconosca comunque in questo identikit di persone attive, di persone serie, di persone credibili che vogliono lavorare per risollevare la Calabria – glielo dico molto praticamente –per far sì che i ragazzi non siano costretti arrivati al diploma o alla laurea a fuggire. Per far sì che se hai un’idea imprenditoriale intelligente non te ne devi andare; se vuoi fare un concorso pubblico devi poterlo vincere perché hai i titoli, hai fatto bene l’esame, non perché sei amico o amica di qualcuno in commissione. Ecco tutti quelli che hanno desiderio di normalità e di poter fare in Calabria quello che sarebbero costretti a fare forse neanche in Italia ormai all’estero ecco devono poterlo fare in Calabria. Questo è un messaggio che viene dal Sud per tutto il Paese: perché se non cresce il Sud Italia non cresce, se il Mezzogiorno non viene fortemente potenziato tanto da poter essere un punto di riferimento per tutta l’area del Mediterraneo è tutta l’Europa che rimane schiacciata e rischia di implodere. E non è un ragionamento meridionalista o egoista così come ci ha abituato a fare certi populismi alla carta… Non è un pensiero di tanta tradizione non solo meridionalista ma di tantissimi leader politici e anche di partiti diversi: è un pensiero di buon senso, lo dice anche la Svimez e il direttore Svimez Luca Bianchi che si stanno sgolando su questo punto. È un ragionamento proprio di buon senso: non ci sono altre aree del Paese o altre aree d’Europa che possono crescere con un potenziale o un fattore moltiplicatore come dicono gli economisti uguale a quello del Mezzogiorno». 

– Secondo la Svimez i valori del Pil al Sud sono a due cifre e sono veramente notevoli se ovviamente si porta avanti un progetto di crescita con investimenti adeguati. 

«Serve un progetto di crescita di sistema. Io avevo scritto l’appello ai presidenti delle regioni del Mezzogiorno prima che venisse approvato il PNRR perché si facessero parte attiva di una proposta di investimenti di sistema. È  evidente che gli investimenti funzionano, fanno sistema, creano ricchezza nel momento in cui sono pensati insieme, non al momento in cui si fanno singole cattedrali del deserto che però non “fertilizzano”, diciamo così, i territori. 

Lo sviluppo del Mezzogiorno è importante per tutto il Mediterraneo e per tutta l’Europa. Ribadisco, non lo dico io, lo diceva addirittura il motivo per cui l’Europa ci ha dato questi soldi e ce li ha dati in misura molto maggiore rispetto agli altri Paesi perché si investisse nel Mezzogiorno. Non è stato fatto e allora serve forse una classe politica più autorevole e più libera per poter battere i pugni quando è necessario o semplicemente dire la verità, non piegarsi affinché il bene del Mezzogiorno si trasformi anche nel bene del Paese.

– La sua, diciamo, disponibilità – chiamiamola così – a candidarsi evidentemente rispecchia un progetto di un certo spessore che naturalmente rivela molti elementi di suggestione e potrebbe veramente trainare una grande quantità di elettori delusi e pentiti anche se, per la verità, c’è da dire che il 25% dei non voti calabresi non sono astensioni reali ma sono astensioni forzate perché c’è gente che vive fuori della Calabria e che non torna a votare, soprattutto per ragioni economiche.

«Guardi, è il motivo per cui appoggiamo la proposta di legge del circolo Valarioti…» 

Però, il ministero dell’Interno ha tirato fuori delle risibili opposizioni per bloccare questa iniziativa. È facile dire che abbiamo un 60% di astensioni quando poi in realtà c’è un 25% di elettori che non può fisicamente recarsi a votare. Se non è un voto negato questo…

«Ha perfettamente ragione. Al di là di questo voto negato strutturale c’è comunque un astensionismo molto forte ed è un astensionismo dovuto alla delusione, alla mancanza di riconoscimento. Il voto rappresenta sempre un gesto di speranza: quando tu non voti vuol dire che hai perso le speranze o la fiducia nella possibilità che il tuo voto e quindi quell’offerta politica possa in qualche modo migliorare le tue condizioni di vita, le condizioni di vita del luogo in cui in cui vivi e noi serviamo proprio a questo. Vogliamo ricostruire questa cerniera…

– Parliamo della sua disponibilità a candidarsi…

«Io non ho dato nessuna disponibilità né mi sono mai autocandidata. In realtà, il mio nome è circolato e mi è stato chiesto di impegnarmi e mi è stato chiesto fin dalle scorse elezioni e io sono sempre stata molto reticente perché penso che quando si assume un impegno bisogna farlo molto seriamente. L’ho assunto adesso perché ho accettato di sacrificare un pezzo importante della mia vita, anche professionale, anche della mia vita familiare, ma evidentemente i tempi sono maturi, perché se così tante persone ti chiedono di impegnarti non di candidarti – quella è una valutazione che faremo poi sempre insieme – io credo fermamente in questo modello della democrazia partecipativa quando i gruppi sono formati da persone per bene da persone che lavorano per lo stesso obiettivo. Io mi sto impegnando per la Calabria come continuo a impegnarmi a livello nazionale perché c’è un fatto. Qual è? È che la maggioranza delle battaglie per i diritti, per il rilancio della democrazia e per la partecipazione, per,  diciamo così, insomma far fare questo salto quantico, questa evoluzione anche al nostro modello democratico che è diventato un modello formalmente ma non sostanzialmente democratico passa dall’impegno delle persone che in qualche modo mettendosi insieme, dalle reti, dall’impegno delle reti, di persone che mettendosi insieme perché sinceramente ispirate da un da un’ideale democratico di questo tipo possono fare la differenza. Le cose in politica non cambiano se non ci impegniamo tutti. Guai a pensare che mi sono impegnata io allora cambierà, no cambieranno se tanti calabresi in maniera assolutamente trasversale anche a prescindere dalle appartenenze politiche decideranno che è arrivato il momento di mettere la parola fine a questo sfracelo

– Il suo è progetto unitario e punta a raccogliere un’ampia condivision: potrebbe trovare una sponda trasversale anche al di fuori della sinistra? 

«Il nostro è un progetto assolutamente trasversale» 

– Sto parlando proprio dell’eventualità delle elezioni. È chiaro che il suo progetto nella sua specificità guarda in maniera trasversale alla regione non guarda a livello partitico. Lei ha scritto a Enrico Letta dopo la sua elezione a segretario dem: “no ztl, no potere personale”. Pare evidente il percorso che lei intende seguire. Parliamo delle elezioni e della sua posizione. Se Primavera della Calabria si presenta alle elezioni e ipoteticamente lei viene candidata dalle forze di centrosinistra visto che, a quanto pare, ha il gradimento di Conte, ha il gradimento di Letta, a questo punto diciamo 2+2 fanno quattro, lei potrebbe essere una candidata ideale per ricompattare una sinistra divisiva e litigiosa? 

«Parliamo sempre di ipotesi. il mio nome… penso che questa cosa che è uscita sui giornali sinceramente non è partita da me. Il mio nome era già stato fatto nel tavolo del centrosinistra che era stato aperto a dicembre e mi era stato offerta molto generosamente una vicepresidenza. Ho detto, visto che i calabresi chiedevano una mia candidatura come presidente, che non era importante il ruolo era importante quello che si voleva fare. Per me la cosa fondamentale rimane una volontà di serio, chiaro, totale rinnovamento. Quindi il rinnovamento della classe politica e anche di un metodo che chiaramente i calabresi non volevano più vedere nemmeno con il cannocchiale. Visto che questa cosa non è stata garantita, io ho ringraziato e ho lasciato quel tavolo. All’epoca non esisteva neanche Primavera della Calabria.

– È un tavolo che comunque non si è chiuso, immagino… 

«Io non lo so, non partecipo più a quel tavolo e ribadisco che la dinamica della Calabria non è più centrodestra-centrosinistra è evidente. Anche rispetto alla lettera che io scrissi a marzo a Enrico Letta le cose sono evidentemente cambiate. Sono passati tre mesi, questo invito tardivo mi sembra un invito più a giocare al divide et impera o a rinchiudere le persone dentro che non un invito reale. Le stesse persone che non hanno voluto il mio nome all’epoca continuano a essere ancora oggi in ruoli dirigenziali nel partito democratico e non penso che abbiano cambiato idea.  

Il problema è che in Calabria sono stati fatti tanti nomi dal basso ma visto che erano tutti nomi di persone libere e autorevoli e questi nomi all’epoca non sono stati accettati. Ora, io confido nel fatto che il partito democratico fulminato sulla via di Damasco si renda conto che questi dirigenti non hanno più da tempo il consenso della loro base elettorale, ma hanno soltanto dei voti clientelari che sperano di potersi perpetuare in qualche modo. Però, ribadisco, mai come adesso, lo schema non è più centrodestra-centrosinistra ma è chi vuole cambiare la Calabria, chi vuole tagliare i figli di questi potentati personali che nulla hanno a che fare con la politica e spesso nulla hanno a che fare con gli ideali di riferimento sia di centrosinistra che di centrodestra o al contrario e chi, invece, vuole mantenere gli assetti di potere così come stanno. Quindi chiunque condivida questa esigenza di rinnovamento totale allora può essere un interlocutore». 

– C’è soluzione alla crisi della sinistra?

«La crisi parte da lontano e riguarda sia il centrodestra che il centrosinistra. Il centrosinistra è in crisi perché i partiti e gli iscritti si aspetterebbero di essere convocati e di partecipare a una dinamica democratica reale. Il centrodestra ha risolto a monte questo problema perché tanto non li convoca gli iscritti: quelli sono chiaramente dei partiti personali e quindi hanno evitato, hanno impedito a monte che ci potesse essere questa richiesta e vanno avanti così. Però ribadisco la crisi della politica che è una crisi della politica assolutamente trasversale si risolve soltanto con il rilancio del modello della partecipazione democratica. Noi lo stiamo facendo all’interno di questo laboratorio. Anche tante altre persone, tanti gli altri gruppi si muovono intorno a noi, però mai come adesso in Calabria bisogna uscire dallo schema centrodestra-centrosinistra che non c’è più, ahimè.  

– Qualche giorno addietro avevo palesato l’infelice idea del partito democratico di fare un Callipo bis nel senso che tira dal cilindro un nome che secondo loro fa parte della della società civile e lo butta nell’agone della competizione. In realtà, nel caso suo non è un nome pescato a caso perché comunque abbiamo una competenza e una capacità politica che il buon Callipo, bontà sua, non aveva. Callipo non è un animale politico tant’è che quando è stato, ha mollato subito e se n’è andato. E l’equivoco che potrebbe nascere è questo ma forse potrebbe essere anche una forza: se il la sinistra in generale facesse quadrato sul suo nome io immagino che lei sarà costretta ad accettare una candidatura a questo punto. [NB: Al momento dell’intervista non era stata ancora annunciata la candidatu di Maria Antonietta Ventura, ndr]

«Io credo che questa sia un’impostazione sbagliata. Qualsiasi persona per bene non accetterebbe mai una candidatura che non prefiguri il cambio della regia: non basta cambiare le figurine, ma purtroppo è la regia che deve cambiare. Io, come ho rifiutato allora continuerei a rifiutare adesso perché nella mia vita non mi sono mai prestata ad operazioni trasformistiche. Non devo vivere di politica e non sono mai stata allettata dalle poltrone nella mia vita né cambierò certo adesso.  

– II territorio vorrebbe seguire quello che lei sta dicendo però è mal consigliato –u siamo questo termine – da una dirigenza vecchia che ancora distingue destra e sinistra… 

«Attenzione non è che non esistono come categorie politiche: in Calabria sono state così mistificate e cavalcate e calpestate da persone che hanno sventolato ideali per coltivare solo interessi personali che chiunque pensi di fare un ragionamento di questo tipo sbaglia. In Calabria bisogna veramente ripartire da democrazia, da partecipazione e soprattutto dal territorio. Assolutamente. Ma infatti guardi noi in tre mesi ci siamo radicati nel territorio, abbiamo dei gruppi territoriali che stanno lavorando nel territorio come non lo facevano da tanto tempo, noi abbiamo persone giovani che stanno scoprendo quanto è bella la politica e persone anziane che si erano allontanate dai partiti politici perché quelli che loro non governano li mandano via quelli che non possono utilizzare col voto clientelare li mandano via e che e che invece stanno proprio come ricostruendo questo tessuto, questa relazionalità. Io vengo da una famiglia che ha fatto sempre politica da militanti. Io ricordo, da bambina, i miei genitori mi portavano alle sezioni di partito ricordo benissimo che non si parlava della buca non si parlava di quali altri alberi piantiamo; si parlava delle cose locali e delle cose nazionali e quello che ricevevamo da ogni singola sezione veniva riportato a livello regionale a livello nazionale. È drammatico che si facesse negli anni 70 negli anni 80 quando io ero piccola e quando oggettivamente la formazione delle persone non era così diffusa e così larga e non si faccia adesso quando spesso l’elettorato, il cittadino comune ha una formazione, una coscienza critica, una voglia di partecipare molto superiore rispetto anche alla cosa pubblica. Attenzione, non è populismo, non è antipolitica, è fame di democrazia, è fame di buona politica. E la cosa più grave è che sono proprio queste persone che rivestono dei ruoli pubblici importanti che vogliono degradare questo modo veramente di base perché il nostro è un movimento popolare, vogliono degradare quella che è una rinascita popolare a un movimentismo populista.  

Da quando siamo nati ci hanno chiamato persone che insomma sono attive nelle altre regioni a dire noi vogliamo fare Primavera dell’Umbria , Primavera della Sardegna cioè anche regioni lontane anche Primavera della Puglia, Primavera della Toscana e sicuramente bisognerà lavorare in modo glocal: questa è una parola un po’ strana ma sulla quale secondo me rende molto. Bisogna sicuramente lavorare a una rete di quei movimenti che fanno veramente le battaglie, che sono battaglie locali e che però sono anche quelle nazionali, perché forse l’alleanza Pd-Movimento 5 stelle da sola rischia di non essere sufficiente nel panorama politico nazionale. Noi dobbiamo confrontarci a livello nazionale con una realtà quella sì veramente molto difficile. Per questo io mi auguro che dal sud possa arrivare un modello e una scintilla di speranza. Noi stiamo partendo proprio dall’abc proprio dall’abc della partecipazione, della democrazia, della buona politica e della valorizzazione dei talenti delle persone. L’ultima cosa che ci tengo a precisare è che non è assolutamente un movimento elitario, il nostro è un gruppo dove ci sono giovani precari, disoccupati, professionisti, partite iva, che sono diventati, ahimè, i nuovi poveri. Insegnanti: una volta era un vanto poter dire “faccio il maestro“, “io faccio l’insegnante”, adesso è diventato spesso un ripiego per tanti e vengono mortificati quando allora invece a loro è demandata la formazione delle nuove generazioni in un Paese in cui non abbiamo risorse primarie e le uniche risorse che abbiamo sono le risorse umane dovrebbero essere forse quelli più gratificati gli insegnanti, i ricercatori e tutti gli altri; invece sono quelli più sono quelli più mortificati e se non sia mai ti azzardi a essere bravo l’unico destino che hai è quello di scappare di andartene. Ecco, io mi oppongo a questa dinamica involutiva che ammazza chi ha voglia di fare, ammazza chi ha studiato e premia invece soltanto chi è legato alle cordate dei potenti. Ecco, noi lottiamo contro le cordate di potere perché anche in Calabria si possa vivere in maniera normale qualunque sia il destino che tu ti vuoi costruire che tu voglia fare l’artigiano, che tu voglia fare il professionista, che tu voglia fare guardiano del mare o qualsiasi altra cosa devi poterlo fare. 

Il centro-sinistra venerdì ha annunciato la candidatura della top manager Maria Antonietta Ventura. “Imposta” da Conte e Letta che hanno deciso per i calabresi senza consultare il territorio, insultando l’intelligenza del popolo della sinistra con un metodo già sperimentato alle passate elezioni e che ha dimostrato piena garanzia di insuccesso. In politica non c’è niente di definitivo: alla fine parlano le urne, comunque la si pensi. (s)

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