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Nella sfida ormai a due Santelli-Callipo prevale l’incognita del voto degli astensionisti “pentiti”

Calabria

di SANTO STRATI – Nonostante l’invidiabile ottimismo di Carlo Tansi e Francesco Aiello (gli altri due candidati alla presidenza della Regione Calabria), risulta ormai chiaro che la sfida elettorale si consumerà tra i due “big” Jole Santelli e Pippo Callipo. Non si possono pubblicare, per legge, i sondaggi, ma, a naso, la vittoria del centro-destra, data per scontata, non è certissima. Pesa un’incognita che Salvini («Saremo il primo partito» – ha dichiarato parlando della Calabria) e tutto il centro-destra stanno sottovalutando e che potrebbe sovvertire i pronostici: il voto dei cosiddetti astensionisti “pentiti”, ovvero una parte di quegli elettori che alle passate consultazioni si è rifiutata di andare a votare (sono stati quasi il 56%), che potrebbe cambiare idea e recarsi alle urne.

Il ragionamento è abbastanza semplice: alle passate elezioni del 2014 ha vinto il partito degli astensionisti. Si è recato alle urne solo il 44,08% dei 1.897.729 calabresi aventi diritto al voto: il loro peso è stato moritficante, ma allo stesso tempo ha denunciato la sfiducia, l’avvilimento, la delusione nei confronti della politica e dei suoi rappresentanti. Se una parte di questi astensionisti “non per vocazione” si pentisse e decidesse di recarsi questa volta alle urne non lo farebbe a favore di chi ha già un forte serbatoio di voti, ma presumibilmente darebbe fiducia a un progetto nuovo. In questo senso, le speranze di Tansi, Aiello e Callipo sono condivise: hanno puntato a convincere gli elettori a recarsi alle urne, hanno provato a coinvolgere (con il risultato che vedremo domenica notte) l’elettorato “dormiente” contro le truppe decisamente in armi dell’area di centro-destra. Il tempo è stato canaglia e non ha consentito di fare un’adeguata campagna sul territorio: non bastano i social e gli annunci televisivi o sui media, i calabresi vogliono ascoltare, capire, confrontarsi. Nessuno venga a dire che è stata una campagna “normale”, semmai una lotta contro il tempo, con miracoli di spostamenti in una terra dove mobilità è una parola difficile a pronunciare senza allargare le braccia, una campagna basata più sugli insulti quotidiani che sulla presentazione di programmi basati su numeri e cifre inoppugnabili. Ci saremmo aspettati una sorta di business plan, ovvero un piano economico con indicazione delle risorse e il loro utilizzo, invece, ancora una volta, nel solco della migliore tradizione politica, solo tante belle promesse e tanti annunci roboanti.

Del resto anche la somma aritmetica delle liste, sei quelle della Santelli, tre quelle di Callipo, danno la misura del potenziale distacco tra le due forze opposte. I calabresi per bene, indipendentemente dal loro credo politico, vorrebbero che il futuro presidente, al di là dell’appartenenza o dello schieramento, cominciasse a realizzare in maniera concreta una non più rinviabile progettualità esecutiva per la Regione. Il bilancio degli ultimi vent’anni, dove abbiamo visto alternarsi destra e sinistra, è purtroppo disastroso e questa terra sta pagando ancora oggi le conseguenze di una politica distratta e poco attenta alle reali esigenze di donne, giovani, disoccupati e soprattutto inoccupati che hanno visto svanire qualsiasi presagio di rinnovamento. Perché, ricordiamocelo bene, in Calabria non è solo la cifra della disoccupazione a fare paura, ben più allarmante e grave è quella dell’inoccupazione, ovvero di giovani e donne che sono passati dall’adolescenza alla maturità, fino ad arrivare oltre i quarant’anni, a non aver mai avuto uno straccio di lavoro, un’occupazione degna del suo nome, in grado di offrire prospettive di crescita e sviluppo. Non avere offerto opportunità è la colpa più grave delle amministrazioni che si sono susseguite negli anni, che non hanno mai creato prospettive di occupazione stabile. Alla Calabria non servono industrie nel senso tradizionale del termine: ha bisogno di convogliare su un piano strettamente industriale le risorse naturali di cui dispone e che dovrebbero/potrebbero creare una gigantesca massa di lavoro non solo per i laureati delle nostre eccellenti università, ma per qualsiasi figura professionale, dalla più bassa alla più tecnologica.

Turismo, cultura, ambiente, agricoltura: sono quattro percorsi che avrebbero dovuto fare della Calabria la California non solo d’Italia, ma dell’intera Europa. Turismo significa un progetto di canalizzazione di interessi verso i siti archeologici di cui la Calabria è ricchissima, verso i luoghi di culto (il turismo cosiddetto religioso muove milioni di persone), con il superamento di stagionalità ingessate che non sfruttano la mitezza del clima. Cultura significa invogliare alla conoscenza della nostra storia millenaria, coinvolgendo a livello mondiale, interessi di istituzioni, università, centri culturali, per far crescere e maturare le nuove generazione sulla scia dello studio e dell’esercizio al ragionamento che l’istruzione e la formazione possono dare. Gli itinerari paesaggistici della Calabria sono invidiati da tutti, ma mezzo mondo (o forse il 90%) non sa nemmeno dov’è questa regione o l’ha sentita nominare soltanto per fatti di sangue: occorre davvero un assessorato alla reputazione con gente con le palle (scusate l’espressione) in grado di fare della Calabria l’attrattore numero uno nel panorama mondiale del turismo. Il turismo è la vera industria su cui occorre puntare, ma non si trascuri la grande opportunità che il comparto agro-alimentare può offrire se si guarda a crescita e sviluppo. Ci sono aziende di respiro internazionale che hanno conquistato mercati impensabili: quante aziende potrebbero, con un’accorta regia di incentivazione “illuminata”, concorrere a creare nuova occupazione, ad incrementare l’export, a valorizzare i meravigliosi e apprezzatissimi prodotti tipici della nostra terra? Succede poi che si scopre che le clementine di Corigliano Calabro che al supermercato paghiamo più di due euro al chilo, fruttano pochi centesimi ai coltivatori calabresi. Rispondessero i big (Berlusconi, Zingaretti) che in questi ultimi giorni di campagna elettorale vengono in Calabria, ma le risposte sicuramente non verranno.

Ce n’è di materiale su cui lavorare per il futuro Presidente (uomo o donna che sia): basterebbe che venissero premiate le competenze e valorizzate le capacità della filiera burocratica-amministrativa per vedere che agli annunci, senza ritardi insopportabili, possano seguire le azioni. Progetti e programmi sono utili, ma poi occorre passare alla realizzazione. Facile a dirsi, ma andatelo a spiegare a quanti hanno rinunciato a investire in Calabria per l’inadeguatezza del sistema che premia gli affaristi e disincentiva chi ha una buona idea di sviluppo e necessita del sostegno della Regione. Che – ricordiamolo quando andremo a votare – continua a restituire all’Europa i fondi a lei destinati, ma che non sa utilizzare. (s)

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